Simone Martini: differenze tra le versioni
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La prima opera datata di Simone Martini è la ''[[Maestà del Palazzo Pubblico di Siena]]'', affresco dipinto nel [[1312]]-[[1315]] (ritoccato nel [[1321]]) nella sala del Consiglio del [[Palazzo comunale (Siena)|Palazzo Pubblico]] di [[Siena]], dove si trova tutt'oggi. Si tratta di un'opera di un pittore sicuramente già maturo e affermato, fosse solo per il prestigio di una commissione pubblica così importante.
Il grande [[affresco]] (970x763 cm) è una sorta di omaggio alla ''[[Maestà del Duomo di Siena]]'' di [[Duccio di Buoninsegna]], dalla quale riprende l'impostazione (Maria e il Bambino al centro seduti su un trono, teoria simmetrica di santi ai due lati con in primo piano i protettori della città), l'uso di una fonte di luce unica per la resa dei chiaroscuri, "l'uso di una prospettiva diretta piuttosto che
Tuttavia in quest'opera Simone mostra di differenziarsi in maniera decisa dalla [[pittura]] a lui precedente. La Madonna è più austera, aristocraticamente distaccata e non guarda lo spettatore. Tutti i volti hanno un realismo mai visto prima, da quello di Maria a quello dei santi anziani. Le dita delle mani sono differenziate ingentilendone il tocco. Le aureole sono rese in rilievo con la novità della [[punzonatura]] (stampigliatura di motivi a rilievo tramite la pressione di "punzoni"), che rimandano all'[[oreficeria senese del XIV secolo]], uno dei campi artistici più vicini alla [[Gotico francese|cultura gotica francese]] dell'epoca. Il trono è reso con le caratteristiche del gotico raggiante e anche il [[baldacchino]] da cerimonia rimanda a un gusto cortese di sapore transalpino. La gamma cromatica di Simone, affascinato dagli smalti e dalle oreficerie d'oltralpe, è più ampia e dotata di velature e passaggi più morbidi. Anche la disposizione dei santi non segue una successione paratattica come in Duccio, ma corre invece lungo delle linee diagonali parallele che convergono in profondità dando un'illusione spaziale in prospettiva di sapore [[giotto|giottesco]]. Del tutto assente è in Simone quell'[[horror vacui]] che sembra caratterizzare la Madonna duccesca: nella Maestà di palazzo pubblico ritroviamo altresì ampie porzioni di cielo azzurro. Diverso è anche il carattere delle due Maestà: eminentemente religiosa quella di Duccio, carica di significati morali e civici quella di Simone, commissionata dal governo dei Signori Nove in Siena.
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Durante i lavori Simone Martini si poté confrontare con altri maestri fiorentini di [[scuola giottesca]], Giotto compreso, allora attivi nel cantiere assisiate. Simone si aggiornò in alcuni elementi, quali la solida intelaiatura architettonica realistica e il gioco illusionistico di luci ed ombre con attenzione alle vere fonti di luce. Negli 8 santi a figura intera del 1318, gli ultimi dell'intero ciclo, è evidente anche l'acquisizione delle ricche volumetrie giottesche. Tuttavia Simone non si adeguò passivamente alla scuola fiorentina, anzi è chiara una divaricazione tra il suo modo di dipingere e quello giottesco a partire dallo stesso tema dei dipinti: non le storie di un santo popolare come [[san Francesco]], ma un raffinato santo cavaliere, del quale Simone sottolineò alcuni aspetti cortesi della leggenda.
Per esempio nella famosa scena dell{{'}}''Investitura di san Martino'', l'azione è ambientata in un palazzo, con i musici di corte magnificamente abbigliati e con un servitore con tanto di falcone da caccia in mano. Il contesto di Simone è più fiabesco e assolutamente notevole è lo studio realistico dei costumi e delle pose; l'individuazione fisionomica nei volti (soprattutto in quelli naturalistici dei musici) non ha pari in tutta la pittura dell'epoca, Giotto compreso. Dopo la ''Maestà del Palazzo Pubblico di Siena'', Simone si confermò come pittore laico, cortese, raffinato. Fu in questi anni che si concretizzò la sua capacità di ritrarre fisionomie naturali, gettando le basi per la nascita della ritrattistica. Simone Martini è uno dei maggiori rappresentanti del [[gotico cortese]] e la sua pittura aulica si richiama al mondo aristocratico-cavalleresco, mentre il realismo di [[Giotto]] si rifà alla cultura del mondo borghese-mercantile.
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[[File:Simone Martini 013.jpg|thumb|''[[San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d'Angiò]]'', tempera su tavola, 138x200 cm, dalla Basilica di san Lorenzo Maggiore, Napoli, Museo di Capodimonte, Napoli.]]
Nel luglio [[1317]] Simone venne chiamato a [[Napoli]] da [[Roberto d'Angiò]], che
Questa opera è un'[[Icona (arte)|icona]] profana, la prima del genere in Italia, che segna un preciso tema politico del momento: proprio quell'anno Ludovico di Tolosa venne canonizzato; essendo egli stato fratello maggiore di Roberto, quindi destinato al trono di Napoli, Ludovico aveva abdicato in favore del fratello per dedicarsi a vita religiosa; ecco dunque che Roberto voleva con questo dipinto creare un manifesto politico che legittimasse il suo potere.
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=== L'affresco di Guidoriccio da Fogliano ===
{{vedi anche|Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi}}
Nel [[1330]] Simone tornò a lavorare al [[Palazzo Pubblico di Siena]], affrescando nella ''sala del Mappamondo'', sul lato opposto
In questa famosa opera in cui si mescolano un'ambientazione fiabesca con un acuto senso della realtà, il condottiero è una metafora della potenza senese, non un ritratto realistico, e il paesaggio circostante ha un valore simbolico, con elementi tipici della guerra (steccati, accampamenti militari, castelli), senza alcuna figura umana. La doppia valenza simbolica e di celebrazione individuale richiama alla pala di San Ludovico ed è un elemento che sembrerebbe suffragare l'autografia dell'opera a Simone Martini.
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=== L'Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita ===
[[File:Simone Martini
L'ultima opera del periodo senese di Simone Martini è un vero e proprio capolavoro, la raffinatissima ed enigmatica ''[[Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita]]'', eseguita assieme al cognato [[Lippo Memmi]] nel [[1333]] per uno dei quattro altari della crociera del [[Duomo di Siena]]. La tavola, firmata e datata dai due autori, è oggi visibile agli [[Galleria degli Uffizi|Uffizi]] di [[Firenze]].
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== Letteratura ==
Il poeta fiorentino [[Mario Luzi]], nella raccolta ''[[Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini]] ''(1994), ha immaginato l'ultimo viaggio del pittore, che da Avignone torna a Siena. Come dice lo stesso poeta parlando delle liriche comprese in questa raccolta, "I titoli fungono in questo caso da semplici didascalie".
Si parla del rientro di Simone Martini da Avignone in compagnia della moglie (Giovanna), del cognato (Donato) e della sua moglie anch'essa Giovanna, con uno studente (probabilmente di teologia) che sarà "testimone, interprete e cronista oltre che parte integrante dell'avventura".
== Elenco delle opere ==
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== Collegamenti esterni ==
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