Persecuzione dei cristiani nell'Impero romano: differenze tra le versioni

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[[File:Martyrsinscription.jpg|thumb|upright=1.3|I nomi di quattro martiri della "grande persecuzione" - Zoticos, Attalos, Kamasis, Filippos - sulla loro tomba, nella cripta della chiesa paleocristiana di [[Niculițel]], in Romania.|alt=I QUATTRO MARTIRI I NOMI]]
Le '''persecuzioni dei cristiani nell'[[Impero romano]]''' consistetterosi inbasavano attisu dicomportamenti aggressivacaratterizzati [[Intolleranzada religiosa|intolleranza]]aggressività popolarepoiché ela nell'assimilazione della [[Cristianesimo|religione cristiana]] aveniva considerata un crimine contro lo Stato, con la conseguente condanna dei fedeli della nuova religionestato. Molti proclamarono comunque la propria fede accettando la prigionia, le torture, le deportazioni e anche la [[Summa supplicia|morte]] tanto che i [[Martirio cristiano|martiri]] furono migliaia, sebbene il numero reale sia difficile da calcolare.<ref>{{Cita pubblicazione|titoloname=Alessandro Barbero":0" le persecuzioni contro i cristiani, il tempo e la storia|lingua=it-IT|accesso=2021-03-23|url=https://www.youtube.com/watch?v=0ApU2ljMgtA}}</ref>
 
Inizialmente tuttavia le autorità locali non ricercavano attivamente i cristiani; le loro comunità continuarono così a crescere, trovando anzi nel culto dei martiri nuovo vigore; gli imperatori [[Decio]], [[Valeriano]] e [[Diocleziano]], spinti anche da considerazioni politiche, ordinarono persecuzioni più attive e severe, che tuttavia non arrivarono a sradicare il nuovo culto.
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L'analisi di reperti e documenti contemporanei ed il raffronto tra i resoconti degli storici antichi ha consentito di pervenire ad un certo consenso sulla storia generale delle persecuzioni. L'indagine più dettagliata sulle vicende e sui singoli personaggi coinvolti si presenta più problematica in quanto può basarsi quasi esclusivamente su fonti cristiane.
 
I principali autori cristiani utili per la storia delle persecuzioni sono [https://www.bing.com/search?q=giustino+filosofo&refig=9c840cfdb03e40c58183d7270fc01b12[Giustino (filosofo)|Giustino]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Philippe Bobichon|titolo=Persécutions, calomnies, ‘birkat ha-Minim’, et émissaires juifs de propagande antichrétienne dans le Dialogue avec Tryphon de Justin Martyr|rivista=Revue des Études Juives|volume=162|numero=3-4/2003|pp=403-419|url=https://www.academia.edu/7279733/_Pers%C3%A9cutions_calomnies_birkat_ha_Minim_et_%C3%A9missaires_juifs_de_propagande_antichr%C3%A9tienne_dans_le_Dialogue_avec_Tryphon_de_Justin_Martyr_Revue_des_%C3%89tudes_Juives_162_3_4_juillet_d%C3%A9cembre_2003_p_403_419}}</ref> e [[Tascio Cecilio Cipriano|Cipriano]] di cui sono rimasti alcuni importanti scritti.
* Diverse notizie possono essere desunte dalle numerose opere di Tertulliano (circa 155-230), sebbene non fosse uno storico ma un [[Apologetica|apologeta]] intransigente.
* A [[Lucio Cecilio Firmino Lattanzio| Lattanzio]] (circa 250-327) è generalmente attribuito il ''[[De mortibus persecutorum]]'', che si propone di istruire i cristiani sulla sorte dei nemici di Dio, a cominciare dai persecutori. Altre notizie utili sono fornite dalla sua opera ''[[Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio#Divinæ institutiones|Divinæ instituciones]]''.
* Le fonti più importanti sono probabilmente le opere di [[Eusebio di Cesarea|Eusebio]] (265-342), vescovo di [[Cesarea marittima|Cesarea]], in particolare la ''[[Storia ecclesiastica (Eusebio di Cesarea)|Storia ecclesiastica]]'', il ''[[Chronicon (Eusebio)|Chronicon]]'' e il ''De martyribus Palestinae''. In esse Eusebio riporta sia eventi passati che altri a lui contemporanei.
 
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== Le motivazioni ==
Il culto pubblico della tradizionale [[religione romana]] era strettamente legato allo Stato: fare sacrifici agli dèi e rispettare i riti significava stabilire un patto con le divinità, in cambio della loro protezione. Era facile integrare gli dèi, i riti e le credenze di altre popolazioni in questo sistema. Perfino l'[[Ebraismo]], in quanto antica religione di un popolo, era tollerato dalle autorità, anche se con difficoltà, fin dai tempi di [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]]: gli ebrei potevano osservare i loro precetti ed erano esentati dai riti ufficiali (ma con [[Tito Flavio Vespasiano|Vespasiano]] furono sottoposti al ''[[fiscus iudaicus]]''<ref>W.H.C. Frend ''Persecutions: genesis and legacy'' in AA.VV., ''The Cambridge History of Christianity'' - Vol. 1: ''Origins to Constantine'', 2006, New York, Cambridge University Press, p. 506</ref>). Nell'incipit del XVI capitolo della sua opera, infatti, il [[Edward Gibbon|Gibbon]] individua con acutezza i motivi in base ai quali la nascente religione cristiana avrebbe dovuto suscitare, nell'opinione pubblica e nelle istituzioni civili e politiche, sentimenti se non proprio di ammirazione, almeno di tolleranza, anziché atteggiamenti persecutori. Questi atteggiamenti ostili nei confronti dei cristiani furono in parte dovuti ad una sorta di confusione che inizialmente veniva fatta tra i cristiani e gli [[ebrei]], tanto che Svetonio e Dione Cassio riportano che l'imperatore [[Claudio (imperatore romano)|Claudio]] ([[41]]-[[54]]) avrebbe scacciato da Roma i "Giudei" che creavano disordini a nome di "un certo ''kriste''"<ref>Claude Lepelley, '' I cristiani e l'Impero romano'', p. 227.</ref><ref>W.A. Meeks ''Il cristianesimo'' in AA.VV. ''Storia di Roma'' - vol. 2 ''L'impero mediterraneo'', tomo III ''La cultura e l'impero'', 1992 Einaudi, p. 284</ref>.
 
La tolleranza riservata agli Ebrei, nonostante affermassero l'esclusiva conoscenza di Dio, ritenendo empio qualsiasi altro culto, e quasi rifiutassero la comunità umana racchiudendosi in una setta che sdegnava contatti con l'esterno, veniva però a mancare nel momento in cui gli stessi Ebrei, unici nell'impero, si rifiutavano di pagare il contributo a Roma: era illegale, sostenevano, pagare le tasse ad un imperatore (e ad un popolo invasore) empio e idolatra. I Giudei non avevano mai nascosto l'insofferenza, spesso sfociata in rivolte anche sanguinose, nei confronti di Roma, le cui legioni erano altrettanto spesso dovute intervenire con severe rappresaglie e repressioni. Ma dopo la [[prima guerra giudaica]], la distruzione del [[Tempio di Gerusalemme]], la riduzione in schiavitù e la [[diaspora]], il popolo Ebreo ammorbidì le posizioni intransigenti ed in diversi modi si integrò nella popolazione dell'Impero romano, pur mantenendo una propria individualità come popolo, sancita anche da deroghe e leggi particolari<ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', Avanzini e Torraca Ed., Roma, 1968, vol. II, pp. 220-222.</ref>.
 
La differenza sostanziale tra ebrei e cristiani, che consentiva ai primi di professare liberamente la loro fede mentre trattava con severità, odio e disprezzo quella dei secondi, era che quelli erano una “nazione”, mentre gli altri una “setta”; il rispetto delle istituzioni religiose dei propri padri era un dovere, e l'antichità delle sacre leggi ebraiche, adottate per secoli da un intero popolo dava ai Giudei il diritto di sottostare a quegli obblighi e quelle regole che sarebbe stato empio trascurare. I cristiani, di contro, con la legge evangelica ignoravano le sacre istituzioni dei loro padri, disprezzando ciò che essi avevano da secoli ritenuto sacro. In più, questo allontanamento dalla fede “naturale”, anziché portare ad un avvicinamento a quella ufficiale dello Stato, li conduceva ad un più marcato disprezzo degli dèi e delle istituzioni di Roma, che si manifestava in riti, riunioni segrete e un generale rifiuto del genere umano che non veniva mitigato dall'indubbia rettitudine e moralità dei credenti<ref>Gibbon, op. cit., pp. 222-223.</ref>. I Cristiani pregavano per l'imperatore e per l'impero durante le loro funzioni religiose e pagavano regolarmente i tributi a Roma. Il rifiuto di adorare l'imperatore come Dio e di prestare il culto divino ali dei pagani procurò loro delle accuse infamanti di praticare riti magici, la stregoneria, di essere amanti delle tenebre e dei lavoratori improduttivi.
 
Col tempo dunque i romani identificarono nel Cristianesimo quello che consideravano "ateismo". Per loro i cristiani erano ebrei e pagani che avevano tradito i loro dèi e quindi il loro popolo, si riunivano in segreto per praticare riti apparentemente magici, incitando altri a fare lo stesso ed eleggendo a propria divinità un'Entità solo spirituale e non rappresentabile, per il cui culto non erano previsti templi, altari, sacrifici, e che era pertanto lontanissima dalla radicata mentalità pagana. Questo tradimento non solo minacciava la ''[[pax deorum]]'' e l'autorità dell'imperatore quale [[Pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]], ma poteva “essere visto come la prova di intenzioni politiche sovversive”<ref name="Meeks cit. p. 301">Meeks cit. p. 301.</ref><ref>Frend, 2006 cit. p. 504.</ref>. Plinio il Giovane definirà il cristianesimo ''superstitio'', termine che indicava “ogni religione implicante un timore eccessivo degli dèi”<ref group=Nota>W. Liebeschütz ''La religione romana'' in AA.VV. ''Storia di Roma'' - vol. 2 ''L'impero mediterraneo'', tomo III ''La cultura e l'impero'', 1992 Einaudi, p. 265; a p. 267 esprime scetticismo sul timore di cospirazioni dei cristiani.</ref> e pertanto probabile causa di disordini popolari. Come tali erano represse anche magia e astrologia, e lo erano stati in precedenza i [[Baccanale|baccanali]], il [[Mitologia celtica|druidismo]] ed il culto di [[Iside]]<ref>Lepelley cit. p. 232-233.</ref><ref>Liebeschütz cit. p. 260 ss.</ref>.
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[[File:Siemiradski Fackeln.jpg|thumb|left|upright=1.8|''Le fiaccole di Nerone'', [[Henryk Siemiradzki]] (1848-1902), ora al Museo Nazionale di Cracovia]]
 
L'imperatore tentò, sembra, con ogni mezzo di alleviare le sofferenze delle vittime della catastrofe e dei senzatetto, offrendo ospitalità nei giardini imperiali, costruendo ripari provvisori, distribuendo grano e viveri e impegnandosi in un'immediata ricostruzione, ma agli occhi del popolo [[Nerone]] era pur sempre l'assassino del fratello, della moglie e della madre, un essere spregevole che prostituiva se stesso e la sua dignità. La gente comune riteneva che un tale individuo poteva essere capace di qualsiasi delitto, compresa la distruzione di Roma. Il popolo lo sospettava; Nerone doveva comunque trovare dei colpevoli<ref>Gibbon, op. cit. pag. 231.</ref>. Secondo [[Tacito]], prima sarebbero stati arrestati quanti confessavano e quindi, su denuncia di questi, ne sarebbero stati condannati moltissimi, ma non tanto a causa del crimine dell'incendio, quanto per il loro odio nei confronti del genere umano<ref group=Nota>''Odio humani generis convicti'' potrebbe essere tradotto anche come "odio del genere umano nei confronti dei cristiani", ma generalmente viene accettata la versione opposta. Vedi anche Gibbon, op. cit., pag. 232, nota (32).</ref>.
 
Numerose fonti cristiane<ref>Tertulliano, ''Scorpiace'', 15, 2-5; Lattanzio, ''De mortibus persecutorum'', 2, 4-6; Orosio, ''Historiarum'', VII, 7-10; Sulpicio Severo, ''Chronicorum'', 3, 29.</ref> attestano che gli apostoli Pietro e Paolo subirono il [[martirioMartirio (Cristianesimocristianesimo)|martirio]] a Roma proprio in quella persecuzione. In particolare, secondo queste fonti<ref group=Nota>[[Origene]] è citato nella ''Storia Ecclesiastica'' di [[Eusebio di Cesarea]] al libro III, I, 1-3, e specifica che fu crocifisso a testa in giù</ref>, Pietro fu crocifisso, mentre Paolo decapitato. [[Tacito]] descrive i supplizi a cui furono sottoposti per opera di Nerone i cristiani che comunque, nonostante la loro presunta colpevolezza, suscitavano pietà in quanto puniti non per il bene pubblico ma per la crudeltà di uno solo («''et pereuntibus addita ludibria, ut ferarum tergis contecti laniatu canum interirent aut crucibus adfixi atque flammati, ubi defecisset dies, in usum nocturni luminis urerentur''». in ''Annales'', XV, 44, 4: «E coloro che morivano furono pure scherniti: coperti di pelli di bestie perché morissero dilaniati dai cani oppure affissi alle croci e dati alle fiamme perché, caduto il giorno, bruciassero come fiaccole notturne.»)<ref group=Nota>Il Gibbon (op. cit., pag. 233), osserva acutamente che i teatri di questi massacri furono principalmente i giardini ed il [[Circo di Nerone]], entrambi sul [[Colle Vaticano]], che sarebbe in seguito divenuto il centro del Cristianesimo.</ref>. Anche [[Svetonio]] conferma che Nerone aveva mandato i cristiani al supplizio e li definisce "una nuova e malefica superstizione", senza tuttavia collegare questo provvedimento all'incendio. La persecuzione neroniana fu comunque limitata alle mura di Roma.
 
== Le persecuzioni prima del 250 ==
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=== Le persecuzioni sotto il regno di Traiano ===
Delle persecuzioni all'epoca di [[Traiano]] ci restano alcuni documenti molto importanti. Il primo è una lettera inviata all'imperatore da [[Gaio Plinio Cecilio Secondo|Plinio il Giovane]] quando, intorno al [[110]], era [[Legatus|legato]] nella provincia di [[Bitinia]]. Plinio descrive la linea seguita fino ad allora con i cristiani e le accuse loro rivolte, ma chiede ulteriori chiarimenti su come comportarsi con loro. Nella lettera si trova il giudizio negativo contro la religione cristiana largamente diffuso nella cerchia imperiale ed intellettuale dell'epoca, e condivisa dallo stesso Plinio: “''nihil aliud quam superstitionem''” ("null'altro che superstizione"). Il secondo documento è il [[rescritto]], cioè la risposta ufficiale, in cui l'imperatore detta modalità per trattare la questione cristiana che sarebbero rimaste valide per quasi 140 anni: nessuna ricerca attiva dei cristiani, ma, in caso di denuncia, essi dovevano essere condannati se avessero rifiutato di sacrificare agli dèi; le denunce anonime andavano respinte<ref>Lepelley cit. p. 235-6. - Frend, 2006 cit. p. 506-8</ref>. La corrispondenza fornisce alcune interessanti notizie: a parte la condivisione dell'opinione comune, Plinio non sapeva quasi nulla dei Cristiani, e tantomeno del loro presunto delitto, delle pene da infliggere e delle norme e procedure da applicare nei loro confronti; da ciò si può dedurre che all'epoca non esistevano leggi o decreti anticristiani, che anche gli imperatori non avevano mai preso ufficialmente posizione contro di loro e che nessun processo celebrato contro i cristiani aveva avuto così tanta rilevanza da poter costituire un precedente utile per un magistrato di Roma. La risposta di Traiano, d'altra parte, dalla quale traspare la difficoltà di stabilire una regola, sembra più attenta alla protezione degli innocenti che alla persecuzione dei colpevoli: colpire i rei, ma astenersi dal ricercarli procedendo d'ufficio in base a denunce, soprattutto se anonime, piuttosto che richiedere la prova del sacrificio agli dèi<ref>Gibbon, op. cit., pagg. 239-240.</ref>. Con Traiano la persecuzione dei Cristiani iniziò ad essere gestita dallo Stato centrale.
 
In realtà, i giudici dei tribunali dell'impero romano, le cui leggi costituiscono tuttora, in molti casi, la base della moderna giurisprudenza, di rado erano quei carnefici che l'apologetica contemporanea e dei secoli successivi, troppo attenta a far risaltare le virtù dei martiri, ha tentato di presentare; l'eventuale condanna dei cristiani per i quali era stata comprovata l'accusa, non era tanto dovuta alla colpa di essere cristiani, quanto piuttosto alla resistenza che essi potevano porre in atto nel sacrificare agli dèi (in quanto apostasía e de facto non sarebbero più stati cristiani) ; allo stesso modo, le eventuali violenze e torture cui erano sottoposti durante il processo (una prassi comunque normale nei procedimenti giudiziari) non erano il mezzo per punirli della colpevole appartenenza ad una setta empia, quanto per convincerli con ogni mezzo (“per il loro bene”) ad rinunciare alla loro fede. Inoltre, la sostanziale l'umanità della maggior parte di questitaluni giudici (e Tertulliano ne cita diversi esempi), li portava ad escludere, per il delitto di cristianesimo, la pena di morte, preferendo piuttosto una pena detentiva, l'esilio o la schiavitù in miniera (che avrebbero comunque potuto consentire una possibilità di “recupero”); la massima pena era riservata, di solito, ai rappresentanti del clero, in modo che la loro punizione servisse d'esempio e monito, e agli schiavi, la cui vita e le cui sofferenze erano considerate di poco valore<ref>Gibbon, op. cit., pagg. 241-244.</ref>.
 
Claude Lepelley<ref>Lepelley cit. p. 244.</ref> considera di indubbia autenticità le sette lettere scritte in quegli anni da [[Ignazio di Antiochia]] mentre veniva trasferito a Roma per essere [[Damnatio ad bestias|dato in pasto alle belve]]. Nella ''Lettera ai Romani'' esprime gioia in quanto “macinato dai denti delle fiere” diventerà “pane puro di Cristo”. Si tratta di un documento sulla spiritualità del martirio e sul fatto che i cristiani, in determinati casi, erano puniti come i criminali pericolosi. Alcuni di loro avrebbero, soprattutto nei primi tempi, accolto con entusiasmo la possibilità di ottenere il [[martirioMartirio (cristianesimo)|martirio]]: gli scrittori della chiesa cristiana degli inizi si occuparono molto delle condizioni in base alle quali l'accettazione del martirio poteva essere considerato un destino accettabile, o, viceversa, essere considerato quasi come un suicidio. I martiri erano considerati esempi da seguire della fede cristiana e pochi dei primi santi non furono anche martiri. Nel contempo il suicidio era considerato un grave peccato e veniva associato ad un tradimento della propria fede, l'esatto opposto della "testimonianza" di essa nel martirio: alla maniera di [[Giuda Iscariota|Giuda]] il traditore, non di Gesù il salvatore. Il ''Martirio di [[Policarpo]]'', del II secolo, registra la storia di ''Quintus'', un cristiano che si consegnò alle autorità romane, ma con atto di codardia finì per sacrificare agli dèi quando vide le fiere nel [[Colosseo]]: "Per questo motivo quindi, fratelli, non lodiamo quelli che si consegnano, perché il vangelo non insegna ciò.". [[San Giovanni apostolo ed evangelista|Giovanni l'Evangelista]] non accusò mai Gesù di suicidio o di auto-distruzione, ma dice piuttosto che Gesù scelse di non opporre resistenza all'arresto e alla crocifissione.
[[File:Jean-Léon Gérôme - The Christian Martyrs' Last Prayer - Walters 37113GA&C.jpg|thumb|upright=1.4|Rappresentazione di martiri cristiani, prima di morire in pasto alle belve nel [[Circo Massimo]] (da undal dipinto di [[Jean-Léon Gérôme]] ''[[L'ultima preghiera dei martiri cristiani]]'').]]
 
=== Da Antonino Pio (138) a Commodo (192) ===
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Nel 165, secondo [[Eusebio di Cesarea]], cadde martire [[Giustino (filosofo)|Giustino]], condannato a morte dal console [[Quinto Giunio Rustico]].
 
Nel 167, secondo la ''[[Historia Augusta]]'', Marco Aurelio emise un editto, con il quale ordinò sacrifici pubblici e riti purificatori per ottenere la protezione degli dèi contro un'invasione barbarica giunta fino ad Aquileia; la decisione imperiale provocò le proteste di alcuni vescovi ed apologeti cristiani, come Milziade e [[Melitone di Sardi]]. In quegli anni il filosofo cristiano [[Atenagora di Atene|Atenagora]] inviò numerose lettere all'imperatore, difendendo i cristiani dalle accuse di cannibalismo e incesto. Le rivendicazioni cristiane provocarono l'effetto opposto, scatenando una violenta reazione popolare contro i cristiani, di cui però l'imperatore non può essere incolpato.<ref name="alessandro barbero persecuzioni cristiane">{{Cita web|url=https://www.bing.com/videos/search?q=alessandro+barbero+persecuzioni+cristiane&docid=608053785173491954&mid=55DA11C0651BF14B48C855DA11C0651BF14B48C8&view=detail&FORM=VIRE|titolo=alessandro barbero persecuzioni cristiane - Bing video|accesso=2021-03-23}}</ref>
 
Nel V libro della sua ''[[Storia ecclesiastica (Eusebio di Cesarea)|Historia Ecclesiae]]'' Eusebio di Cesarea riporta i brani principali della "Lettera delle chiese di Vienne e di Lione alle chiese dell'Asia e della Frigia": in essa sono documentate le vessazioni nei confronti di una cinquantina di cristiani, per lo più stranieri, e le loro esecuzioni capitali avvenute a Lione nell'anno [[177]]. Di questi cristiani, torturati e gettati in carcere, molti morirono per soffocamento. La folla, già pervasa di [[xenofobia]]<ref name="Meeks cit. p. 301"/> ed aizzata da false accuse (di cannibalismo e rapporti incestuosi) diffuse sul conto dei cristiani, infierì su di loro senza più alcun riguardo per l'età o per il sesso dei condannati: il vescovo ultranovantenne Potino, linciato dalla folla, spirò in carcere; il quindicenne Pontico e la schiava Blandina, dopo essere stati costretti per giorni ad assistere all'esecuzione degli altri, furono essi stessi torturati e uccisi.
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Intorno al [[178]]-[[180]] il filosofo [[Platonismo|platonico]] [[Celso (filosofo)|Celso]] scrisse contro la religione cristiana e in difesa di quella tradizionale il ''Logos alethes'' ("Discorso della verità"), che conosciamo solo dalla confutazione polemica che ne fece il [[Teologia|teologo]] [[Cristianesimo|cristiano]] [[Origene]], con la sua opera del [[248]], intitolata, appunto, ''Contra Celsum'' ("Contro Celso"). È della stessa opera un passo in cui l'autore ridimensiona drasticamente il numero dei martiri, aumentato a sproposito dall'apologetica cristiana.<ref>Gibbon, op. cit., p. 244.</ref>
 
[[Marcia (storiaconcubina romanadi Commodo)|Marcia]], libertafiglia imperialedi una [[Liberto|liberta]] e amante dell'imperatore [[Commodo]] fu invece di simpatie cristiane; sembra infatti sia stata lei ad intercedere per la liberazione di [[papa Callisto I]] dalla condanna alle miniere (''[[Damnatio ad metalla]]'') in [[Sardegna]].
 
Risale al [[180]], sotto il regno di Commodo, l'episodio dei dodici [[martiri scillitani]], ricordato nel più antico degli Atti dei Martiri<ref>Lepelley cit. p. 246-248.</ref>.
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È però un fatto che singoli funzionari si sentivano autorizzati dalla legge a procedere con severità verso i Cristiani. Naturalmente l'imperatore, a stretto rigore di legge, non ostacolava provvedimenti locali, che si verificarono in Egitto, in [[Tebaide (Egitto)|Tebaide]] e nei proconsolati di Africa e Oriente. I martiri cristiani furono numerosi ad [[Alessandria d'Egitto]]<ref>Clemente di Alessandria, ''Stromata'', ii. 20; Eusebio, Storia della Chiesa, V., XXVI, VI, I</ref>.
 
Non meno dure furono le persecuzioni in Africa occidentale, che sembra avessero inizio nel [[197]] o [[198]] (cfr. Tertulliano ''Ad martires''), alle cui vittime ci si riferisce nel martirologio cristiano come ai martiri di [[Madaura]]. Probabilmente nel [[202]] o [[203]] caddero [[Perpetua e Felicita]], come narrato in atti ritenuti attendibili<ref>Lepelley cit. p. 251.</ref>. La persecuzione infuriò ancora, per breve tempo, sotto il proconsole Scapula nel [[211]], specialmente in [[Numidia]] e [[Mauritania]].
 
I decenni successivi saranno caratterizzati da una relativa tolleranza, nella quale la Chiesa potrà crescere ulteriormente arrivando fino ai ceti più elevati. Le comunità non dovevano più nascondersi, ma anzi erano molto attive in ambito caritativo, gestendo crescenti ricchezze grazie anche alle eredità raccolte<ref>Frend, 2006 cit. p. 512.</ref>.
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== La persecuzione di Decio ==
[[File:Bestias1.jpg|thumb|La ''[[Damnatio ad bestias]]'' in un mosaico del III secolo ad [[El Jem]], in Tunisia.]]
Nel [[249]] Filippo l'Arabo morì in una battaglia contro il suo generale [[Decio]], già proclamato Augusto dalle sue truppe. L'impero, attaccato su tutti i confini ed in crisi politica ed economica, si trovava in gravi difficoltà e Decio si insediò a Roma determinato a restaurarne la grandezza e i valori, non ultima la religione dei padri. Subito dopo l'incoronazione, Decio fece arrestare alcuni membri del clero cristiano e, nel gennaio 250, fece uccidere [[papa Fabiano]].<ref>{{Cita libro|nome=Marta|cognome=Sordi|titolo=I cristiani e l'impero romano|url=https://books.google.it/books?id=xvwS1h72nVoC&pg=PA232&lpg=PA232&dq=frontone+cristiani&source=bl&ots=PxIDk8up9G&sig=413npl0Rw2FGxBhnM3M9_s4wrVs&hl=it&ei=AfLfTsuUHOH14QTj84zzBg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=4&sqi=2&ved=0CDMQ6AEwAw#v=onepage&q=frontone%20cristiani&f=false|accesso=2021-03-24|data=2004|editore=Editoriale Jaca Book|lingua=it|ISBN=978-88-16-40671-1}}</ref>
 
Nel marzo-aprile 250 Decio emise un [[Editto#Età romana|editto]] che ordinava a tutti i cittadini dell'impero di offrire un sacrificio pubblico agli dèi e all'imperatore (formalità equivalente ad una testimonianza di lealtà all'imperatore e all'ordine costituito). Decio autorizzò delle commissioni itineranti a visitare le città e i villaggi per supervisionare l'esecuzione dei sacrifici e per la consegna di certificati scritti a tutti i cittadini che li avevano eseguiti (molti di questi [[Libellus|libelli]] sono stati ritrovati in Egitto<ref>Frend, 2006 cit. p. 514.</ref>). A coloro che si rifiutarono di obbedire all'editto fu mossa accusa di empietà, che veniva punita con l'arresto, la tortura e la morte. Questo editto costituisce la prima persecuzione sistematica contro i cristiani. I Cristiani si divisero fra [[Lapsi]] che si piegavano agli ordini dell'imperatore, Libellàtici che si procuravano certificati falsi relativi all'esecuzione di sacrifici in onore degli dèi e dell'imperatore, martiri e confessori che talora riuscivano a salvarsi con la fuga.
 
Alcuni eventi possono essere ricostruiti confrontando le numerose fonti cristiane disponibili (Cipriano, Eusebio, Atti dei Martiri). Cipriano spiega che le autorità non miravano tanto a fare martiri quanto ad ottenere l'[[apostasia]] con le prigioni e la tortura; l'editto ebbe un notevole successo: gran parte dei fedeli abiurò (venendo definiti pertanto ''lapsi'') , in alcune regioni in massa. I vescovi tollerarono tali defezioni, volendo salvare la vita ai fedeli.
 
In Egitto, Africa ed Anatolia numerosi fedeli fuggirono in massa fuori dalle città, rifiugiandosirifugiandosi nei deserti e sui monti. Tra questo vi fu il vescovo [[Dionisio di Alessandria]] e [[Tascio Cecilio Cipriano|Cipriano di Cartagine]].<ref>{{Cita pubblicazione|titoloname=Alessandro Barbero":0" le persecuzioni contro i cristiani, il tempo e la storia|lingua=it-IT|accesso=2021-03-23|url=https://www.youtube.com/watch?v=0ApU2ljMgtA}}</ref> Di solito, passato il pericolo della persecuzione, tutti costoro si presentavano come penitenti per ottenere il perdono e il rientro nella società dei cristiani, che però non sempre poteva essere accordato<ref name="Gibbon, pp. 251-253">Gibbon, op. cit., pp. 251-253.</ref>.
 
Il devoto fervore dei martiri non apparteneva però a tutti i cristiani; l'amore per la vita e la paura della pena non sempre potevano essere scavalcati dall'ardore mistico che in qualche caso aveva spinto alcuni a gettarsi volontariamente tra le braccia dei carnefici in nome della fede. Tra l'altro, alcuni vescovi dovettero anche frenare un ardore che troppe volte aveva abbandonato questi aspiranti martiri nel momento supremo. Esistevano almeno tre modi per evitare la persecuzione: la fuga, l'acquisto del ''libello'', l'abiura.
 
Tra l'altro, anche diversi Padri della Chiesa (compreso il vescovo [[Tascio Cecilio Cipriano|Cipriano di Cartagine]]) erano ricorsi a questo espediente che avrebbe potuto permettere loro di proseguire il sacro ufficio, una volta tornata la normalità. Il secondo caso era particolarmente gradito a quei governatori che anteponevano la cupidigia al rispetto degli editti imperiali, e d'altra parte l'acquisto di un salvacondotto metteva i cristiani (almeno quelli benestanti) in una posizione di sicurezza: il gesto era riprovevole, e a parte le numerose discussioni sorte in merito, una penitenza era necessaria per scontare il gesto profano. La terza ipotesi poteva riguardare sia alcuni che si tiravano indietro al primo pericolo, sia coloro che erano vinti da una prolungata paura o dallo sfinimento per le torture subite. Di solito, passato il pericolo della persecuzione, tutti costoro si presentavano come penitenti per ottenere il perdono e il rientro nella società dei cristiani, che però non sempre poteva essere accordato<ref> name="Gibbon, op. cit., pp. 251-253.<" /ref>.
 
Fortunatamente per i cristiani, questa persecuzione terminò al riprendere della guerra con i Goti che l'anno dopo fece vittima lo stesso Decio. In [[Nordafrica]] però la conseguenza fu una grave divisione fra le comunità cristiane dell'area, alcune delle quali voltarono le spalle ai membri che avevano temporaneamente abiurato la loro fede a causa delle durezze subite. Diversi concili tenuti a [[Cartagine]] discussero fino a che punto la comunità doveva accettare questi cristiani che avevano ceduto alle richieste dei romani, e la questione è ampiamente trattata nelle opere di Cipriano, vescovo di Cartagine. Probabilmente i ''lapsi'' erano per lo più cristiani di recente conversione, ma tra loro c'erano anche alcuni vescovi; a tal proposito è interessante che Cipriano biasimi alcuni vescovi attaccati più al denaro che alla fede<ref name="Storia del Cristianesimo">G. Filoramo ''Alla ricerca di un'identità cristiana'' in AA.VV., a cura di G. Filoramo e D. Menozzi ''Storia del Cristianesimo – L'antichità'', 1997, Editori Laterza, Bari p. 248.</ref>. L'ostilità continuò anche nel breve regno del successore di Decio, [[Treboniano Gallo]]<ref name="Storia del Cristianesimo" /><ref>L. Pietri '' Le resistenze: dalla polemica pagana alla persecuzione di Diocleziano'' in AA.VV., ''Storia del Cristianesimo'' – Vol. 2 ''La nascita di una cristianità (250 – 430)'', p. 157-161.</ref><ref>Frend, 2006 cit. pp. 513-514.</ref>.<ref>G., Filoramoche ''Allaordinò ricercaa tutti i sudditi di un'identitàcompiere cristiana''sacrifici in AA.VV., a curaonore di G.[[Apollo]] Filoramoa eseguito D.di Menozziuna ''Storiagrave delpestilenza Cristianesimoche devastava Ll'antichità'', 1997, Editori Laterza, Bari p. 248.</ref>impero.
 
Fortunatamente per i cristiani e gli altri culti perseguitati, Decio morì 18 mesi dopo in battaglia contro i Goti e il suo editto decadde. Le vittime furono comunque centinaia<ref name= vittime /><ref name=":0">{{Cita pubblicazione|titolo=Alessandro Barbero: le persecuzioni contro i cristiani, il tempo e la storia|lingua=it-IT|accesso=2021-03-23|url=https://www.youtube.com/watch?v=0ApU2ljMgtA}}</ref><ref name= vittime />, benché [[Dionisio di Alessandria]] riferisca di soli 17 cristiani nell'immensa sua città, con ciò confermando il ridimensionamento di Origene<ref>Gibbon, op. cit., pagg. 244-245.</ref>: [[papa Fabiano]], [[Babila di Antiochia]] e [[Alessandro di Gerusalemme]] furono tra i primi ad essere arrestati ed a subire il martirio.
 
Le tensioni tra impero e cristiani proseguirono con il successivo imperatore [[Treboniano Gallo]]: nel 252 papa Cornelio fu arrestato e condotto a ''Centumcellae'' (l'odierna [[Civitavecchia]]), dove morì nel giugno del [[253]]. Cipriano afferma ripetutamente che Cornelio fu [[Martirio (religione)|martirizzato]]; il ''Catalogo Liberiano'' riporta «''ibi cum gloria dormicionem accepit''», e questo può significare che morì a causa dei rigori a cui fu sottoposto durante la sua deportazione, sebbene documenti successivi affermino che fu [[Decapitazione|decapitato]].<ref>Eusebio, vii.1; ''Liber Pontificalis'', 22.</ref>
 
== La persecuzione di Valeriano ==
Dopo un periodo iniziale di estrema clemenza, [[Valeriano]] riprese, come già Decio, le persecuzioni in un momento difficile per il suo regno; di tali eventi ci restano testimonianze cristiane, principalmente Cipriano ed Eusebio. Iniziò nel [[257]] con un primo editto che imponeva a vescovi, preti e diaconi di sacrificare agli dèi, pena l'esilio, e proibiva inoltre ai cristiani le assemblee di culto sequestrando chiese e cimiteri. Il decreto puniva con la morte chi avesse visitato i cimiteri o presenziato alle adunanze religiose. Un secondo editto del [[258]] sancì la pena di morte per chi rifiutava il sacrificio e aggiunse la confisca dei beni per i senatori ed, i cavalieri ed i cesariani. Coloro che avessero persistito nella fede dopo la decadenza dalle cariche pubbliche e la confisca dei beni, erano condannati a morte; le [[matrona|matrone]] erano condannate all'esilio, mentre i funzionari del [[demanio]] imperiale erano inviati ai [[lavori forzati]] in condizioni di schiavitù. La morte del vescovo di Roma [[Papa Sisto II|Sisto]] è riportata in una lettera di Cipriano; lui stesso, inizialmente esiliato, secondo degli Atti fu decapitato poche settimane dopo<ref>Filoramo cit. p. 253.</ref>. Violente persecuzioni avvennero in Africa, mentre numerosi casi di martirio avvennero in [[Palestina]], [[Licia]] e [[Cappadocia]].<ref>{{Cita web|url=https://www.bing.com/videos/search?q=alessandro+barbero+persecuzioni+cristiane&docid=608053785173491954&mid=55DA11C0651BF14B48C855DA11C0651BF14B48C8&view=detail&FORM=VIRE|titoloname="alessandro barbero persecuzioni cristiane" - Bing video|accesso=2021-03-23}}</ref>
 
Quando nel [[260]] Valeriano fu fatto prigioniero dai Sasanidi, suo figlio [[Gallieno]] concesse a tutti di rientrare dall'esilio e restituì alle chiese i loro beni, inaugurando un quarantennio di tranquillità per i cristiani, solo disturbato da qualche minaccia passeggera. Nel [[274]], infatti, [[Aureliano]] antepose a tutte le divinità pagane il ''[[Sol Invictus]]'', istituendo una sorta di monoteismo ufficiale<ref group=Nota>Per Liebeschütz (cit. p. 249) questa iniziativa fu consona alla tradizione e non va sopravvalutata.</ref>. I cristiani quindi professavano ancora una religione illecita, ma non erano attivamente perseguitati e poterono tornare ad accogliere sempre nuovi fedeli, diffondendosi sempre più anche nell'aristocrazia e nelle campagne<ref>Frend, 2006 cit. p. 513-516 - L. Pietri cit. p. 168-171.</ref>.
 
La posizione di [[Aureliano]] andava però oltre quella di una semplice tolleranza nei confronti della religione cristiana, che era invece riconosciuta come un dato di fatto e una presenza comunque importante nella società. Si colloca infatti nel suo regno l'episodio che riguarda il vescovo di [[Antiochia di Siria|Antiochia]] [[Paolo di Samosata]], che considerava il suo ministero come una professione lucrosa e lo esercitava con metodi più consoni ad un magistrato imperiale che ad un vescovo, senza trascurare una condotta libertina. Lo scandalo destato dalla gestione del suo ufficio non scosse tanto la Chiesa ufficiale quanto le sue eretiche convinzioni in merito alla Trinità.
 
Venne destituito da due concili ma riuscì a rimanere al suo posto finché, temendo che la questione sfociasse in disordini, dovette intervenire lo stesso imperatore. Lungi dall'addentrarsi in questioni teologiche e in giudizi sull'ortodossia, delegò il giudizio ai vescovi italici, giudicati i più imparziali e rispettabili, e diede immediatamente esecuzione al loro giudizio di condanna di Paolo, costringendolo ad abbandonare la sua sede e ponendo un successore al suo posto. L'avvenimento ha una notevole rilevanza, in quanto dimostra quanto ormai neanche l'imperatore potesse prescindere dal riconoscere la presenza e l'influenza delle istituzioni cristiane<ref>Gibbon, op.cit., pp. 259-261.</ref>.
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Eusebio definirà una vera guerra gli anni che seguirono: molti furono i ''[[lapsi]]'', ma anche i martiri<ref name="vittime">La stima del numero totale di vittime è estremamente difficile: C. Lepelley (''I cristiani e l'Impero romano'' in AA.VV., ''Storia del Cristianesimo'' – Vol. 1 a cura di L. Pietri ''Il nuovo popolo: dalle origini al 250'', 2003, Borla / Città Nuova, Roma, p. 248) sostiene che fino a prima della persecuzione di Decio i martiri sarebbero stati molte migliaia.
 
Le cifre non dovettero variare molto in seguito: secondo W.H.C. Frend (''Martyrdom and Persecution in the Early Church'', 1965, Basil Blackwell, Oxford, p. 413) furono probabilmente centinaia sotto Decio; per la "grande persecuzione", A. Marcone (''La politica religiosa'' in AA.VV. ''Storia di Roma'' - vol. 3 ''L'età tardoantica'', tomo I ''Crisi e trasformazioni'', 1993 Einaudi, Torino, p. 239) ritiene abbastanza attendibile la cifra di 91 vittime fornita da Eusebio per la sola provincia di Siria Palestina. Solidoro Maruotti riporta una stima complessiva di 18.000 martiri o meno (in Laura Solidoro Maruotti, [http://www.studitardoantichi.org/einfo2/file/Solidoro.pdf ''Sul fondamento giuridico della persecuzione dei cristiani''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20210711032944/http://www.studitardoantichi.org/einfo2/file/Solidoro.pdf |data=11 luglio 2021 }}, Lezione tenuta presso la Sede napoletana dell'AST il 17 febbraio 2009).</ref>. Il maggior numero di vittime si ebbe nell'area controllata da Diocleziano (Asia minore, Siria, Egitto), dove i cristiani erano molto numerosi; nei meno cristianizzati Balcani il cesare Galerio, spesso indicato come l'ispiratore della persecuzione, fu egualmente duro. Anche in Italia e in Africa Occidentale, governata dall'augusto [[Massimiano]], le violenze furono dure e si contarono molti martiri, anche se il quarto editto fu applicato in modo limitato; invece in [[Britannia]] e [[Gallia]] il cesare [[Costanzo Cloro]], padre di [[Costantino I]], applicò solo il primo editto<ref group=Nota>Marcone, cit., p. 235; a p. 236 riporta come al termine della persecuzione i ''lapsi'' delle zone governate da Costanzo Cloro furono rimproverati solo di aver ceduto i libri sacri, segno di una condotta più mite.</ref>. A proposito dei martiri di questo periodo sono rimaste testimonianze epigrafiche ed agiografie ritenute autentiche<ref>L. Pietri, cit., p. 172 ss. - Frend, 2006 cit. p. 519-520.</ref>.
 
In seguito all'abdicazione di Diocleziano e Massimiano nel [[305]] ed alla morte di Costanzo Cloro nel [[306]] si scatenarono in Occidente delle lotte di potere che gradualmente tolsero energia alle persecuzioni fino a interromperle. Viceversa in Oriente con Galerio, diventato Augusto, e suo nipote [[Massimino Daia]], continuarono duramente<ref group=Nota>Marcone, cit., a p. 239 menziona un'iscrizione rinvenuta a Colbasa in [[Panfilia]] che attesta agevolazioni fiscali per le regioni che collaboravano contro i cristiani.</ref>. Più che giustiziati i cristiani erano ora imprigionati, torturati ed inviati ai lavori forzati nelle miniere in Egitto, una pena perpetua che portava presto alla morte<ref>B. Santalucia ''La giustizia penale'' in AA.VV. ''Storia di Roma'' - vol. 2 ''L'impero mediterraneo'', tomo III ''La cultura e l'impero'', 1992 Einaudi, p. 230.</ref>.
 
== Le ultime fasi ==
Il 30 aprile [[311]] Galerio emanò l'[[Editto di Serdica|edittoEditto di tolleranza]] che ordinava la cessazione delle persecuzioni. Nel testo trascritto da Eusebio (libro IX, cap. 1), Galerio spiega le ragioni della persecuzione ammettendo che esse non hanno portato ai risultati sperati, giacché i cristiani non si rivolgono più né agli dèi pagani, né al loro dio<ref>Marcone, cit., p. 240</ref>:
{{Citazione|Tra le cure importanti che hanno occupato la nostra mente nell'interesse e a vantaggio dell'Impero, fu nostra intenzione correggere e ristabilire ogni cosa secondo le antiche leggi e le pubbliche usanze dei Romani. Fummo particolarmente desiderosi di richiamare sulla via della ragione e della natura gl'illusi cristiani che avevano abbandonato la religione e le cerimonie istituite dai loro padri e disprezzando arditamente le istituzioni degli antichi avevano inventato stravaganti leggi e opinioni secondo i dettami della loro fantasia e nelle diverse province del nostro impero si erano raccolti in promiscue comunità.<br />
E poiché gli editti che abbiamo pubblicato per mantenere in vigore il culto degli dèi, hanno esposto molti cristiani ai pericoli ed alle calamità, poiché molti hanno sofferto la morte e moltissimi altri, che persistono ancora nella loro empia follia, sono rimasti privi di ogni pubblico esercizio di culto, siamo disposti ad estendere a quegl'infelici gli effetti della nostra clemenza ordinaria. Permettiamo perciò ad essi di professare liberamente le loro private opinioni e di fare le loro piccole riunioni senza timore o molestia, purché però conservino sempre il dovuto rispetto alle leggi e al presente governo. Per mezzo di un altro rescritto indicheremo le nostre intenzioni ai giudici e magistrati e speriamo che la nostra indulgenza indurrà i cristiani ad offrire le loro preghiere al dio che essi adorano, per la salute e prosperità nostra, dell'Impero e propria.<ref>Così in Gibbon, op. cit., pp. 276-277.</ref>}}
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==Controversie==
Basandosi su frasi dell'apologeta [[Tertulliano]], a partire dall'[[illuminismo]] e da [[Edward Gibbon]], diversi storici hanno tentato di ridimensionare la portata reale delle persecuzioni anche se tale opinione non è condivisa da altri storici.<ref>{{Cita pubblicazione|titoloname=Alessandro Barbero":0" le persecuzioni contro i cristiani, il tempo e la storia|lingua=it-IT|accesso=2021-03-23|url=https://www.youtube.com/watch?v=0ApU2ljMgtA}}</ref> Alcuni storie di martiri sono oggi considerate leggendarie, come i presunti "martiri di [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]]" (361-363), che sarebbero stati posteriori all'editto di tolleranza, o alcuni santi dall'esistenza incerta come [[Cesario di Terracina]]. Da ultimo, ad esempio, la storica del primo cristianesimo e biblista [[Candida Moss]] nel libro ''Ancient Christian Martyrdom '', pubblicato nel 2012, propose la tesi secondo la quale il martirio dei cristiani si sarebbe sviluppato nel corso dei secoli secondo modalità diverse in funzione del contesto storico, distanziandosi in questo modo dalla visione prevalente fra gli studiosi che consideravano il martirio come un fenomeno comune in tutte le regioni dell'[[impero romano]]. Nel libro ''The Myth of Persecution: How Early Christians Invented a Story of Martyrdom'' ("Il mito della persecuzione: come i primi cristiani inventarono la storia del martirio") affermò che le biografie dei primi martiri cristiani erano state alterate, modificate e plasmate da generazioni di cristiani successive, ovvero che nemmeno una di esse fosse "del tutto accurata dal punto di vista storico".<ref>{{Cita libro |autore=Candida Moss |titolo=The Myth of Persecution. How Early Christians Invented a Story of Martyrdom |url=https://archive.org/details/mythofpersecutio0000moss_o3j8 |anno=2013 |editore=HarperOne, [[HarperCollins]] |isbn=978-0-06-210452-6 |p=[https://archive.org/details/mythofpersecutio0000moss_o3j8/page/124 124] |lingua=en}}</ref> Aggiunse che nei primi tre secoli di storia cristiana gli imperatori romani avrebbero a suo parere perseguitato i fedeli di [[Gesù]] per un arco temporale di dodici anni al massimo<ref>Moss 2013, p. 159.</ref>, negando la maggioranza delle persecuzioni in tale periodo come fatti locali, isolati, esagerati o addirittura inventate a fini apologetici, per sostituire figure pagane e per interesse ad alimentare il culto delle reliquie dal V secolo in poi. La prima vera, e unica, persecuzione ufficiale sarebbe stata [[Persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano|quella di Diocleziano]], seppure Moss creda che vada ridimensionata almeno nei numeri anch'essa.
 
== Note ==
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* {{Cita libro| AA.VV. | |The Cambridge History of Christianity - Vol. 1: Origins to Constantine | 2006 | Cambridge University Press | New York|isbn= 0-521-81239-9}}
* {{Cita libro| AA.VV., | a cura di G. Filoramo e D. Menozzi | Storia del Cristianesimo – L'antichità | 1997 | Editori Laterza | Bari|isbn= 88-420-5230-2}}
* Pierre Chuvin, ''Cronaca degli ultimi pagani. La scomparsa del paganesimo nell'impero romano tra Costantino e Giustino'', edizione italiana a cura di Franco Cannas, Brescia, Paideia 2012, isbnISBN 978-88-394-0822-8.
* {{Cita libro| W.H.C. | Frend | Martyrdom and Persecution in the Early Church | 1965 | Basil Blackwell | Oxford}}
* [[Edward Gibbon]], ''Decadenza e caduta dell'Impero romano'', Roma, Avanzini e Torraca, 1968.
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* [[Persecuzioni ai danni dei pagani nell'Impero romano]]
* [[Primi martiri della Chiesa romana]]
 
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