Centa: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua}}
{{Fiume
|nome = Centa
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|attraversa = {{IT-LIG}}
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|note_bacino = <ref name=piastr>''PIANO DI BACINO STRALCIO SUL RISCHIO IDROGEOLOGICO'', [[Provincia di Savona]]; in .pdf su {{collegamento interrotto|1=[http://www.provincia.savona.it/sites/default/files/allegati/piani-di-bacino/CENTA_rel_gen_DGP169_2014.pdf www.provincia.savona.it] |date=settembre 2017 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>
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|mappa = Mappa centa.png
}}
Il '''Centa''' (''A Sènta'' in [[lingua ligure|ligure]]) è un [[fiume]] della [[Liguria]] lungo 3 km.
 
==Storia==
===Idronimo===
 
Il fiume Centa si trova descritto in latino da Plinio come ''Merula'' (trad. ''merlo''), sebbene probabilmente fosse in errore con il [[Merula]] che scorre nella vicina [[Andora]], {{chiarire|anche se un tempo veniva chiamato [[Meira]]}}.
La nascita del nome ''Centa'' ha diverse tradizioni, tra queste perché nasce da cento rivoli, oppure dalle ''centine'' che un tempo venivano messe a bagno nelle sue acque per la marcitura della canapa un tempo coltivata nella piana. Altra tradizione vuole che il Centa sia cresciuto a seguito dell'apertura di un canale aperto per far scorrere le acque vicino alla Città per portare via i liquami. In realtà non si conosce esattamente l'origine di tale nome.
 
Una valida supposizione storica vuole che il canale aperto nel XIII secolo per far scorrere le acque vicino alla città e portare via i liquami ma anche per mettere a bagno la canapa e quindi poterla filare, avesse cintato la città: da un lato il vecchio corso indirizzato verso [[Santuario di Nostra Signora di Pontelungo#Pontelungo|Pontelungo]] e quello nuovo dove passa ora, tale cintura attorno alla città venne comunemente e dialettalmente chiamate ''Cinta'', che è il primo nome che si può rinvenire per il Centa sui documenti storici, in quanto era la cintura intorno alla città.
Il ''Centa'' è usato anche per indicare il suo comprensorio (''le Valli del Centa'') e durante l'epoca napoleonica è stato utilizzato per indicare il territorio con a capo Albenga ''Giurisdizione del Centa''.<ref>{{cita libro | nome=Istituto Internazionale di Studi Liguri| Cognome= | titolo=San Domenico di Albenga | 2019 | Tipografia Bacchetta | Albenga}}</ref>
 
Il ''Centa'' è usato anche per indicare il suo comprensorio (''le Valli del Centa'') e durante l'epoca napoleonica è stato utilizzato per indicare il territorio con a capo Albenga ''Giurisdizione del Centa''.<ref>{{cita libro | nome=Istituto Internazionale di Studi Liguri| Cognomecognome= | titolo=San Domenico di Albenga | 2019 | Tipografia Bacchetta | Albenga}}</ref>
 
=== Portate medie mensili ===
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[[File:Argini del Centa sotto il ponte di ferro.jpg|thumb|Argini del Centa]]
 
Il fiume Centa è stato il creatore della Piana[[piana di Albenga]], che consiste in una vasta insenatura [[Pliocene|pliocenica]] colmata da depositi alluvionali successivi. Nel [[pliocene]] il mare arrivava fino alle attuali [[Ortovero]] e [[Cisano sul Neva]] dove l'Arroscia e il Neva sfociavano direttamente a mare; di tali periodo ci sono depositi di conglomerati e sabbia argillosa che affiorano nelle due valli. Successivi sollevamenti hanno inclinato verso il mare gli strati dell'insenatura pliocenica, che ha prodotto l'unione dei torrenti Lerrone con l'Arroscia e del Neva col Pennavaire. Depositi alluvionali che risalgono al quaternario hanno formato sopra questi strati un sedimento detritico, che a sua volta si è innalzato provocando quella fascia di colline a rilievo molto dolce che corrono ai bordi della Piana ingauna. La parte più bassa della Piana si è creata a seguito di depositi alluvionali sul fondo della ripa quaternaria. La differenziazione tra il bordo dell'antico golfo ed i sedimenti pliocenici è evidente dall'analisi della vegetazione e del colore: dal grigio cupo degli argilloscisti e delle arenarie nonché dal grigio più chiaro dei calcari giurassici, brulli questi ultimi, si arriva a tonalità giallastre e azzurrine rispettivamente di sabbie ed argille, come al rossastro dei depositi marini e fluviali (spesso terrazzati) ossidati per contatto con atmosferili<ref>{{cita libro | B. Limoncelli | M. Marini | Ricerca geomorfologica, in Indagine sulle risorse paesaggistiche e sulle aree verdi della fascia costiera ligure | 1967 | Università degli Studi di Genova | Genova}}</ref>.
La piana di Albenga è di tipo detritico ma questo da origine alla fertilità della piana stessa e dellaalla sua abbondante ricchezza idrica, solcata dal più grande corso d'acqua della Regioneregione. Quando si uniscono l'Arroscia con il Neva, nei pressi di [[Bastia (Albenga)|Bastia]], nasce il Centa.
 
Il corso del fiume seguiva un tempo la stessa linea dell'Arroscia, sfociando nel mare verso [[Ceriale]], fino alla deviazione del corso forse per volontà della [[Repubblica di Genova]] ([[XII secolo]]), che lo portò a scorrere vicino alla ''cinta'' muraria della città (causando la crescita del capo Lena e l'interramento del porto di Vadino), da cui il nome ''"Centa"'', dato all'ex tratto finale del torrente una volta divenuto fiume. L'antico letto del fiume divenne quasi completamente asciutto dal [[XVI secolo]].<ref>[http://www.comune.albenga.sv.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=152&idArea=153&idCat=2738&ID=2749 Comune di Albenga: il Centa e il Pontelungo]</ref>
 
[[File:Albenga 1587, Albenga e il suo territorio.jpg|thumb|upright=1.6|Disegno del [[1587]] ad opera di G. Molassana di [[Albenga]] dove a sinistra è rappresentato il Ponte del Branca oggi non più esistente]]
Dopo la tremenda alluvione del 1564, i Magistrati della città cercarono più volte di fabbricare degli argini per contenere la piena, ma non riuscendovi direttamente per il grande lavoro da fare, chiesero più volte aiuto al Senato di Genova, poi alla [[Repubblica Ligure]] e anche all'Impero Francese di Napoleone, ma senza successo, anche se sporadicamente qualche intervento venne fatto. Si ricordano i disegni e progetti realizzati dal Molasana nel 1587, dall'architetto Francesco Da Nove, da Gio Battista Pallavicini che fu un commissario delegato dal Senato genovese nel 1647; come il colonnello della Repubblica di Genova [[Matteo Vinzoni]] nel 1751, dal tenente del Genio Ligure Barabino nel 1802, dal colonello francese Auzilion, e dallo stesso prefetto del Dipartimento di Montenotte Chabrol nel 1812 (alcuni di questi disegni e progetti sono conservati all'interno del Municipio della Città di Albenga).
 
A seguito dell'alluvione del 1744, le autorità cittadine chiesero l'intervento del colonnello della Repubblica di Genova [[Matteo Vinzoni]] il 21 aprile 1751, che il 26 agosto dello stesso anno presenterà la sua relazione alla città con la ''Pianta della Città di Albenga col letto del fiume centa e degli fiumi Aroscia e Neva'', proponendo due palificate parallele per ogni sponda rinforzate da un regime alberato e l'ampliamento dell'alveo dell'Avarenna, oltre che una importante pulizia dei canali di scolo della piana; nel tipo geometrico disegnato a inchiostro e acquarello su carta viene contrassegnato con la lettera X il fossato di San Fedele, detto il Conchino, corrispondente all'attuale Ciambellino, con la lettera Y il fossato detto ''Gonche'', il fossato di [[Lusignano (Albenga)|Lusignano]] detto la ''Carpanea'' e analizzava l'Avarenna che riceveva l'acqua da questi fossati dicendo di scavarne l'alveo allargandone visto che durante i periodi di pioggia ricevono le l'acqua della zona del Monte.
 
Venne chiesto anche l'intervento del tenente del Genio Ligure Barabino nel 1802, dal colonnello francese Auzilion, e dallo stesso prefetto del [[Dipartimento di Montenotte]] Chabrol nel 1812 (alcuni di questi disegni e progetti sono conservati all'interno del Municipio della Città di Albenga).
 
===Alluvioni storiche===
[[File:Fiume Centa in piena.jpg|thumb|Il Centa in piena ai limiti dell'argine]]
 
Di seguito si redige uno storico delle alluvioni riconducibili a ondata di piena conosciute:
 
* XIII secolo alluvione che fece crollare il ''pons supranus'';
* 29 settembre 1564 - descrizione descritta come: ''le acque avevano una larghezza di due miglia e coprì tutti i terreni di 6 palmi (1,5 m)'' <ref name="a">{{cita web|url=https://books.google.it/books?id=7FulCli_WdcC&pg=PA155&dq=1564+centa+albenga&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjLxJ6hnvfoAhXHxIsKHbEGAPkQ6AEIOjAC#v=onepage&q=1564%20centa%20albenga&f=false |titolo=Storia della città e diocesi di Albenga|accesso=22/04/ aprile 2020}}</ref>, dalla devastazione che c'è stata (crollo di case e muri), si pensa che questa sia la piena con tempo di ritorno maggiore di 500 anni;
* 9 dicembre 1570 - ''l'acqua si poteva pescare dai pozzi senza fune''<ref>{{cita web|urlname=https://books.google.it/books?id=7FulCli_WdcC&pg=PA155&dq=1564+centa+albenga&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjLxJ6hnvfoAhXHxIsKHbEGAPkQ6AEIOjAC#v=onepage&q=1564%20centa%20albenga&f=false"a" |titolo=Storia della città e diocesi di Albenga|accesso=22/04/2020}}</ref>;
* 1587 - ''l'acqua dal monastero delle Monache arrivava fino a Ceriale''<ref>{{cita web|urlname=https://books.google.it/books?id=7FulCli_WdcC&pg=PA155&dq=1564+centa+albenga&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjLxJ6hnvfoAhXHxIsKHbEGAPkQ6AEIOjAC#v=onepage&q=1564%20centa%20albenga&f=false"a" |titolo=Storia della città e diocesi di Albenga|accesso=22/04/2020}}</ref>;
...
* 3-4 Ottobre 1744 dove ''devastò tutto il territoio di questa città e contado, abbatendo mura, spianando da fondamenti edifici, portando via bestie di ogni qualità ed affogando nelle proprie case intiere famiglie, così che detto anno 1744 si nomina universalmente nel contado ingauno come l'anno del diluvio''.<ref>ASG, Confinium, 131, riportato in Quaini 1986 a p.156</ref> Di tale alluvione si ha anche conferma dal prefetto napoleonico di anni dopo che racconta che nelle campagne si vedeva solo la cima degli alberi e che ne centro storico si erano erte delle barricate per evitare l'infiltrazione dell'acqua, ma che vennero spazzate via e la città venne inondata.
* 1802 - esce dalla sua sede rendendo instabile il [[Centa#Ponte del Branca|Ponte del Branca]] e facendo crollare alcune muraglie di contenimento delle acque<ref>{{cita web|url=http://www.libridiliguria.it/2012/10/10/albenga-da-napoleone-allunita-di-italia/|titolo=Albenga da Napoleone all’Unità di Italia|accesso=28 aprile 2020}}</ref>;
* 15 e 16 novembre 1750
* 1802 - esce dalla sua sede rendendo instabile il [[Centa#Ponte del Branca|Ponte del Branca]] e facendo crollare alcune muraglie di contenimento delle acque<ref>{{cita web|url=http://www.libridiliguria.it/2012/10/10/albenga-da-napoleone-allunita-di-italia/|titolo=Albenga da Napoleone all’Unità di Italia|accesso=28 aprile 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201029135207/http://www.libridiliguria.it/2012/10/10/albenga-da-napoleone-allunita-di-italia/|urlmorto=sì}}</ref>;
* 10 novembre 1886 - Dalle cronache si registra che l’acqua inondava le botteghe e le case fino al primo piano mentre cavalli e buoi venivano trascinati fino al secondo piano delle case per salvarle dalla spaventosa corrente del Centa, che aveva già inghiottito un disgraziato che non fu abbastanza sollecito a porsi in salvo; nella stessa occasione si verificò l'[[incidente ferroviario di Vadino]];
* 5 novembre 1994;
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===Collegamento Albenga-Torino===
Nell'epoca napoleonica sono stati molti i progetti pensati per facilitare la comunicazione attraverso le vie d'acqua. Pochi anni dopo, nel 1825, l'ingegnere idraulico [[Ignazio Michelotti]] proponeva di congiungere Albenga con Torino, con uno sviluppo percorribile dalle imbarcazioni di circa 180 km. Partendo da Albenga sul Centa si arrivava al Neva fino all'appenino, da qui si progettava un attraversamento arrivando sul [[Tanaro]] fino a Bassignana, quindi si scendeva fino a [[Garessio]], poi sull'[[Ellero]] da Bastia a [[Mondovì]], quindi da qua un canale navigabile fino a [[Fossano]], da qui sulla [[Stura di Demonte|Stura]] fino ad arrivare a [[Bra]], quindi passando per i colli del [[Monferrato]] fino a [[Chieri]] dove si arriva a [[Moncalieri]] e di qui lungo il [[Po]] a [[Torino]].
Il progetto piacque a Gaetano Cappuccio, che pochi anni dopo, intorno al sesto decennio del 1800, propose di realizzare un canale navigabile sotto il [[Colle San Bernardo]] così da poter mettere in comunicazione la valle del Centa e quella del Tanaro.<ref>{{cita web|url=https://trucioli.it/2018/02/15/orient-express-ligure-piemontese-no-grazieil-conte-gilbert-chabrol-de-volvic-artefice-della-savona-moderna-pagine-di-storiaormai-dimenticate-e-lunghe-tre-secoli/|titolo=Orient Express Ligure-Piemontese|accesso=28/04/ aprile 2020}}</ref> Per l'ingegnere Piemontese, riferendosi a [[Torino]]:"''questa città diverrebbe pel nuovo canale ciò che tra poco sarà Ismailia per quello di Suez, stazione cioè intermedia e principale per le navi, che correranno dall’uno all’altro mare, emporio del commercio e dell’industria della valle del Po...<ref>{{cita web|url=http://www.museotorino.it/resources/pdf/books/85/files/assets/common/downloads/page0128.pdf|titolo=Museo di Torino page0128|accesso=28/04/ aprile 2020}}</ref>"''
 
==Geografia==
[[File:La piana di Albenga.jpg|thumb|La [[piana di Albenga]] vista al tramonto]]
Lungo appena 3&nbsp;km (è il fiume più corto d'Italia a sfociare in mare<ref>escludendo quindi l'[[Aril]], che sfocia in un lago</ref>, dopo il [[Timavo]], diil quale scorre solamente 2&nbsp;km in territorio Italiano), nasce a monte della città di [[Albenga]] dalla confluenza dei torrenti [[Arroscia]] e [[Neva (torrente)|Neva]] che poco prima ricevono, rispettivamente, il [[Lerrone]] e il [[Pennavaira]]. I quattro torrenti che creano il Centa nascono dainvece distante,piuttosto distanti dalla città: l'[[Arroscia]] nasce dal [[Monte Frontè]] distante 40 km dalla Piana[[piana di Albenga]], il [[Neva (torrente)|Neva]] nasce sul [[Monte Galero]] distante 25 km dalla Pianapiana, il [[Lerrone]] nasce sopra [[Casanova Lerrone]] a 20 km dalla Pianapiana, mentre il [[Pennavaire]] nasce sul [[Colle di Caprauna]] ed è lungo circa 20 km. Il bacino complessivo del fiume Centa è di circa 440 km<sup>2</sup>.
 
Con letto assai ampio attraversa il centro urbano di Albenga sfociando poi direttamente nel mare a Capo Lena, quasi di fronte all'[[isola Gallinara]].
 
==Portata==
[[File:Lungofiume Centa Lavandaie sotto le mura della città 1906.jpg|thumb|Lungofiume Centa Lavandaie sotto le mura della città nel 1906 affaccendate a lavare i panni nelle sue acque]]
 
Nonostante il suo regime estremamente torrentizio, è il principale corso d'acqua della [[provincia di Savona]] come portata media annua (7,135&nbsp;m³/s) sfociante direttamente nel mare.
È soggetto in caso di forti precipitazioni a piene imponenti (anche di 2.500&nbsp;m³/s) che in più di un'occasione hanno causato pesanti danni alla città di Albenga come nel novembre 1994, nel novembre 2000 o nel settembre 2006.
 
La portata massima del Centa è quantificata in base alle normative del 2018, in special modo si segnala un'area drenata di 432 km<sup>2</sup>, si hanno le seguenti portate al colmo di piena<ref>{{cita web|url=http://www.pianidibacino.ambienteinliguria.it/SV/03centa/varianti/DDG_2018_3478.pdf|titolo=Piano di bacino del Centa|accesso=22/04/ aprile 2020}}</ref>:
 
* T = 30 anni => 1520 m<sup>3</sup>/s
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=== Ponti non più esistenti ===
Sono molti i ponti realizzati nel corso dei secoli sul fiume Centa, alcuni dei quali si conosco perfettamente e per altri restarestano solo poche tracce.
 
==== Ponte della ferrovia ====
Venne realizzato nel XIX secolo con il passaggio della ferrovia nella città, è molto simile a quello attuale con 3 campate, con le pile in muratura e cemento mentre le travi sono in acciaio reticolare. Una prima forma poco resistente venne sostituita negli anni '30 del XX secolo, anche se una parte di questo ponte è crollato nel 1944 adurante seguito delil secondo conflitto bellicomondiale a seguito di bombardamenti e subito ricostruito e rinforzato diventando quello che è oggi.
 
[[File:Centa con ponti vecchi.jpg|miniatura|upright|Primo ponte della ferrovia del XIX secolo]]
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==== Ponte del Branca ====
Chiamato anche ''Ponte del Mulino'', era un ponte attiguo alle mura della Città nell'angolo a sud-ovest, nei pressi di un baluardo, realizzato sopra il fiume da Gio Maria Canavisio di Oneglia per centonovanta [[Scudo (moneta)|scudi]] d'oro d'Italia nel 1566; fu prima ad un arco solo, poi ne venne costruito un secondo nel 1587<ref>Dai libri del consiglio comunale di quell'anno</ref> Alla fine del ponte venne eretto un mulino, da cui il ponte prende anche il nome. Nel dipinto di Raffaele De Rossi, ''Crocifisso tra i Santi Antonio Abate e Giovanni Evangelista con il [[Diocesi di Albenga-Imperia|vescovo Giovan Giacomo Gambarana]]'' del 1528, conservato nel Museo Diocesano di Albenga, è presente la prima rappresentazione del ponte ad arco unico.
Questo ponte tuttavia creava probabilmente problemi, tant'è che il 30 settembre del 1643 fu proposta la demolizione dei due archi per riportarlo a uno solo ma più esteso; il progetto venne affidato a Gio Agostino Spinola, un nobile genovese, che si offrì di mantenere anche il ponte a sue spese, mediante un solo pagamento da parte del Comune di quattrocento pezzi da otto reali; ma nulla venne fatto.
Si arrivò al 11 marzo 1803 quando sembrava che il Governo Ligure volesse finalmente mettere freno alle inondazioni del Centa, proponendo dal tenente del Genio Barabino la proposta di demolire il ponte e il bastione, eliminando quell'angolo di 120 gradi che forma il fabbricato dell'olio e che era di ostacolo al fiume stesso. Tuttavia il ponte trovò la sua fine nel corso del 1800 a seguito di una piena e non venne più ricostruito. Nell'alveo del Centa sono visibili le fondazioni del mulino e del ponte.
[[File:Albenga 1587, Albenga e il suo territorio.jpg|thumb|upright=1.6|Disegno del [[1587]] ad opera di G. Molassana di [[Albenga]] dove a sinistra è rappresentato il Ponte del Branca oggi non più esistente]]
 
==== Pons supranus ====
Era un ponte duecentesco realizzato in muratura che venne distrutto nel quattrocento. Superava il fiume in corrispondenza di ''porta Arroscia''. Nel dipinto di Raffaele De Rossi, ''Crocifisso tra i Santi Antonio Abate e Giovanni Evangelista con il [[Diocesi di Albenga-Imperia|vescovo Giovan Giacomo Gambarana]]'' del 1528, conservato nel Museo Diocesano di Albenga, è presente la prima rappresentazione del ponte ad arco unico. Sostituito poi dal Ponte del Branca.<ref>{{cita libro |cognome= Carbonara |nome= J. |titolo= Giovanni |editore= |città= Roma|anno= 1981}}
* {{cita libro | nome1=Josepha | cognome1=Costa Restano | nome2=Maria Celeste | cognome2=Paoli Maineri|nome3= Mario | cognome3=Marcenaro | titolo=La Cattedrale di Albenga | anno=2007| editore=Litografia Bacchetta | città=Albenga}}</ref>
 
==== Ponte dell'acquedotto romano ====
[[File:Piloni dell'acquedotto romano emergenti nel Centa.jpg|thumb|upright|Piloni dell'acquedotto romano emergenti nel fiume Centa nei pressi di porta Arroscia]]
Era presente l'acquedotto romano che dal monte Bignone arrivava in prossimità di porta Arroscia, realizzato in epoca imperiale, e quando il Centa è in secca si possono ancora vedere i resti nell'alveo del Centa di 9 dei piloni sopra i quali nascevano gli archi.
 
==== Pontelungo ====
{{Vedi anche|Santuario_di_Nostra_Signora_di_Pontelungo#Pontelungo}}
Questo ponte è l'unico sopravvissuto dell'antichità e si trova sull'antico percorso del fiume Centa, vicino al [[Santuario di Nostra Signora di Pontelungo]].
 
== Aree archeologiche ==
Nell'alveo del fiume Centa sono presenti diverse rovine antiche, difatti la zona vicino all'attuale [[centro storico di Albenga]] era il suburbio della antica ''Albingaunum'' e la zona fuori le mura della città mediavalemedievale. La valenza archeologica dell'area era già nota, difatti in alcuni scavi realizzati per proteggere la città dalle piene sono emersi resti, come quello di una statua virile, o semplicemente grazie alla presenza dei pilone dell'antico acquedotto, del mulino e ponte del Branca, in mezzo all'alveo ci sono murature di varia interpretazione, probabilmente anche gli antichi argini del Centa già abbattuti all'inizio del XX secolo per un allargamento della sponda destra. Nel corso degli scavi per l'allargamento dell'alveo nel 2001 è emerso il complesso paleocristiano con la chiesa medievale di San Clemente, sorto sulle antiche rovine delle terme romane, all'interno delle quali sono stati rinvenuti cinque sarcofagi tardoantichi in pietra del Finale del tipo con coperchi ad acroterii, uno dei quali è stato trasferito all'interno del [[Battistero di Albenga|battistero]]. C'erano altresì delle canalette di deflusso e dei laterizi appartenenti a un ''[[Suspensura|suspensuraesuspensura]]e'' che però non denunciavano la scoperta delle terme. Invece durante i lavori di nuova arginatura venne alla luce un'estesa area termale di circa 2000 mq, di cui una parte sotto moderni edifici, lungo un asse est-ovest di circa 60 m, parallelo al fiume, su cui si allineano una piscina all'aperto (''natatio'') e i vani destinati alle abluzioni, secondo la tipica sequenza che prevedeva il passaggio dagli ambienti freddi a quelli gradualmente riscaldati.
 
=== Complesso termale romano ===
{{Vedi anche|Terme romane di Albenga}}
Nelle Città romane principali esistevano le terme. Ad Albenga se ne sapeva la conoscenza da in epigrafe ma non si conosceva la posizione. Nell’antichità era luogo dove si dedicava all'igiene del corpo, ma anche al riposo e allo svago, chiamato in latino ''balneum'' sorgeva vicino al porto, difatti durante gli scavi sono emerse importanti strutture in calcestruzzo assimilabili a strutture portuali, nell’attuale quartiere di Vadino che deriva da ‘’vadum’’ cioè guado. L'edificio termale è stato realizzato in più fasi, dalla datazione delle tecniche costruttive e dai materiali utilizzati si può classificare la fase edificatoria tra la fine del I secolo d.C. e gli inizi del III secolo. Si è a conoscenza di un'epigrafe dispersa nel XVI secolo utilizzata nelle murature della vicina San Calocero, tale epigrafe narrava che un ''balneum'' pubblico iniziato alla fine del II secolo d.C. dal proconsole della provincia d'Africa, [[Gens Valeria|M. Valerio Bradua Maurico]], fu portato a termine da Q. Virio Egnazio durante il regno di [[Caracalla]] agli inizi del III secolo quando ricopriva importanti cariche pubbliche a Roma.
Nel letto del fiume Centa è emerso il complesso termale romano con un'ampiezza di quasi 2000 mq, e in gran parte oggi interrato.
 
Un'altra epigrafe del II secolo d.C. parla di opere di derivazione delle acque del Centa, probabilmente la conferma che era utilizzata la sua acqua per approvvigionare le terme.
 
Dalla Città si accedeva al lato settentrionale delle terme attraversando una scalinata larga 30 m con 4 scalini chiusa probabilmente da un porticato, che immetteva in un grande spazio in battuto di malta a cielo libero, usato come palestra per gli esercizi fisici prima di fare il bagno, com'era uso dei romani, qui è presente un edificio con tre vani di cui non si ha certezza dell'uso, probabilmente usato come spogliatoio, mentre l'altro vano è collegato al frigidarium; l'esiguità delle murature rinvenute non permette di dare la certezza se il presunto apodyterium ed il vano d'accesso al frigidarium comunicassero. I tre vani comunicavano comunque con gli ambienti retrostanti, di servizio, ubicati in un'area ancora in gran parte inesplorata adiacente il calidarium. Uno di questi ambiente, dalla pianta stretta e allungata con il pavimento in battuto di malta, era accessibile dall'atrio dell'apodyterium. Questi vani avevano una pavimentazione in tegole smarginate, come quelle usate negli ipocatusti, che non erano utilizzate per gli ambienti riscaldati. Ad est della scalinata è presente muro scandito da [[lesene]] che è all'interno dell'alveo ma non più distinguibile, questo delimitava un cortile rettangolare, un giardino o una palestra, dove, in origine, su un basamento in pietra sarebbe stata collocata una statua virile rinvenuta nel 1910 che oggi è esposta nella Sala dei Consoli del Palazzo Vecchio del Comune.
 
La ''natatio'' larga 12 metri, era impermeabilizzata grazie a un intonaco in coccioposto, con pianta rettangolare aveva un'abside sull'unico lato breve posto in luce e gradini regolari a quarto di cechio. Un canale di deflusso aperto sul lato est ne consentiva lo svuotamento. Il ''frigidarium'', destinato ai bagni freddi è riconoscibile per la contiguità con la ''natatio'' e per l'assenza di ipocausti, di forma rettangolare era di 14 per 10 metri di dimensioni, con un'abside sul lato corto a ovest, in cui all'interno era presente una vasca munita internamente da quattro scalini. Una vasca più piccola e meno profonda era su ciascuno dei lati lunghi, movimentati da absidi. Le pareti e il pavimento erano rinvestite originariamente con lastre rettangolari di marmo bianco e verde, spogliate dopo l'abbandono dell'edificio; tale scoperta è stata possibile per i pochi frammenti rinvenuti durante gli scavi e per le impronte lasciate sul cocciopesto del pavimento, dove ci sono ancora tasselli in marmo di scarto, usato per posizionare correttamente le lastre. Sulle pareti della grande vasca absidale si conservano delle grappe in bronzo utilizzate per bloccare le incrostazioni marmoree. Al di sotto del pavimento era presente una canalizzazione voltata con convogliava all'esterno l'acqua di scarico delle vasche e della vicina ''natatio''. Dal frigidarium, per mezzo di un ingresso aperto sul vano rettangolare interpretato come ''tepidarium'' per la presenza di ipocausti e per la posizione intermedia tra il ffrigidarium e gli altri vani riscaldati. Dal ''tepidarium'' un tempo pavimentato con lastre in marmo bianco, si passava ad ambienti più piccoli. Uno di questi, per la sua pianta circolare e per l'ubicazione tra il tepidarium e il calidarium, sarebbe un ''sudatorium'', insieme con un altro vano rettangolare contiguo riscaldato direttamente da un ''praefurnium'' posto sul lato esterno dell'edificio. Un altro ambiente di modeste dimensioni (3,9 x 2,3 m) con pavimento in mosaico ha un motivo geometrico formato da quadrati bianchi fiancheggiati da rettangoli neri con quadrati bianchi più piccoli agli angoli.
 
Tra il frigidarium e la natatio sono emerse le fondazioni in calcestruzzo gettato in casseforme lignee di un largo muro semicircolare parallelo all'abside del frigidarium. Altre strutture molto simili mantengono la stessa direzione dei vani termali, dove si riconoscono una presunta palestra con la pavimentazione in battuto realizzato in tra strati sovrapposti corrispondenti alle fasi costruttive. Tali strutture in calcestruzzo erano per un edificio più importante che indica che probabilmente è stato iniziato ma mai finito, con una progettazione più articolata del complesso termale. Il ''frigidarium'' sarebbe quindi la semplificazione di un progetto precedente e più grandioso che prevedeva un'aula più allungata con una piscina anulare. Un vano rettangolare sotto la pavimentazione della palestra era forse la piscina a pianta rettangolare di 9 per 6,42 m, della quale ne sono stati esplorati gli angoli sud-ovest e nord-est, chiusi da gradini semicircolari simili a quelli dalla ''natatio''.
 
Attraversando un vestibolo quadrato si arrivava in un grande vano rettangolare (18x10 m), il ''calidarium'' disposto trasversalmente rispetto all'asse natatio-frigidarium-tepidarium, ubicato sotto il piano della pavimentazione della chiesa di San Clemente edificata nel medioevo. Nella parte soggetta agli scavi si sono rinvenuti degli ipocausti con suspensurae formate da delle spesse lastre in arenaria appoggiate su uno spesso strato di calcestruzzo, poggiate su muretti invece che sui consueti piastrini di laterizio, così da creare veri e propri corridoi dove circolava l'aria calda. Su queste strutture probabilmente sorgeva una vasca riscaldata di grandi dimensioni, ''alveus''. Gli ipocausti funzionavano come corridoi dove passava l'aria calda che riscaldava le pareti della vasca riscaldando quindi l'acqua. A nord il calidarium si affacciava sul cortile retrostante con una parete movimentata esternamente da lesene in laterizio, da qui partivano due canali rivolti verso il fiume che erano visibili all'inizio del XX secolo e oggi non più che servivano per il deflusso delle acque.
 
L'edificio termale è costituito interamente in opera listata, con murature formate da file orizzontali di blocchetti squadrati in pietra alternate da corsi in mattoni in laterizio. In alcune zone sono presenti grossi blocchi squadrati in pietra inseriti nei paramenti murari. I laterizi sono utilizzati anche per rinforzare degli angoli, ma anche per realizzare diversi particolari costruttivi in cui è richiesta robustezza, come per le lesene che scandiscono il fianco esterno del calidarium. I laterizi sono gli stessi utilizzati nella porta Palatina realizzata a [[Torino]] in età augustea.
 
== Flora e fauna ==
L'area del Centa è un'area fluviale protetta poiché di grande importanza per numerose specie di uccelli migratori di interesse comunitario, oltre che per della fauna minore. Il Centa in tutto il suo percorso è caratterizzato da lembi di vegetazione palustre e forestale riparia<ref>{{cita web|url=https://www.provincia.savona.it/natura/area-protetta-provinciale/fiume-centa|titolo=Area protetta Provinciale Fiume Centa|accesso=22/04/ aprile 2020}}</ref>. Per questo motivo è compreso nel SIC IT1324909 “Torrente Arroscia e Centa” e nell’area protetta provinciale Fiume Centa (06-OA-Ce).
 
== Note ==
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==Bibliografia==
* {{cita libro | cognome=Costa Restagno | nome=Josepha | titolo=Albenga | editore=Sagep editrice | città=Genova | anno=1993 |edizione =3ª edizione |ISBN= 88-7058-479-8 }};
* Costa Restagno J., 1972, Catalogo dei manoscritti del Can. Leone Raimondi nell’Archivio Storico Ingauno, in Rivista Ingauna e Intemelia n.s. XXVII: 50-60;
* Grosso G., 1956b, Gli scavi nell’area del nuovo ospedale ad Albenga (gennaio-agosto 1956), in Rivista Ingauna e Intemelia, n.s., XI, 3-4: 128-131;
* [[Nino Lamboglia]] N. 1936, Albenga: resti romani nell’alveo del Centa, in Bollettino della Società Storico-Archeologica Ingauna e Intemelia (= Rivista di Studi Liguri);
* Massabò Bruno, 2002a, I tesori del Centa. La scoperta delle terme pubbliche di Albingaunum e del complesso di San Clemente, Albenga;
* Massabò Bruno, 2003a, Dalle terme romane ad un insediamento cristiano: gli scavi di San Clemente ad Albenga;
* Massabò Bruno, L'area archeologica nell'alveo del Centa: le terme pubbliche romane e la chiesa di San Clemente, Associazione Internazionale di Archeologia Classica, Roma, 2006;
 
== Voci correlate ==