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'''Vulci''' (in [[etrusco]] ''Velch'' o ''Velx'') è un'antica [[città etrusca]] nel territorio di [[Canino (Italia)|Canino]] e di [[Montalto di Castro]], in [[provincia di Viterbo]], nella [[Maremma]] [[Lazio|laziale]].
 
== Storia ==
Sorta su un pianoro di circa 120 ettari e lambita dal fiume [[Fiora]], a poco più di dieci chilometri dalla costa del [[mar Tirreno]], fu una delle più grandi città-stato dell'[[Etruria]], con un forte sviluppo marinaro e commerciale, molto probabilmente parte della [[Dodecapoli etrusca|dodecapoli etrusca meridionale]].
 
I ritrovamenti più antichi, quelli dell'area di Pian di Voce, risalgono a un periodo compreso tra la tarda età del Bronzo e la prima età del Ferro, in concomitanza con l'affievolirsi delle testimoninazatestimonianze delle più antiche presenze umane lungo la valle del Fiora, più lontane dalla costa, quasi a testimoniare l'affievolirsi delle esigenze difensive degli insediamenti umani, in questa parte dlldell'Etruria.<ref name="ebianchi">''Vulci. Storia della città e dei suoi rapporti con Greci e Romani'', Edoardo Bianchi, L'Erma di Bretschneider editore.</ref>
 
La presenza umana a partire delldall'età del Ferro, è testimoniata dai ritrovamenti delle tombe a pozzo e a fossa, tra le quali si citano i sepolcri dell'Osteria, del Mandrione di Cavalupo, di Ponte Rotto e della Poledra, che a causa della loro rispettiva posizione, vengono riferiti a quattro diversi nucli abitati originari, che in seguito si riuniranno nell'unico abitato di Vulci.<ref name="ebianchi" />
 
La ricchezza di risorse metalliche presente nelle [[Colline Metallifere]], come anche lungo la valle del Fiora,<ref name="ebianchi" /> favorì a partire dal IX secolo a.C. lo sviluppo di un artigianato locale, e di conseguenza anche degli scambi commerciali, come quelli con la [[Sardegna]]. La scoperta più importante che testimonia il contatto tra Etruschi e Sardi in questo periodo, è rappresentata dalla ''Tomba dei Bronzi Sardi'' avvenuta nel [[1958]] nella ''necropoli di Cavalupo'', datata tra il 850–800 a.C., e attribuita a una donna di alto rango di origine sarda. Tra i contenuti del sepolcro si evidenzia una magnifica statua in bronzo di un guerriero, ora esposta nel [[Museo nazionale etrusco di Villa Giulia]]; numerose fibule villanoviane sono state trovate anche in Sardegna, a testimonianza degli scambi commerciali.<ref>{{Cita web|url=http://www.canino.info/inserti/monografie/etruschi/vari/porti_vulci/|titolo=I porti antichi di Vulci|nome=Giacomo|cognome=Mazzuoli}}</ref> I commerci si dovettero sviluppare anche verso gli insediamenti greci in Italia, almeno fino a tutto il V secolo a.C., come dimostrato dai reperti qui ritrovati di origine [[Cuma|cumanacuma]]na.<ref name="ebianchi" />
 
Essa proseguì la sua affermazione anche nel campo della ceramica e della lavorazione della pietra fino al [[IV secolo a.C.]] Il suo contributo al commercio con i mercanti greci nell'importazione di ceramiche corinzie, ioniche e attiche fu molto importante; anche per queste ragioni si trovò più volte a guidare la Lega delle città etrusche contro Roma.<ref name="vulci">Roberto Bosi, ''Il libro degli etruschi'', 1983, p. 56.</ref>
 
Nel [[280 a.C.]] la città, e la sua alleata [[Volsinii]], furono sconfitte daldall'esercito romano guidato dal console [[Tiberio Coruncanio]], ricordato per essere stato il primo plebeo a essere eletto [[Pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]] a Roma, che per questo ottenne il [[trionfo]]. Come conseguenza di questa sconfitta, la città perse gran parte dei suoi territori che furono assegnati a [[Cosa (colonia romana)|Cosa]] e [[Forum Aurelii]],<ref name="romano">Vulci romana, Gabriele Romano 2010</ref> l'odierna [[Montalto di Castro]].<ref>'Archeologia urbana a Grosseto. Origine e sviluppo di una città medievale nella 'Toscana delle città deboli', Carlo Citter, Antonia Arnoldus-Huyzendveld, Editore All’Insegna del Giglio, 1 nov 2007</ref>
 
Da questo momento inizia il declino della città etrusca, che comunque nel I secolo a.C. ottiene lo status di [[Municipio (storia romana)|municipio romano]], e nel IV secolo è citata come [[diocesi|sede vescovile]]; sarà definitivamente abbandonata, a favore di Montalto di Castro e di [[Canino (Italia)|Canino]], già esistenti come centri agricoli, nell'VIII secolo.<ref name="romano" />
 
[[File:Area Archeologica di Vulci.png|thumb|Legenda
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== Area archeologica ==
=== Scavi ===
Il sito, oramai abbandonato, era stato già identificato all'inizio del XVI secolo da [[Annio da Viterbo]], figura molto controversa, ma fu definitivamente identificato su basi scientifiche da Turriozzi nel [[1778]]. Successivamente il sito fu interessato da una serie di scavi,: si ricordano quellequelli del 1783 e del 1787, condotti secondo i metodi dell'epoca, che siinfatti risolserocomportarono nellala spoliazione di numerosi reperti.<ref name= "treccani">[http://www.treccani.it/enciclopedia/l-italia-preromana-i-siti-etruschi-vulci_%28Il-Mondo-dell%27Archeologia%29/ L'Italia preromana. I siti etruschi: Vulci sul sito Treccani]</ref>
 
{{cn|Il 25 settembre 1825 [[Vincenzo Campanari]], noto archeologo di [[Tuscania]], chiese al Governo dello [[Stato Pontificio]] l’autorizzazionel'autorizzazione ufficiale per scavare a Vulci,. permessoOttenuto cheil ottenne nel 1828permesso, gli scavi einiziarono inel ritrovamenti1828 detteroe asi luiprotrassero grandefino notorietàal 1837, l’attivitàrecandogli digrande scavonotorietà.<ref>{{Cita finìweb|url=https://www.gentedituscia.it/campanari-vincenzo/|titolo=Campanari nelVincenzo|autore=|sito=Dizionario 1837,Storico laBiografico collezionedella diTuscia|data=2019-03-07|lingua=|accesso=2023-06-22}}</ref> oggettiI provenientireperti daglirinvenuti scavidal diCampanari Vulciin costituìparte ilconfluirono nucleo della raccolta delnel [[Museo Gregorianogregoriano Etruscoetrusco]]., Imentre repertialtri furono esposti a [[Londra]], conin una grande mostra (nota come ''esposizione di tombePall etruscheMall''), articolata in dodici stanze, famosae comecon l'esposizioneriproduzioni di Palltombe Mall,etrusche. ilAlcuni [[Britishdei Museum]]reperti acquistòdell'esposizione quasilondinese infurono bloccoacquistati idal reperti[[British espostiMuseum]].|}}
 
Per un'altra, gli scavi ufficiali del 1825, furono condotti da Feoli e dai fratelli Candelori.<ref name= "treccani" />
 
Il sito fu quindi oggetto di intense opere di scavo, finalizzateorganizzate da Alexandrine De Blenchamp, moglie di [[Luciano Bonaparte]], fratello di [[Napoleone]] e Principe di [[Canino]], il quale una volta saputo dei ritrovamenti nei terreni di sua proprietà finanziò personalmente gli scavi, finalizzati al reperimento e alla vendita di quanto ritrovato; nel [[1857]] fu scoperta la celebre Tomba François. Da allora si ebbero diverse campagne di scavo, condotte con criteri sempre più scientifici;, in specie dopo l'[[unità d'Italia]]: dal 1879 al 1889, nel 1895, dal 1915 al 1920, dal 1928 al 1929, nel 1957, nel 1960, dal 1961 al 1963,<ref name= "treccani" />, dal 1996 al 2001.<ref name="romano" />
 
=== Descrizione ===
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Oltre a queste testimonianze della grande importanza che ebbe Vulci in epoca etrusca, nell'area compresa nel Parco Naturalistico ed Archeologico sono presenti altri monumenti assai suggestivi fra cui il maestoso ponte del Diavolo ([[III sec. a.C.]]) che con i suoi oltre 20 metri di altezza domina il fiume Fiora di fronte al medievale [[castello dell'Abbadia]] ([[XIII secolo|XII sec.]]).
 
==== Area urbana ====
L'area urbana era cinta da ''opere murarie'', di cui sono visibili alcuni tratti. Lungo questa cinta di mura, si dovevano aprire almeno ''cinque porte'', tre delle quali (Porta Ovest, Nord ed Est) sono state scavate. Davanti alla porta ovest sono stati trovati i resti di un ''acquedotto''.<ref name="romano" />
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Poco fuori dalla porta Est, si trovava il ''sacello di Ercole'', che si ritiene dedicato al semidio per via dei bronzetti qui ritrovati.<ref name="romano" />
==== Necropoli di Ponte Rotto ====
La necropoli si trova al di fuori della porta Est, e deve il nome al ponte che in antichità metteva in comunicazione Vulci con la viabilità etrusca verso la costa tirrenica, e successivamente, in epoca romana, con la consolare [[via Aurelia]].
 
La necropoli è nota soprattutto per la [[Tomba François]], uno dei più importanti sepolcri etruschi ritrovati; altri sepolcri sono la ''Tomba dei due ingressi'', la ''Tomba dei Tori'' e la ''Tomba dei Sarcofagi''.<ref name="canino">[https://www.canino.info/inserti/monografie/etruschi/vulci/necr_ponterotto/ponte_rotto.htm La necropoli di Ponte Rotto su Canino.info]</ref>
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Il tumulo si trova poco a sud est rispetto alla Necropoli del Ponte Rotto, ed è il più grande tumulo dell'Etruria. Malamente scavato nel XIX secolo, fu intensamente indagato nel 1928 dal Ferraguti; di questi scavi restano una settantina di fotografie. Ad oggi si discute ancora sulla sua funzione.<ref name="canino" />
 
== CastelloIl museo e il castello di Vulci ==
{{vedi anche|Castello dell'Abbadia}}
Il [[Castello dell'Abbadia|castello di Vulci]] venne edificato a ridosso del ponte del Diavolo ardita costruzione realizzata dai romani su una analoga struttura risalente a epoca etrusca. In origine questo ponte rimasto in uso sino agli inizi degli anni '60 del secolo scorso, oltre a permettere di superare il fiume [[Fiora]], sorreggeva un acquedotto con il quale veniva condotta acqua alla città di Vulci. Il castello costruito nel corso del XII secolo dai monaci cistercensi a difesa del ponte, fu impostato sui resti di un'antica abbazia realizzata nel IX sec. e dedicata a san Mamiliano che era stata fortemente danneggiata dalle incursioni dei saraceni. Il maniero divenne dal XIII sec. un importante centro di assistenza e accoglienza per i pellegrini e ospitò anche i [[templari]].
 
Nel XVI sec. passò nelle proprietà di [[Alessandro Farnese]], il futuro [[papa Paolo III]], che vi operò alcuni interventi. Successivamente divenne una [[dogana]] dello [[Stato Pontificio]], in quanto situato ai confini con il [[Granducato di Toscana]].
Passò poi ai [[Bonaparte (famiglia)|Bonaparte]], nel [[1859]] ai [[Torlonia]] e infine fu acquistato dallo Stato Italiano.
 
== Il museo ==
{{Museo
| Nome = Museo archeologico nazionale di Vulci
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|Indirizzo = [[Castello dell'Abbadia]], Loc. Vulci
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Il [[Castello dell'Abbadia|castello di Vulci]] venne edificato a ridosso del ponte del Diavolo ardita costruzione realizzata dai romani su una analoga struttura risalente a epoca etrusca. In origine questo ponte rimasto in uso sino agli inizi degli anni '60 del secolo scorso, oltre a permettere di superare il fiume [[Fiora]], sorreggeva un acquedotto con il quale veniva condotta acqua alla città di Vulci. Il castello costruito nel corso del XII secolo dai monaci cistercensi a difesa del ponte, fu impostato sui resti di un'antica abbazia realizzata nel IX sec. e dedicata a san Mamiliano che era stata fortemente danneggiata dalle incursioni dei saraceni. Il maniero divenne dal XIII sec. un importante centro di assistenza e accoglienza per i pellegrini e ospitò anche i [[templari]].
 
Nel XVI sec. passò nelle proprietà di [[Alessandro Farnese]], il futuro [[papa Paolo III]], che vi operò alcuni interventi. Successivamente divenne una [[dogana]] dello [[Stato Pontificio]], in quanto situato ai confini con il [[Granducato di Toscana]].
Passò poi ai [[Bonaparte (famiglia)|Bonaparte]], nel [[1859]] ai [[Torlonia]] e infine fu acquistato dallo Stato Italiano.
 
Il [[Museo archeologico nazionale di Vulci]] si trova nel Castello dell'Abbadia. Al suo interno sono esposti oggetti provenienti dagli scavi delle Necropoli e dalle ricerche che nell'ultimo ventennio sono state condotte nell'area urbana della Città.
 
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== Bibliografia ==
* {{cita libro|autore=Anna Maria Moretti Sgubini|url=https://www.academia.edu/24529633/Vulci_in_Bibliografia_Topografica_della_Colonizzazione_greca_in_Italia_e_nelle_isole_tirreniche_XXI_2012|capitolo=Vulci|titolo=Bibliografia Topografica della Colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche|volume=XXI|anno=2012|pp=1082-1154}}
* {{cita libro|autore=Francesco Buranelli|titolo=Gli scavi a Vulci della Società Vincenzo Campanari-Governo Pontificio (1835-1837)|url=https://archive.org/details/gliscavivulcidel0000bura|editore=L'Erma di Bretschneider|anno=1991}}
 
==Voci correlate==