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Agli allora proprietari del Torto si deve la realizzazione, nel 1591, dell’ancora esistente ponte ad arco a volterranea che collega palazzo Franchetti al palazzo adiacente, oltre Vicolo Del Torti. L’antica facciata su via San Martino della dimora dei del Torto era composta da finestre, cinque al terzo piano, presenti ancora oggi, quattro al primo e quattro mezzanini. Le finestre erano realizzate in pietra serena, ricorrente nell’architettura raffinata e moderata pisana del XVI secolo, scevra da tendenze di decorazione a graffito.<br>
Il palazzo della famiglia [[Lanfranchi]] invece era costituto da tre piani con due mezzanini ed un seminterrato, con ambienti propri di volte a mattoni. Ogni piano possedeva sette aperture caratterizzate ciascuna da decorazioni in pietra serena. Il tutto recava alla struttura totale equilibrio tra pieni e vuoti. In più, sopra ai timpani semicircolari delle porte, sorgeva lo stemma famigliare. Le decorazioni interne erano state commissionate ad Agostino Ghirlanda: troviamo “Il bagno delle ninfe” nella sala al piano terra e “Olimpo con gli Dei” nella sala al piano nobile. Altre decorazioni notevoli erano presenti nelle volte delle scale. Questi dipinti testimoniano la volontà della nobiltà pisana del XVI secolo di uguagliare la maestosità dei palazzi fiorentini.<br>
La famiglia [[Lanfranchi]] era proprietaria del palazzo e lo affittava a diversi residenti. Nel XVIII secolo, la struttura accoglieva la sede della Magistratura dei [[Consoli del Mare]]. All’epoca l’edificio era composto da due piani con mezzanini intermedi, un cortile, un orto, una fonte, un pozzo, una pila, una stalla ed una rimessa, con due ingressi rispettivamente da Via San Martino e da Lungarno Galilei.<br>
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Successivamente il palazzo della Magistratura dei [[Consoli del Mare]], passerà nelle mani dei fratelli Galli. Nel 1818 Mannaioni cederà la proprietà a Ferdinando Sbrana. Nello stesso anno la famiglia del Torto non sarà più, causa problemi economici, proprietaria del palazzo, mentre lo diventerà la famiglia della Fanteria.<br>
Intanto i due fratelli Franchetti, Abram e Isach, mossi dal desiderio di ostentare la propria ricchezza, miravano a possedere e riunificare uno dei più bei palazzi del Lungarno pisano, allora ancora diviso tra i tre proprietari. Così nel 1833 acquistarono il palazzo di proprietà dei Galli. Quest’ultimo era allora strutturato in tre piani più un mezzanino, decorati da soffitti a palco e a volterranea, e cantine sotterranee. Un’arme con mascherone e due teste di montone sovrastavano la porta d’ingresso di Via San Martino, mentre l’ingresso del Lungarno portava ad un giardino, chiuso tra due muri e dotato di fontana, e ad
Nel 1888 l’edificio non apparterrà più alla famiglia Franchetti, ma verrà ceduto ad un imprenditore, Vincenzo Trampolini. Egli inizialmente affittava diversi spazi del palazzo. Erano disponibili una stanza sotterranea e cinquantasei vani divisi tra i tre piani ed il mezzanino.<br>
Successivamente Trampolini decise di vendere l’immobile all'[[ufficio dei Fiumi e Fossi]]. La procedura si concluse nel 1910. Secondo la volontà di Trampolini, la vendita prevedeva il palazzo nella sua totalità, fatta eccezione degli affreschi. Questi sarebbero stati rimossi e l’imprenditore si sarebbe reso disponibile per far realizzare a sue spese nuove decorazioni che rispettassero il gusto dell’acquirente, altrimenti quest’ultimo avrebbe potuto comprare gli affreschi originali. Così nel 1908 l’imprenditore si rivolse alla ditta Stefanoni di Bergamo per la valutazione ed il trasporto degli affreschi, che vennero approvati. L’ostacolo si presentò quando, durante le trattive per la vendita delle opere, il Ministero e L’Associazione dell’Arte impedirono le procedure in quanto le decorazioni rappresentavano un importante patrimonio artistico per la città. Fu così che nel 1914 l'[[ufficio dei Fiumi e Fossi]] divenne proprietario anche degli affreschi. Questi avevano però bisogno di manutenzioni che vennero commissionate dall’allora presidente
Ad oggi recenti studi testimoniano decorazioni celate da affreschi successivi.<br>▼
Infine, in seguito ai danni provocati dallo scoppio delle mine nel 1944, Palazzo Franchetti è stato sottoposto ad una serie di lavori di restauro che hanno permesso all’antica residenza nobiliare di ospitare uffici ed appartamenti.<br>
▲Ad oggi recenti studi testimoniano decorazioni celate da affreschi successivi.<br>
Attualmente il palazzo accoglie la sede del Consorzio 4 Basso Valdarno ed ha un alto valore architettonico e decorativo: al suo interno sono conservati affreschi seicenteschi del Ghirlanda e rare decorazioni cinquecentesche a grottesche<ref name=NotaUno>Martina Giraldo, ''Palazzo Franchetti, una dimora sul Lungarno pisano'', Pisa, Pacini, 2007</ref>.
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Vista questa scoraggiante relazione l’ingegnere [[Ridolfo Castinelli]] giudica non eseguibile il progetto del Gherardesca<ref name=NotaUno />.
== Gli scavi e la casa del Conte Ugolino ==
Nel luglio 2016 a Palazzo Franchetti, con 40 mila euro di finanziamenti a carico del Consorzio 4 Basso Valdarno, sono partiti gli scavi che hanno coinvolto una grossa fetta del giardino del palazzo, con l’obbiettivo di portare alla luce la casa del Conte [[Ugolino della Gherardesca]]. Quest’ultima secondo la leggenda era stata distrutta nel 1288 dopo la destituzione ed imprigionamento del Conte e rimasta zona non edificata in quanto, secondo la leggenda, vi era stato buttato del sale per rendere sterile il terreno.<br>
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