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{{
|Struttura = Castello
|Nome = Castello di Cuasso
|Nome originale = Castelasc
|Immagine =
|Didascalia =
|Stato attuale = ITA
|
|Città = [[Cuasso al Monte]]
|Tipologia = [[Castello]] [[medievale]]
|Condizione attuale = rudere abbandonato
|Proprietario attuale = Cave Bonomi srl
|Visitabile = no
}}
Il '''castello di Cuasso''', noto anche come '''Castelasc''' in [[dialetto
▲Il '''castello di Cuasso''', noto anche come '''Castelasc''' in [[dialetto lombardo occidentale]], è un importante edificio difensivo di fondazione altomediovale della [[provincia di Varese]] e dell'[[Insubria]]. Esso occupa l'intero crinale di un colle il cui nome è divenuto eponimo dell'intero comune di [[Cuasso al Monte]], all'interno del quale sorge la struttura. Ne rimangono oramai solo imponenti ruderi.
==Struttura e stato attuale==▼
La costruzione occupa per intero la collina di Cuasso, seguendo la direttrice nord-sud, e occupa un'area di circa 3500 m², con un perimetro che si sviluppa su circa 400 metri. L'altimetria va dai 430 metri s.l.m del [[maschio (architettura)|mastio]] ai 455 della [[Rocca (fortificazione)|rocca]] di nord-est.▼
Il mastio, in posizione di controllo della gola proveniente dalla valle, risulta visibile, per chi proviene da sud, anche da una decina di chilometri, pur essendo localizzato in una posizione defilata: questo ne attesta l'importanza strategica.▼
Il castello era in origine composto da quattro piani distinti con un tetto merlato, alla guelfa, mentre sulla parete ovest si appoggiava una piccola torre al cui interno correvano le scale per raggiungere tutti i piani. Il mastio si presentava come la prora di una nave e probabilmente sulla scomparsa parete sud non vi erano accessi, ma solo finestre. Da quel punto poteva facilmente controllare la sottostante strada con un indubbio vantaggio strategico dovuto alla maggiore altezza.▼
Alle spalle del mastio in direzione nord il castello si apriva a ventaglio, con un angolo di circa 15°, con un cortile pianeggiante nel cui interno in successione si ergeva ad ovest la chiesa di [[Dionigi di Parigi|San Dionigi]], santo di origine [[Franchi|franca]] attuale patrono di [[Parigi]] oppure secondo altri dedicata a San Dionigi Vescovo di Milano nel quarto secolo dopo Cristo , e a est forse la chiesa di [[Sant'Ambrogio]], i cui ruderi non permettono una chiara identificazione. La chiesa di San Dionigi aveva due accessi, uno, quello ovest principale, che si apriva all'esterno del castello ed un altro sulla parete sud che dava nel cortile. Questo fa supporre che la tale chiesa fosse la parrocchiale di un villaggio di legno, oramai scomparso, che sorgeva intorno e ai piedi della collina. La parte ovest era anche quella meglio difendibile.▼
Sulla parete sud-est poco più a nord della presunta chiesa di Sant'Ambrogio, si apriva invece la porta carraia principale il cui ingresso era probabilmente accompagnato da una rampa di legno fissa o mobile, in considerazione del dislivello di parecchi metri che la separava dalla antica strada. Proseguendo verso nord si trovano ruderi di edifici non meglio identificati, forse magazzini o botteghe. La parte orientale si eleva quindi fino all'altezza di 455 metri. Il culmine del poggio è interamente occupato dalla poderosa rocca di nord-est. Essa è la parte più antica del castello, sicuramente di [[Storia romana|epoca romana]] faceva parte del sistema delle torri di segnalazione di cui era disseminato l'[[Impero romano|Impero]]. I [[Longobardi]] non fecero che ampliarla in seguito. Dalla parte più alta del poggio è possibile osservare tutta la porzione meridionale del [[lago di Lugano]], operazione non fattibile dal mastio.▼
L'accesso alla rocca di nord est rimane difficoltoso per il dislivello e per la presenza di una fitta vegetazione che ne ostacola il cammino. La rocca, godendo di una virtuale imprendibilità e di un'ottima panoramica, fungeva da privilegiato punto di osservazione, tanto da essere ancora utilizzata anche nel corso della [[prima guerra mondiale]], inserita nel contesto della [[Frontiera Nord]], il sistema difensivo italiano verso la Svizzera impropriamente noto come "linea Cadorna", i cui manufatti sono diffusi in abbondanza sul territorio di Cuasso e della val Ceresio.▼
La parte occidentale invece rimane al livello del mastio, con un ulteriore cortile protetto da mura da quale si accede poi a settentrione a Porta Nord, sicuramente munita di ponte levatoio. Tra il cortile nordoccidentale e la rocca di nord-est si sviluppavano una serie di terrazzamenti, in parte ancora presenti, sui cui pavimenti sorgevano probabilmente costruzione di legno ed anche di pietra.▼
==Storia==▼
Per la frammentarietà di fonti scritte la sua storia è ancora avvolta in gran parte dal mistero. Si ipotizza sia stato cruciale nello scontro tra [[guelfi e ghibellini]] nel XIII secolo quando fu probabilmente possedimendo della famiglia dei [[Besozzi (famiglia)|da Besozzo]] come caposaldo orientale dei loro possedimenti al confine con quelli dei [[Della Torre|Torriani]]. Al termine di tali conflitti, in cui trionfarono i [[Visconti]], con la costituzione di un unico Stato che poi sarebbe diventato il [[ducato di Milano]], il castello perse progressivamente di importanza tanto da finire nella lista di un'ordinanza di [[Francesco Sforza]] in cui si ordinava di abbattere un determinato numero di fortificazione. In quel tempo tuttavia già versava in stato di abbandono tanto che tale ordinanza non fu portata a termine per mancanza di una funzione esercitata.▼
▲== Storia ==
▲Per la frammentarietà di fonti scritte la sua storia è ancora avvolta in gran parte dal mistero. Si ipotizza sia stato cruciale nello scontro tra [[guelfi e ghibellini]] nel XIII secolo quando fu probabilmente possedimendo della famiglia dei [[Besozzi (famiglia)|da Besozzo]] come caposaldo orientale dei loro possedimenti al confine con quelli dei [[Della Torre|Torriani]]. Al termine di tali conflitti, in cui trionfarono i [[Visconti]], con la costituzione di un unico Stato che poi sarebbe diventato il [[ducato di Milano]], il castello perse progressivamente di importanza tanto da finire nella lista di un'ordinanza di [[Francesco Sforza]] in cui si ordinava di abbattere un determinato numero di fortificazione. In quel tempo tuttavia già versava in stato di abbandono tanto che tale ordinanza non fu portata a termine per mancanza di una funzione esercitata. Di certo dai pochi scavi e studi condotti in loco hanno appurato che si trattava di un castello posto sull'antica via che portava da [[Milano]] ai valichi alpini del [[Passo del San Bernardino|San Bernardino]] e del [[Passo del San Gottardo|San Gottardo]]. La sua edificazione al vertice di una gola in forte pendenza lo rendeva di fatto inespugnabile e chiave dell'intera viabilità dell'epoca romana e medievale. La sua prossimità al fiume Cavallizza, nelle cui vicinanze si trovavano miniere di argento, di piombo e, in misura molto minore, d'oro fanno supporre anche una sua importanza economico nel controllo delle risorse telluriche.[[File:Parete Sud.jpg|thumb| La parete sud del castello di [[Cuasso al Monte|Cuasso]] in un'incisione di [[Giuseppe Elena]] tratto da ''[[Cosmorama Pittorico]]'' del 1835.|sinistra|175x175px]]
===Fondazione===
L'attuale castello risulta costruito in più tappe. La torre più antica di epoca gallo-romana venne ampliata in epoca [[Longobardi|longobarda]] secondo un'insolita pianta, i cui unici raffronti si possono trovare nel [[castello di Warkworth]] in [[Northumberland]] ([[Regno Unito]]) e nell'oramai scomparso castello di [[Trecate]]. Si sa per certo che l'attuale castello inglese sorge su un preesistente insediamento [[Sassoni|sassone]] ricalcandone la forma.
Per tale motivo, è stata ipotizzata una edificazione da parte di maestranze sassoni. [[Paolo Diacono]] nella sua ''[[Historia Langobardorum]]'' narra di circa 20.000 [[sassoni]] discesi insieme ad [[Alboino]] nella primavera del 568. I [[Sassoni]] vantavano una comune ascendenza con i [[Longobardi]], avendo risieduto entrambi nel [[I secolo]] nella zona estrema settentrionale della [[Germania (provincia romana)|Germania]] romanizzata, lungo il corso del [[Elba (fiume)|fiume Elba]]. Nel 734 una parte di ventimila [[arimanno|arimanni]], a causa di disaccordi con il potere centrale longobardo, si allontanarono dall'[[Italia]]. Il castello fu sicuramente un presidio militare della via che conduceva da [[Como]] al Gottardo in quanto, prima della costruzione del ponte di [[Melide (Svizzera)|Melide]] la strada principale passava attraverso di esso. Fu parte poi del [[Seprio|Contado del Seprio]] per essere poi abbandonato definitivamente verso il XIII secolo. Fu in seguito sede della parrocchiale di Cuasso
===Etimologia===
Lo stesso toponimo Cuasso non deriverebbe da un generico ''Locus cuvaxi'' (luogo del covo) che non ha particolare senso in quanto la parola "covo" in latino viene resa semplicemente con ''covum''. Esso molto più probabilmente potrebbe derivare da una crasi tra la parola latina ''covum'' (covo) e quella germanica, ma latinizzata, ''Sachsum-i'' ([[Scramasax|spada]]-Sassone), secondo una forma tarda di declinazione latina, ove al classico ''Saxo-onis'' è subentrata la forma radicale germanica ''Sachs-i''; tale [[lemma (linguistica)|lemma]] è comunque attestato nell'[[alto tedesco antico]]. Secondo molti studi la [[lingua longobarda]] apparteneva non alla branca orientale delle [[lingue germaniche]] ma a quella occidentale, come il [[Antico sassone|sassone]].
La disseminazione di componenti del proprio popolo sul territorio conquistato era una consuetudine tipicamente longobarda. Tale dispersione veniva attuata secondo i gruppi familiari, le [[Fara (Longobardi)|fare]]. Venivano fondati nuovi villaggi o piazzeforti che ancor oggi sopravvivono nella toponomastica italiana come [[Fara Filiorum Petri]], [[Vidigulfo]] (''Vicus Lodulfi''), [[Mendrisio]] (''Locus Mandrici''). Questo metodo però favorì anche la dissoluzione dell'elemento longobardo nel precedente substrato gallo-romano.[[File:Mappa orientata cuasso vettoriale.jpg|thumb|Mappa del castello di Cuasso con un'ipotesi di ricostruzione degli ambienti.<br /> In nero, le strutture esistenti; in rosa, i ruderi ancora da identificare; in giallo, le strutture possibili.|255x255px]]
▲== Struttura e stato attuale ==
▲La costruzione occupa per intero la collina di Cuasso, seguendo la direttrice nord-sud, e occupa un'area di circa 3500
▲Il mastio, in posizione di controllo della gola proveniente dalla valle, risulta visibile, per chi proviene da sud, anche da una decina di chilometri, pur essendo localizzato in una posizione defilata: questo ne attesta l'importanza strategica.
▲Il castello era in origine composto da quattro piani distinti con un tetto merlato, alla guelfa, mentre sulla parete ovest si appoggiava una piccola torre al cui interno correvano le scale per raggiungere tutti i piani. Il mastio si presentava come la prora di una nave e probabilmente sulla scomparsa parete sud non vi erano accessi, ma solo finestre. Da quel punto poteva facilmente controllare la sottostante strada con un indubbio vantaggio strategico dovuto alla maggiore altezza.
▲Alle spalle del mastio in direzione nord il castello si apriva a ventaglio, con un angolo di circa 15°, con un cortile pianeggiante nel cui interno in successione si ergeva ad ovest la chiesa di [[Dionigi di Parigi|San Dionigi]], dedicata secondo alcuni al santo di origine [[Franchi|franca]]
▲La parte ovest era anche quella meglio difendibile. Sulla parete sud-est poco più a nord della presunta chiesa di Sant'Ambrogio, si apriva invece la porta carraia principale il cui ingresso era probabilmente accompagnato da una rampa di legno fissa o mobile, in considerazione del dislivello di parecchi metri che la separava dalla antica strada. Proseguendo verso nord si trovano ruderi di edifici non meglio identificati, forse magazzini o botteghe. La parte orientale si eleva quindi fino all'altezza di 455 metri. Il culmine del poggio è interamente occupato dalla poderosa rocca di nord-est. Essa è la parte più antica del castello, sicuramente di [[Storia romana|epoca romana]] faceva parte del sistema delle torri di segnalazione di cui era disseminato l'[[Impero romano|Impero]]. I [[Longobardi]] non fecero che ampliarla in seguito. Dalla parte più alta del poggio è possibile osservare tutta la porzione meridionale del [[lago di Lugano]], operazione non fattibile dal mastio.
▲L'accesso alla rocca di nord est rimane difficoltoso per il dislivello e per la presenza di una fitta vegetazione che ne ostacola il cammino. La rocca, godendo di una virtuale imprendibilità e di un'ottima panoramica, fungeva da privilegiato punto di osservazione, tanto da essere ancora utilizzata anche nel corso della [[prima guerra mondiale]], inserita nel contesto della [[Frontiera Nord]], il sistema difensivo italiano verso la Svizzera impropriamente noto come "linea Cadorna", i cui manufatti sono diffusi in abbondanza sul territorio di Cuasso e della val Ceresio.<ref name=":0" />
▲La parte occidentale invece rimane al livello del mastio, con un ulteriore cortile protetto da mura da quale si accede poi a settentrione a Porta Nord, sicuramente munita di ponte levatoio. Tra il cortile nordoccidentale e la rocca di nord-est si sviluppavano una serie di terrazzamenti, in parte ancora presenti, sui cui pavimenti sorgevano probabilmente costruzione di legno ed anche di pietra.
==Curiosità==
Tra maggio e luglio 2012 è stata pubblicata sulla testata online
| <ref>{{cita web |url=http://www.ininsubria.it/castello-di-cuasso-qualcuno-lo-salvi~A9161 |titolo= | |accesso= |accesso=20 dicembre 2024 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141115004104/http://www.ininsubria.it/il-castello-di-cuasso-e-un-caso-politico~A9320 Il 31 gennaio 2014 il [[Corriere della Sera]] ha dedicato sul proprio sito web un articolo nella rubrica sui luoghi abbandonati della Penisola.<ref>{{cita web|url=http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_gennaio_31/cuasso-castello-dimenticato-dietro-muraglia-piante-0ee0b8da-8a9a-11e3-aecc-b2fa07970b97.shtml|titolo=Cuasso, il castello dimenticato dietro una muraglia di piante|data=31 gennaio 2014|accesso=20 dicembre 2024}}</ref>
==Note==
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* [[Matteo Colaone|M. Colaone]], ''In cima ai colli: l'oblio del Castelasc di Cuasso'', in ''Terra Insubre'' nº36 e nº37, Varese, 2005.
* L. Besozzi, De Besutio - Le famiglie [[Besozzi (famiglia)|Besozzi]], 2012, pp. 174, ISBN 978-1-4709-1694-7.
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