Pandolfo da Lucca: differenze tra le versioni

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Nel marzo 1196, Pandolfo fu inviato nella [[Repubblica di Genova]] come [[legato apostolico]] per fare da mediatore e paciere in una disputa tra i genovesi e i pisani sul controllo della [[Sardegna]], dove le politiche aggressive di [[Guglielmo I Salusio IV|Guglielmo di Massa]], supportato da [[Ubaldo Lanfranchi]] (legato apostolico permanente in Sardegna) e dal governo pisano, stavano mettendo a repentaglio gli interessi genovesi nell'isola. Le trattative si tennero a Lerici, ma dopo oltre un mese i negoziati si conclusero con un nulla di fatto. Ciò tuttavia non ebbe ripercussioni sulla carriera da diplomatico di Pandolfo. Già nella primavera del 1197 infatti, fu nuovamente inviato come legato per difendere gli interessi pontifici in [[Toscana]], dove risolse alcune cause ecclesiastiche e dove fu raggiunto, in seguito alla morte dell'imperatore [[Enrico VI di Svevia|Enrico VI]],da un secondo legato: il cardinale [[Bernardo (cardinale)|Bernardo di San Pietro in Vincoli]].
 
I due svolsero una febbrile attività diplomatica, che portò in poche settimane alla costituzione, l'11 novembre 1197, della ''Societas et concordia inter civitates Tuscie et episcopos et comites et castella et burgos'', meglio nota come [[Lega di San Genesio]], un'alleanza in funzione anti-imperiale fra le maggiori città e signorie toscane. Nelle settimane successive vi aderirono anche altre città, vescovati e famiglie comitali, con la grande eccezione di [[Repubblica di Pisa|Pisa]], che per il suo rifiuto fu messa sotto [[interdetto]] dai due cardinali. Nel gennaio 1198, Pandolfo e Bernardo inviarono a [[Roma]] il [[priore]] di [[Basilica di San Frediano|San Frediano]], [[Giovanni da Velletri]], per aggiornare [[Papa Innocenzo III|Innocenzo III]] (succeduto nel frattempo a Celestino III) sull'andamento della loro attività e per sottoporgli il testo del giuramento della lega. Innocenzo, tuttavia, rifiutò di approvare la ''Societas'', ritenendola un ostacolo alle rivendicazioni della [[Santa Sede]] sulle terre toscane e sostenendo che "''in plerisque capitulis nec utilitatem contineat nec sapiat honestatem''", e rimandò Giovanni in Toscana con una serie di disposizioni da comunicare ai due legati, tra le quali la riformulazione degli accordi di San Genesio e l'immediata rimozione dell'interdetto su Pisa.<ref name=":0">{{DBI|nome=BERNARDO di S. Pietro in Vincoli|nomeurl=bernardo-di-s-pietro-in-vincoli|autore=Mario da Bergamo|anno=1967|volume=9}}</ref> Il pontefice confermò inoltre il mandato legatizio di Pandolfo e Bernardo, ma limitò fortemente il loro potere d'azione per il tempo a venire. I due vennero poi incaricati di recarsi a [[Ducato di Spoleto|Spoleto]] per assistere la popolazione locale sollevatasi contro il duca [[Corrado di Urslingen]], ma la questione fu poi gestita da altri due legati.<ref name=":0" /> Pandolfo rimase invece in Toscana fino al termine del 1198.
 
=== Gli ultimi anni e la morte ===