Conoscenza: differenze tra le versioni

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[[File:Lucas_Cranach_(I)_-_Adam_and_Eve-Paradise_-_Kunsthistorisches_Museum_-_Detail_Tree_of_Knowledge.jpg|min|''Der Baum der Erkenntnis von Gut und Böse'', quadro del [[pittore]] [[Germania|tedesco]] [[Lucas Cranach il Vecchio]] che rappresenta il mito biblico dell'[[albero della conoscenza del bene e del male]]]]
[[Image:Tree of Knowledge.jpg|thumb|right|Quadro rappresentante il mito biblico dell'albero della conoscenza]]
La '''conoscenza''' è la [[consapevolezza]] e la [[comprensione]] di [[fatto|fattiverità]], [[veritàfatto|, fatti]] o [[informazione|informazioni]] ottenutiottenute attraverso l'[[esperienza]] o l'[[apprendimento]] (''[[a posteriori]]''), ovvero tramite l'[[introspezione]] (''[[a priori]]'').<ref>L'etimologia deriva dalla particella [[lingua latina|latina]] ''cum'' + il vocabolo [[greco antico]] ''gnòsis'' (cfr. [http://www.etimo.it/?term=conoscere&find=Cerca dizionario etimologico]). Termini arcaici sono {{sic|''cognoscenzia''|}}, ''canoscenza'', ''cognoscenza'' (cfr. [http://www.sapere.it/sapere/dizionari/dizionari/Italiano/C/CO/conoscenza.html?q_search=conoscenza dizionario italiano]).</ref> La conoscenza è l'[[autocoscienza]] del possesso di informazioni connesse tra di loro, le quali, prese singolarmente, hanno un valore e un'utilità inferiori.<ref>Diceva in proposito [[Aristotele]] che «il tutto è [[Disuguaglianza|maggiore]] della [[Addizione|somma]] delle [[Sottoinsieme|parti]]».</ref>
 
== Introduzione generale ==
"Conoscenza" è un termine che ha significati diversi a seconda del [[contesto]], ma che ha in qualche modo a che fare comunque con i concetti di [[significato]], [[informazione]], [[istruzione]], [[comunicazione]], [[rappresentazione]], [[apprendimento]] e [[stimolo mentale]].
[[File:Austria - Melk Abbey Library - 1884.jpg|min|Una [[biblioteca]] in [[Austria]], luogo adibito alla raccolta del sapere]]
 
{{Citazione|Fatti non foste a viver come bruti,<br/>ma per seguir virtute e canoscenza.|[[Dante Alighieri]], ''[[Divina Commedia]]'', [[Inferno - Canto ventiseiesimo|''Inferno'' XXVI]], [[Inferno - Canto ventiseiesimo#Racconto dell'ultimo viaggio di Ulisse - vv. 85-142|119-120]]}}
La conoscenza è qualcosa di diverso dalla semplice informazione. Entrambe si nutrono di affermazioni vere, ma la conoscenza è una particolare informazione, dotata di una sua utilità. In [[filosofia]] la si descrive spesso come informazione associata all'[[intenzionalità]]. Lo studio della conoscenza in filosofia è affidato all'[[epistemologia]] (che si interessa della conoscenza come esperienza o scienza ed è quindi orientata ai metodi ed alle condizioni della conoscenza) ed alla [[gnoseologia]] (che si ritrova nella tradizione filosofica classica e riguarda i problemi a priori della conoscenza in senso universale).
 
"Conoscenza" è un termine che può assumere significati diversi a seconda del contesto, ma ha in qualche modo a che fare con i concetti di [[significato]], [[informazione]], [[istruzione]], [[comunicazione]], [[rappresentazione (filosofia)|rappresentazione]], [[apprendimento]] e stimolo mentale.
Una diffusa definizione di conoscenza la vuole come [[teoria della giustificazione]] della [[verità]] delle [[convinzione|convinzioni]]. Questa definizione, che deriva dal dialogo [[Platone|platonico]] [[Teeteto]], pone in primo piano l'importanza delle condizioni necessarie, anche se non sufficienti, affinché una affermazione possa rientrare nella conoscenza.
 
La conoscenza è qualcosa di diverso dalla semplice informazione. Entrambe si nutrono di affermazioni vere, ma la conoscenza è una particolare forma di sapere, dotata di una sua utilità. Mentre l'informazione può esistere indipendentemente da chi la possa utilizzare, e quindi può in qualche modo essere preservata su un qualche tipo di supporto (cartaceo, informatico, ecc.), la conoscenza esiste solo in quanto c'è una mente in grado di possederla.
Non esiste un accordo universale su ciò che costituisce la conoscenza, la [[certezza]] e la verità. Si tratta di questioni ancora dibattute dai filosofi, dagli studiosi di [[scienza sociale|scienze sociali]] e dagli [[storia|storici]]. [[Ludwig Wittgenstein]] ha scritto un trattato "Della certezza" - aforismi riguardanti questi concetti - che indaga appunto le relazioni tra la conoscenza e la certezza. Un ramo di questa indagine è successivamente diventato un'intera branca, la [[filosofia dell'azione]].
 
In effetti, quando si afferma di aver esplicitato una conoscenza, in realtà si stanno preservando le informazioni che la compongono insieme alle correlazioni che intercorrono fra di loro, ma la conoscenza vera e propria si ha solo in presenza di un [[utilizzatore]] che ricolleghi tali informazioni alla propria esperienza personale. Fondamentalmente la conoscenza esiste solo quando un'[[intelligenza]] possa essere in grado di utilizzarla.
 
In [[filosofia]] si descrive spesso la conoscenza come informazione associata all'[[intenzionalità]]. Lo studio della conoscenza in filosofia è affidato all'[[epistemologia]] (che si interessa della conoscenza come esperienza o scienza ed è quindi orientata ai metodi ed alle condizioni della conoscenza) ed alla [[gnoseologia]] (che si ritrova nella tradizione filosofica classica e riguarda i problemi ''a priori'' della conoscenza in senso universale).
 
== La conoscenza in filosofia e il problema della giustificazione ==
{{vedi anche|Gnoseologia|Epistemologia}}
[[File:Museos Vaticanos, Ciudad del Vaticano, 2022-09-14, DD 82-84 HDR.jpg|min|Allegoria dei quattro rami del sapere secondo [[Raffaello]]: dall'alto in senso orario, [[Filosofia]], [[Poesia]], [[Teologia]] e [[Giurisprudenza]] (affreschi sulla volta della [[Stanza della Segnatura]] ai [[Musei Vaticani]])]]
 
Una diffusa definizione di conoscenza la vuole come "teoria della giustificazione" della [[verità]] delle convinzioni. Questa definizione, che deriva dal dialogo [[Platone|platonico]] ''[[Teeteto]]'', pone in primo piano l'importanza delle condizioni necessarie, anche se non sufficienti, affinché un'affermazione possa rientrare nella conoscenza.
 
Non esiste un accordo universale su ciò che costituisce la conoscenza, la certezza e la verità. Si tratta di questioni ancora dibattute dai filosofi, dagli studiosi di [[scienza sociale|scienze sociali]] e dagli [[Storia|storici]].<ref>[http://www.ub.edu/histofilosofia/gmayos/5presentacio.htm Conoscenza culturale e storica] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120104175223/http://www.ub.edu/histofilosofia/gmayos/5presentacio.htm |data=4 gennaio 2012 }} di G. Mayos.</ref> [[Ludwig Wittgenstein]] ha scritto un trattato (''Della certezza'') che indaga appunto le relazioni tra la conoscenza e la certezza. Un ramo di questa indagine è successivamente diventato un'intera branca, la "filosofia dell'azione".
 
[[File:Salvator_Rosa_-_Démocrite_et_Protagoras.jpg|min|verticale|sinistra|[[Democrito]] e [[Protagora]]]]
 
Il problema principale indagato dai filosofi è il seguente: come avere la certezza che le nostre convinzioni costituiscono effettivamente una "conoscenza"? Quand'è che si ha vera conoscenza?
 
Sia la certezza che l'evidenza sono caratteristiche ''epistemiche'' appartenenti nient'altro che alla convinzione stessa. In altre parole, esse non affermano altro che la convinzione è vera. È dunque necessario ricorrere ad altre caratteristiche ''epistemiche'', come la razionalità o il criterio logico, per avere garanzia che una certa conoscenza sia giustificata, cioè corrisponda al [[verità|vero]]: questa non dev'essere arbitraria, né casuale né irrazionale. [[Aristotele]], ad esempio, giudicava erroneo il detto di [[Protagora]] secondo cui «l'uomo è misura di tutte le cose», proprio perché contraddittorio:<ref>Aristotele, ''Metafisica'', 1062 b 14</ref> se fosse vero ciò che ad ogni uomo appare certo, la conoscenza verrebbe svuotata del suo significato razionale; conoscere significherebbe soltanto "percepire" o "sentire", indipendentemente da ogni criterio oggettivo.
 
Si può notare come il problema della divergenza tra soggettività e oggettività, tra verità e certezza, che al giorno d'oggi è affrontato dettagliatamente dalla "teoria della giustificazione", vertesse sin da allora sulla contrapposizione tra sensi e intelletto, o tra [[verità]] e [[opinione]]. Si tratta di un problema col quale si sono cimentati dapprima gli [[antica Grecia|antichi greci]] e poi i filosofi a loro successivi.
 
=== La contrapposizione tra sensi e intelletto ===
[[File:Parmenides.jpg|min|verticale|[[Parmenide]]]]
 
A grandi linee, nella [[storia della filosofia occidentale]] si sono spesso contrapposte (e a volte sovrapposte) due linee di pensiero: coloro che considerano la conoscenza un prodotto della [[mente]] e dell'indagine introspettiva, e coloro invece secondo cui la conoscenza deriva unicamente dai [[organi di senso|sensi]], cioè dall'esterno.
 
Connessa a tale questione è se la conoscenza sia il risultato di meccanismi automatici, o se invece dipenda da un atto [[creatività|creativo]] del soggetto, che coinvolga in qualche modo la sua [[libertà]].
 
Tra i primi a contrapporre la conoscenza intellettiva a quella sensoriale fu [[Pitagora]], che faceva del [[numero]] e della sapienza [[matematica]] l'oggetto principale del conoscere. Da questa contrapposizione scaturì il carattere nascosto della conoscenza, che si riteneva riservata a una cerchia ristretta di [[iniziazione|iniziati]], i soli capaci di comprendere la natura intellettiva della realtà.
 
In seguito anche la [[scuola eleatica]], in particolare [[Parmenide]], svalutò la conoscenza sensoriale, affermando l'importanza di un sapere dedotto esclusivamente dalla [[ragione]]. Un tale sapere però risultava poco accessibile ai più, perché non oggettivabile: dell'[[Essere]] infatti si può dire soltanto che esso '''''è''''', e nient'altro.
 
Ai pitagorici e agli eleati si contrapposero le teorie atomiste dei seguaci di [[Democrito]], secondo il quale la conoscenza è il frutto di processi meccanici, cioè della combinazione degli [[atomi]] che colpendo i nostri [[organi di senso]] producono in noi l'apprendimento.
 
==== Socrate ====
[[File:Socrates Louvre.jpg|verticale|min|[[Socrate]]]]
 
Con [[Socrate]] la conoscenza acquista una valenza [[etica]], venendo d'ora in poi ricondotta essenzialmente al primato della riflessione individuale. Per [[Socrate]] infatti ogni conoscenza è vana se non è ricondotta alla propria [[autocoscienza]], a quella voce dell'[[anima]] dotata di consapevolezza, in grado di esaminare criticamente e smascherare il falso sapere dei [[sofisti]], le nozioni "irriflesse" di coloro che si credono sapienti ma in realtà non lo sono. La vera sapienza nasce dunque dal [[conosci te stesso|conoscere se stessi]]; una tale conoscenza però non è insegnabile, né trasmissibile a parole, perché non è una tecnica. Il maestro può solo aiutare l'allievo a partorirla da sé.<ref>Reale, ''[http://books.google.it/books?id=Y9nYrAAtVcEC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q=&f=false Il pensiero antico]'', pag. 83, Vita e Pensiero, 2001.</ref>
 
==== Platone e i neoplatonici ====
[[File:Plato Silanion Musei Capitolini MC1377.jpg|min|verticale|sinistra|[[Platone]]]]
 
[[Platone]] seguì gli insegnamenti di Pitagora, Parmenide, e Socrate, tuttavia rivalutando in parte l'[[esperienza]] sensibile. I sensi infatti, secondo Platone, servono a risvegliare in noi il ricordo delle ''[[idea|idee]]'', ossia di quelle forme universali con cui è stato plasmato il mondo e che ci permettono di conoscerlo. Conoscere significa dunque ''ricordare'': la conoscenza è un processo di [[reminiscenza]] di un sapere che giace già all'interno della nostra anima, ed è perciò "innato". L'[[innatismo]] della conoscenza è ciò che più contraddistingue il platonismo dall'empirismo.
 
Con [[Platone]] la conoscenza resta un'esperienza dal valore essenzialmente etico, poiché riguarda la decisione dell'anima di accostarsi alla visione ''[[eidos|eidetica]]'' del [[Bene (filosofia)|Bene]] risvegliandone in sé il ricordo.
 
Presso il [[neoplatonismo]] verrà mantenuta l'idea che la vera conoscenza non è quella che deriva dall'esperienza, come crede il senso comune, ma nasce da una superiore attività intellettiva che ha come oggetto le [[idea|idee]] spirituali. La conoscenza è pertanto qualcosa di "nascosto" ai più, che si lasciano abbagliare dagli inganni dei sensi. Questa concezione sarà fatta propria anche da varie correnti [[neopitagorismo|neopitagoriche]], [[gnosticismo|gnostiche]], [[esoterismo|esoteriche]], e [[magia|magiche]], che approderanno alla [[filosofia rinascimentale]]. Secondo [[Giordano Bruno]] bisogna nascondere la conoscenza alla plebe perché questa non la potrà mai capire, ed è persino rischioso elargirgliela.
 
==== L'aristotelismo ====
[[File:Aristotle Bust White Background Transparent.png|min|verticale|[[Aristotele]]]]
 
Rispetto a Platone, [[Aristotele]] aveva ulteriormente rivalutato l'esperienza sensibile, ma come il suo predecessore aveva mantenuto fermo il presupposto secondo cui la conoscenza nasce anzitutto dal [[soggetto (filosofia)|soggetto]].<ref>Pur rinnegando l'[[innatismo]] di Platone, Aristotele afferma che «la sensazione in atto ha per oggetto cose particolari, mentre la scienza ha per oggetto gli universali e questi sono, in certo senso, nell'[[anima]] stessa» (''[[Sull'anima (Aristotele)|Sull'anima]]'' II, V, 417b).</ref> Una conoscenza che si limiti a recepire le impressioni dei sensi, infatti, è passiva; perché vi sia vera conoscenza occorre che l'[[intelletto]] umano svolga un ruolo attivo che gli consenta di andare oltre le particolarità transitorie degli oggetti e di coglierne l'[[essenza (filosofia)|essenza]] in atto. Il passaggio all'intelletto attivo implica che questo sia capace di pensare se stesso, cioè sia dotato di consapevolezza e libertà, che è la caratteristica fondamentale che distingue l'uomo dagli altri animali.
 
Aristotele distinse così vari gradi del conoscere: al livello più basso c'è la [[sensazione]], che ha per oggetto entità particolari, mentre a quello più alto c'è l'[[intuizione]] intellettuale, capace di "astrarre" l'[[universale]] dalle realtà empiriche.<ref>Di seguito alcuni passi da cui emerge come i princìpi primi su cui Aristotele intende fondare la conoscenza non sono ricavabili dall'esperienza, né da un ragionamento dimostrativo; l'[[induzione]] originata dai sensi non ha per lui alcun carattere di universalità:
{{Citazione|[...] principio di tutto è l'[[essenza (filosofia)|essenza]]: dall'essenza, infatti, partono i [[sillogismo|sillogismi]]|Aristotele - ''[[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'' VII, 9, 1034a, 30-31}}
{{Citazione|Colui che definisce, allora, come potrà dunque provare [...] l'essenza? [...] non si può dire che il definire qualcosa consista nello sviluppare un'[[induzione]] attraverso i singoli casi manifesti, stabilendo cioè che l'oggetto nella sua totalità deve comportarsi in un certo modo [...] Chi sviluppa un'induzione, infatti, non prova cos'è un oggetto, ma mostra che esso è, oppure che non è. In realtà, non si proverà certo l'essenza con la sensazione, né la si mostrerà con un dito [...] oltre a ciò, pare che l'essenza di un oggetto non possa venir conosciuta né mediante un'espressione definitoria, né mediante dimostrazione|Aristotele - ''[[Logica (Aristotele)|Analitici secondi]]'' II, 7, 92a-92b}}</ref> Conoscere significa dunque ''astrarre''.
 
Aristotele fu anche il padre della [[logica]] formale, che egli teorizzò nella forma [[deduzione|deduttiva]] del [[sillogismo]]. Va precisato però che l'[[intuizione]] restava per lui superiore anche a quest'ultimo, perché in grado di fornire quei princìpi di partenza da cui il sillogismo trarrà soltanto delle conclusioni coerenti con le premesse. Essa si trova dunque al vertice della conoscenza, culminando alla fine in un'esperienza [[contemplazione|contemplativa]], tipica di un sapere fine a sé stesso, che per Aristotele rappresentava l'essenza della [[saggezza]].<ref>[http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=1732 Articolo di Paolo Scroccaro], Arianna editrice, 2006</ref> Ritorna così anche in lui il valore [[etica|etico]] della conoscenza.
 
==== Dal Medio Evo all'empirismo anglo-sassone ====
[[File:Saint Thomas Aquinas.jpg|min|verticale|[[San Tommaso d'Aquino]]]]
[[File:John_Locke_by_John_Greenhill.jpg|min|verticale|[[John Locke]]]]
 
I capisaldi del processo conoscitivo, così com'erano stati enunciati da Aristotele, rimasero invariati per tutto il [[Medioevo]], ribaditi e valorizzati in particolare da [[Tommaso d'Aquino]].
 
Fu agli inizi dell'età moderna che in [[Inghilterra]] iniziò a prodursi una corrente filosofica secondo cui, invece, la conoscenza deriva unicamente dall'esperienza [[organi di senso|sensibile]]. I principali esponenti di questa corrente, che ebbe come precursori [[Francesco Bacone]] e [[Thomas Hobbes]], furono [[John Locke]], [[George Berkeley]] e [[David Hume]]. I princìpi a cui essi intendevano ricondurre ogni forma di conoscenza umana erano essenzialmente due:<ref>Abbagnano, ''Storia della filosofia'', vol. 2, UTET, 2005.</ref>
* La [[verificabilità]], secondo cui ha senso conoscere soltanto ciò che è verificabile sperimentalmente; ciò che non è verificabile non esiste o non ha valore oggettivo.
* Il [[meccanicismo]], in base al quale ogni fenomeno (compresa la conoscenza umana) avviene secondo leggi meccaniche di [[causa (filosofia)|causa-effetto]].
 
Quest'ultimo punto fu fatto proprio soprattutto da Hobbes, e si connette alla convinzione degli empiristi per cui la mente umana è una ''[[tabula rasa]]'' al momento della nascita, cioè priva di idee [[innatismo|innate]]. Dopo la nascita, le impressioni dei sensi prenderebbero ad agire meccanicamente sulla nostra mente, plasmandola e facendo sorgere in essa dei concetti.
 
==== Leibniz e Kant ====
[[File:Immanuel Kant - Gemaelde 2.jpg|min|verticale|[[Kant]]]]
 
L'empirismo così espresso venne criticato dapprima da [[Leibniz]], il quale riaffermò che la conoscenza non è un mero processo meccanico: in noi sono già presenti dei concetti latenti, che l'esperienza può risvegliare, ma non creare dal nulla.<ref>«Il nostro egregio autore [J. Locke] sembra invece affermare che in noi non c'è nulla di virtuale e di cui non abbiamo sempre un'[[appercezione]] attuale. Ma egli non può sostenere ciò fino in fondo, perché altrimenti la sua opinione sarebbe troppo paradossale, in quanto le abitudini acquisite e gli stessi contenuti della nostra memoria non sono sempre appercepiti e non vengono sempre in nostro soccorso quando ne abbiamo bisogno, benché spesso noi li ricollochiamo agevolmente nello spirito quando una pur leggera occasione ce li faccia ricordare, come il semplice inizio ci fa ricordare tutta una canzone» (G. W. Leibniz, ''Nuovi saggi sull'intelletto umano'', prefazione, in ''Scritti filosofici'', vol. II, UTET, Torino, 1967, pagg. 171-172).</ref> Leibniz si espresse così a favore dell'[[innatismo]] delle idee, ma contestò anche [[Cartesio]], secondo cui esistevano solo quelle idee di cui si ha una conoscenza chiara e oggettiva, deducibili ''a priori'' dalla ragione: per Leibniz, invece, esistono anche pensieri di cui non si ha coscienza, e che agiscono a un livello [[inconscio]]. Ci sono cioè varie gradazioni della conoscenza, da quella più oscura fino a quella più distinta, che è l'"appercezione" di me o [[autocoscienza]].<ref>Leibniz, ''Monadologia'', in ''Scritti filosofici'', a cura di D. O. Bianca, UTET, Torino, 1967.</ref>
 
In seguito anche [[Kant]] criticò l'empirismo, e affermò che la conoscenza è un processo essenzialmente [[criticismo|critico]], in cui la mente umana svolge un ruolo fortemente attivo. Operando una sorta di ''[[rivoluzione copernicana]]'' del pensiero, Kant mise in rilievo come le leggi scientifiche con cui conosciamo il mondo siano modellate dalla nostra mente anziché essere ricavate induttivamente dall'esperienza. La vera conoscenza si ha per Kant quando formuliamo i cosiddetti giudizi "sintetici ''a priori''": questi sono da un lato ''[[a priori]]'', perché nascono dall'attività delle nostre categorie mentali; dall'altro però tali categorie si attivano solo quando ricevono dati empirici da trattare, ottenuti passivamente dai [[organi di senso|sensi]]. In tal modo egli ritenne di poter conciliare [[empirismo]] e [[razionalismo]].
 
Al vertice della conoscenza si trova l{{'}}''[[io penso]]'', un'attività suprema che ha la capacità di connettere in maniera critica e consapevole le informazioni provenienti dal mondo esterno. La conoscenza non è dunque una semplice raccolta di nozioni, ma significa "collegare".<ref>«[Per conoscere la realtà delle cose] occorre non già la coscienza immediata dell'oggetto stesso, la cui esistenza si vuole conoscere, ma la coscienza del collegamento tra l'oggetto e una qualche percezione reale, in base alle analogie dell'esperienza, che espongono ogni connessione reale in un'esperienza in generale» (Kant, ''Critica della ragione pura'', Berlino, 1904: 289 sgg., trad. it. di [[Giorgio Colli]], Torino 1957). «Se noi indaghiamo quale nuova natura sia data alle nostre rappresentazioni dal riferimento ad un oggetto, e quale sia la dignità che esse ricevono con ciò, troviamo allora che questo riferimento consiste soltanto nel rendere necessaria la congiunzione delle rappresentazioni in un determinato modo» (Kant, 1904: 269, ''ibidem'').</ref> Ne deriva che la riflessione critica basata sulla propria [[autocoscienza]] è per Kant l'unico presupposto di una conoscenza valida.<ref>Kant, ''Critica della ragion pura'', ed. a cura di P. Chiodi, UTET, 2005.</ref>
 
==== Karl Popper ====
[[File:Karl_Popper.jpg|min|verticale|sinistra|[[Karl Popper]]]]
[[Karl Popper]], ricollegandosi alla tradizione aristotelica e kantiana, sostenne che la conoscenza è un processo esclusivamente [[deduzione|deduttivo]], comune sia agli uomini che agli animali, e che esso si basa sul metodo dei tentativi e della confutazione. L'apprendimento non deriva dall'osservazione induttiva della realtà, bensì dalla nostra [[creatività|immaginazione creativa]], cioè da anticipazioni ingiustificate della realtà stessa (le congetture) che di volta in volta noi mettiamo alla prova. La vera conoscenza deve essere dunque [[falsificabile]], formulata cioè in modo tale che la sua sottomissione ad un [[esperimento]] possa eventualmente attestarne la falsità.<ref>{{Cita web |url=http://www.emsf.rai.it/scripts/interviste.asp?d=78 |titolo=Intervista a Karl Popper sul metodo ipotetico deduttivo |accesso=22 febbraio 2009 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20111011102655/http://www.emsf.rai.it/scripts/interviste.asp?d=78# |dataarchivio=11 ottobre 2011 |urlmorto=sì }}</ref>
 
=== Conoscenza ed esoterismo ===
Nelle correnti più recenti dell'[[esoterismo]] si rileva come nell'epoca attuale, contraddistinta da un approccio individualistico-sperimentale, la conoscenza umana sia maggiormente orientata ad avvalersi del [[metodo induttivo]], mentre nell'età [[filosofia antica|antica]] e [[filosofia medievale|medievale]] prediligeva quello [[deduttivo]].<ref>[[Rudolf Steiner]], ''[[La filosofia della libertà]]'' (1894), pag. 39, [http://commoningtimes.org/texts/rs_la_filosofia_della_liberta.pdf trad. it. di Ugo Tommasini, Milano, Fratelli Bocca Editori, 1946]. Cfr. analisi in ''[http://www.ospi.it/ospi/libro/incontro_22.doc Moto pendolare vivente] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130108202608/http://www.ospi.it/ospi/libro/incontro_22.doc |data=8 gennaio 2013 }}'', e ''[http://www.ospi.it/ospi/Tutti%20gli%20articoli/Induzione%20e%20deduzione.doc Induzione e deduzione] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20060510013625/http://www.ospi.it/ospi/Tutti%20gli%20articoli/Induzione%20e%20deduzione.doc |data=10 maggio 2006 }}''.</ref> Questi due procedimenti conoscitivi, contrapposti ma complementari, riproducono la dinamica intercorrente a livello cosmico tra particolare e universale, percezione e concetto, discesa nella materia e risalita allo spirito, come riflesso di una [[creazione (teologia)|creazione]] strutturata gerarchicamente in cui vigono relazioni di [[analogia (filosofia)|analogia]], cioè rapporti di similitudine o [[metafora|metaforici]], tra le sue parti.<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/analogia_(Dizionario-di-filosofia)/ "Analogia" in dizionario di filosofia Treccani].</ref> I [[ermetismo (filosofia)|filosofi ermetici]], in particolare, vedevano nell'[[analogia (filosofia)|analogia]] lo strumento principe per arrivare a conoscere in chiave [[uno (filosofia)|unitaria]] gli aspetti molteplici della natura, essendo questa basata sull'occulta corrispondenza tra [[macrocosmo e microcosmo]], secondo il loro celebre motto «come in alto così in basso».<ref>Testo inciso sulla ''[[Tavola di smeraldo]]'' attribuita ad [[Ermete Trismegisto]].</ref>
 
La tendenza dell'epoca attuale, ribadisce [[Rudolf Steiner|Steiner]], è di basarsi quasi esclusivamente sui fatti empirici trascurando la portata oggettiva delle [[idee]], le quali non sono qualcosa di astratto, ma sono costitutive della [[realtà]] stessa, modelli [[spirito (filosofia)|spirituali]] che si sono [[condensazione|condensati]] nei fenomeni sensibili.
{{citazione|Quando l'uomo si forma un [[pensiero]] sulle cose, la sua interiorità si volge dalla forma fisica all'[[archetipo]] spirituale delle cose stesse. Il ''comprendere una data cosa mediante il pensiero'' è un processo che possiamo paragonare a quello mediante il quale un corpo [[solido]] viene dapprima liquefatto nel [[fuoco (elemento)|fuoco]], affinché il [[alchimista|chimico]] possa poi studiarlo nella sua forma [[liquido|liquida]].|Rudolf Steiner, ''[[Teosofia (saggio)|Teosofia]]. Un'introduzione alla conoscenza sovrasensibile del mondo e del destino dell'uomo'' (1918)<ref>[http://media.liberaconoscenza.net/ebook/rudolf%20steiner%20-%20teosofia%20%28o.o.%209%29.pdf Trad. it. di Emmelina de Renzis, Milano, Carlo Aliprandi editore, 1922], pag. 55.</ref>}}
 
== Scetticismo, conoscenza ed emozioni ==
[[File:RWEmerson.jpg|min|verticale|[[Ralph Waldo Emerson]]]]
Quando si risponde di no alla domanda se sia veramente possibile raggiungere la conoscenza, o se sia mai possibile giustificare abbastanza le nostre convinzioni da poterle chiamare "conoscenza", si approda allo [[scetticismo filosofico]], a cui oggi aderiscono alcuni scienziati e filosofi. Lo scetticismo filosofico è la prospettiva che indaga criticamente se la conoscenza degli uomini sia rispondente al vero; i suoi seguaci sostengono che non è possibile ottenere una conoscenza "vera", o quantomeno fondata, poiché la giustificazione non è mai del tutto certa.<ref>Le prime connotazioni dello scetticismo filosofico, così inteso, si sono avute col [[Scetticismo filosofico|pirronismo]] antico (cfr. Giovanni Reale, ''Il dubbio di Pirrone. Ipotesi sullo scetticismo'', Il Prato, Padova 2009).</ref> Questa posizione differisce dallo [[scetticismo scientifico]], che è invece la prospettiva per la quale non sarebbe possibile accettare la veridicità di un'affermazione se non dopo averla controllata sperimentalmente.<ref>Tra gli esponenti dello scetticismo scientifico si trova [[Carl Sagan]], autore de ''Il mondo infestato dai demoni'', trad. it., Baldini & Castoldi, Milano 1997.</ref>
 
Ad ogni modo, la conoscenza è spesso vista anche come una sorta di antidoto all'[[irrazionalismo|irrazionalità]] delle pulsioni ed emozioni umane. Come dice [[Ralph Waldo Emerson]]: «La conoscenza è l'antidoto della paura; Conoscenza, Uso e Ragione, coi loro ausili più elevati. Il bambino su una scala, o un graticolato, o in una vasca da bagno, o con un gatto, è in pericolo quanto il soldato davanti al cannone o a un'imboscata. Ciascuno sormonta le paure non appena comprende precisamente il pericolo e impara i mezzi di resistenza. Ciascuno è soggetto al panico, che è, esattamente, il terrore dell'ignoranza arresa all'immaginazione».<ref>R. W. Emerson, tratto da ''Coraggio'', in ''Society and Solitude'', 1870.</ref>
 
== Distinzione tra ''conoscere la cosa'' e ''conoscere il come'' ==
{{vedi anche|Know-how}}
Facciamo un esempio. Quando una persona, Mimma, dice: «Il modo di [[nuoto|nuotare]] più veloce è lo [[stile libero]]: ''si tratta di agitare le gambe a turno, muovendo al contempo le braccia più o meno in circolo attorno alla spalla''», ella dispone di una [[conoscenza proposizionale]] del nuoto e del ''come'' nuotare in stile libero.
 
Quando Mimma acquisisce questa conoscenza proposizionale tramite un'[[enciclopedia]], non acquisisce al contempo la capacità di nuotare: ella dispone, certo, di una conoscenza proposizionale, ma non di quella [[conoscenza procedurale|procedurale]], ovvero del cosiddetto ''[[know-how]]''. In generale, mentre è facile mettere in pratica un certo ''know-how'' (basta eseguire le operazioni in questione), non è altrettanto facile dimostrare la validità di una conoscenza meramente proposizionale.<ref>[[Gilbert Ryle]], ''The Concept of Mind'', 1949.</ref> In questo caso si tratta di quella forma di [[conoscenza tacita]] indagata da [[Michael Polanyi]].
Quando ad esempio Mimma dice: "Il modo di [[nuoto|nuotare]] più veloce è lo [[stile libero]]: si tratta di agitare le gambe a turno, muovendo al contempo le braccia più o meno in circolo attorno alla spalla", ella dispone di una [[conoscenza proposizionale]] del nuoto e del ''come'' nuotare in stile libero.
 
La conoscenza quindi non è solo la capacità di interpretare messaggi sensoriali provenienti dal mondo esterno, saper immaginare, inventare, risolvere problemi ma è anche la capacità di intraprendere una certa azione oppure, a seconda delle esigenze, di non intraprenderla. Nel caso di Mimma, sopra riportato, ella, dopo essere saltata nella piscina, comincerà a nuotare nel modo che le è noto (il che le consentirà di non affogare). Viceversa, saltare in una piscina avendo letto qualcosa sul nuoto, ma senza conoscere realmente il metodo, può essere fatale.
Invece, quando Mimma acquisisce questa conoscenza proposizionale tramite un'[[enciclopedia]], non acquisisce al contempo la [[capacità]] di nuotare: ella dispone, certo, di una conoscenza proposizionale, ma non di quella [[conoscenza procedurale|procedurale]], ovvero del cosiddetto or ''[[know-how]]''. In generale, mentre è facile mettere in pratica un certo ''know-how'' (basta eseguire le operazioni in questione), non è altrettanto facile dimostrare la validità di una conoscenza meramente proposizionale.
 
Si== vedaDifferenze anchetra [[Michaelconoscenza Polanyi]]inferenziale e la [[conoscenza tacita]].fattuale ==
La conoscenza viene anche distinta in fattuale o inferenziale. La prima si basa sull'osservazione diretta; non è esente da una certa dose di incertezza, a causa dei possibili [[Errore di misurazione|errori]] di osservazione e di interpretazione, oltre che dalla possibilità che i sensi possano essere ingannati da una [[illusione]].
 
La conoscenza inferenziale è invece basata sul [[logica|ragionamento]] a partire non da un'esperienza ma da un fatto acquisito, o da un'ulteriore conoscenza inferenziale, quale ad esempio una [[teoria]]. Una tale conoscenza può essere o meno verificabile tramite l'osservazione o l'esperimento. Per esempio, tutta la conoscenza relativa all'[[atomo]] è di tipo inferenziale. La distinzione tra conoscenza fattuale ed inferenziale è studiata dalla ''semantica generale''.<ref>Sulla differenza tra conoscenza fattuale e inferenziale, cfr. ad esempio Giulio Preti, ''Praxis ed empirismo'' (1957), Mondadori, 2007, pag. 125. Cfr. anche Nicla Vassallo, ''Teoria della conoscenza'', ''op. cit.'' in bibliografia.</ref>
Breve definizione: La conoscenza è la capacità di intraprendere una certa azione ovvero, a seconda delle esigenze, di non intraprenderla. Nel caso di Mimma, sopra riportato, ella, dopo essere saltata nella piscina, comincerà a nuotare nel modo che le è noto (il che le consentirà di non affogare). Viceversa, saltare in una piscina avendo letto qualcosa sul nuoto, ma senza conoscere realmente il metodo, può essere fatale. Ne risulta che la conoscenza ha a che fare con la [[saggezza]]: è opportuno che Mimma salti in piscina subito dopo aver mangiato?
 
Attraverso l'esperienza, l'osservazione e l'inferenza, gli individui e le culture ottengono una conoscenza sempre maggiore. Il modo in cui questa conoscenza si diffonde dagli uni agli altri è esaminata dalla "teoria [[antropologia|antropologica]] ''della diffusione''". Questa esplora i fattori che portano gli uomini a divenire consapevoli, esperti, e ad adottare idee e pratiche nuove.
== Conoscenza inferenziale vs. conoscenza fattuale ==
 
In proposito, alcuni studiosi mettono in rilievo come si abbia conoscenza solo grazie alla [[memoria (fisiologia)|memoria]], ad esempio [[Gustav Meyrink]].
La conoscenza può essere inferenziale o fattuale. La seconda si basa sull'[[osservazione]] diretta; non è esente da una certa dose di [[incertezza]], a causa dei possibili [[errore|errori]] di osservazione e di interpretazione, oltre che dalla possibilità che i [[senso|sensi]] possano essere ingannati da una [[illusione]].
 
== Forme di conoscenza ==
La conoscenza inferenziale è invece basata sul [[logica|ragionamento]] a partire non da un'esperienza ma da un fatto acquisito, o da una ulteriore conoscenza inferenziale, quale ad esempio una [[teoria]]. Una tale conoscenza può essere o meno [[verifica|verificabile]] tramite l'osservazione o l'esperimento. Per esempio, tutta la conoscenza relativa all'[[atomo]] è di tipo inferenziale. La distinzione tra conoscenza fattuale ed inferenziale è studiata dalla [[semantica generale]].
Nella disciplina chiamata "gestione della conoscenza", o ''[[knowledge management]]'', si distinguono vari tipi di conoscenza: quella [[conoscenza tacita|tacita]], quella esplicita e quella incorporata.<ref>A. Riviezzo, M. R. Napolitano, G. Maggiore, ''Acquisizioni nei settori ad alta intensità di conoscenza'', pp. 24-25, FrancoAngeli, 2011.</ref>
 
=== Conoscenza esplicita ===
== Il flusso della conoscenza ==
È quella forma di conoscenza che può in qualche modo essere rappresentata, o meglio, che può essere trasferita da un [[individuo]] ad altri tramite un supporto fisico, quale può essere un libro o un filmato, o direttamente, attraverso una conversazione o una lezione. Un [[documentario]], un [[manuale]], un [[Corso di formazione|corso]], un’[[enciclopedia]], sono tutti contenitori di conoscenza esplicita.<ref>Sulla differenza tra conoscenza esplicita e tacita, cfr. D. Campisi e G. Passiante, ''[http://www.aracneeditrice.it/pdf/9788854813373.pdf Fondamenti di knowledge management: conoscenza e vantaggio competitivo] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150202175857/http://www.aracneeditrice.it/pdf/9788854813373.pdf |data=2 febbraio 2015 }}'', pagg. 17, 33-34, Aracne, 2007.</ref>
Attraverso l'esperienza, l'osservazione e l'inferenza, gli individui e le culture ottengono una conoscenza sempre maggiore. Il modo in cui questa conoscenza si diffonde dagli uni agli altri è esaminata dalla teoria della [[diffusione (antropologia)]]. Essa esplora i fattori che portano gli uomini a divenire consapevoli, esperti, e ad adottare idee e pratiche nuove.
 
=== Conoscenza tacita ===
== La conoscenza in filosofia ed il problema della giustificazione ==
È quella forma di conoscenza che ci è più propria, ovvero ciò che sappiamo, anche se a volte non siamo capaci di esplicitarlo. Non tutta la conoscenza tacita è in effetti esplicitabile, e quando lo è, non è detto che lo possa essere completamente. Il «saper fare» qualcosa è conoscenza tacita, così come lo è quella particolare forma di conoscenza al quale diamo il nome di «[[intuizione]]», e che altro non è che la capacità di utilizzare in modo [[inconscio]] la propria esperienza per risolvere in modo apparentemente ''magico'' e ''inspiegabile'' problemi anche molto complessi.<ref>[[Michael Polanyi]], ''The tacit dimension'', 1966 (trad. it. ''La conoscenza inespressa'', Armando, Roma 1979).</ref>
Per la maggior parte della storia della filosofia la parola "conoscenza" ha rappresentato la giustificazione di una convinzione come vera, cioè con certezza assoluta. Una convinzione giustificata con un grado di certezza anche appena inferiore veniva chiamata "opinione probabile". I filosofi definiscono spesso la conoscenza come una convinzione vera, giustificata; come già riportato in precedenza, lo studio della conoscenza in filosofia è affidato all'[[epistemologia]] (che si interessa della conoscenza come esperienza o scienza ed è quindi orientata ai metodi ed alle condizioni della conoscenza) ed alla [[gnoseologia]] (che si ritrova nella tradizione filosofica classica e riguarda i problemi a priori della conoscenza in senso universale).
 
La maggior parte della conoscenza di un individuo o di un gruppo di individui è tacita e non può essere esplicitata in toto o in parte. In un sistema di conoscenza, quindi, gli esseri umani non sono semplici utenti, ma parte integrante del sistema.
ma come fare a mostrare che le nostre convinzioni costituiscono effettivamente una "conoscenza"? Sia la giustificazione sia l'evidenza sono caratteristiche epistemiche appartenenti a nient'altro che alla convinzione stessa. In altre parole, esse non affermano altro che la convinzione è vera. È dunque necessario ricorrere ad altre caratteristiche epistemiche. Invece di "convinzione giustificata come vera" o "convinzione evidentemente vera", è possibile dire che la conoscenza è "convinzione razionalmente vera" ovvero "convinzione garantita per vera". Ai nostri fini, le differenze esistenti tra queste diverse opzioni sono irrilevanti. Il punto è che, per essere conoscenza, una convinzione deve possedere alcune ben determinate caratteristiche epistemiche; essa non può essere arbitraria, né casuale né irrazionale. La [[teoria della giustificazione]] tratta dettagliatamente questo aspetto.
 
=== Conoscenza incorporata ===
== Scetticismo ==
È quella forma di conoscenza che, pur esplicitata, non lo è in forma immediatamente riutilizzabile, ma richiede a sua volta conoscenza per essere estratta. Ad esempio, un processo nasce dalla formalizzazione di un'[[esperienza]], ma pur essendo consapevoli di quali siano i passi per eseguirlo, si può ignorare il perché debbano essere eseguiti in quella determinata maniera. Solo chi ha una certa esperienza può comprendere perché quel processo è stato definito in quel modo. Un oggetto può avere la conoscenza incorporata nell'[[ergonomia]] del [[Disegno industriale|design]], oppure nella realizzazione delle sue funzionalità.<ref>[[Ikujiro Nonaka]] utilizza il termine giapponese «''Ba''» per definire lo spazio o il contesto condiviso in cui la conoscenza è incorporata (cfr. ''[http://www.diegm.uniud.it/detoni/download/didattica/CGCon/2-ModOrg.pdf Modelli teorici di organization learning] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150202174235/http://www.diegm.uniud.it/detoni/download/didattica/CGCon/2-ModOrg.pdf |data=2 febbraio 2015 }}'', pag. 11, a cura di Alberto F. De Toni, 2007).</ref>
 
=== L'esempio del libro ===
Quando gli scienziati o i filosofi si chiedono "È veramente possibile raggiungere la conoscenza?" essi intendono dire "Potremo mai giustificare abbastanza le nostre convinzioni da poter chiamare ciò "conoscenza"?" I seguaci dello [[scetticismo#scetticismo filosofico|scetticismo filosofico]] spesso rispondono "no". Lo scetticismo filosofico è la prospettiva che indaga criticamente se la conoscenza degli uomini è vera; i suoi seguaci sostengono che non è possibile ottenere una conoscenza "vera", poiché la giustificazione non è mai del tutto certa. Questa posizione differisce dallo [[scetticismo#scetticismo scientifico|scetticismo scientifico]], che è invece la prospettiva per la quale non è possibile accettare la veridicità di una affermazione se non dopo averla sperimentata.
Un [[libro]] è un [[contenitore]] di tutti e tre i tipi di conoscenza: quella esplicita è nel contenuto, in ciò che dice; quella incorporata è nello [[stile]] di scrittura, o nel modo in cui il libro è stato realizzato, non solo come testo, ma come oggetto fisico ([[rilegatura]]); quella tacita è in tutto ciò che non è stato scritto, ovvero nel lavoro preparatorio che solo l'autore del testo potrebbe cercare di raccontare, nelle scelte fatte e nella capacità stessa di averlo scritto.
 
==Voci correlateNote ==
<references/>
* [[Epistemologia]]
* [[Verità]]
* [[Convinzione]]
* [[Informazione]]
* [[Saggezza]]
 
== Bibliografia ==
* Valerio Meattini, ''Anamnesi e conoscenza in Platone'', ETS, Pisa 1981.
* V. Meattini, ''Filosoficamente abita l'uomo. Etica e conoscenza'', Laterza, Bari 2005.
* V. Meattini, ''Temi filosofici nella dottrina platonica della conoscenza'', in "Filosofia", 30 (1979), pp.&nbsp;113–128.
* Anna Pia Viola, ''Elementi di filosofia della conoscenza'', Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2001.
* Adolfo Levi, ''Studi di filosofia greca'', a cura di Vittorio Enzo Alfieri e Michele Untersteiner, Laterza, Bari 1950.
* Antonio Livi, ''Senso comune e metafisica. Sullo statuto epistemologico della filosofia prima'', Leonardo da Vinci, 2002.
* [[Nicla Vassallo]], ''Teoria della conoscenza'', Laterza, 2003. ISBN 8842069523
* Richard Creath, ''Induction and the Gettier Problem'', Philosophy and Phenomenological Research, Vol. LII, No.2, giugno 1992.
* Richard Feldman, ''An Alleged Defect in Gettier Counterexamples'', Australasian Journal of Philosophy, 52 (1974), pp.&nbsp;68–69.
* [[Edmund Gettier]], ''Is Justified True Belief Knowledge?'', Analysis 23 (1963), pp.&nbsp;121–23.
* Alvin I. Goldman, ''Discrimination and Perceptual Knowledge'', [[Journal of Philosophy]], 73.20 (1976), pp.&nbsp;771–791.
* Stephen Hetherington, ''Actually Knowing'', The Philosophical Quarterly, Vol.48, No. 193, ottobre 1998.
* Keith Lehrer e Thomas D. Paxson, ''Knowledge: Undefeated Justified True Belief'', [[Journal of Philosophy|The Journal of Philosophy]], 66.8 (1969), pp.&nbsp;225–237.
* Don S. Levi, ''The Gettier Problem and the Parable of the Ten Coins'', Philosophy, 70, 1995.
* Marshall Swain, ''Epistemic Defeasibility'', American Philosophical Quarterly, Vol. II, No. I, gennaio 1974.
* C. Ronchi, ''L'albero della conoscenza. Luci e ombre della scienza'', Jaca Book, 2010. ISBN 978-88-16-40936-1
 
== Voci correlate ==
* Creath, Richard, "Induction and the Gettier Problem", Philosophy and Phenomenological Research, Vol.LII, No.2, June 1992.
* [[Albero della conoscenza del bene e del male]]
* Feldman, Richard, "An Alleged Defect in Gettier Counterexamples", Australasian Journal of Philosophy, 52 (1974): 68-69.
* [[Conoscenza accidentale]]
* Gettier, Edmund, "Is Justified True Belief Knowledge?", Analysis 23 (1963): 121-23.
* [[Divinità della conoscenza]]
* Goldman, Alvin I., "Discrimination and Perceptual Knowledge", Journal of Philosophy, 73.20 (1976), 771-791.
* [[Economia della conoscenza]]
* Hetherington, Stephen, "Actually Knowing", The Philosophical Quarterly, Vol.48, No. 193, October 1998.
* [[Epistemologia]]
* Lehrer, Keith and Thomas D. Paxon, Jr., "Knowledge: Undefeated Justified True Belief", The Journal of Philosophy, 66.8 (1969), 225-237.
* [[Ermeneutica]]
* Levi, Don S., "The Gettier Problem and the Parable of the Ten Coins", Philosophy, 70, 1995.
* [[Far uscire il genio dalla bottiglia]]
* Swain, Marshall, "Epistemic Defeasibility", American Philosophical Quarterly, Vol.II, No.I, January 1974.
* [[Gnoseologia]]
 
* [[Ignoranza]]
==Collegamenti esterni==
* [[Informazione]]
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* [[Knowledge management]]
* [[Problema di Gettier]]
* [[Saggezza]]
* [[Verità]]
 
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