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{{nota disambigua|il dialogo di Platone|Crizia (dialogo)}}
{{Carica pubblica
|nome = Crizia
|immagine =
|didascalia =
|carica= [[Tiranno]] di [[Atene (città antica)|Atene]]<br>(regime dei [[trenta tiranni]])
|mandatoinizio = 404 a.C.
|mandatofine = 403 a.C.
|predecessore = Alesia (come [[arconte eponimo]])
|successore = Eucleide (come arconte eponimo)
|professione = politico, scrittore, filosofo
}}
{{Bio
|Nome = Crizia
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== Biografia ==
{{Citazione|La fama rivela l'uomo nobile anche nei recessi più remoti della terra.|Crizia, fr. B24}}
Crizia apparteneva ad una delle più ricche e nobili famiglie dell'[[aristocrazia]]
Suo cugino era Leogora, padre di [[Andocide]]<ref>Diels-Kranz (DK), ''[[Die Fragmente der Vorsokratiker|I frammenti dei presocratici]]'' 88A5.</ref> e appartenente alla più antica famiglia dell'[[Attica]]; fu inoltre zio di [[Platone]]<ref>Crizia era fratello del nonno materno di Platone, Glaucone, e la sua famiglia discendeva direttamente da [[Solone]]. Cfr. DK 88A2. Egli compare inoltre come interlocutore nei [[Dialoghi platonici]]''[[Protagora (dialogo)|Protagora]]'', ''[[Carmide (dialogo)|Carmide]]'', ''[[Crizia (dialogo)|Crizia]]'' e ''[[Timeo (dialogo)|Timeo]]''. La [[Lettera VII]] di Platone conferma la notizia che più di uno dei Trenta Tiranni erano suoi parenti o conoscenti.</ref> e discepolo di [[Gorgia]] e [[Socrate]].
[[Senofonte]], nelle ''[[Elleniche]]'', lo descrive come un convinto estremista filospartano.
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Ribaltando lo schema tradizionale, che storicamente voleva il diritto positivo fondato sulla morale divina (si pensi a [[Esiodo]]), egli con straordinaria acutezza fonda nella paura del divino il vero caposaldo del potere politico. La divinità assume così le caratteristiche di uno [[instrumentum regni|strumento politico]] atto al governo della parte più intima del popolo: la sfera personale. Secondo Crizia, il divino è stato inventato dai governanti affinché gli uomini smettessero di infrangere le leggi di nascosto, convincendoli dell'esistenza di una forza soprannaturale in grado di osservarli in qualsiasi momento e in seguito giudicarli.
Questa critica corrosiva va ben oltre la semplice spiegazione razionalistica della religione, dimostrando la debolezza intrinseca della legge positiva e della morale collettiva. Queste sono infatti frutto di convenzione, relative e basate sull'apparenza: come prima di lui aveva osservato il sofista [[Antifonte]], giusto è colui che, di fronte a testimoni, si comporti in ossequio alla legge per evitare biasimo e pene, ma che poi, in privato, si comporti secondo la propria natura (''[[physis]]'').<ref>DK 84B44.</ref> Qui sta appunto, anche per Crizia, la debolezza della legge, poiché essa cessa di avere valore quando l'individuo si trova solo. Qualsiasi oratore, poi, è in grado a parole di rigirare la legge a proprio vantaggio, insozzando ciò che di buono vi è in essa. Piuttosto che sul ''nomos'', dunque, una società ordinata si dovrebbe basare sulla moderazione del singolo individuo. Come scrisse nel ''Piritoo'', «un carattere nobile è più saldo della legge», poiché nessuno sarà mai in grado di storpiarlo.<ref>DK 88B22.</ref> Si noti che questo discorso è in linea con la mentalità aristocratica e oligarchica del periodo, di cui Crizia è uno dei principali esponenti. L'attacco alla religione e il richiamo alla moderazione in quanto saggezza (''sophrosyne''), di contro alla fragilità del ''[[nomos (mitologia)|nomos]]'', mostrano una critica molto forte
== Note ==
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