Videoarte: differenze tra le versioni

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{{F|argomento=arte|data=novembre 2007}}La '''video artevideoarte''' – in [[lingua inglese|inglese]] ''video art'' – è un [[linguaggio]] [[arte|artistico]] basato sulla creazione e riproduzione di [[Cinema|immagini in movimento]] mediante strumentazioni [[video]].<ref>[http://dizionari.repubblica.it/Italiano/V/videoarte.php Videoarte dizionari.repubblica.]</ref>
 
== Descrizione ==
Lo sviluppo di questa modalità espressiva è quindi strettamente legata all'evoluzione della [[tecnologia]], come avviene analogamente nell'utilizzo del ''medium'' [[fotografia|fotografico]] applicato all'arte. Questa stretta interazione tra [[arte]] e [[scienza]] ha infatti imposto specifici parametri di fruizione rispetto all’arte tradizionale e riaperto la riflessione sull’incontro tra produzione [[creatività|creativa]] e processo tecnologico che [[Walter Benjamin]] aveva riferito in ''L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica'' del [[1936]] alla [[fotografia]] e all’idea di originalità delle opere fotografiche prodotte in più esemplari.
=== Nascita del termine ===
Il termine videoarte (coniato dal [[mercato dell'arte]] [[New York|newyorkese]]) segue cronologicamente la definizione di [[Nam June Paik]] (tra i pionieri,<ref>{{Cita web|url=https://www.artribune.com/television/2017/06/video-nam-june-paik-videoarte-nipote-intervista/|titolo=L'artista Nam June Paik raccontato da suo nipote {{!}} Artribune|autore=Valentina Tanni|data=2017-06-17|lingua=it-IT|accesso=2021-08-21}}</ref> assieme ai [[Vasulka]] e a [[Godfrey Reggio]], della prima epoca della videoarte), che intitolava una sua personale del [[1968]] a New York ''Electronic Art'', dando una prima definizione di utilizzo del mezzo video, in particolare in questo caso corrispondente all'uso di [[televisore|televisori]].
 
=== Origine di questa forma espressiva ===
==La video arte oggi==
Nel 1958 [[Wolf Vostell]] realizzò ''Das schwarze Zimmer'',<ref>[http://www.medienkunstnetz.de/works/deutscher-ausblick/ Wolf Vostell, ''Das schwarze Zimmer'', 1958]</ref> una installazione che incorporava un televisore e nel [[1963]] realizzò ''6 TV Dé-coll/age''<ref>[http://www.medienkunstnetz.de/works/television-decollage/ Wolf Vostell, ''6 TV Dé-coll/age'', 1963]</ref> una installazione che incorporava 6 televisori nella [[Smolin Gallery]] di [[New York]] e realizzò il video ''Sun in your head''.
Attualmente lo sviluppo innarestabile della tecnologia a cui è legata questa forma di espressione rende particolarmente vivace la produzione nel campo della video arte, che in modo esteso s'avvale ovviamente di ogni tipo di piattaforma e di supporto disponibile: basti pensare all'utilizzo di [[schermo al plasma|schermi al plasma]] e [[Schermo a cristalli liquidi|LCD]], di proiezioni sempre più luminose e di supporti digitali d'ogni tipo, del [[personal computer]], del [[web]], dei minischermi LCD di cui sono muniti gli [[iPod]] e la [[telefonia mobile]], fino alle ultimissime possibilità date dalle nuove tecnologie [[Alta definizione|HD]], con evoluzioni in direzione di una qualità sempre maggiore.
 
Possiamo identificare nella seconda metà degli anni sessanta il momento della nascita della videoarte. Nel [[1963]] [[Nam June Paik]] realizza [[Exposition of Music-Electronic Television]],<ref>[http://www.medienkunstnetz.de/exhibitions/exposition-of-music/ Nam June Paik - Wuppertal, 1963]</ref> considerato oggi il primo atto concreto di pratica della videoarte. La svolta decisiva e il riconoscimento ufficiale di questa nuova sperimentazione artistica avvenuto nel [[1968]] con la mostra curata da [[Pontus Hulten]] al [[MOMA]] di New York ''The machine as seen at the end of the mechanical age'' che segna il passaggio dall'epoca della macchina a quella della tecnologia. In questa mostra [[Nam June Paik]] utilizza per la prima volta un primitivo [[videoregistratore]] e nello stesso anno, dall'altra parte dell'oceano, all'Institute of Contemporary Art di Londra [[Jasia Reichardt]] realizza il progetto espositivo ''Cybernetic serendipity'' insieme ad un esperto di tecnologia ed uno di [[musica]]: i visitatori vengono avvertiti che non avrebbero capito con facilità se le opere erano state realizzate da un artista o da uno scienziato. Il binomio arte e tecnologia è stato incalzante fin dall'inizio, se pensiamo che nel gennaio del [[1969]], all'Armory di New York, viene organizzata la serie di eventi ''9 evenings'' dal gruppo di artisti Eat&nbsp;– Experiments in art and technology, che ha iniziato a riunirsi già nel [[1966]].
==La nascita del termine video arte==
Il termine video arte (coniato dal [[mercato dell'arte]] [[New York|newyorchese]]) segue cronologicamente la definizione di [[Nam June Paik]] (tra i pionieri, assime ai [[Vasulka]] e a [[Godfrey Reggio]], della prima epoca della video arte), che intitolava una sua personale del [[1968]] a New York ''Electronic Art'', dando una prima definizione di utilizzo del mezzo video, in particolare in questo caso corrispondente all'uso di [[televisore|televisori]].
 
=== Tecnologie della videoarte oggi ===
==I primi passi di questa forma espressiva==
Attualmente lo sviluppo della tecnologia, cui è legata questa forma di espressione, rende particolarmente vivace la produzione nel campo della videoarte, che in modo esteso si avvale di ogni tipo di piattaforma e di supporto disponibile: basti pensare all'utilizzo di [[schermo al plasma|schermi al plasma]] e [[Schermo a cristalli liquidi|LCD]], di proiezioni sempre più luminose e di supporti digitali, del [[personal computer]], del [[web]], dei minischermi LCD di cui sono muniti gli smartphones, fino alle possibilità date dalle nuove tecnologie [[Alta definizione|HD]], con evoluzioni in direzione di una qualità sempre maggiore.
Possiamo identificare nella seconda metà degli [[anni 1960|anni sessanta]] il momento della nascita della video arte. Nel 1963 [[Nam June Paik]] realizza [[Exposition of Music-Electronic Television]], considerato oggi il primo atto concreto di pratica della video arte. La svolta decisiva e il riconoscimeto ufficiale di questa nuova sperimentazione artistica è comunque nel 1968 con la mostra curata da [[Pontus Hulten]] al [[MOMA]] di New York ''The machine as seen at the end of the mechanical age'' che segna il passaggio dall'epoca della macchina a quella della tecnologia. In questa mostra [[Nam June Paik]] utilizza per la prima volta un primitivo [[videoregistratore]] e nello stesso anno, dall'altra parte dell'oceano, all'Institute of Contemporary Art di Londra [[Jasia Reichardt]] realizza il progetto espositivo ''Cybernetic serendipity'' insieme ad un esperto di tecnologia ed uno di [[musica]]: i visitatori vengono avvertiti che non avrebbero capito con facilità se le opere erano state realizzate da un artista o da uno scienziato. Ora possiamo infatti dire che ci sarebbero voluti addirittura dei decenni prima che il pubblico si abituasse all'immissione della tecnologia nell'arte. Il binomio arte e tecnologia è al contrario stato incalzante fin dall'inizio se pensiamo che nel gennaio del [[1969]] all'Armory di New York viene organizzata la serie di eventi ''9 evenings'' dal gruppo di artisti Eat – Experiments in art and technology che ha iniziato a riunirsi già nel [[1966]].
 
La stretta interazione tra [[arte]] e [[scienza]]/[[tecnologia]] ha imposto specifici parametri di fruizione rispetto all'arte tradizionale e riaperto la riflessione sull'incontro tra produzione [[creatività|creativa]] e processo tecnologico, che [[Walter Benjamin]] aveva individuato in ''L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica'', del [[1936]], con riferimento alla [[fotografia]] e alla questione dell'originalità delle opere fotografiche prodotte in più esemplari. La problematica è condotta alle estreme conseguenze dalla riproducibilità totale dell'opera digitale, in cui le copie sono identiche all'originale e possono essere modificate.
==Una nuova idea di fruizione==
Lontana da un utilizzo passivo del mezzo tecnologico, la video arte si serve del ''medium'' per precise finalità comunicative e non si ferma ad una pura documentazione della realtà. La sua capacità di intervenire sul reale e sulla sua percezione si traduce nella messa in discussione della posizione assoluta dello spettatore. Questo avviene in particolare nelle opere [[interattività|interattive]]. Ne sono un esempio l'installazione ''Videoplace'' dei primi [[anni 1970|anni settanta]] di [[Myron Krueger]] che riproduceva col [[colore]] su un [[monitor]] i movimenti dello spettatore, e l'intervento a circuito chiuso di [[Dan Graham]] che in una sua mostra riprendeva il pubblico e lo mostrava nella sala successiva. In questo caso soggetto e fruitore corrispondono, come del resto avviene con la Tv che rimanda alla società le immagini della società stessa, e come si manifesta oggi in maniera estrema con i [[reality show]] in cui gli spettatori vogliono vedere rispecchiata e celebrata la propria quotidianità. Questo meccanismo autoreferenziale è stato anticipato e sintetizzato perfettamente da Nam June Paik nell'opera del [[1974]] ''Tv Buddha'' in cui una statua della [[Buddha|divinità]] osserva la propria immagine ripresa e trasmessa nella TV che le sta di fronte. La video arte ha infatti in più occasioni messo in discussione i meccanismi televisivi che si avvalgono dei medesimi mezzi tecnologici, ma solo in rari casi la video arte è riuscita a raggiungere con questo punto di vista critico la diffusione propria della televisione: è riuscito a farlo ad esempio [[Jan Dibbets]] che ha sostituito per alcuni istanti le trasmissioni con l'immagine di un fuoco, di un'intimità domestica che solitamente lo spettatore perde guardando la TV.
 
=== Una nuova idea di fruizione ===
==Esponenti: da ieri ad oggi==
Lontana da un utilizzo passivo del mezzo tecnologico, la videoarte si serve del ''medium'' per precise finalità comunicative e non si ferma ad una pura documentazione della realtà. La sua capacità di intervenire sul reale e sulla sua percezione si traduce nella messa in discussione della posizione dello spettatore. Questo avviene in particolare nelle opere [[interattività|interattive]]. Ne sono un esempio l'installazione ''Videoplace'' dei primi [[anni 1970|anni settanta]] di [[Myron Krueger]] che riproduceva col [[colore]] su un [[monitor (video)|monitor]] i movimenti dello spettatore, e l'intervento a circuito chiuso di [[Dan Graham]] che in una sua mostra riprendeva il pubblico e lo mostrava nella sala successiva. In questo caso, soggetto e fruitore corrispondono, come del resto avviene con la Tv, che rimanda alla società le immagini della società stessa. Questo meccanismo autoreferenziale è stato anticipato e sintetizzato perfettamente da [[Nam June Paik]] nell'opera del [[1974]] ''Tv Buddha'' in cui una statua della [[Buddha|divinità]] osserva la propria immagine ripresa e trasmessa nella TV che sta di fronte. La videoarte ha, infatti, in più occasioni messo in discussione i meccanismi televisivi che si avvalgono dei medesimi mezzi tecnologici, ma solo in rari casi la videoarte è riuscita a raggiungere, con questo punto di vista critico, la diffusione propria della televisione: è riuscito a farlo ad esempio [[Jan Dibbets]] che ha sostituito per alcuni istanti le trasmissioni con l'immagine di un fuoco, di un'intimità domestica che solitamente lo spettatore perde guardando la TV.
{{F|argomento=arte|data=novembre 2007}}
Tra i maggiori pionieri ed esponenti della videoarte internazionale ricordiamo [[Nam June Paik]], [[Wolf Vostell]], [[Bill Viola]], [[Gary Hill]], [[Bruce Nauman]], [[Cindy Sherman]] e tra gli esempi più attuali [[Matthew Barney]] e [[Tony Oursler]]; in Italia pioniere è stato il gruppo [[Studio Azzurro]], che realizza opere interattive di video arte, quindi [[Marco Agostinelli]] e [[Fabrizio Plessi]].
Nei primi anni '90 si segnalano collettivi underground a Roma, Milano, Bologna, Napoli. Tra gli esponenti più interessanti, due americani trapiantati in Italia Norman Mc Laren e Robert Chroscicki, fondatore della Chiesa dell'Elettrosofia, entrambi accomunati da complesse storie personali.
Tra i giovani a lavorare con le immagini in movimento citiamo [[Vanessa Beecroft]], [[Sara Rossi]], [[Stefano Cagol]], [[Marcello Maloberti]], [[Marcella Vanzo]], [[Ottonella Mocellin]].
 
=== Varietà delle forme espressive ===
[[Categoria:Arte e media]]
La videoarte si articola in molteplici forme espressive, che vanno dalla [[Videoregistrazione|registrazione]] di azioni e [[Performance art|performance]] ([[videoperformance]]), a strutture complesse [[multimediali]], come:
[[Categoria:Arte_contemporanea|Videoarte]]
* [[installazione (arte)|installazioni]], [[Video installazione|video installazioni]] e installazioni [[interattive]]
* [[videoscultura]]
* [[Videoambiente|videoambienti]]
* [[sistemi video]] che interagiscono in vari modi in tempo reale con la performance
* [[cortometraggi]], e talvolta [[lungometraggi]], d'arte, immagini in movimento, [[arte digitale]]
* [[videopoesia]], [[poesia elettronica]]
 
=== La videoarte tra le arti ===
[[ca:Videoart]]
La concomitanza tra l'avvento del video e un clima di attivismo e agitazione sociale assicura al mezzo un inizio esplosivo. Negli anni sessanta, il video mette in discussione l'oggetto artistico ancora più drasticamente di quanto facciano forme d'arte come l'happening o la performance. Un fattore comune di queste esperienze consiste nella cosiddetta "dematerializzazione" dell'oggetto artistico, la possibilità di un'arte fondata sul tempo anziché sullo spazio, presagio delle Avanguardie Storiche (si pensi alla quarta dimensione di Picasso o all'attenzione dei Futuristi per la radio e il cinematografo)<ref>{{Cita web |url=http://www.aracneeditrice.it/pdf/9788854844162.pdf |titolo=Copia archiviata |accesso=4 settembre 2014 |dataarchivio=4 marzo 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304204515/http://www.aracneeditrice.it/pdf/9788854844162.pdf |urlmorto=sì }}</ref>.
[[de:Videokunst]]
 
[[en:Video art]]
Rapporto ambiguo intrattiene poi la videoarte con la televisione, alla quale è legata dalla medesima tecnologia. "VT is not TV", il videotape non è televisione, si rimarcava negli anni sessanta ma con il tempo i videoartisti cominciano a nutrire la speranza di diffondere le proprie ricerche sul mezzo di comunicazione di massa per eccellenza. Parimenti, le forme televisive ''entrano'' nella videoarte attraverso la pratica del [[Found footage]] (letteralmente, "pellicola ritrovata"). La ristrutturazione delle immagini televisive crea dei messaggi divertenti e sovversivi, come dimostra l'esempio italiano di ''[[Blob (programma televisivo)|Blob]]''. Del film d'artista, invece, la videoarte rappresenta l'erede ideale. La maggiore accessibilità (tecnica ed economica) del video rispetto alla tecnologia cinematografica ha reso quest'ultimo il mezzo privilegiato per la sperimentazione. Una delle caratteristiche fondamentali di questa duttilità è il particolare rapporto del video con la dimensione sonora.
[[es:Videoarte]]
 
[[fr:Art vidéo]]
A differenza del cinema, nato muto accompagnato da un'orchestra in carne e ossa, nel video i suoni provengono dalla stessa sorgente, sono entrambi tensioni e frequenze. Particolarità che i primi videoartisti, provenienti in larga parte dal mondo della musica (v. Paik, Vostell, Viola), non hanno mancato di sottolineare nella loro pratica. In ''Violin Power'' opera del 1978, ad esempio, Steina Vasulka genera con la sua musica distorsioni nell'immagine trasformando il suo violino «in una macchina per la ri-presa e la trasformazione - emotiva e fisica - della realtà» ([[Marco Maria Gazzano]])<ref>cit. in [http://books.google.it/books/about/Videomodernit%C3%A0_Eredit%C3%A0_avanguardistich.html?id=J86PtgAACAAJ&redir_esc=y ''Videomodernità. Eredità avanguardistiche e visioni ultracontemporanee tra video e arte'']</ref>.
[[gl:Videoarte]]
 
[[he:וידאו ארט]]
== Centri di produzione italiani ==
[[ja:ビデオ・アート]]
Per quanto riguarda i primi sviluppi della videoarte, anche se da molti storici è stato ignorato o dimenticato, in Italia sorsero ben presto importanti centri di produzione, di rilievo internazionale<ref>[[Stephen Partridge]], ''Introduction/ Introduzione'', in ''Rewind Italia - Early Video Art in Italy / I primi anni di Videoarte in Italia'', John Libbey Publishing, 2016, pp.8-9.</ref>, in cui iniziarono ad operare alcuni di quelli che sono ora riconosciuti come i maggiori esponenti storici della videoarte. In particolare: la [[Galleria del Cavallino]], a Venezia, diretta da Paolo e Gabriella Cardazzo, dal 1972 al 1979 ha prodotto video di artisti che operavano costantemente con la galleria<ref>Cfr. Paolo Cardazzo, ''The Video Season / La stagione del video'', in ''Early Video Art in Italy / I primi anni di Videoarte in Italia'', cit, p. 123 e sgg.</ref>, come [[Claudio Ambrosini]], [[Vincenzo Agnetti]], [[Marina Abramović|Marina Abramovic]], [[Stephen Partridge]]; il Centro Video Arte di Palazzo dei Diamanti, a Ferrara, diretto da Lola Bonora poi da Carlo Ansaloni, ed attivo dal 1972 al 1994 con finanziamenti pubblici, ove tra gli altri fecero i loro primi video [[Fabrizio Plessi]], Ricci Lucchi e Yanikian, Cristina Kubisch; [[Art/tapes/22|art/tapes/ 22]], a Firenze, operativo tra il 1973 ed il 1976, diretto da Maria Gloria Bicocchi, ove si produssero video di artisti locali come [[Ketty La Rocca]] e [[Maurizio Nannucci]] ed ove un giovanissimo [[Bill Viola]] iniziò a lavorare come tecnico alle riprese. Notevole importanza ha avuto anche la collezione di videotape di Luciano Giaccari, che tra le sue varie iniziative, nel progetto ''Televisione come memoria'', del 1968, ha documentato in tempo reale le 24 ore di ''Non stop teather'', manifestazione da lui organizzata a Varese<ref>Angela Madesani, ''Le icone fluttuanti,'' ''storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia'', Ed. Bruno Mondadori, 2002, p. 88.</ref>.
[[nl:Videokunst]]
 
[[pl:Sztuka wideo]]
== Festival ==
[[pt:Videoarte]]
* ''Festival Arti Elettroniche'' - [[Camerino]]
[[ro:Artă video]]
* ''Ibrida Festival'' - [[Forlì]]
[[ru:Видео-арт]]
* ''Invideo'' - [[Milano]]
[[sv:Videokonst]]
*''Ondavideo -'' [[Pisa]]
[[tr:Video sanatı]]
*''Over the real'' - [[Lucca]]
* ''Videoart Festival'' - [[Roma]]
== Esponenti ==
Tra i maggiori pionieri ed esponenti della videoarte internazionale ricordiamo, [[Nam June Paik]], [[Vito Acconci]], [[Bruce Nauman]], [[Laurie Anderson]], [[Dara Birnbaum]], [[Robert Cahen]], [[Juan Downey]], [[Peter Campus]], [[Zbigniew Rybczyński]], [[Fabrizio Plessi]], [[Bill Viola]], [[Wolf Vostell]].
 
Dagli anni '80 ad oggi il video si è affermato come medium trasversale e la produzione è molto vasta: nel variegato panorama italiano e internazionale si possono citare, in ordine sparso, [[Gary Hill (artista)|Gary Hill]], [[Francesco Vezzoli]], [[Vanessa Beecroft]], [[Shirin Neshat]], [[Michal Rovner]], [[Pipilotti Rist]], [[Bériou]], il collettivo [[Studio Azzurro]], [[Elastic Group of Artistic Research]], Pierrick Sorin, [[Nicolás Isasi]], [[Miguel Chevalier]], [[Stefano Cagol]].
 
== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
* AAVV, ''Artronica. Videosculture e installazioni multimedia'', a cura di Anna D'Elia, Milano, Mazzotta, 1987.
* Piero Deggiovanni, "Antologia critica della videoarte italiana 2010-2020", Torino, edizioni Kaplan, 2019, ISBN 978-88-99559-35-9
* {{Cita libro|nome =Vittorio|cognome =Fagone|titolo =L'immagine video : arti visuali e nuovi media elettronici|editore =Feltrinelli|città =Milano|anno =1990|ISBN =88-07-10132-7|cid =Fagone 1990}}
* AAVV, ''Il Novecento di Nam June Paik'', Edizioni Carte Segrete, Roma: 1992, mostra a cura di Antonina Zaru e Marco Maria Gazzano, Palazzo delle Esposizioni, Roma.
* AAVV (a cura di P. Sega Serra Zanetti, M.G. Tolomeo), ''La coscienza luccicante. Dalla videoarte all'arte interattiva'', Gangemi, Roma: 1998. Catalogo della Mostra tenuta a Roma nel 1998.
* Alessandro Amaducci, ''Banda anomala. Un profilo della videoarte monocanale in Italia'',Torino, Lindau, 2000.
* {{cita pubblicazione|autore =Silvia Bordini |anno = 2000| mese =maggio| titolo =Arte elettronica | rivista = Art e Dossier|numero =156|id = ISSN 0394-0179}}
* [[Link Project]] (2000) ''Netmage - Piccola Enciclopedia dell'Immaginario Tecnologico'', Milano, Oscar Mondadori, 2000.
* Bruno Di Marino, Lara Nicoli (a cura di), ''Elettroshock. 30 anni di video in Italia'', Roma, Castelvecchi Arte, 2001, ISBN 978-8882102999
* {{Cita libro|nome =Caterina|cognome =Davinio|titolo =Tecno-poesia e realtà virtuali : storia, teoria, esperienze tra scrittura, visualità e nuovi media|url =https://archive.org/details/tecnopoesiaereal0000davi|editore =Sometti|città =Mantova|anno =2002|ISBN =88-88091-85-8|cid =Davinio 2002}}
* Angela Madesani, ''Le icone fluttuanti. Storia del cinema d'artista e della videoarte in Italia'', Milano, Bruno Mondadori, 2002.
* Valentina Valentini, ''Le storie del video'', Bulzoni, Roma: 2003.
* Dino Marangon, "Videotapes del Cavallino" ed.Cavallino, Venezia:2003.
* Michael Rush, "Video Art", Thames & Hudson, Londra: 2003
* Valentino Catricalà, Laura Leuzzi, ''Cronologia della videoarte italiana'', in Marco Maria Gazzano, ''KINEMA. Il cinema sulle tracce del cinema. Dal film alle arti elettroniche andata e ritorno'', Roma, Exorma, 2013.
* Alexandro Ladaga, Silvia Manteiga, ''Moving Layers: Contextual Video in Art & Architecture'', Roma, Edilstampa, 2014. ISBN 9781291852295
* Alexandro Ladaga, Silvia Manteiga, ''Proiezione: Video Architettare lo Spazio Elastico'', in Senza Cornice, gennaio 2014.
* [[Elastic Group of Artistic Research]], ''127kBdiarte, pensare l'arte in rete'', San Donato, Psiche e Aurora Ed., 2015. ISBN 9788889875421
* Alexandro Ladaga, Silvia Manteiga, ''The Electronic Civilization'', in Screencity Lab Accademic Journal, n.1, 2012, pp.&nbsp;4, 11, 37-42. ISBN 978-88-9637-010-0
* Daniel Birnbaum, ''Cronologia, tempo e identità nei film e video degli artisti contemporanei'', Milano, Postmedia Books, 2007.
* Fernanda Moneta, "Tecnocin@", ed. Costa&Nolan, 2007, ISBN 88-7437-041-5
* Marco Maria Gazzano, ''KINEMA. Il cinema sulle tracce del cinema. Dal film alle arti elettroniche andata e ritorno'', Roma Exorma, 2013.
* Marco Maria Gazzano, ''Steina e Woody Vasulka: video, media e nuove immagini nell'arte contemporanea'', catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 15 dicembre 1994-11 gennaio 1995), Fahrenheit 451 Roma 1995.
* Marco Maria Gazzano (a cura di), ''Visione Molteplice - L'opera audiovisiva di Hermes Intermedia'', con saggi di [[Ennio Morricone]], [[Marco Maria Gazzano]], Marcello Carlino, Simone Dompeyre, [[Giovanni Fontana (poeta)|Giovanni Fontana]], [[Giordano Montecchi]], Antonio Poce, Armando Editore, Roma, 2019, ISBN 978-88-6992-356-2
* R. Barilli, A. Borgogelli, P. Granata, S. Grandi, F. Naldi, ''Videoart Yearbook - L'annuario della videoarte italiana 2006-2007-2008'', Fausto Lupetti Editore, Bologna: 2009, ISBN 978-88-95962-12-2
* Sandra Lischi, "Il respiro del tempo. Cinema e video di Robert Cahen", con DVD allegato, Edizioni ETS, 2009
* Alfonso Amendola, ''Videoterritori. Storia, teoria ed esperienze artistiche dell'audiovisivo sperimentale'', prefazione di [[Alberto Abruzzese]], Latina, Tunué, 2010.
* Alessandro Paolo Lombardo, ''Videomodernità. Eredità avanguardistiche e visioni ultracontemporanee tra video e arte'', Roma, Aracne Editrice,2011.
* [[Stephen Partridge]] e Laura Leuzzi, ''Rewind Italia - Early Video Art in Italy / I primi anni di Videoarte in Italia'', John Libbey Publishing, 2016.
*L. Parolo, ''Videoarte in Italia negli anni settanta. La produzione della Galleria del Cavallino di Venezia'', Bulzoni editore, Roma 2019, ISBN 978-88-6897-150-2
*C. G. Saba (a cura di), ''Arte in videotape. art/tapes/22, collezione ASAC La Biennale di Venezia. Conservazione restauro valorizzazione,'' Cinisello Balsamo, Silvana editoriale, 2007.
 
== Voci correlate ==
* [[Video installazione]]
* [[Arte digitale]]
* [[Cinema sperimentale]]
* [[Laser d'Or]]
* [[Poesia elettronica]]
* [[Videoperformance]]
* [[Videoscultura]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|v=Corso:Videoarte|etichetta=Videoarte}}
{{interprogetto|commons=Category:Video art|v=Corso di Videoarte}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
 
{{Storia dell'arte occidentale}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|arte|televisione}}
 
[[Categoria:Arte e media]]