Dea Iblea: differenze tra le versioni

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{{F|divinità|febbraio 2013|arg2=mitologia greca|commento=armonizzare la citazione delle fonti e la funzionalità del testo}}
 
La '''dea Iblea''' è una divinità femminile [[Siculi|sicula]] attestata in [[Sicilia orientale]] e menzionata unicamente da [[Pausania il Periegeta|Pausania]] nella sua opera ''[[Viaggio in Grecia]]''<ref>''Viaggio in Grecia'', 5.23.6: «{{greco|ἡ Γερεᾶτις καὶ ἱερόν σφισιν Ὑβλαίας ἐστὶ θεοῦ, παρὰ Σικελιωτῶν ἔχον τιμάς}}.». In realtà il genitivo singolare è femminile Ὑβλαίας non concorda con il genitivo singolare θεοῦ che vuol dire divinità, quindi molto probabile che Ὑβλαία sia il nome della dea (Hyblaia), altrimenti se fosse un aggettivo concorderebbe con θεοῦ e sarebbe Ὑβλαίου θεοῦ. </ref> Pare che fosse una divinità di origine [[sicana]] e in un secondo momento introdotta nel [[pantheon]] siculo.
 
Pausania afferma l'esistenza di un tempio, nella Ibla che egli chiama la [[Hybla Gereatis|Gereatis]], dedicato a una dea Iblea venerata dai popoli barbari di Sicilia, ma poiché egli tace il nome di questa divinità, tutti i derivati odierni, come l'appellativo di «dea Ibla», rimangono pure congetture.<ref>Vd. argomento approfondito in Luigi Paretis, ''Studi siciliani ed italioti, con tre tavole'', F. le Monnier, 1920, pp. 334-35; [[Carmelo Ciccia]], ''Il mito d'Ibla nella letteratura e nell'arte'', Pellegrini Editore, 1998, p. 46.</ref>
 
==Fonti epigrafiche e numismatiche==
Lo storiografo palermitano [[Filippo Paruta]], nel suo trattato seicentesco ''Della Sicilia descritta con medaglie,'' sostiene di aver individuato una dea sicula, che egli chiama Ibla, in una [[moneta]] raffigurante la testa della divinità avvolta da un velo<ref>{{Cita libro|autore = Carmelo Ciccia|titolo = Il mito d'Ibla nella letteratura e nell'arte|anno = |editore = Luigi Pellegrini|città = |p = 45|pp = |ISBN = }}</ref>, in un contesto iconografico già di epoca greca ([[III secolo a.C.|III sec. a.C.]])<ref>{{Treccani|hyblaia_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)|HYBLAIA|accesso=23 febbraio 2016}}</ref>.
[[File:Venere Vincitrice Iblese.png|miniatura|Cippo marmoreo recante la dedica Veneri Victrici Hyblensi]]
Lo storiografo palermitano [[Filippo Paruta]], nel suo trattato seicentesco ''Della Sicilia descritta con medaglie,'' sostiene di aver individuato una dea sicula, che egli chiama Ibla, in una [[moneta]] raffigurante la testa della divinità avvolta da un velo<ref>{{Cita libro|autore = Carmelo Ciccia|titolo = Il mito d'Ibla nella letteratura e nell'arte|anno = |editore = Luigi Pellegrini|città = |p = 45|pp = |ISBN = }}</ref>, in un contesto iconografico già di epoca greca ([[III secolo a.C.|III sec. a.C.]])<ref>{{Treccani|hyblaia_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)|HYBLAIA|accesso=23 febbraio 2016}}</ref>. La moneta<ref>{{Cita web|url=https://www.lasiciliainrete.it/ibla/|titolo=Ibla, Sicilia in rete (immagini delle monete)}}</ref> che reca la scritta Hyblas Megalas (ΥΒΛΛΣ ΜΕΓΑΛΑΣ) o più semplicemente Hyblas, raffigura la testa di una donna (forse una divinità) con un'ape (simbolo sacro di Hybla, menzionato da numerosi poeti latini<ref>{{Cita libro|titolo=Marziale, Epigrammi, 9.26; Ovidio,
Lettere dal Ponto, 2.7.1
Stazio, Achilleide 1.553}}</ref>). Ignazio Cazzaniga<ref>{{Cita libro|titolo=Ignazio Cazzaniga, Una moneta di Hybla ed il verso 45 del Pervigilium Veneris, 1955, p. 117}}</ref> afferma che la figure femminile con l'ape è con ogni probabilità la divinità poliade di Ibla, e che il nome ''Megala'' sia un attributo della dea (non dissimile dalla ''Magna Mater'' dei Romani), divinità a volte identificata dagli studiosi con [[Cerere]] (la [[Demetra]] dei Greci), o con [[Cibele]]. Su un cippo marmoreo<ref>{{Cita libro|titolo=CIL X 2, 7013}}</ref> rinvenuto presso [[Paternò]] e custodito presso il Museo di [[Castello Ursino]], a [[Catania]], è presente un'[[epigrafe]], una dedica a una Venere Iblea Vincitrice (''Venus Victrix Hyblensis''), che potrebbe essere la dea Iblea del celebre santuario menzionato da Pausania<ref>{{Cita libro|titolo=Atti del IX Congresso Internazionale di Studi sulla Sicilia Antica, 1999, p. 787.}}</ref>, sebbene esistano pareri discordanti sull'identità di questa divinità.
 
==Fonti letterarie==
{{Senza fonte|Inoltre, la citazione di una città di nome Ibla nell'anonimo ''[[Pervigilium Veneris]]'' evidenzia come tale divinità fosse sovente identificata con la stessa dea [[Venere (dea)|Venere]] / [[Afrodite]].}}
Il topos letterario di Hybla è un motivo ricorrente nella poesia latina, soprattutto in [[Marco Valerio Marziale|Marziale]], [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]] e in altri autori come [[Claudio Claudiano|Claudiano]], dove avviene la personificazione della fertile città, famosa per i suoi giardini, in una divinità che invidia [[Enna]], anch'essa personificata come madre dei fiori, nell'invocazione a [[Zefiro]]<ref>{{Cita libro|titolo=Claudiano, Il ratto di Proserpina, Liber II, vv. 68-70}}</ref>. Secondo [[Carmelo Ciccia]]<ref>{{Cita libro|titolo=Carmelo Ciccia, Il mito di Ibla nella letteratura e nell'arte, 1998.}}</ref>, questo è molto più evidente nei versi del [[Pervigilium Veneris]], poema anonimo del II secolo d.C., in cui la dea [[Venere (divinità)|Venere]] ordina che il suo trono sia eretto fra i fiori iblei e che Hybla (personificazione del paesaggio etneo) si vesta di fiori. Nella [[Primavera (Botticelli)|Primavera]] del [[Sandro Botticelli|Botticelli]] inoltre vediamo una divinità misteriosa (identificata spesso con [[Flora (divinità)|Flora]] o con la [[Primavera]]) vestita di fiori selvatici.
 
==Ipotesi sulla dea Iblea==
Sulla base degli studi sul materiale archeologico riscontrato nei siti siculi o greco-siculi, il popolo dei [[Monti Iblei]] aveva una particolare devozione per i [[Potnia Theron|culti potniaci]], cioè quelli incentrati sulla [[Grande Madre|Dea Madre]] e sulle divinità ctonie come i due fratelli [[Palici]], il dio [[Adrano (divinità)|Adranos]]. Spesso si tratta di divinità associate al culto delle profondità delle terra. A [[Megara Hyblaea]], che un tempo si chiamava Hybla<ref>{{Cita libro|titolo=Stefano di Bisanzio, M348.13}}</ref>, è stata rinvenuta una statua della Grande Madre che allatta due gemelli, divinità che potrebbe essere identificata con la dea Iblea nominata da Pausania. La diffusione del culto descritta dal geografo greco fa comprendere che la divinità fosse venerata dai Sicelioti (quindi non solo da popolazioni anelleniche, ma anche dai Greci di Sicilia), e che il santuario di [[Hybla Gereatis]] fosse meta di devozione, forse per la presenza di una statua o di un luogo sacro. Si ipotizza dunque che tale divinità femminile fosse una dea della fertilità (per la radice latina ''uber''), protettrice dei campi e della coltivazione dei [[cereali]], non dissimile dalla romana [[Flora (divinità)|Flora]]<ref>{{Cita libro|titolo=Emanuele Ciaceri, Culti e miti nella storia dell’antica Sicilia, 1911, pagg. 15-23;}}</ref>. I [[Galeoti]], sacerdoti con capacità divinatorie descritti da [[Stefano di Bisanzio]]<ref>{{Cita libro|titolo=Stefano di Bisanzio, Ethnica, G196.18}}</ref>, sono spesso stati associati al culto di questa divinità femminile<ref>{{Cita libro|titolo=Emanuele Ciaceri, La religione dei Siculi e dei Sicelioti, Società anonima editrice Dante Alighieri, Milano, 1940.}}</ref>.
[[File:Grande Madre; statua da Megata Iblea.jpg|miniatura|Statua di Grande Madre ritrovata presso Megara Hyblaea]]
 
Sicuramente, dati gli studi sul materiale archeologico riscontrato nei siti siculi o greco-siculi, il popolo dei [[Monti Iblei]] aveva una particolare devozione per i [[Potnia Theron|culti potniaci]], cioè quelli incentrati sulle divinità della terra, in particolare la [[Grande Madre]]. Infatti, proprio a [[Megara Hyblaea]] è stata rinvenuta una statua della Grande Madre che allatta due gemelli, divinità che potrebbe essere identificata con la dea Iblea nominata da Pausania. Lo confermerebbe il toponimo della città di Megara, a cui è aggiunto l'aggettivo greco "Hyblaia", che potrebbe significare "della dea Hybla". {{chiarire|Molti storici sono concordi nell'affermare che anche il nome di [[Hybla Heraia]] deriva dalla dea Hybla|Nonostante l'affermazione non viene menzionato alcuno storico}}. Si ipotizza dunque che fosse una divinità della fertilità, protettrice dei campi e della coltivazione dei [[cereali]], con riferimento anche alla [[Flora (divinità)|Flora]] romana.
 
== Note ==
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== Bibliografia ==
* Gabriella Mauciere, ''La moneta avolese delle Salinelle / Identità di Avola'', SiciliaPaginascritta IllustrataEdizioni, CataniaAvola, 20072010, ISBN 978-88-96907-00-9.
* Emanuele Ciaceri, ''Megara Hyblæa e Hybla Gereatis'', Tip. E. Spoerri, Pisa, 1909
* Emanuele Ciaceri, ''La religione dei Siculi e dei Sicelioti'', Società anonima editrice Dante Alighieri, Milano, 1940.
* Ignazio Cazzaniga, una moneta di Hybla e il verso 45 del Pervigilium Veneris: nec Ceres nec Bacchus absunt, 1954.
 
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