Grammatica araba: differenze tra le versioni

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In questo articolo viene trattata la '''grammatica araba''' (arabo moderno standard, la lingua comune e non dialetti pure prestigiosi come l’egiziano) con qualche cenno alla grammatica di quello classico/coranico laddove esistono dei tratti particolarmente conservativi. Comunque, queste due varietà sono quasi identiche e largamente intelligibili.
 
== Introduzione ==
=== Preambolo e romanizzazione usata ===
La lettura dell’articolo è più scorrevole se a monte si conosce la pronuncia dei suoni arabi standard, che qui viene data per scontata. A essi si aggiungono i diacritici (šakl), che non sono obbligatori (eccetto i punti per riconoscere le consonanti: è un alfabeto abjad) ma che nelle grammatiche, in testi poetici e nel Corano servono a indicare per esempio le vocali brevi, l’assenza di vocale e le lettere doppie/geminate. Le tre vocali brevi per la precisione vengono dette 'al-ḥarakaat.
 
I diacritici qui non vengono usati, ma le parole sono affiancate da una romanizzazione molto usata nelle grammatiche e testi accademici, la romanizzazione scientifica, che è composta da lettere piene di diacritici per distinguere, per esempio, le consonanti faringalizzate da quelle non faringalizzate (essendo piena di diacritici, è precisa ma può risultare più estenuante da inserire).
=== La derivazione lessicale in arabo; discussione dei problemi fondamentali in arabo e come risolverli ===
Eccetto i prestiti dalle lingue straniere (e.g. gli anglicismi e qualche francesismo), il vocabolario in arabo segue un percorso che si usa per cercare i vocaboli in taluni dizionari cartacei e che si può sfruttare al meglio per imparare i vocaboli. I vocaboli infatti vengono fatti derivare dall’aggiunta di prefissi e/o di determinate vocali lunghe o brevi in una struttura base, la “radice lessicale”, composta da consonanti e/o semivocali. Se si impara la radice lessicale e il suo significato generale, si possono capire molti vocaboli. Un esempio pregnante e efficace è la radice K-T-B: questi tre suoni “ktb”, nell’ordine fornito, indicano il concetto generale di “libro/librità”. Ebbene, da questa radice derivano i seguenti vocaboli (che, a un primo sguardo, si intuisce che hanno una sorta di struttura base sempre uguale): كتاب, كاتب, مكتبة, كتبي, يكتب kitaab, kaatib, maktaba, kutubiyy, yaktubu. Ogni dubbio viene polverizzato dai loro significati: libro, scrittore, biblioteca, libresco (inglese “bookish”), egli scrisse. Pertanto da “ktb”, si ottengono almeno 4 vocaboli. La conoscenza delle radici lessicali aiuta nella scrittura e memorizzazione del vocabolario.
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* Quanto ad alcune delle difficoltà principali dell'arabo, una delle prime è la lettura, siccome i diacritici che indicano in particolare le vocali brevi e la geminazione/raddoppio/tensificazione consonantica (e.g. pala VS palla) sono spesso omessi. La lettura corretta si impara se si conosce bene e si sa riconoscere a vista lo "scheletro" consonantico della parola, che a sua volta deriva dalla radice lessicale. Pertanto, è bene concentrarsi su questo scheletro durante lo studio.
* L'apprendimento del vocabolario, eccetto per i prestiti derivati da lingue già note, ha una sua difficoltà nella misura in cui l'arabo è una lingua semitica e non neo-romanza o simili: è una famiglia a sé, a cui appartiene pure l'ebraico. Ma la memorizzazione del vocabolario è aiutata dall'esistenza della derivazione lessicale da una radice: ogni parola si può ricondurre a una radice e viceversa, ogni radice si può consultare e approfondire. Ciò non si applica con lingue che attingono a piene mani dall'arabo, e.g. il persiano, l'urdu e in parte lo swahili.
* I verbi al presente hanno una vocale tematica che cambia in modo casuale e ogni verbo ha la sua: i vocabolari ben fatti, accanto alla forma base/di dizionario del verbo, inseriscono la terza persona singolare maschile del presente indicativo, che ha questa vocale tematica. Essa va imparata a memoria, come anche un'eventuale [[preposizione]] collegata a priori a un verbo, quando si studia un verbo.
* I numeri sono dotati di un complesso sistema di accordi con i nomi a cui si riferiscono, ragion per cui si possono studiare direttamente collegati a un nome declinato nei tre casi.
* Infine, i vocaboli arabi sono pieni di plurali irregolari con pattern precisi ma che si applicano in modo casuale. Un buon vocabolario indica sempre i plurali irregolari. Questi ultimi si imparano a memoria insieme al singolare, che è la forma base nel vocabolario.
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=== I tre casi in arabo; declinazione triptota e diptota ===
{{vedi anche|ʾiʿrāb}}
L’arabo, come il sanscrito, hindi, bengali, russo, finlandese, tedesco, [[Lingua latina|latino]], greco antico e moderno e romenorumeno, è dotato di casi. I casi sono a prescindere tre, ma in alcune parole particolari due casi hanno la stessa terminazione. Quindi si dice che esistono sempre tre casi ma due tipi di declinazioni, quella triptota (tre uscite, cioè tre casi distinti) e diptota (due uscite, cioè tre casi di cui due convergenti, come succede anche in svariate coniugazioni del greco moderno). I casi vanno spiegati tra i primissimi argomenti, altrimenti non si sa come rendere l’articolo indeterminativo italiano e il singolare e plurale sia regolare che fratto/irregolare, il che è un grosso handicap. Si potrebbero trattare solo il genere e il cambio di genere, l’articolol’[[Articolo (linguistica)|articolo determinativo]] e i nomi indeclinabili come “il caffè” (luogo): المقهى ‘al-maqhaa. Per ampliare e unificare molte trattazioni, si parte con i casi.
 
I tre casi sono il nominativo, il caso obliquo (o “genitivo”) e l’accusativo.
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L’accusativo si usa per rimarcare l’oggetto diretto della frase, per rimarcare il nome del predicato in frasi negative (e.g. Io non sono uno studente, io non sono musulmano, io non sono soddisfatto), nelle terminazioni degli avverbi e in parole precedute da talune proposizioni che reggono a prescindere il caso accusativo.
 
Per esclusione, il caso obliquo/genitivo si usa in tutto ciò che non è la casistica sopra, il che lo rende estremamente vasto e versatile: [[complemento di specificazione]], complemento di origine, [[complemento di moto da luogo]], [[complemento di termine]], [[complemento di stato in luogo]], [[complemento di moto a luogo]], complemento di moto da luogo, complemento di compagnia e unione, complemento d’agente, complemento di mezzo, …
 
Quasi tutti i vocaboli appartengono alla declinazione triptota, in cui il nominativo, genitivo e accusativo hanno tre terminazioni diverse.
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* il genitivo, che segue la stessa regola di scrittura, finisce in -i breve (nel femminile si sentirà -/ati/);
 
* l’accusativo finisce infine in -a breve (nel femminile si sentirà -/ata/). L’accordo con l’aggettivol’[[aggettivo]], come appena accennato, include anche il caso.
Nella declinazione diptota che riguarda i nomi di persona (sia maschili che femminili), i nomi di città che iniziano senza articolo 'al, gli aggettivi con il pattern 'af3al (per esempio, i comparativi di maggioranza come kabiir > <u>'akbar</u>, grande > più grande/maggiore), le parole che hanno il plurale fratto secondo lo schema mafaa3il (il singolare resta triptoto), gli aggettivi di colore e difetti fisici al singolare e alcune parole fisse, il nominativo è sempre -u breve, mentre il genitivo e accusativo convergono in -a breve. Una parola fissa con declinazione diptota molto diffusa è nabiyy (profeta), mentre tre parole che hanno il plurale fratto secondo lo schema/pattern "mafaa3il" sono rasaa'il (lettere), masaajid (moschee) e 'akaarim (nobili). Se i nomi con declinazione diptota fanno parte dell'idafa(t), cioè fanno parte del complemento di specificazione (anche con il suffisso del possessivo), diventano triptoti. Un contro-esempio di nome di città che inizia con 'al è proprio "il Cairo", la capitale dell'Egitto ('al-Qaahiratu/a/i). Quanto agli aggettivi con il pattern 'af3al, tre esempi sono 'aḥmar, 'asġar, 'aʿraj (rosso, piccolo, zoppo).
 
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L’arabo ha due articoli, uno determinativo e l’altro indeterminativo. Il primo ha un'unica forma invariabile in grafia (in pronuncia, è soggetto ad alcune assimilazioni), mentre il secondo non esiste in arabo ma si rende con un suffisso che cambia in base ai tre casi.
 
L’articolo determinativo è ‘al, invariabile in genere e numero. La hamza/stacco glottale/colpo di glottide e la vocale breve cadono se precedute da un'altra vocale (e.g. in frasi come “Lo studente e la studentessa”). Lo stacco glottale si sente se tutta la frase inizia con l'articolo determinativo e, nella romanizzazione, l'apostrofo e la "a" si scrivono solo in questo caso, cioè in cui si sente per intero l'articolo. Il suono “l” si assimila se seguito da una consonante solare (tipicamente, un suono dentale) e culmina in una geminazione/tensificazione; resta /l/ invece se seguito da una consonante lunare (il loro nome deriva da una [[mnemotecnica]]: الشمس, القمر > il sole, la luna > ‘aš-šams, ‘al-qamar. L’assimilazione si rende pure in romanizzazione. Per dare un esempio di inciso con romanizzazione con l'articolo 'al sentito per intero e con caduta di stacco glottale e vocale, tale per cui la 'alif diventa waṣla(t) e si sente la geminazione, è الطالب والطالبة, 'aṭ-ṭaalibu wa-ṭ-ṭaalibatu. Non solo si rende la geminazione in romanizzazione, ma spariscono la "a" e l'apostrofo e l'articolo è separato dal nome con un hyphen/trattino. Quest'ultimo si usa pure in altri tre casi: per separare di solito i pronomi personali suffisso dalla parola a cui sono attaccati, per separare le preposizioni dal nome a cui si riferiscono e per separare il prefisso del futuro dalla radice verbale. Un altro esempio di articolo 'al che si sente per intero è contenuto nel celebre saluto "Ciao!" (la pace su di voi), السلام عليكم 'as-salaamu ʿalay-kum.
 
L’articolo indeterminativo, per dare un contorno di indeterminazione al nome (e.g. Uno studente VS lo studente) e per rendere il nome del predicato nelle frasi nominali/con il verbo essere (e.g. Io sono uno studente, io non sono uno studente, io sono stanco), si ottiene con un suffisso e cambia in base ai tre casi. Per logica, la sua declinazione è triptota: i nomi propri di persona e toponimi non possono essere indeterminati (quindi, come eccezione, non si userà mai in frasi come “Io sono Ayman”). Il processo con cui si ottiene l’indeterminazione viene detto “nunazione” perché il nome, con questi suffissi, finisce con il suono nasale /n/. Ognuna delle tre uscite ha un diacritico specifico. Al caso nominativo, l’articolo indeterminativo si rende con il suffisso -un, con vocale breve (invece, se è un nome determinato, si usa l’articolo determinativo e il suffisso -u breve). Al genitivo, si ottiene con -in. All’accusativo, si ottiene con -an (in più si scrive una alif subito dopo che è muta). La terminazione -an non si usa solo all’accusativo, ma anche in quasi tutti gli avverbi e nel nome del predicato in frasi nominali negative. In sintesi, per ottenere l’indeterminazione basta aggiungere un suono -n ai tre casi in declinazione triptota. Se le parole sono femminili, come grafia e pronuncia la nunazione segue le regole appena spiegate (si sentirà sempre /atun, atin, atan/). Un esempio al nominativo è الطالب > طالب, ‘aṭ-ṭaalibu > ṭaalibun, lo studente > uno studente.
 
Se si rende “uno” con il numero uno a causa dell’assonanza nelle lingue neo-romanze, si commette un errore base logicamente spiegabile: con il numero uno <{{big>|واحد</big>}} (waaḥid) si rende la quantità, “un singolo studente, uno e uno solo”, non l’indeterminazione (“un <certo> studente”). L’aggettivo ha concordanza pure con la nunazione, ragion per cui possiede la stessa terminazione del nome a cui si riferisce.
 
=== Il plurale in arabo: i casi nel plurale regolare e il plurale fratto/irregolare ===
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=== Le preposizioni (incluse quelle di luogo) e i casi grammaticali che reggono ===
* ''[la preposizione "di" per indicare il possesso si rende con l'idaafa(t) e con i suffissi del possessivo]''
* Di > عن 3 ʿan + genitivo (indica il complemento di argomento)
* In/a > في fii + genitivo (indica lo stato in luogo)
* Verso/a > إلى 'ilaa +gentitivo genitivo (indica la direzione e moto a luogo. Ha la 'alif-pugnale)
*A > ل li/la + genitivo (complemento di termine +il possesso; se usato prima dei pronomi personali suffisso, si scrive e pronuncia "la"; con la prima persona, è "lii")
*Presso > لدى laadaa (si usa anche per esprimere il possesso)
*Presso > عند 'inda (si usa anche per esprimere il possesso)
* Da > من min + genitivo (indica il moto da luogo e il complemento di origine; indica pure il complemento d'agente e di causa efficiente)
*Da > منذ munḏu (indica un punto d'inizio temporale, e.g. dalle tre del pomeriggio, dal 2010)
* Con > مع maʿa +genitivo (indica il complemento di compagnia; si usa anche per esprimere il possesso)
* Con > ب bi +genitivo (indica il complemento di unione e di mezzo; graficamente, si unisce alla parola appena dopo)
* Tra/entro > بعد baʿda +genitivo (indica una deadline temporale, e.g. "Arrivo tra dieci minuti")
* Sopra > فوق fawqa + genitivo (fawqa non implica il contatto, come "above")
* Sopra > على ʿalaa + genitivo (3alaa implica il contatto, come "on". Ha la 'alif-pugnale)
* Sotto > تحت taḥta + genitivo
* Tra X e Y > بين X و Y bayna X wa Y (entrambi al genitivo)
* Dietro > خلف ẖalfa +genitivo
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=== L'accordo tra nome e numero e utilizzo concreto ===
L'utilizzo concreto dei numeri è uno dei punti più complessi della grammatica araba insieme all'apprendimento dei plurali fratti e anche i parlanti nativi possono fare errori. La difficoltà principale è proprio nell'accordo con il genere del nome a cui si riferiscono, partendo dall'importante presupposto che i numeri sono variabili in genere, contrariamente a molte altre lingue (tra cui le lingue romanze; in spagnolo, portoghese e catalano solo il numero uno come unità è variabile in genere, e.g. letteralmente "cento e uno studenti, cento e una studentesse", ma l'arabo è ancora più pervasivo e tratti perfino confusionario e curioso). Per superare quest'altro punto critico di tutta la grammatica araba, è consigliabile studiare i numeri accompagnati da un nome plurale in entrambi i generi. Siccome i numeri hanno pure i casi, in più bisognerebbe trattate il [numero+nome] in tutti i casi finché il pattern non si automatizza con il tempo. A loro volta, i pattern andrebbero suddivisi in gruppi in base all'avanzare dell'ordine di grandezza dei numeri, e.g. numeri da 0 a 10, numeri da 11 a 1000, numeri da 1001 a 10.000 ecc. Questi gruppi andrebbero appresi un po' alla volta, ma i dettagli minuti sono a discrezione dei singoli. I numeri da 11 a 99 mostrano un'inversione tra decina e unità, e.g. ventitrèventitré > tre (con) venti, come se si stesse facendo un'addizione. Quanto ai dettagli dell'utilizzo dei numeri fino alle centinaia:
 
* Il numero uno, 'ahad, indica la quantità (sempre in riferimento a un gruppo) e da esso vi deriva l'aggettivo waaḥid, femminile waaḥida(t), che significa "unico/solo" (in quanto aggettivo, si usa sintatticamente dopo il nome). In più, non va confuso con la nunazione riferita a un nome singolare: indica l'indeterminazione, non la quantità. Quindi, "un libro VS un unico/solo libro VS un certo libro". L'aggettivo cambia genere in base al nome a cui si riferisce.
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Infine, "'''esserci'''" è un verbo che ha un'unica forma al presente, passato e futuro (ma ovviamente ha anche una negazione). "C'è, Ci sono" si traduce "Hunaaka +oggetto indeterminato in -un" (siccome è il soggetto: si sta dicendo che ''un'' soggetto c'è, esiste qui e ora), e.g. C'è un cane, c'è una studentessa > هناك كلب hunaaka kalbun, هناك طالبة hunaaka ṭaalibatun. Con oggetti e animali, si nega con "laa": si ottiene dunque لا يوجد Laa yuujadu. Se è un nome comune di persona, si usa "Laysa" +hunaaka, e.g. Non c'è un cane, non c'è una studentessa: لا يوجد كلب laa yuujadu kalbun, ليس هناك طالبة laysa hunaaka ṭaalibatun. Al passato, si usa kaana: "C'era, C'erano" > Kaanu hunaaka (al femminile: Kaanatu hunaaka), e.g. كان هناك كلب kaanu hunaaka kalbun, كانت هناك طالبة kaanatu hunaaka ṭaaalibatun. Il futuro si forma sempre con kaana, e.g. ci sarà un cane سيكون هناك كلب sayakuunu hunaaka kalbun, سيكون هناك طالبة sayakuunu hunaaka ṭaalibatun. Il futuro si nega con "lan": ci sarà un cane, ci sarà una studentessa: لن يكون هناك كلب lan yakuuna hunaaka kalbun, لن يكون هناك طالبة lan yakuuna hunaaka ṭaalibatun. Il passato e futuro si negano rispettivamente con "lam, lan", لم أكن أستاذا lam 'akun 'ustaaḏan (finisce ancora in -an a priori), لن اكون استاذا lan 'akuna 'ustaaḏan.
 
=== Introduzione alla fraseFrase verbale, la forma del dizionario e l'aspetto perfettivo e imperfettivo, accenno allele 14 classi e alll'ausiliare kaana ===
I verbi in arabo solitamente hanno la radice trilittera (verbi trilitteri) e, sporadicamente, quadrilittera (verbi quadrilitteri). La radice è composta da consonanti (hamza inclusa) o da semivocali (w, y) e anche dalla alif per l'allungamento vocalico. Nella loro forma base reperibile nei dizionari, sono alla terza persona maschile del passato remoto. I grammatici arabi tradizionali chiamano la forma del dizionario/forma base "la forma nuda/mujarrad" siccome non ha nessun prefisso e nessun suffisso; siccome in più mostra l'impianto vocalico corretto, questa forma è ben adatta a illustrare il verbo. Nei dizionari ben fatti, accanto all'infinito viene indicata la medesima persona al presente indicativo, siccome ha una vocale tematica casuale (ma la maggior parte dei verbi ha la vocale tematica /a/). Le vocali tipicamente sono a-a-a, ma quella centrale/mediana può variare, tale per cui si ottiene -a-i-a oppure a-u-a. I verbi sono fatti derivare dalla radice lessicale, e.g. K-T-B ("librità") > kataba ("scrivere", a-a-a) e, con delle ulteriori modifiche alle consonanti radicali, se ne ottengono altri ancora contenenti il significato base ma con delle modifiche, e.g. scrivere > fare scrivere; uccidere > sterminare; studiare > imparare. Quindi, quando si studia un verbo, si studiano tutti i suoi derivati e, quando si studia come si coniuga, non si studiano delle coniugazioni (l'arabo non ne ha, mentre l'italiano per esempio si distingue in -are, -ere/urre, -ire), ma come si coniuga ognuna delle varianti. In totale, esistono 14 di queste "forme verbali", di cui le ultime 4 in disuso in arabo moderno standard ma in uso nell'arabo classico, in cui comunque sono rare e contengono pochi verbi, e.g. azzurro > diventare azzurro ("Ho mangiato delle barrette scadute e sono diventato azzurro").