Verità: differenze tra le versioni
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{{Nota disambigua}}
{{nd||Vero (disambigua)|Vero}}
[[File:Disputa 02.jpg|min|verticale=1.7|''La [[Disputa del Sacramento]]'', [[allegoria]] del Vero ad opera di [[Raffaello]], che accompagna le rappresentazioni iconografiche del [[Bene (filosofia)|Buono]] e del [[Bello]] nella [[Stanza della Segnatura]] ai [[Musei Vaticani]].]]
Con il termine '''verità''' ({{latino|veritas}}; {{greco antico|ἀλήθεια|aletheia}}) si indica il senso di accordo o di coerenza con un [[dato]] o una [[realtà]] [[oggetto (filosofia)|oggettiva]], o la proprietà di ciò che [[esistenza|esiste]] in senso [[assoluto]] e non può essere falso.<ref name=treccani>{{Cita|Dizionario di filosofia Treccani||Dizionario di filosofia}}'' alla voce omonima.</ref>
I principali argomenti di dibattito riguardano da un lato la definizione e l'identificazione della verità, secondo cioè una prospettiva [[ontologia|ontologica]], dall'altro i criteri per conseguire tale verità, attinenti piuttosto all'ambito [[gnoseologia|gnoseologico]].<ref name=treccani /> Quest'ultimo può coinvolgere anche l'aspetto [[etica|etico]], essendo collegato con l'esigenza di [[onestà]] intellettuale, buona fede e [[sincerità]].<ref>[[Karl Popper]] sostiene al riguardo che i princìpi posti alla base di ogni intento rivolto a ricercare la verità «sono ad un tempo principi epistemologici ed etici» (K. Popper, ''Come io vedo la filosofia e altri saggi'', p. 107, Armando Editore, 2005).</ref>
[[File:Giovanni Battista Piranesi - The Drawbridge - Google Art Project.jpg|alt= Forerunner of Escher's fantastic endless stairs: Piranesi's Carceri Plate VII – The Drawbridge, 1745, reworked 1761|min|verticale|Antecedente delle fantastiche scale infinite di [[Maurits Cornelis Escher|Escher]]: dalle ''Carceri'' di [[Giovanni Battista Piranesi|Piranesi]], Tavola VII – Il ponte levatoio, 1745, ripreso nel 1761]]
==
[[File:CARRACCI, Annibale - An allegory of Truth and Time (1584-5) (cropped).JPG|min|verticale|Particolare da ''[[Allegoria della Verità e del Tempo]]'', dipinto di [[Annibale Carracci]] (1585)]]
La questione della verità insita in [[proposizione (logica)|proposizioni]], affermazioni, dichiarazioni, [[idea|idee]], [[credenza|convinzioni]] e [[giudizio (filosofia)|giudizi]] rimanda alla necessità di individuarne i fondamenti. Per [[Parmenide]] la verità si fonda sull'indistinzione, o coincidenza, tra [[pensiero]] ed [[essere]], tra [[logica]] e [[ontologia]], che avrebbe contraddistinto tutto il pensiero antico: egli non attribuisce alla verità nessuna determinazione, appellandosi piuttosto al [[logica|rigore logico]] che vede la verità rigorosamente contrapposta all'errore, per cui semplicemente l'«essere è», e il «non-essere non è».<ref name=treccani />
{{citazione|Il [[principio di non-contraddizione]], introdotto da [[Parmenide]] per rivelare l'[[essere]] stesso, la verità essenziale, fu successivamente impiegato come strumento del pensiero logicamente cogente per qualsiasi affermazione esatta. Sorsero così la logica e la dialettica|[[Karl Jaspers]]<ref>Cit. da ''I grandi filosofi'', pag. 737, trad. it., Longanesi, Milano 1973.</ref>}}
Le caratteristiche dell'eternità e dell'immobilità del vero-essere di Parmenide saranno le stesse alla base dell'[[idea]] di [[Platone]]. Per costui la caratteristica della verità in un discorso consiste nel «dire gli enti come sono», mentre la proprietà del falso è quella di «dire come non sono».<ref>Platone, ''Cratilo'', 385 b.</ref> [[Aristotele]] ne diede una definizione simile: «dire di ciò che è che non è, o di ciò che non è che è, è falso; dire di ciò che è che è, o di ciò che non è che non è, è vero».<ref>Aristotele, ''Metafisica'', IV, 7, 1011 b.</ref>
Si è sostenuto in proposito il carattere tautologico di una verità così formulata, dato che nel [[sillogismo]] le premesse già contengono la [[deduzione]]. Ad ogni modo, sempre partendo dalla concezione di verità come identificazione immediata del [[pensiero]] nel suo oggetto, Aristotele è stato anche autore dell'opera di scomposizione della verità nei suoi aspetti analitici che va sotto il nome di Logica. In seguito, al tentativo di identificare ontologicamente la verità si verrà invece sostituendo il problema di stabilire un criterio per perseguirla: [[Epicuro]] la individua nella [[sensazione]], mentre gli [[stoici]] nell'[[assenso]] catalettico.<ref name=treccani />
Nell'ambito del Cristianesimo, [[Agostino d'Ippona]] trova il fondamento della verità nell'opera di [[illuminazione]] dell'anima da parte della [[Grazia divina]]. Se nella tradizione agostiniana, perpetuata da [[Anselmo d'Aosta]], è dunque l'intelletto illuminato a fornire il criterio della verità, [[Tommaso d'Aquino]] lo rinviene piuttosto nell'oggetto da conoscere.<ref name=treccani />
Nella [[filosofia moderna]] il problema gnoseologico degli strumenti di ricerca della verità diventa preponderante, soprattutto in [[Cartesio]] che individua nel ''[[cogito ergo sum|cogito]]'' il metodo fondamentale per distinguere il vero dal falso; mentre [[Kant]] darà per scontata la verità preoccupandosi piuttosto delle possibilità di accesso alla verità.<ref name=treccani />
Rifacendosi a Kant, [[Karl Popper]] distinguerà la verità dalla certezza, evidenziando la differenza tra la possibilità oggettiva di approdare alla verità, che può avvenire anche per caso, e la consapevolezza soggettiva di possederla, che invece non si ha mai.<ref>«Dobbiamo distinguere chiaramente tra verità e certezza. Aspiriamo alla verità, e spesso possiamo raggiungerla, anche se accade raramente, o mai, che possiamo essere del tutto certi di averla raggiunta [...] La certezza non è un obiettivo degno di essere perseguito dalla scienza. La verità lo è» (Karl R. Popper, ''Congetture e confutazioni'', prefazione italiana, 1985).</ref>
=== Tipi di teorie salde e deflazionarie ===
L'insieme delle [[teoria|teorie]] sulla verità proposte dai [[filosofia|filosofi]] e dai [[logica|logici]] possono essere raggruppate in due classi.
# Le teorie che seguono hanno tutte in comune il presupposto che la verità è un concetto ''saldo'' e ''sicuro'' per la conoscenza (cosa che risulterà più chiara nel seguito):
#* La [[Teoria corrispondentista della verità|teoria corrispondentista]] vede la verità come corrispondenza con la realtà. Così, un'affermazione è vera solo quando trova conferma nelle cose presenti.
#* La [[teoria della coerenza]] vede la verità come coerenza (ovvero non contraddittorietà) all'interno di un certo insieme di affermazioni o, più spesso, di convinzioni. Per esempio, la convinzione di una certa persona è vera solo se è coerente con tutte (o con la maggior parte) delle altre sue convinzioni.
#* La [[teoria del consenso]] sostiene che la verità è ciò che mette d'accordo (nel presente o in un futuro prossimo) le [[opinioni]] di certi gruppi di persone specifici, quali ad esempio gli studiosi competenti in un certo ambito (come gli scienziati).
#* Il [[pragmatismo]] valuta la verità in base all'[[utilitarismo|utilità]] delle conseguenze pratiche di una certa idea. Un'idea è vera, in altri termini, se – mediante le idee e gli atti che ci suscita – è capace di guidarci senza intoppi da un'esperienza ad un'altra.
#* Il [[costruttivismo sociale]] sostiene che la verità è costruita dai processi sociali, e che essa rappresenta la lotta di potere all'interno di una comunità.
# Molti filosofi rifiutano l'idea che la verità sia un concetto "saldo" in questo senso. Essi sostengono che dire ''"2 + 2 = 4" è vera'' sia dire ''niente di più'' che 2 + 2 = 4, e che non c'è nient'altro da dire sulla verità oltre questo. Queste posizioni sono quasi universalmente chiamate teorie "deflazionarie" della verità (in quanto il concetto è stato "sgonfiato" della sua importanza) o anche teorie "senza virgolette" (per appuntare l'attenzione sul fatto che esse rimuovono le virgolette da ogni proposizione, come mostrato nell'esempio precedente). Il principale proposito teoretico di queste prospettive è di illustrare quei casi particolari nei quali emergono proprietà particolarmente interessanti del concetto di verità. (Vedere anche [[paradossi semantici]] e nel seguito). In questo insieme ricadono anche alcune varianti del pragmatismo, ed anche molti teorici della corrispondenza possono essere interpretati come appartenenti a questo campo.<ref>AA.VV., ''Archives Internationales d'Histoire des Sciences'', vol. 45, edd. 134-135, Franz Steiner Verlag, 1995, p. 171.</ref>
=== Teorie specifiche ===
Ciascuna di queste può essere interpretata sia come definizione della natura fondamentale della verità, sia come criterio per la determinazione dei [[valore di verità|valori di verità]]. Così, ad esempio, un realista può definire la verità come la corrispondenza ai fatti, e concludere che l'unico modo valido per stabilire la verità di una proposizione è controllare se essa corrisponda o meno ai fatti. In tal modo affermazioni fatte in lingue diverse, quali ad esempio (in inglese) ''The sky is blue'' e (in tedesco) ''Der Himmel ist blau'' (il cielo è blu) sono entrambe vere e, soprattutto, lo sono per lo stesso motivo, e cioè perché entrambe esprimono la stessa proposizione.
Un coerentista terrà per fermo che la verità o la falsità di una affermazione è determinata dalla sua coerenza all'interno del corpo delle conoscenze scientifiche condivise. Pierce ha proposto nei suoi ultimi scritti che la verità può essere ''definita'' come corrispondenza alla realtà, ma ricordando che la verità o la falsità di una proposizione può essere stabilita solo tramite l'accordo degli esperti.
La [[teoria semantica]] si fonda sul caso generale: 'P' è vera se e solo se P,
dove 'P' è il riferimento all'affermazione (ovvero, il nome di quell'affermazione), e P è l'affermazione stessa. Il suo inventore, il filosofo e logico [[Alfred Tarski]], pensò che la teoria semantica, per diversi motivi, non potesse essere applicata a
Tarski pensò alla sua teoria come a una particolare teoria della corrispondenza, nella quale si suppone che il termine situato a destra corrisponda ai fatti. Ma egli è stato anche elaboratore e fondatore di una semantica della verità, basata su "modelli", per cui le condizioni del vero sono già implicate dalle componenti del discorso.
Le teorie deflazionarie, dopo [[Gottlob Frege]] e [[F. P. Ramsey]], dichiarano inoltre che "verità" non è il nome di qualche proprietà delle proposizioni
== In filosofia e in teologia ==
{{citazione|Il vero è l'intero.|[[Friedrich Hegel|G. W. F. Hegel]]<ref>Hegel, ''Fenomenologia dello Spirito'', prefazione, Firenze, La Nuova Italia, 1960, p. 39.</ref>}}
[[File:Bernini Truth unveiled by Time Gal Borghese.jpg|min|verticale|''[[La Verità svelata dal Tempo]]'', scultura di [[Gian Lorenzo Bernini]] (1650 circa)]]
Nello specifico, lo studio della verità attiene alla logica filosofica; ad essa si interessano particolarmente la [[metafisica]], l'[[epistemologia]], la [[gnoseologia]], la [[filosofia della scienza]] e la [[filosofia del linguaggio]].
=== L'etimologia greca ===
{{Vedi anche|Kalokagathia}}
L'esigenza di ricercare la verità fu un tratto caratteristico già della [[filosofia greca]], che per prima sollevò il problema dell'[[essere]], ossia di ciò che veramente ''è''. Il termine [[lingua greca|greco]] utilizzato per indicare la ''verità'' era {{lang|grc|ἀλήθεια}}, ''[[Aletheia|alétheia]]'', la cui [[etimologia]], come ha messo in luce [[Heidegger]],<ref>[[Martin Heidegger]], ''Dell'essenza della verità'' (conferenza del [[1930]] pubblicata nel [[1943]]) in ''[[Segnavia (Heidegger)|Segnavia]]'', trad. it. a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1987.</ref> significa «non nascondimento», in quanto è composta da alfa privativo (α-) più λέθος, ''léthos'', che vuol dire propriamente eliminazione dell'oscuramento, ovvero disvelamento. [[Doxa (filosofia)|Doxa]] è invece la verità relativa dell'opinione comune che si forma in [[democrazia]] anche a seguito della [[persuasione]] [[Retorica (Aristotele)|retorica]] e non necessariamente come [[inferenza]] [[logica]]. La verità infatti era intesa non come una semplice realtà di fatto, ma come un atto dinamico, mai concluso, attraverso cui avviene la confutazione dell'errore e il riconoscimento del falso: non un pensiero statico e definito una volta per tutte, bensì movimento di [[rivelazione]] dell'essere.
Se i [[sofisti]], da un lato, tendevano a relativizzare il concetto dell'essere sulla base di un soggettivismo e nichilismo radicali, fu con [[Socrate]] e il suo discepolo [[Platone]] che si ebbe una forte reazione a questa concezione,<ref>Vedasi il dialogo ''[[Teeteto]]'' di Platone.</ref> facendo della verità un bisogno fondamentale dell'[[anima]], che si distingue nettamente dalle opinioni per la sua intrinseca validità e oggettività. Ne conseguì il carattere [[Bene (filosofia)|etico]] della verità.
Sarà poi con [[Aristotele]] che verranno fissati in maniera quasi scientifica i caratteri della verità; egli, ad esempio, giudicava erroneo il detto del sofista [[Protagora]] secondo cui «l'uomo è misura di tutte le cose», proprio perché privava la verità di coerenza logica e di qualunque criterio oggettivo.<ref>Aristotele, ''Metafisica'', 1062 b 14.</ref> La verità si ha per lui quando l'[[intelletto]] giunge a coincidere con l'oggetto da conoscere, facendolo passare dalla potenza all'atto.<ref>«C'è un intelletto analogo alla materia perché diviene tutte le realtà, ed un altro che corrisponde alla causa efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo anche la luce rende i colori che sono in potenza colori in atto» (Aristotele, ''Sull'anima'', libro III, in F. Volpi, ''Dizionario delle opere filosofiche'', pag. 92, Mondadori, Milano 2000).</ref> Nella contemplazione fine a se stessa della verità risiede per Aristotele la [[felicità]] e lo scopo ultimo della conoscenza [[metafisica]].
I diversi momenti dello scetticismo greco, sia quello che ha le sue origini in [[Pirrone]] e [[Timone di Fliunte|Timone]], sia quello nato fra gli accademici [[Arcesilao]] e [[Carneade]], mostrarono invece un atteggiamento negativo di fronte alle possibilità di conoscere la verità.<ref>Mario Dal Pra, ''Lo Scetticismo greco'', vol. 1, Laterza, 1989.</ref>
=== Verità come criterio di se stessa ===
In ambito neoplatonico, [[Plotino]] concepì ancora la verità, ossia l'[[Uno (filosofia)|Uno]] da cui l'[[essere]] emana, non come un semplice dato di fatto, ma come un produrre se stessa, come un atto che si auto-avvalora in virtù della propria intrinseca forza e autenticità. Egli la assimilò alla luce: come questa si rende visibile agli occhi nel rendere loro possibile la visione degli oggetti sottraendoli all'oscurità, così la verità si rivela non per dimostrazione, ma per la sua stessa capacità di rivelare l'essere al [[pensiero]], di farci distinguere quel che è da ciò che non è. Recuperando la tradizione [[neoplatonismo|neoplatonica]], [[Spinoza]] dirà che la verità è criterio di se stessa, mentre il falso può essere riconosciuto solo a partire dalla verità: conoscere una verità significa anche sapere di conoscerla, e sapere al contempo che il falso le si oppone.<ref>Spinoza, ''Ethica more geometrico demonstrata'', XLIII.</ref>
=== La doppia verità ===
Nel [[Medioevo]] la verità divenne oggetto di indagine anche della [[filosofia islamica]], incontrandosi con le nuove istanze sollevate dalle religioni rivelate. Sottoponendo a critica tutta la [[conoscenza]], [[Averroè]] nel rifarsi ad Aristotele sottolineò come la percezione sensibile abbia bisogno dell'[[Intelletto]] Agente per elevarsi all'astrazione, senza il quale si producono saperi variabili da uomo a uomo. In soccorso deve quindi giungere la [[religione]], che si affianca alla ricerca filosofica riservata invece a pochi. La [[doppia verità]], concetto attribuito erroneamente ad Averroè, è in realtà una semplificazione della sua dottrina, che anzi ebbe presente come le verità di fede e di ragione debbano costituire un'unica sola verità, conoscibile dai più semplici tramite la rivelazione e i sentimenti, e dai filosofi cui spetta invece il compito di riflettere scientificamente sui dogmi religiosi presenti in forma [[allegoria|allegorica]] nel ''Corano''.
In Europa, tuttavia, la [[Chiesa cattolica romana]] inizialmente condannò quella che viene comunemente denominata teoria della "doppia verità", ovvero la teoria per la quale, sebbene certe verità possano essere stabilite dalla ragione, è necessario credere per fede al loro contrario.<ref>Generoso Gallucci, ''Saggio sul pre-modernismo'', Napoli, Detken & Rocholl, 1921, p 52.</ref>
La Chiesa si rivolgeva specificamente agli [[Averroè|averroisti]] latini, in primo luogo [[Sigieri da Brabante]], ma era intesa a contrastare più in generale la diffusione del pensiero di [[Aristotele]], che la riconquista della Spagna ed il conseguente accesso alle biblioteche dei Mori avevano reintrodotto nel mondo intellettuale latino. A quel tempo, infatti, molte delle dottrine della Chiesa cattolica romana erano basate sul pensiero [[neoplatonismo|neoplatonico]]. Sarà con [[Tommaso d'Aquino]] che l'[[aristotelismo]] verrà definitivamente riabilitato all'interno del cristianesimo, sostenendo egli che le verità [[Rivelazione|rivelate]] e quelle di ragione sono emanazione dello stesso Dio, e quindi non possono essere in contrasto tra loro.<ref>Sergio Landucci, ''La doppia verità: conflitti di ragione e fede tra Medioevo e prima modernità'', Feltrinelli, 2006, pp. 7-38.</ref>
=== Nel Cristianesimo ===
Secondo la concezione specificamente [[Cristianesimo|cristiana]] della verità, questa non è assimilabile a un concetto, ma piuttosto è [[Incarnazione|incarnata]], e quindi rappresentata direttamente da una ''[[Persona (filosofia)|Persona]]'': [[Gesù Cristo]].
Tale visione è suffragata da diversi passi [[Vangelo|evangelici]], ad esempio: «Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce". Gli dice Pilato: "Che cos'è la verità?". E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: "Io non trovo in lui nessuna colpa"» ([[Vangelo secondo Giovanni|Gv]] 18, 37 - 38). O ancora: «Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?". Gli disse Gesù: "[[Via, Veritas, Vita|Io sono la via, la verità, e la vita]]"» (Gv 14,6).
Il [[Catechismo della Chiesa cattolica]] afferma che:
«2466 In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. “Pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14), egli è la “luce del mondo” (Gv 8,12), egli è la Verità [Gv 14,6]. “Chiunque crede” in lui non rimane “nelle tenebre” (Gv 12,46). Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua parola, per conoscere la verità che fa liberi [Gv 8,32 ] e che santifica [Gv 17,17]. Seguire Gesù, è vivere dello “Spirito di verità” (Gv 14,17) che il Padre manda nel suo nome [Gv 14,26] e che guida alla verità tutta intera” (Gv 16,13). Ai suoi discepoli Gesù insegna l'amore incondizionato della verità: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no” (Mt 5,37)».
La [[teologia cristiana]] poi, appropriandosi di gran parte del patrimonio filosofico elaborato soprattutto da [[Socrate]], [[Platone]], [[Aristotele]], [[Plotino]], ha più volte sostenuto l'irriducibilità della nozione di "verità" a quella di "[[dimostrabilità]]". Alcuni tra i più importanti [[dottore della Chiesa|dottori della Chiesa]], come [[Sant'Agostino d'Ippona|Agostino]], [[Anselmo d'Aosta]], [[Tommaso d'Aquino|Tommaso]], [[Bonaventura da Bagnoregio|Bonaventura]], [[Nicola Cusano|Cusano]], concepiscono la Verità come qualcosa di [[trascendente]], ovvero situata al di là del percorso [[logica|logico]]-[[dialettica|dialettico]] che occorre intraprendere per approdarvi, e quindi afferrabile tramite un atto [[intuizione|intuitivo]] che sfocia nella dimensione [[mistica]] dell'[[estasi]]. Una tale dimensione non si traduce comunque per costoro in un mero salto nell'irrazionale, quanto piuttosto nel sovra-razionale, in quella Verità assoluta che è [[Dio]] e in quanto tale sta a fondamento dell'ordine razionale dell'universo.<ref>In particolare per Tommaso, la verità è il fine ultimo dell'intero universo, il quale trova senso e spiegazione nell'intelletto di [[Dio]] che l'ha creato (cfr. Tommaso d'Aquino, ''Summa contra gentiles'', I, 1). Compito del sapiente è dunque quello di volgersi alla ricerca disinteressata della verità, come del resto la stessa divina Sapienza si è [[Incarnazione|incarnata]] «per rendere testimonianza alla Verità» (''[[Vangelo di Giovanni]]'', XVII, 37).</ref> La verità in definitiva viene intesa non come un [[oggetto (filosofia)|oggetto]] o un'entità da possedere, bensì come [[soggetto (filosofia)|Soggetto]], da cui viceversa si viene posseduti.<ref>Tommaso d'Aquino sosteneva in proposito: «Tu non possiedi la Verità, ma è la Verità che possiede te» (''De Veritate'', [[1257]]).</ref>
La nozione cristiana della verità cominciò a entrare in crisi con l'avvento del [[filosofia moderna|pensiero moderno]], ad opera dei tentativi di [[Cartesio]] da una parte, e dell'[[empirismo]] dall'altra (soprattutto [[George Berkeley]] e [[David Hume]]), di escludere dall'orizzonte della verità tutto ciò che non potesse essere dimostrato logicamente, o verificato sperimentalmente. Questa nuova concezione della verità sarà poi fatta propria in particolare dal [[positivismo]] [[Ottocento|ottocentesco]].<ref>P. Valori, articolo su ''La Civiltà Cattolica'', edd. 2929-2940, 1972, p. 320.</ref>
===Novecento===
Con il corso ''Dell'essenza della verità '' del 1931/1932 [[Heidegger]], interpretando [[Platone]], passò dalla concezione della verità intesa come disvelamento a quella della verità intesa come correttezza di una [[proposizione]].
Platone sarebbe divenuto il primo protagonista dell'"oblio dell'[[Essere]]" nella filosofia occidentale.<ref>{{Cita web|url=https://www.avvenire.it/agora/pagine/platone-e-la-metafisica-gli-appunti-di-marcuse-a-lezione-da-heidegger|titolo=Filosofia. Platone e la metafisica: gli appunti di Marcuse a lezione da Heidegger|sito=www.avvenire.it|data=2024-11-06|lingua=it|accesso=2024-11-22}}</ref>
== In logica matematica ==
Alcuni risultati del matematico boemo [[Kurt Gödel]] possono essere interpretati, molto informalmente, nel senso che vi è una netta discrepanza tra verità e dimostrabilità o, più precisamente che, sotto certe ipotesi, ''non tutto ciò che è vero è dimostrabile''. Gödel pubblicò il suo più famoso risultato nel [[1931]], all'età di 25 anni, quando lavorava presso l'Università di Vienna. Tale lavoro conteneva i famosi due [[Teoremi di incompletezza di Gödel|Teoremi di incompletezza]] che da lui prendono il nome, secondo i quali: ogni sistema formale assiomatico ricorsivo e consistente (ossia privo di contraddizioni) S in grado di descrivere l'aritmetica dei numeri interi è dotato di proposizioni che non possono essere dimostrate né confutate sulla base degli [[assioma (matematica)|assiomi]] di partenza (primo teorema) ed inoltre è insufficiente per provare la propria consistenza (secondo teorema). Parafrasando, se un sistema formale è logicamente coerente, la sua non contraddittorietà non può essere dimostrata né confutata stando all'interno del sistema logico stesso. In altre parole, ogni formula F' che esprime in S la consistenza di S stesso è non dimostrabile in S, per cui la non contraddittorietà di S non può essere dimostrata con i mezzi di S, ma si tratta di una non-contradditorietà tale che, paradossalmente, la sua consistenza o [[coerenza (logica matematica)|coerenza]] è tale proprio perché non può essere dimostrata.<ref>«Nonostante le apparenze, non vi è nulla di circolare in un tale enunciato, dal momento che esso all'inizio asserisce l'indimostrabilità di una formula ben determinata, e solo in seguito, quasi per caso, risulta che questa formula è proprio quella che esprime questo stesso enunciato» (Gödel, ''Über formal unentscheidbare Sätze der Principia Mathematica und verwandter Systeme'', nota 15).</ref>
Se infatti si associa anche una [[semantica (logica matematica)|semantica]] al sistema formale S, soddisfacente le ipotesi sopra indicate, è possibile costruire in S delle formule F sintatticamente corrette che esprimono delle verità in S ma che sono indecidibili in S (sia F che non-F sono non dimostrabili in S). Infatti, una formula F' che esprima in S la consistenza di S stesso è da considerare intuitivamente vera, ma risulta non dimostrabile, per quanto detto sopra.
Filosoficamente ne consegue una distinzione profonda tra i concetti di verità ([[intuizione|intuitiva]]) e risultato di una dimostrazione (formale), distinzione che si può immaginare dicendo che non tutte le verità sono dimostrabili o che una macchina infallibile che sforni una infinità di dimostrazioni non raggiungerà tutte le verità.
Dal punto di vista matematico, i concetti di verità e di dimostrabilità sono in partenza concettualmente molto distinti, perché il primo fa riferimento alla semantica, mentre il secondo si riferisce esclusivamente alla sintassi. Il teorema di Gödel mostra che, limitatamente all'ambito sopra indicato, questi concetti non potranno mai combaciare perfettamente, cioè che l'insieme delle formule intuitivamente "vere" non potrà mai coincidere con l'insieme delle formule dimostrabili.<ref>Rebecca Goldstein, ''Incompletezza. La dimostrazione e il paradosso di Kurt Godel'', Torino, Codice Edizioni, 2006.</ref>
==Verità di ragione e verità di fatto==
Nell'ambito della [[logica matematica]] risale a [[Leibniz]] la distinzione tra le [[verità di ragione]] e le [[verità di fatto]]. Le verità di ragione sono, nella [[pensiero di Leibniz|filosofia di Leibniz]], le proposizioni necessarie e universali, individuate mediante l'uso di quella [[ragione]] comune a tutti gli uomini, caratterizzate dall'essere definite in base al [[principio di identità]] e di [[principio di non contraddizione|non contraddizione]], tali per cui la loro negazione è falsa. Si tratta di giudizi analitici e ''[[a priori]]'', in cui il predicato è già implicito nel soggetto come nella frase «Il triangolo ha tre angoli». Per questa caratteristica, le "verità di ragione" non sono estensive della conoscenza, non aggiungendo nulla di più rispetto alle premesse, ma d'altra parte hanno un rigore logico di necessità.
Le verità contingenti si fondano invece sul [[principio di ragion sufficiente]], che fornisce cioè le ragioni sufficienti a spiegare un fatto ma non a dimostrarne la necessità. Quando ad esempio formulo il giudizio: «Colombo scoprì l'America» questa è una verità di fatto ''[[a posteriori]]'': anche qui c'è un predicato connesso al soggetto ma in tal caso esso non è all'interno del soggetto stesso bensì nella realtà storica, nel fatto esterno (la scoperta dell'America).
Questo tipo di verità quindi sono estensive della conoscenza, ma non sono necessarie perché possono essere negate senza cadere in contraddizione: non hanno il rigore logico dei giudizi analitici, tant'è vero che se io fossi ignorante potrei dire tranquillamente «Colombo non scoprì l'America» senza per questo entrare in una contraddizione logica come accadeva per le verità di ragione. Il principio di ragion sufficiente, in definitiva, offre le ragioni per capire una verità di fatto, ma non per dimostrarne la necessità.<ref>{{Treccani|ragion-sufficiente-principio-di_%28Dizionario_di_filosofia%29|ragion sufficiente, principio di}}</ref>
{{citazione|Le verità di ragione sono necessarie e il loro opposto è impossibile, mentre quelle di fatto sono contingenti e il loro opposto è possibile. Quando una verità è necessaria se ne può trovare la ragione mediante l'analisi, risolvendola in idee e verità più semplici, fino a pervenire a quelle primitive|Leibniz, ''Monadologia'', XXXII<ref>Cit. in Leibniz, ''Scritti filosofici'', vol. I, pag. 288, Utet, Torino 1967.</ref>}}
Leibniz aggiungeva tuttavia che se avessi la capacità onnisciente, propria di [[Dio]], di analizzare all'infinito il soggetto espresso nel giudizio delle verità di fatto - nel caso dell'esempio significa analizzare all'infinito la vita di Colombo - arriverei alla conclusione che "necessariamente" Colombo doveva scoprire l'America, essendo questo un [[destino]] inerente alla [[sostanza (filosofia)|sostanza]] Colombo. Sul piano logico cioè le verità di fatto tendono a risolversi in una verità di ragione: la loro contingenza scompare e la fattualità si tramuta nell'attualità del pensiero.<ref>Massimo Mori , ''Storia della filosofia moderna'', § 10.3, Laterza, 2005.</ref>
==Nelle scienze sperimentali==
Nell'ambito delle [[scienze sperimentali]], cioè basate sul [[metodo scientifico]], è considerata ''vera'' una [[teoria]], un'[[ipotesi]], un [[proposizione (logica)|enunciato]] che è verificato sulla base dell'[[esperienza]] ovvero osservazioni dirette oppure attraverso un [[esperimento]] in [[laboratorio]], ''falsa'' viceversa. Posizioni filosofiche in merito sono espresse all'interno dell'[[empirismo]] e del [[positivismo logico]] attraverso il [[verificazionismo]].
=== Soggettivo contro oggettivo ===
Le verità soggettive sono quelle con cui abbiamo maggiore familiarità ed anche quelle che sono utilizzabili per la vita reale. Il [[pragmatismo]] nasce su questa base e la veridicità di un asserto è misurabile dalla sua utilità. Il [[soggettivismo metafisico]] sostiene che non esiste nient'altro che tali verità, ovvero che non possiamo conoscere in alcun modo niente di diverso dal contenuto della nostra personale esperienza. Questa prospettiva non rifiuta necessariamente il [[realismo (filosofia)|realismo]], ma sostiene fermamente che non possiamo avere alcuna conoscenza diretta del mondo reale.
Per contro si pensa che le verità [[oggettività|oggettive]] esistano e che per esser tali debbano risultare indipendenti dalle nostre convinzioni e dai nostri gusti personali. Tali verità dovrebbero quindi prescindere dal pensiero umano e concernere direttamente gli oggetti del conoscere fuori da chi li pensa. In effetti il principio oggettivo è abbastanza equivoco e si presta alle più diverse interpretazioni, basti pensare a quanti ritengono che la matematica sia strutturale alla materia e ne fondi le leggi.
=== Relativo contro assoluto ===
Le verità relative sono affermazioni o proposizioni che sono vere soltanto relativamente a certi standard, convenzioni o punti di vista. Tutti concordano sul fatto che la verità o falsità di ''alcune'' affermazioni sia relativa: che l'albero si trovi alla sinistra del cespuglio dipende dal posto in cui ci si trova. Ma il [[relativismo]] è la dottrina per la quale ''tutte'' le verità che ricadono in un particolare ambito (morale, estetico, e così via) sono relative, e ciò comporta che ciò che è vero o falso varia al variare delle epoche e delle culture. Per esempio, il [[relativismo etico|relativismo morale]] è quella visione per la quale è la società a determinare le verità morali.
Le verità relative non possono essere confrontate con delle verità assolute. Le ultime sono infatti affermazioni che, per definizione, sono vere per tutte le epoche e le culture. Per esempio, per i musulmani l'affermazione ''Allah è grande'' esprime una verità assoluta; per gli economisti, che la [[legge della domanda e dell'offerta]] determini il valore di qualsiasi bene all'interno di una economia di mercato è vero in ogni situazione; per i kantiani, la massima morale "comportati in ogni circostanza come se la norma che dirige le tue azioni potesse essere elevata a legge universale" costituisce una verità assoluta. Si tratta di affermazioni che si pretende vengano fuori direttamente dalla più genuina natura dell'universo, da Dio, o da qualche realtà ultima o [[trascendente]]. Alcuni assolutisti, spingendosi ancora oltre, dichiarano che le dottrine che essi trattano come assolute emergano da certe caratteristiche universali della natura umana.
L'assolutismo all'interno di un particolare ambito di pensiero è quella prospettiva per la quale tutte le affermazioni in quel dominio sono o assolutamente vere o assolutamente false: niente è vero solo per alcune culture o epoche e falso per altre. Per esempio, l'[[assoluto|assolutismo]] morale è quella prospettiva per la quale dichiarazioni morali quali "Uccidere è sbagliato" o "Amare è giusto" sono vere per tutti gli uomini presenti, passati e futuri, senza eccezioni.
== Nel diritto ==
Nella [[scienza]] e nel [[diritto]] la verità è riconosciuta in quelle proposizioni o affermazioni il cui contenuto non sia controvertibile.
Da un [[testimone (diritto)|testimone]] che rende sotto [[giuramento]] la propria testimonianza verace in un [[tribunale]] non ci si aspetta l'enunciazione di proposizioni infallibilmente vere, ma la [[buona fede]] nel raccontare un evento osservato a partire dal proprio [[ricordo]] o nel fornire una testimonianza esperta. Ciò che un testimone verace afferma può differire (e sovente accade, nella pratica giudiziaria) da quanto affermato da altri testimoni, anch'essi veraci. Il giudice sarà poi responsabile di valutare l'attendibilità del testimone e la veracità della testimonianza.
== Note ==
<references/>
== Bibliografia ==
* Blackburn, S. and Simmons K. 1999. ''Truth''. New York, Oxford University Press. (Un'antologia di articoli classici con saggi di James, Russell, Ramsey, Tarski ed altri).
* Cosci, M. 2014. ''Verità e comparazione in Aristotele'', Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti.
* Field, H. 2001. ''Truth and the Absence of Fact'', New York, Oxford University Press.
* Horwich, P. 1998. ''Truth'', New York, Oxford University Press.
* [[Jürgen Habermas|Habermas, Jürgen]]. 2003. ''Truth and Justification'', Cambridge, The MIT Press.
* Kirkham, Richard 1995. ''Theories of Truth: A Critical Introduction''. Cambridge, The MIT Press.
* Valore, P. 2004. ''Verità e teoria della corrispondenza'', Milano, Cusl.
* Valore, P. 2004. ''Verità'', Milano, Unicopli.
== Voci correlate ==
* [[
* [[Onestà]]
* [[
* [[Conoscenza]]
* [[Paradosso del mentitore]]
*[[
*[[
* [[Relativismo]]
* [[Relativismo gnoseologico]] *[[
* [[Oggettività]]
* [[Verosimile]]
* [[Realtà]]
* [[Sincerità]]
=== La verità nella logica ===
* [[Logica]]
* [[Logica modale]]
* [[
* [[Valore di verità]]
== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{cita web|url=https://www.ontology.co/aletheia.htm|titolo=History of Truth: The Greek "Aletheia"}}
* {{cita web|url=https://www.ontology.co/veritas.htm|titolo=History of Truth: The Latin "Veritas"}}
* [http://www.ditext.com/tarski/tarski.html The Semantic Conception of Truth] di [[Alfred Tarski]] saggio del 1944 sulla concezione semantica della verità
* {{cita web|url=http://www.disf.org/Voci/123.asp|titolo=La voce Verità nel Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede}}
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[[Categoria:Epistemologia]]
[[Categoria:Logica]]
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