Operazione Locusta: differenze tra le versioni
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|Nome del conflitto = Operazione Locusta
|Parte_di = della [[Guerra del Golfo]]
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|Data = 17 gennaio – 11 Marzo [[1991]]<br /><small>({{Età in giorni|1991|1|17|1991|3|11}} giorni)</small>
|Luogo = Iraq
|Casus = Intervento degli Stati Uniti e dei loro alleati in Iraq conformemente alla risoluzione 660 dell'[[ONU]]
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'''Operazione Locusta''' è il nome in codice dato alla partecipazione dell'[[Aeronautica Militare Italiana]] alla [[Guerra del Golfo]].
▲[[File:Tornado Iraq 1991.jpg|thumb|Uno dei Tornado italiani impiegati nell'operazione]]
==Descrizione==
In seguito all'invasione ed annessione del [[Kuwait]] da parte dell'[[Iraq]], evento che causò l'inizio del conflitto, il 25 settembre 1990 il [[Governo Andreotti VI|Governo italiano]] inviò nel [[Golfo Persico]] otto cacciabombardieri multiruolo [[Panavia Tornado (varianti)#La versione ECR|Panavia Tornado IDS]] (più due di riserva) appartenenti al [[6º Stormo|6º]], [[36º Stormo|36º]] e [[50º Stormo]] nell'ambito dell'[[Operazione Desert Shield]], che furono schierati presso la base aerea di Al-Dhafra, nelle vicinanze di [[Abu Dhabi]], capitale degli [[Emirati Arabi Uniti]]. Tale rischieramento rientrava nel dispositivo di sicurezza internazionale messo in atto ai sensi della risoluzione numero 678 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
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Gli RF104-G fecero ritorno in Italia l'11 marzo 1991.
I Tornado invece rientrarono alla base aerea di [[Gioia del Colle]] il 15 marzo del 1991, due settimane dopo il termine delle operazioni militari. Il ritorno in patria degli aerei da combattimento italiani fu accolto da una cerimonia alla quale presenziarono il Ministro della Difesa [[Virginio Rognoni]], il [[Capo di stato maggiore|Capo di Stato Maggiore]] della Difesa generale [[Domenico Corcione]] ed il Capo di [[Stato maggiore dell'Aeronautica Militare|Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare]] generale [[Stelio Nardini]].
===L'abbattimento del velivolo di Cocciolone e Bellini===
Durante il conflitto, l'Aeronautica Militare italiana registrò la perdita di un solo velivolo, nella notte tra il 17 e il 18 gennaio 1991, e la cattura e l'imprigionamento di due suoi militari.
Ad andare distrutto fu il Tornado comandato dal [[maggiore]] [[Gianmarco Bellini]], 32 anni, [[pilota militare|pilota]], originario della [[provincia di Padova]], e dal [[capitano]] [[Maurizio Cocciolone]], 30 anni, [[navigatore (aeronautica)|navigatore]], nativo dell'[[L'Aquila|Aquila]], entrati a far parte delle [[forze armate italiane]] rispettivamente nel [[1977]] e nel [[1979]]. I due decollarono a bordo del proprio cacciabombardiere assieme ad altri sette Tornado italiani e ad una formazione di altri 30 aerei di altri Paesi della coalizione, dopo numerosi voli di addestramento, per la prima missione che li vedeva impiegati nello spazio aereo controllato dagli iracheni.
Il bersaglio della squadriglia era un deposito areale di vettovaglie, munizioni e mezzi di trasporto nell'Iraq meridionale, a nord-ovest di [[Kuwait City]], difeso da [[Arma contraerea|artiglieria contraerea]] radar-asservita<ref>[http://www.modellismopiu.it/modules/newbb_plus/print.php?forum=5&topic_id=107721 Forum sulla missione].</ref>. A causa di forti turbolenze atmosferiche, Bellini e Cocciolone, partiti come molti altri dalla base emiratina, furono gli unici in grado di portare a termine, poco prima del raggiungimento dell'obiettivo, il [[rifornimento in volo]]; tutti gli altri 37 velivoli fallirono l'approccio all'aerocisterna e dovettero rientrare alla base.<ref name="sitoAM">{{Cita web|url=http://www.aeronautica.difesa.it/SitoAM/Default.asp?idarg=25&idente=1394&idsez=21|titolo=La guerra del golfo|accesso=29 aprile 2008|editore=sito web ufficiale A.M.|data=9 settembre 2002|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071214153836/http://www.aeronautica.difesa.it/SitoAM/Default.asp?idsez=21&idarg=25&idente=1394}}</ref>
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Dopo circa 40 secondi l'aereo fu colpito dall'artiglieria contraerea irachena, addestrata alla difesa contro attacchi a bassa quota, e i due italiani dovettero lanciarsi con il [[seggiolino eiettabile]]. L'aereo impattò col terreno a circa 20 km a nordovest della capitale kuwaitiana, a poche centinaia di metri da una caserma della [[Guardia repubblicana irachena]].{{Senza fonte}}
I due aviatori furono immediatamente catturati dalle truppe irachene; dopo essere stati pestati e separati, fu loro confiscato tutto ciò che avevano con sé (compresi gli indumenti e gli scarponi) e vennero costretti a indossare una tuta gialla, che li qualificava come [[prigioniero di guerra|prigionieri di guerra]]<ref>[https://youtube.com/watch?v=gVb46HcVaNk Operazione Locusta - parte 2].</ref>. La loro prigionia durò 47 giorni, durante i quali furono sottoposti a dure torture fisiche e psicologiche.<ref>{{Cita web|url=https://www.ilgazzettino.it/home/verona_prigioniero_torturato_iraq_ma_italia_ha_cancellato_47_giorni_di_guerra-180778.html|titolo=Verona. Prigioniero e torturato in Iraq, ma l'Italia ha cancellato 47 giorni di guerra
Bellini e Cocciolone furono rilasciati al termine del conflitto, insieme agli altri prigionieri di guerra catturati dagli iracheni. Entrambi proseguirono la propria carriera militare con l'Aeronautica italiana, ottenendo diverse promozioni: Bellini raggiunse il ruolo di [[generale di brigata aerea]] e si ritirò dal servizio militare nel [[2012]], mentre Cocciolone arrivò al grado di [[colonnello]] e prese congedo per anzianità nel [[2017]].
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