Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni
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|immagine = Giuseppe Garibaldi 1861.jpg
|didascalia = Garibaldi a [[Napoli]] nel 1861
|carica2 = [[Deputati dell'Assemblea costituente della Repubblica Romana
|collegio2 = [[Macerata]]
|mandatoinizio2 = 21 gennaio 1849
|mandatofine2 = 4 luglio 1849
|
|
|carica =
|collegio =
|mandatoinizio7 = 18 febbraio [[1861]]
|mandatofine7 = 2 novembre [[1870]]
|legislatura4 = {{NumLegRegno|D|VIII|IX|X|XII|XIII|XIV}}▼
|mandatoinizio8 = 23 novembre [[1874]]
|mandatofine8 = 2 giugno [[1882]]
|gruppo parlamentare =
|coalizione =
|circoscrizione =
|
|carica3 = [[Camera dei deputati (Regno di Sardegna)|Deputato del Regno di Sardegna]]
|mandatofine3 = 17 dicembre 1860
|legislatura3 = {{NumLegRegno|D|I|VI|VII}}
|collegio3 = [[Collegio elettorale di Cicagna|Cicagna]] <small>(I Leg.supplente)</small><br />[[Collegio elettorale di Stradella (Regno di Sardegna)|Stradella]] <small>(VI Leg.supplente)</small><br />[[Collegio elettorale di Nizza Marittima I|Nizza Marittima I]] <small>(VII Legislatura)</small><br />[[Collegio elettorale di Corniglio|Corniglio]] <small>(VII Leg.supplente)</small>
|carica5 = [[Dittatura di Garibaldi|Dittatore della Sicilia]]
|mandatoinizio5 = 14 maggio 1860
|mandatofine5 = 2 dicembre 1860
|predecessore5 = ''carica creata''<br/>([[Francesco II delle Due Sicilie|Francesco II]] come ''[[Re delle Due Sicilie]]'')
|successore5 = ''carica abolita''<br/>([[Massimo Cordero di Montezemolo]] come ''Luogotenente Generale delle Province Siciliane'')
|carica6 = [[Terza Repubblica
|circoscrizione6 = [[Parigi]]
|mandatoinizio6 = 6 febbraio 1871
|mandatofine6 = 18 febbraio 1871
|partito = [[Giovine Italia]] (1831-1848)<br/>[[Partito d'Azione (1853-1867)|Partito d'Azione]] (1853-1867)<br />[[Sinistra storica]] (1867-1877)<br />[[Estrema sinistra storica]] (1877-1882)
|professione = [[
▲|professione = [[Militare|Militare di carriera]]<ref>«...Garibaldi si è scritto di proprio pugno di professione Agricoltore, nella scheda della Camera dei Deputati» (in ''La Civiltà cattolica'', Volume 5; Volume 9, 1875 p.602)</ref>
|sito3 = {{Deputati Regno}}
}}
{{militare
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|Immagine = Giuseppe Garibaldi (1866).jpg
|Didascalia = Garibaldi nel 1866
|Soprannome = ''
|Data_di_nascita = 4 luglio
|Nato_a = [[Nizza]]
|Data_di_morte = {{Calcola età3|1882|6|2|1807|7|4}}
|Morto_a = [[Caprera]]
|Luogo_di_sepoltura = Cimitero nel ''[[Compendio Garibaldino]]'', [[Caprera]]
|Nazione_servita = [[File:Flag of Piratini Republic.svg|20px]] [[Repubblica Riograndense]]<br/>[[File:Flag of Uruguay (Rivera).svg|21px|border]] [[Uruguay]]<br/>{{simbolo|Flag of the Roman Republic (19th century).svg|22}} [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana]]<br />{{bandiera|SAR 1816-1848|dim=21}} [[Regno di Sardegna]]<br />{{simbolo|Flag of Italy (1861–1946).svg|21|border}} [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]<br />{{simbolo|Flag of France.svg|21|border}} [[Terza repubblica francese]]
|Forza_armata = [[File:Flag of Piratini Republic.svg|20px]] Esercito riograndense<br>[[File:Bandieracalabrese.png|20px]] [[Legione italiana (Garibaldi)|Legione Italiana]]<br>{{simbolo|Military flag of the Roman Republic (19th century).svg}}
|Grado = [[Generale]]
|Anni_di_servizio =
|Religione = [[Deismo]]<ref name="Bonanni2008">«Come è noto Garibaldi maturò un forte anticlericalismo, per quanto non fosse ateo, ma anzi profondamente religioso e, una volta iniziato alla massoneria, "appassionatamente credente nel suo Ente deistico"» in ''Garibaldi: cultura e ideali'' Atti del LXIII congresso di storia del Risorgimento italiano (a cura di Stefania Bonanni). Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2008, p.511</ref><ref>Citato in ''Revue de deux mondes'' dal 15 marzo al 1º maggio 1861; citato in [[Maxime Du Camp]], ''La spedizione delle due Sicilie'', Cappelli, Bologna, 1963 (ed. originale Bourdilliat, Parigi, 1861), pp. 374-375.</ref><ref>«L’ateismo, lo spiritismo, il deismo, un vago cristianesimo liberale» (in [[Massimo Introvigne]], ''Risorgimento e massoneria: camicie rosse & grembiulini'', ''Avvenire'', 29 ottobre 2010)</ref>
|Guerre = [[Guerra dei Farrapos]]<br />[[Guerra civile uruguaiana]]<br />[[Guerre d'indipendenza italiane]]<br />[[Spedizione dei Mille]]<br />[[Campagna dell'Agro romano per la liberazione di Roma]]<br>[[Guerra franco-prussiana]]
|Battaglie = [[Battaglia di San Antonio]]<br/>[[Battaglia di Luino]]<br/>[[Battaglia di Palestrina]]<br/>[[Assedio di Roma (1849)|Assedio di Roma]]<br/> [[Battaglia di Calatafimi]]<br/>[[Battaglia di Milazzo (1860)|Battaglia di Milazzo]]<br>[[Sbarco a Melito]]<br>[[Battaglia di Piazza Duomo]]<br/>[[Battaglia del Volturno]]<br/>[[Battaglia di Bezzecca]]<br/>[[Battaglia di Mentana]]<br/>[[Battaglia di Digione]]
|Comandante_di = [[Legione italiana (Garibaldi)|Legione Italiana]]<br/>[[Cacciatori delle Alpi]]<br/>[[I Mille]]<br/>[[Corpo Volontari Italiani]]<br/>Legione Internazionale<br/>Esercito dei Vosgi
|Frase_celebre = «''Qui si fa l'Italia o si muore''» <br />«''Obbedisco!''» <br />«"O Roma o Morte!"»
|Ref = J. W. Mario ''Vita di Garibaldi''
}}
{{Bio
|Nome = Giuseppe Maria<ref>Il nome trascritto nel 1807 sul certificato di battesimo era registrato in francese come ''Joseph-Marie Garibaldi'' (
|Cognome = Garibaldi
|Sesso = M
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|AnnoNascita = 1807
|LuogoMorte = Caprera
|GiornoMeseMorte = 2 giugno
|AnnoMorte = 1882
|Epoca = 1800
|Attività = generale
|Attività2 =
|Attività3 =
|AttivitàAltre =
|Nazionalità = italiano
}} Figura
Considerato dalla [[storiografia]] e nella [[cultura di massa]] del [[XX secolo]] il principale [[eroe nazionale]] italiano,<ref>{{cita libro|autore=AA.VV.|titolo=La fabrique des héros|editore=Maison des Sciences de l'Homme|anno=1999|isbn=2-7351-0819-8|p=11}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.150anni.it/webi/index.php?s=20&wid=22#sott151|titolo=La scuola per i 150 anni dell'Unità I protagonisti:
== Biografia ==
=== Giovinezza ===
[[File:Loano-Maria Rosa Nicoletta Raimondi.jpg|thumb|left|Targa presso la casa natale di Maria Rosa Nicoletta Raimondi, madre di Garibaldi, a [[Loano]]]]
Giuseppe Garibaldi nacque a [[Nizza]] da una famiglia di origini [[Liguria|liguri]] il 4 luglio 1807, nell'attuale Quai Papacino, in un periodo in cui la [[contea di Nizza]], appartenente al [[Regno di Sardegna (1720-1861)|regno di Sardegna]], era sotto occupazione [[Francia|francese]] in seguito alla [[battaglia di Marengo]] che aveva costretto il Re sabaudo [[Carlo Emanuele IV di Savoia|Carlo Emanuele IV]] a rifugiarsi a [[Cagliari]].<ref>Nizza annessa alla Francia durante l'epopea [[Napoleone Bonaparte|napoleonica]] tornò ai [[Casa Savoia|Savoia]] nel 1814. Nel 1860 fu definitivamente annessa alla Francia in seguito alla firma degli [[Accordi di Plombières]] (1858) e del [[Trattato di Torino (1860)]], come compenso territoriale, assieme alla [[Savoia (regione storica)|Savoia]], per l'aiuto militare dato dalla [[Francia]] alla [[Risorgimento|unificazione italiana]].</ref> A Nizza fu battezzato il 19 luglio 1807 nella [[chiesa dei Santi Martino e Agostino]], situata nel quartiere attuale della Vecchia Nizza, e registrato come Joseph Marie Garibaldi, cittadino francese<ref>{{Cita |Carcassi|p. 11}}.</ref><ref>{{Cita|Possieri|p. 53}}.</ref><ref>Estratto del registro dei battesimi della
Giuseppe era il terzogenito di sei figli: Angelo (1804-1853), il fratello maggiore, divenne console negli Stati Uniti d'America; Michele (1810-1866) fu capitano di marina; Felice (1813-1855) fu rappresentante di una compagnia di navigazione e produttore di olio d’oliva pugliese; Maria Elisabetta (1798-1799)<ref>
[[File:The house in which Garibaldi born in Nice.jpg|thumb|left|Immagine della casa di Nizza dove nacque Garibaldi]]
Nel 1814, la casa dei Garibaldi fu demolita per ampliare il porto e la famiglia traslocò. Nizza fu restituita al Regno di Sardegna per decisione del [[Congresso di Vienna]] e restò sotto il governo dei Savoia fino al 1860. I genitori avrebbero voluto avviarlo alla carriera di avvocato, medico o sacerdote, ma Giuseppe non amava gli studi, prediligendo gli esercizi fisici e la vita di mare. Egli stesso ebbe a dire che era più amico del divertimento che dello studio<ref>«Essendo io più disposto a giuocare ed a vagabondare che a lavorare», si veda {{Cita|Dumas|p. 15}}.</ref>. Vedendosi ostacolato dal padre nella sua vocazione marinara, durante le vacanze tentò di fuggire per mare verso [[Genova]] con tre suoi compagni: Cesare Parodi, Celestino Bernord e Raffaello de Andrè.<ref>{{Cita|Dumas|p. 5}}.</ref> Scoperto da un sacerdote che avvisò la famiglia della fuga<ref>{{Cita|Possieri|p. 48}}.</ref>, fu fermato appena giunto alle alture di Monaco e ricondotto a casa; è forse da ricondursi a questo episodio l'inizio della sua antipatia verso il clero<ref>{{Cita|Dumas|p. 15}}.</ref>.
Tuttavia, si appassionò alle materie insegnategli dai suoi primi precettori, padre Giaume e il "signor Arena". Quest'ultimo, reduce delle campagne napoleoniche, gli impartì lezioni d'[[Lingua italiana|italiano]] e di [[storia antica]] (rimase affascinato soprattutto dalla [[Roma antica]]). Alla fine riuscì a persuadere il padre a lasciargli intraprendere la vita di mare e venne iscritto nel registro dei mozzi a Genova il 12 novembre 1821.<ref>{{cita libro|Antonella |Grignola|Paolo Ceccoli|Garibaldi, p. 10|2004|Giunti||isbn=978-88-440-2848-0}}</ref> Dall'iscrizione in quel registro, si rileva che l'altezza del quattordicenne Garibaldi era di 39 once e 3/4<ref>Romano Ugolini, ''Garibaldi: genesi di un mito'', Istituto per la storia del Risorgimento italiano. Comitato di Roma, Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1982</ref>, pari a circa 170 cm<ref>Tavole di ragguaglio dei pesi e delle misure già in uso nelle varie province del Regno con il sistema metrico decimale. Approvate con decreto 20 maggio 1877, n. 3846, Roma, Stamperia Reale, 1877</ref>, considerevole in rapporto all'età e all'altezza media dell'epoca.
Anche se la datazione del primo imbarco è incerta,<ref>Si ipotizzano precedenti imbarchi come passeggero. {{Cita|Possieri|pp. 57-58 e 75}}.</ref> risulta che il 13 gennaio 1824<ref name="sciro7">{{Cita|Scirocco|p. 7}}.</ref> si imbarcò sedicenne sulla ''Costanza'', comandata da Angelo Pesante di [[Sanremo]], che Garibaldi avrebbe in seguito descritto come ''il migliore capitano di mare''.<ref>«il migliore capitano che io abbia conosciuto» In {{cita libro|Albano|Comeli|Comitato pro Casa di Garibaldi in Montevideo|Giuseppe Garibaldi nell'Uruguay: e la sua casa, in Montevideo, Museo Garibaldino d'America . Note storiche e cronaca, p. 14|1951|Comitato pro Casa di Garibaldi in Montevideo|}}</ref> Nel suo primo viaggio, su un [[brigantino]] con bandiera russa,<ref name="smith7"/> si spinse fino a [[Odessa]] nel [[mar Nero]] e a [[Taganrog]] nel [[mar d'Azov]] (entrambe ex colonie [[Repubblica di Genova|genovesi]]). Vi si
L'11 novembre, partì per un breve viaggio come mozzo di rinforzo sulla ''Santa Reparata'', costeggiando la Francia in un equipaggio di cinque uomini.<ref name="sciro7"/> Con il padre, tra aprile e maggio del 1825, partì alla volta di [[Roma]] con tappe a [[Livorno]], [[Porto Azzurro|Porto Longone]] e [[Fiumicino]] con un carico di [[vino]],<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 63}}.</ref> per l'approvvigionamento dei pellegrini venuti per il [[Giubileo universale della Chiesa
=== Navigazione ===
[[File:Garibaldi som ung.jpg|thumb|left|Giuseppe Garibaldi da giovane]]
Iniziarono i numerosi viaggi marittimi di Garibaldi; fra quelli che rimasero più impressi al condottiero vi fu quello sul brigantino ''Enea'', al cui comando vi era il capitano [[Giuseppe Gervino]], durante il quale
Il viaggio comunque continuò e nell'agosto del 1828 Garibaldi sbarcò dalla ''Cortese'' a [[Costantinopoli]], dove, ammalato, rimase per circa tre anni: in quel periodo per sostenersi economicamente fece l'istitutore,<ref name="smith8">{{Cita|Smith|p. 8}}.</ref> insegnando [[Lingua italiana|italiano]], [[Lingua francese|francese]] e [[matematica]]. Fra i motivi che lo fecero indugiare vi fu la [[Guerra russo-turca (1828-1829)|guerra turco-russa]], che chiuse le vie commerciali marittime; nel frattempo si integrò nella comunità italiana, grazie anche alla presenza di una sua concittadina, la signora Luisa Sauvaigo.<ref>{{Cita|Dumas|p. 20}}.</ref> Garibaldi probabilmente frequentò la casa di Calosso – comandante della cavalleria del [[Sultano]] con il nome di Rustem Bey – e l'ambiente dei genovesi, che storicamente erano insediati nei quartieri di [[Galata (Istanbul)|Galata]] e [[Beyoğlu|Pera]]. Ritornò a Nizza nella primavera del 1831.<ref name="sciro8" /> Appena giunto in città ripartì subito, imbarcandosi sulla ''Nostra Signora delle Grazie'' comandata dal capitano [[Antonio Casabona]], prima come secondo: poi l'anziano capitano gli cedette il comando.<ref>{{cita libro|Giuseppe |Guerzoni |Garibaldi, pag 11|2010|BiblioLife||isbn = 978-1-149-38210-3}}</ref> Il 20 febbraio 1832<ref>{{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 10|1982|Mursia|}}</ref> gli fu rilasciata la patente di capitano di mare di seconda classe.
Nello stesso mese si reimbarcò con la ''Clorinda'' per il mar Nero; si contavano venti uomini a bordo e la paga di Giuseppe fu di 50 lire piemontesi al mese<ref>{{Cita|Scirocco|p. 9}}.</ref> mentre 100 toccarono al comandante, [[Simone Clary]].
Dopo 13 mesi di navigazione ritornò a Nizza, ma già nel marzo 1833 ripartì per Costantinopoli. All'equipaggio si aggiunsero tredici passeggeri francesi seguaci di [[Henri de Saint-Simon]], imbarcati di notte e controllati dalla polizia affinché andassero in esilio nella capitale [[Impero ottomano|ottomana]]. Il loro capo era [[Emile Barrault]], professore di [[retorica]] che espose le idee [[Sansimonismo|sansimoniane]] a un attento Garibaldi.<ref>La prima infarinatura politica ricevuta dal condottiero, si veda: {{Cita|Possieri|p. 60}}.</ref> Garibaldi, allora ventiseienne, fu molto influenzato dalle sue parole, ma Annita Garibaldi ipotizza che probabilmente quelle idee non gli giungessero del tutto nuove, essendogli note fin da quando aveva soggiornato nell'[[Impero ottomano]], luogo prescelto da tanti profughi politici dell'Europa e percorso esso stesso da fremiti di autonomia e di libertà.<ref>Alcune sue province, come l'Egitto, s'erano di fatto già rese autonome fin dal 1805, con [[Mehmet Ali]], mentre altre, come la Grecia, ambivano alla più totale indipendenza.</ref> Tutto ciò contribuì a convincerlo che il mondo era percorso da un grande bisogno di libertà. Lo colpì in particolare Emile Barrault quando affermò: {{Citazione|Un uomo, che, facendosi cosmopolita, adotta l'umanità come patria e va ad offrire la spada ed il sangue a ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato: è un eroe|[[Emile Barrault]], frase riportata da Garibaldi ad Alexandre Dumas in ''Memorie di Giuseppe Garibaldi''}}
Il bastimento sbarcò i francesi a Costantinopoli e procedette per [[Taganrog]], importante porto russo sul [[Mar d'Azov]]. Qui in una locanda, incontrò un uomo detto il ''Credente'',<ref>Non è però del tutto escluso che tale definizione potesse avere a che fare anche con gli ideali della Massoneria che, del resto, Garibaldi abbracciò più tardi con forte convinzione.</ref> che espose a Garibaldi le idee [[Mazzinianesimo|mazziniane]].<ref>Si pensa che il ''Credente'' fosse il giornalista e scrittore [[Giovanni Battista Cuneo]], ma difficilmente poteva esserlo in quanto all'epoca era inquisito e non poteva percorrere certe rotte liberamente, l'incontro fra i due in ogni caso è documentato in seguito al tempo in cui Garibaldi si trovava in America, si veda fra gli altri: {{Cita|Scirocco|p. 20}}.</ref> Le tesi di [[Giuseppe Mazzini]] sembrarono a Garibaldi la diretta conseguenza delle idee di Barrault ed egli vide nella lotta per l'Unità d'Italia il momento iniziale della redenzione di tutti i popoli oppressi. Quel viaggio cambiò la vita di Garibaldi; nelle sue ''Memorie'' scrisse: «Certo non provò [[Cristoforo Colombo|Colombo]] tanta soddisfazione nella [[scoperta dell'America]], come ne provai io al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria».<ref>Riportato in {{Cita|Scirocco|p. 18}}.</ref>
=== Vita da ricercato ===
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[[File:Genova-statua Giuseppe Garibaldi.JPG|thumb|Garibaldi è ricordato a [[Genova]] con una statua equestre situata a [[Piazza De Ferrari]]]]
Il 16 dicembre, si presentò a Genova e il 26 si imbarcò sull{{'}}''Euridice'' dove rimase per 38 giorni.<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 89}}.</ref> La divisa sarda nell'occasione era composta da un frac nero, una tuba, e un paio di pantaloni bianchi.<ref>{{Cita|Possieri|p. 68}}.</ref> Come marinaio piemontese Garibaldi assunse il nome di battaglia ''Cleombroto'',<ref>Da Matricola del 183S, vol. I, pag. 392</ref> un re [[sparta]]no che combatté contro [[Tebe (città greca antica)|Tebe]] nella [[Battaglia di Leuttra]]. Non era ancora iscritto alla [[Giovine Italia]].<ref>Prova è il suo nome da rivoluzionario, ''Borel'', in quanto si trattava di uno dei partecipanti alla spedizione di Savoia, dipinto come un martire, uno dei patrioti fucilati dall'esercito piemontese dopo la fallita [[invasione della Savoia del 3 febbraio 1834]]. Si veda {{Cita|Scirocco|p. 22}}.</ref> In quel periodo tentò, con [[Edoardo Mutru]] arruolatosi anch'esso, e [[Marco Pe]] di fare [[propaganda]] alla causa cercando a bordo e a terra di fare proseliti.
Frequentò l'osteria della Colomba, la cui proprietaria Caterina Boscovich, insieme alla cameriera Teresina Cassamiglia, gli saranno d'aiuto in seguito. Fece sfoggio della sua attività, offrendo da bere a sconosciuti con l'intento di arruolare nella causa nuovi elementi,<ref>Alcune delle persone che cerca di arruolare sono militari che riferiscono il tutto ai superiori. Si veda {{Cita|Scirocco|pp. 22-23}}.</ref> e fu visto in pubblico, al caffè di Londra, usare parole dispregiative verso il Re. Per tale comportamento venne sorvegliato dalla polizia. Il 3 febbraio 1834 fu poi imbarcato, insieme a Mutru, sulla Conte De Geneys, che stava per partire per il [[Brasile]].<ref>I biografi ipotizzano in questa decisione il voler isolare i due uomini, ma valida è anche l'ipotesi più semplice, di una richiesta di uomini con esperienza in vista di un viaggio impegnativo: si veda {{Cita|Scirocco|p. 23}}.</ref> Vi restò solo un giorno in quanto il 4 febbraio,<ref name="pos69">{{Cita|Possieri|p. 69}}.</ref> fingendosi malato, scese a terra, dopo aver dormito all'Insegna della Marina con Mutru.
Nel frattempo si era stabilito che l'11 febbraio 1834 ci sarebbe stata un'insurrezione popolare in [[Piemonte]]. Garibaldi scese a terra per mettersi in contatto con i mazziniani; ma il fallimento della [[Invasione della Savoia del 3 febbraio 1834|rivolta in Savoia]] e l'allerta di esercito e polizia fecero fallire tutto. Garibaldi credeva che l'insurrezione si sarebbe comunque avviata; non tornò sulla nave per parteciparvi, venendo siglato il termine A.S.L. (Assentatosi Senza Licenza) sulla sua matricola,<ref name="pos69"/> e divenendo in pratica un [[Diserzione|disertore]]; tale [[latitanza]] venne considerata come ammissione di colpa. Attese un'ora in piazza prima di andarsene,<ref>{{Cita|Dumas|p. 28}}.</ref> trovando riparo prima a casa della fruttivendola<ref>{{Cita|Dumas|p. 29}}.</ref> Natalina Pozzo e successivamente all'osteria e alla casa della padrona, Caterina Boscovich. Intanto vengono arrestati il quasi omonimo Giuseppe Garibaldi (l'8 febbraio) e poi lo stesso Mutru, il 13 febbraio. Prima di allora, il 9<ref>{{cita libro|Mino | Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 20|1982 |Mursia|}}</ref> o l'11,<ref>Le fonti non trovano accordo sulla data, si veda anche {{Cita|Scirocco|p. 24}}.</ref> lascia Genova.
Più volte nel corso della fuga sfuggì a eventuali catture, dopo aver superato il [[Varo (fiume)|fiume Varo]]: la prima quando al confine venne condotto momentaneamente a [[Draguignan]],<ref>Prima venne portato a [[Grasse]] e poi condotto a Draguignan in attesa di ordini da Parigi Garibaldi fuggì nell'attesa da una finestra, si veda {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni |Garibaldi, pag 22|2010|BiblioLife||isbn = 978-1-149-38210-3}}</ref> poi in un'osteria dove cantò per sfuggire agli sguardi dell'oste che minacciò di farlo arrestare.<ref>Cantò [[il Dio della gente onesta]] di [[Pierre-Jean de Béranger]] (1780-1857), si veda {{Cita|Dumas|pp. 31-32}}.</ref> Giunse infine a Marsiglia. Intanto venne indicato come uno dei capi della cospirazione, fu condannato ''alla pena di morte ignominiosa'' in [[contumacia]] in quanto nemico della Patria e dello Stato.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 25}}.</ref> Garibaldi divenne così un [[ricercato]] e in quel tempo visse per un breve periodo dal suo amico [[Giuseppe Pares]].<ref>{{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 22|1982 |Mursia|}}</ref> Continuò sotto falso nome, assunta l'identità dell'inglese ''Joseph Pane'', a viaggiare: il 25 luglio salpò verso il mar Nero sul brigantino francese ''Union'' raccontando di essere un ventisettenne nato a [[Napoli]].<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 23|1982|Mursia|}}</ref>
Doveva svolgere l'attività di marinaio ma in realtà diventò secondo.<ref>Il motivo per cui ufficialmente non poteva farsi assumere come secondo era la documentazione necessaria che non poteva esibire, si veda {{Cita|Scirocco|p. 26}}.</ref> Sbarcò il 2 marzo 1835, e in maggio fu in [[Tunisia]]. Quando tornò a Marsiglia trovò la città devastata da una grave [[epidemia]] di [[colera]]; offertosi come [[Volontariato|volontario]], lavorò in un ospedale,<ref>{{Cita|Smith|p. 13}}.</ref> in qualità di ''benevolo'', e ci rimase per quindici giorni.<ref>{{Cita|Dumas|p. 34}}.</ref> In quel periodo conobbe [[Antonio Ghiglione]]<ref>Si ipotizza che fu lui a iniziarlo alla ''[[Giovine Europa]]''; esiste la testimonianza di [[Agostino Ruffini]] della presenza di Ghiglione in un porto di mare francese, probabilmente Marsiglia, intorno al 7 giugno, mentre in una successiva lettera di Garibaldi, scritta in Brasile, indirizzata a Mazzini afferma di conoscere Ghiglione, si veda {{Cita|Scirocco|p. 27}}.</ref> e [[Luigi Canessa]]. Poiché le rotte erano chiuse in parte per via del colera, Garibaldi decise di partire alla volta del [[America meridionale|Sud America]] con l'intenzione di propagandare gli ideali mazziniani. L'8 settembre 1835 partì da Marsiglia sul [[brigantino]] ''Nautonnier'', nave comandata da Beauregard,<ref>{{cita libro|Luigi |Palomba |Vita di Giuseppe Garibaldi, pag 12|1882|E. Perino|}}</ref> assumendo la falsa identità di Giuseppe Pane e affermando di essere nato a [[Livorno]]; data la sua paga di 85 franchi, si presuppone che non svolse in mare gli incarichi di marinaio la cui paga era inferiore.
=== Esilio in
[[File:Poncho e camicia rossa di Garibaldi - Museo del Risorgimento di Milano.JPG|thumb|[[Poncho|Poncio]] e camicia rossa di Garibaldi ([[Museo del Risorgimento (Milano)|Museo del Risorgimento di Milano]]).]]
Giunto a [[Rio de Janeiro]] alla fine del 1835 o nel gennaio del 1836, venne accolto dalla piccola comunità di italiani aderenti alla [[Giovine Italia]], avvisati da Canessa poco prima; avviò quindi un piccolo commercio di paste alimentari nei porti vicini. La sua prima lettera venne spedita il 25 gennaio 1836.<ref>{{cita libro|autore = Giuseppe
Scrisse direttamente a Mazzini il 27 gennaio, in una lettera mai giunta a destinazione, chiedendo che rilasciasse «[[Lettera di marca|lettere di marca]]», un'autorizzazione ad avviare una guerra corsara contro i nemici austriaci e piemontesi, una richiesta impossibile da esaudire,<ref>Si trattava di una richiesta impossibile in quanto potevano rilasciarla solo gli Stati di diritto, si veda anche {{cita libro|autore = Mino
==== Nella Repubblica del Rio Grande del Sud ====
{{vedi anche|Repubblica Riograndense|guerra dei Farrapos}}
Nel febbraio del 1837, parlò con [[Livio Zambeccari]], detenuto nella prigione Santa Cruz in quanto segretario di [[Bento Gonçalves da Silva|Bento Gonçalves]],<ref>Anche lui al momento si trovava in prigione, nella fortezza do Mar a Bahia, i due poi usciranno entrambi di prigione. Si veda {{Cita|Dumas|pp. 38-39}}.</ref> presidente della [[Repubblica Riograndense]], stato secessionista del Brasile. Sarà l'inizio di una collaborazione ufficiale. Il 4 maggio 1837, ottenne una ''[[Lettera di corsa]]'', la numero sei (avevano rilasciato un totale di 12 patenti), documento firmato dal generale João Manoel de Lima e Silva apparentemente firmata il 14 novembre 1836.<ref>Appare più probabile che sia stata firmata all'inizio del 1837, quando ferito si trovava a Montevideo per ristabilirsi, si veda {{Cita|Scirocco|p. 45}}.</ref> Nell'atto si leggeva la lista dei 14 uomini autorizzati a utilizzare la lancia "Mazzini" di 20 tonnellate, il capitano designato era João Gavazzon (o Gavarron), mentre Garibaldi figurava come il primo tenente. A João risultava intestata anche un'altra nave, la "Farropilha", di 130 tonnellate,<ref>Alcuni biografi assegnano erroneamente la nave all'eroe, si veda {{cita libro|Salvatore|Candido|Giuseppe Garibaldi, vol. 1, 1834-1848, pag 62|1964|Istituto per la storia del Risorgimento italiano|}}</ref> ottenuta dal governo della Repubblica Riograndense (ora [[Rio Grande do Sul]]), ribelle all'autorità dell'[[Impero del Brasile]] guidato da [[Pietro II del Brasile|Pedro II]].
La nave comprata tempo prima grazie ai soldi di [[Giacomo Cris]] (vero nome di Giacomo Picasso<ref>A quei tempi sosterrà economicamente più volte Garibaldi. Si veda {{Cita|Sacerdote|pp. 116-117}}.</ref> con il quale si fece conoscere), era stata battezzata ''Mazzini'', e con i soldi fruttati da una colletta, 800 lire<ref>{{Cita|Scirocco|p. 46}}.</ref> verranno effettuate delle migliorie. Salperanno il 7 maggio, a bordo si contavano 12-13 uomini in tutto,<ref>l'elenco varia a seconda dei resoconti, Le memorie ad esempio riportano 16 uomini, si veda {{Cita|Dumas|p. 40}}.</ref> fra cui il nostromo Luigi Carniglia, il timoniere Giacomo Fiorentino, João Baptista e Miguel un brasiliano che doveva pensare alle armi. Sul giornale [[Jornal do comercio]] si dava come destinazione del viaggio Campos e come comandante Cipriano Alves (altro nome assunto da Garibaldi)<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 33|1982|Mursia|}}</ref> La prima preda fu una lancia da cui prese lo schiavo nero Antonio, che affrancò rendendolo libero. L'11 maggio i corsari avvistarono un [[semalo]] di centoventi [[Tonnellata|tonnellate]] chiamato "Luisa" e lo abbordarono.
[[File:Garibaldi and his men carrying boats from Los Patos lagoon to Tramandahy lake during the Rio Grande do Sul War..jpg|thumb|Garibaldi e i suoi uomini portano le barche dalla laguna Los Patos al lago Tramandahy durante la guerra del Rio Grande do Sul.]]
Garibaldi rifiutò ogni bene che il capitano gli aveva offerto e non volle che i beni personali venissero toccati. Si continuò sulla nuova nave più grande che fu ribattezzata "Farropilha" ("Canaglia"), mentre quella vecchia venne fatta affondare. I prigionieri vennero fatti scendere in seguito, sull'unica lancia che avevano a disposizione,<ref>Testimonianza di Luigi Calia, uno dei marinai maltesi a bordo, si veda {{cita libro|Aroldo|Benini|Pier Carlo Masini|Garibaldi cento anni dopo: atti del Convegno di studi garibaldini : Bergamo, 5-7 marzo 1982, pag 44|1983|F. Le Monnier||isbn = 978-88-420-8408-2}}</ref> con loro il brasiliano che non si era reso conto del pericolo. Successivamente non si hanno notizie di altri abbordaggi e Garibaldi giunse a [[Maldonado]] il 28 maggio. Intanto le sue gesta si diffusero ma non portando dati corretti: a sentire il ministero della guerra e marina a [[Montevideo]] avrebbe liberato 100 schiavi neri.<ref name="sciro49">{{Cita|Scirocco|p. 49}}.</ref> Garibaldi lasciò nella notte del 5-6 giugno<ref name="sciro49" /> la città, perché avvertito del pericolo della [[Imperial Pedro]], che era alla ricerca dei corsari per arrestarli.<ref>A causa dei venti contrari la nave ritardò l'arrivo salvando Garibaldi, si veda {{cita libro|Salvatore|Candido|Alberto M. Ghisalberti|Giuseppe Garibaldi: corsário Rio-Grandense : (1837-1838), pag 49|1992|EDIPUCRS|isbn=978-85-7063-113-8}}</ref>
Partiti nuovamente, non si accorsero del malfunzionamento della bussola che li portò conseguentemente fuori rotta verso gli scogli all'altezza della punta de Jesús y María.<ref>Per un ordine dato in precedenza dallo stesso Garibaldi si erano ammassate tutte le armi vicino alla bussola alterandone il funzionamento, solo dopo l'eroe comprese l'accaduto. Si veda {{Cita|Dumas|pp. 45-47}}.</ref> Ottenuti con difficoltà dei viveri, il viaggio riprese; dovendo in qualche modo ovviare alla mancanza di una lancia, comprata poi in seguito, utilizzarono in sostituzione la tavola su cui si mangiava, barili vuoti e vestiti a far da vela.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 50}}.</ref> Il 15 giugno affrontarono un lancione, il ''Maria'', salpato con l'intento di catturare il corsaro.<ref>L'imbarcazione era uruguayana, infatti gli stati di Uruguay e Brasile si erano accordati in precedenza contro i rivoluzionari del Rio Grande, si veda {{Cita|Dumas|p. 55}}.</ref> Nel combattimento il timoniere incontrò la morte e Garibaldi, sostituitolo, venne ferito quasi mortalmente,<ref>{{Cita|Smith|p. 17}}.</ref> perdendo i sensi. La battaglia la continuarono i rimanenti italiani, comandati da Carniglia, fino alla fuga. Altri marinai abbandonarono la nave, mentre l'eroe, ricevute le cure, si riprese.<ref>Ricorda con quanta premura Luigi Carniglia lo assistette per 19 giorni, il proiettile aveva trapassato il collo, vertebre cervicali e faringe solo tempo dopo tornerà a inghiottire - {{Cita|Dumas|p. 59}}, il proiettile era entrato dall'orecchio sinistro fermandosi a quello destro, venne poi estratto dal medico inviato dal governatore Ramon de L'Arca, si veda anche {{Cita|Scirocco|p. 52}}. Per via di questa ferita si era avanzata l'ipotesi che il generale fosse privo dell'orecchio sinistro, tagliato in
Garibaldi scrisse al generale [[Pascual Echagüe]] chiedendo aiuto e ottenendolo in parte: la nave partì per [[Buenos Aires]] giungendovi il 20 ottobre e venne restituita al proprietario, mentre i corsari rimasti non potevano lasciare [[Gualeguay]] ([[Argentina]]), in quanto prigionieri del governatore [[Juan Manuel de Rosas]].<ref name="Possi90">{{Cita|Possieri|p. 90}}.</ref> Nel frattempo imparò lo spagnolo. Tentata la fuga, fu catturato e torturato da [[Leonardo Millán]],<ref name="Possi90" /> e rimase due mesi nel carcere di Bajada, dopo i quali fu rilasciato (febbraio 1838), per mancanza di prove. Raggiunti a [[Paraná Guazú]] i suoi amici Rossetti e Cuneo, seppe dell'arresto di João Gavazzon e di Giacomo Picasso. Nel maggio 1838 giunse a cavallo a [[Piratini]],<ref>Si ritrova nei testi scritto anche Piratinin o Pitanim, nel viaggio si utilizzò la tecnica di escotero, ovvero: si galoppa in poche persone portando molti cavalli, si facevano riposare i cavalli stanchi e si usavano subito quelli freschi, si veda per la data e dettagli: {{Cita|Dumas|p. 66}}.</ref> compiendo un viaggio di {{M|480|u=km}}. Qui conobbe di persona [[Bento Gonçalves da Silva|Bento Gonçalves]], rimanendone affascinato.
Si organizzò un cantiere navale lungo il [[fiume Camacuã]]: il capo dei lavori era [[John Griggs]], di origini irlandesi, mentre Garibaldi divenne comandante della flotta. Due lancioni erano pronti al varo: il ''Rio Pardo'' (15-18 tonnellate), dove si imbarcò lo stesso Garibaldi,<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 199}}.</ref> e l{{'}}''Independencia'', il cui equipaggio contava complessivamente circa 70 persone, tra cui Mutru e Carniglia. Partirono il 26 agosto 1838, e riuscirono a superare lo sbarramento posto dalle navi nemiche. Il 4 settembre avvistarono due navi nemiche: una di esse fuggì mentre l'altra, una sumaca chiamata ''La Miniera'', si arrese.<ref>Garibaldi scrisse nel suo resoconto dell'accaduto (22 settembre) che la nave venne distrutta, si veda {{Cita|Scirocco|p. 60}}.</ref> Vi era il problema della spartizione della preda: da dividere in tre parti secondo quanto scritto nell'accordo redatto da Rossetti, 8 (di cui una a Garibaldi)<ref>{{cita libro|autore = Ivan
Il 17 aprile 1839,<ref>{{cita libro|autore = Mino
La tattica utilizzata fu singolare: si risalì il
Il 25 luglio 1839 venne conquistata Laguna e con il suo nuovo nome, Juliana, venne proclamata la repubblica catarinense.<ref>Luigi Rossetti venne eletto segretario di Stato, si veda: {{Cita|Possieri|p. 94}}.</ref> Gli imperiali inviarono il maresciallo [[Francisco José de Souza Suares de Andrea]] con una flotta di 12 navi e tre lancioni: nei primi scontri venne ucciso [[Zeferino Dutra]], uomo a cui Garibaldi aveva lasciato il comando del resto della flotta. L'eroe prese il comando della ''Libertadora'' rinominata ''Rio Pardo'',<ref>Da non confondere con la in precedenza costruita si veda {{Cita|Dumas|p. 96}}.</ref> mentre il Seival fu affidato a [[Lorenzo Valerigini]]. Occorrevano arrembaggi, ma vicino alla laguna vi era un blocco navale creato dagli imperiali, e per superarlo, il 20 ottobre si inviò una sumaca per distrarre le navi che partirono all'inseguimento lasciando il resto della flotta libero di agire.
In una di queste azioni si trovarono di fronte alla nave ''Regeneração'' che, con i suoi venti cannoni (le tre navi avevano un solo cannone ciascuno,<ref>La terza nave la ''Imperial Catarinense'' rinominata ''Cassapava'' era comandata da Griggs, si veda {{Cita|Scirocco|p. 66}}.</ref>) mise in fuga le navi. Fuggirono per lo stesso motivo anche dalla ''Andorinha'', si attendeva di ritornare alla laguna.<ref>In seguito alla Andorinha (o Androgina) si aggiunsero la ''Bella Americana'' e ''Patagonia'', nel combattimento, respinto a fatica, elogiò la bravura di [[Manuel Jorge Rodrigues]]. {{Cita|Dumas|pp. 97-98}}.</ref> Era il 2 novembre, il Rio Pardo tornò pochi giorni dopo. Guidò malvolentieri l'attacco alla cittadina [[Imaruí]] con l'intenzione di punirla del tradimento.<ref>{{Cita|Dumas|pp. 100-101}}.</ref>
Il 4 novembre<ref name="Duma102">{{Cita|Dumas|p. 102}}.</ref> l'esercito imperiale forte di 16 navi con 33 cannoni complessivi e 900 uomini,<ref name="Duma102" /> riconquistò la città. I repubblicani, dopo aver incendiato le navi senza che i soccorsi richiesti fossero giunti, ripararono sugli altopiani, Griggs venne ucciso. Sulla terraferma i combattimenti continuarono, e furono i primi per Garibaldi: il 14 dicembre 1839 a [[Santa Vitória do Palmar]]<ref>{{Cita|Dumas|p. 106}}.</ref> attaccò con i suoi marinai il nemico e costringendolo alla ritirata; successivamente il 12 gennaio 1840, nei pressi di [[Forquetinha]], Garibaldi, guidando la fanteria, soccorse con 150 uomini il colonnello Teixeira.<ref>I rapporti di questi scontri furono descritti su O Povo grazie ai resoconti del colonnello Teixeira, si veda {{Cita|Scirocco|pp. 68-69}}.</ref> Garibaldi radunò i sopravvissuti, 73 uomini in tutto, salì su un'altura e solo di notte gli inseguitori smisero la caccia. Marciarono per quattro giorni fino nei pressi di [[Vacaria]]<ref>{{cita libro|autore=Ivan
{{citazione|Garibaldi è un uomo capace di trionfare in qualsiasi impresa.|[[Alexandre Florian Joseph Colonna Walewski|Alessandro Walewski]] da J. Duprey, ''Un fils de Napoleón dans les pays de la Plata au temps de Rosas'', Parigi-Montevideo 1937, p. 164.}}
Nell'aprile del 1840 si radunarono i due eserciti nei pressi del fiume [[Taquari]]; {{formatnum:4300}} imperiali, al comando del generale [[Manuel Jorge Rodrigues]] che avrebbero affrontato 3.400 riograndesi,<ref>{{cita libro|autore=Ivan
==== Guerra civile uruguaiana ====
{{vedi anche|Guerra civile uruguaiana|Assedio di Montevideo (1843-1851)|Battaglia di San Antonio}}
Soggiornava in casa di amici.<ref>si trattava della casa di Napoleone Castellini, in {{Cita|Dumas|p. 149}}.</ref> Non si conosce con esattezza quando Garibaldi entrò nella [[Armada Nacional (Uruguay)|marina uruguayana]],<ref>All'epoca Garibaldi per sostenere la famiglia eseguiva due tipi di lavori, professore di matematica presso un collegio e sensale in commercio, accettò dunque l'offerta della Repubblica Orientale - Repubblica di Montevideo. Si veda {{Cita|Dumas|pp. 149-150}}.</ref> (marina uruguaiana nella guerra civile dalla parte dei "Colorados" uruguaiani alleati con gli Unitari argentini che affrontavano i "Blancos" dell'ex presidente uruguaiano Oribe, a sua volta alleati con i federalisti argentini di Rosas) comunque quando avvenne gli venne conferito il grado di colonnello e gli venne affidata una missione: una volta partito da Montevideo via mare, doveva penetrare nel fiume Paraná fino a ''Bajada'' (l'odierna città di [[Paraná (Argentina)|Paraná]]) e poi portare il bottino preso dalle navi incontrate a [[Corrientes]], una missione definita «suicida».<ref>Per tale definizione e dettagli si veda il volume I, intitolato Dal ritorno a Montevideo alla spedizione suicida nel Rio Paraná di: {{cita libro|autore=Salvatore
Le navi erano tre: ''Constitución'' (di 256 tonnellate e 18 cannoni, comandata direttamente dal nizzardo), il brigantino ''Pereyra'', comandato da [[Manuel Arãna Urioste]], e la goletta mercantile ''Procida'', comandata da Luigi De Agostini. Le tre imbarcazioni partirono il 23 giugno 1842.<ref>{{Cita|Possieri|p. 101}}.</ref> Durante il viaggio la Constitución si arenò e fu soccorsa dalla Procida mentre sopraggiunse la flotta argentina; si trattava dell'ammiraglio [[William Brown (ammiraglio)|William Brown]] (1777 - 1857) al comando di sette navi, di cui una, la ''Belgrano'', si arenò a sua volta.<ref>Il pericolo dello scontro c'è stato realmente ma gli eventi narrati nelle memorie appaiono lacunosi, confusi. Si veda a tal proposito: {{Cita|Scirocco|p. 90}}.</ref> Fu grazie alla nebbia che Garibaldi e le altre navi riuscirono a fuggire nonostante il tentativo di inseguimento da parte di Brown che però si immise su una rotta errata.
La navigazione continuò nel Paraná dal 29 giugno e raggiunsero come da programma la ''Bajada'' il 18 luglio.<ref>Precisamente giunsero alla
Il 16 agosto Brown iniziò a fare fuoco. Risultano inutili i tentativi di resistenza; Urioste cercò di portare lo scontro sulla terra ma venne sconfitto, intanto [[Alberto Villegas]] con il suo gruppo fuggì. Dopo tre giorni di combattimenti,<ref>{{Cita|Dumas|p. 154}}.</ref> le navi vennero incendiate, ma alcuni dei corsari saltarono in aria con esse. Garibaldi si trasferì prima a [[Goya (Corrientes)|Goya]] e, dopo vari spostamenti, il 19 novembre si ritrovò a [[Paysandú]]; qui ricevette l'ordine dal generale [[Felix Edmondo Aguyar]] di compiere alcune azioni militari. Venne poi richiamato a Montevideo, ma prima di raggiungerli dovette bruciare nuovamente la flottiglia che comandava. Giunto nel dicembre del 1842 con l'incarico di ricostruire la flotta perduta, con un attacco affondò il 2 febbraio 1843 un brigantino che faceva parte della flotta di Brown; pochi giorni dopo venne respinto un primo tentativo del generale [[Manuel Oribe]]; [[Assedio di Montevideo (1843-1851)|l'assedio]] iniziò il 16 febbraio 1843.<ref>{{Cita|Possieri|p. 102}}.</ref> Il 29 aprile, dopo aver rinforzato l'[[Isla de Ratas]], si ritrovò di fronte il giorno dopo nuovamente Brown. L'ammiraglio contava su due brigantini e due golette, Garibaldi due imbarcazioni con un cannone ciascuno; gli inglesi intervennero salvandoli.<ref>L'isolotto venne poi chiamato [[Isola della Libertà]], {{Cita|Scirocco|pp. 104-105}}.</ref>
[[File:Insegna Legione Italiana 1846.jpg|alt=Insegna Legione Italiana 1846.jpg|miniatura|Insegna della Legione Italiana in Uruguay (1846)]]
Alla fine dell'anno prese il comando della [[Legione italiana (Garibaldi)|Legione italiana]]. Il colore scelto per le divise fu il rosso,<ref>Erano delle tuniche di lana rosse, erano state preparate per chi lavorava nei macelli (i saladeros), ma interrotto il traffico fu merce mai giunta a destinazione. Il governo approfittò del prezzo basso.{{Cita|Scirocco|p. 101}}.</ref>; la bandiera, un drappo nero rappresentava il [[Vesuvio]] in eruzione.<ref>L'ammiraglio Winnington-Ingram raccontò i vari particolari e vide lo stesso Garibaldi indossarne una durante l'attacco a Montevideo nel testo: {{cita libro|autore = H. F.
Si cercò di far finire l'assedio: si opposero senza successo gli ammiragli [[Samuel Ingliefeld]] e [[Émile Lainé]]<ref>
Giuseppe Garibaldi entrò in Massoneria nel 1844 nella Loggia “Asil de la Vertud” di Montevideo (o forse come alcuni vogliono del Rio Grande del Sud), una loggia “spuria”, emanazione della Massoneria brasiliana e non riconosciuta dalle grandi Comunioni mondiali. Nello stesso anno, il 18 agosto, fu regolarizzato nella Loggia “Amis de la Patrie” di Montevideo all’obbedienza del Grande Oriente di Francia, nel libro matricola della Loggia gli fu assegnato il numero 50.
[[File:Giuseppe Garibaldi at the battle of San Antonio....jpg|thumb|left|Garibaldi nella battaglia di San Antonio]]
[[Justo José de Urquiza]] iniziò l'[[assedio]] alla cittadina il 6 dicembre;<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 298}}.</ref> dopo diciotto giorni di attacchi lasciò una parte dei suoi uomini, 700 di essi e abbandonò l'impresa. Il 9 gennaio 1846 Garibaldi ottiene la sua prima vittoria contro gli assedianti, attaccando di notte. Il generale [[Anacleto Medina]] intanto stava giungendo a dar man forte con i suoi 500 cavalieri; Garibaldi cercò di affrontarlo con 186 legionari e 100 uomini guidati dal colonnello [[Bernardino Baez]]<ref>{{Cita|Scirocco|p. 114}}.</ref> ma vennero colti di sorpresa a loro volta dal generale [[Servando Gómez]] nei pressi di San Antonio.<ref>Il combattimento era iniziato intorno alle 11 del mattino, si veda {{Cita|Dumas|p. 180}}.</ref> Gli uomini trovarono riparo nei resti di un saladero, dove si organizzarono, sparando solo a bruciapelo; e, attaccando in seguito con la [[baionetta]], riuscirono a resistere all'attacco; dopo otto ore di combattimento, Garibaldi ordinò la ritirata.<ref>Del resoconto della battaglia esistono numerose versioni particolareggiate, tutte descritte dai testimoni dell'episodio, in particolare 3 sono quelle rilasciate dallo stesso Garibaldi. Si veda per un approfondimento: {{cita libro|autore = Jasper Godwin
I morti verranno raccolti e seppelliti in una fossa comune su cui verrà piantata una bandiera in loro onore: è l'8 febbraio 1846<ref>Per questa azione il governo decise di aggiungere in lettere d'oro un'iscrizione commemorativa sulla loro bandiera, si veda {{Cita|Scirocco|p. 116}}.</ref>. Il nizzardo rimase a Salto per diversi mesi, respingendo ogni attacco. Il 20 maggio attaccò nella notte [[Gregorio Vergara]] e nel ritorno prima di guadare un ruscello decise di attaccare i soldati che li inseguivano comandati da Andrés Lamas.<ref>Si trattavano di due ufficiali di Servando Gómez, si veda {{cita libro|autore = Giuseppe
=== Giuseppe e Anita ===
{{doppia immagine|destra|Anita Garibaldi - 1839.jpg||Gaetano Gallino - Giuseppe Garibaldi.jpg||[[Ana Maria de Jesus Ribeiro]] (Anita) e Garibaldi, ritratti dal pittore genovese [[Gaetano Gallino]]|larghezza totale=300}}
Giuseppe e [[Anita
Garibaldi e Ana Maria, passata alla storia e quasi alla leggenda del [[Risorgimento]] italiano con il diminutivo Anita, si sposarono il 26 marzo 1842 presso la chiesa di San Francisco d'Assisi con rito religioso. Secondo una leggenda, Anita, abile cavallerizza, insegnò a cavalcare al marinaio italiano, fino ad allora del tutto inesperto di equitazione. Giuseppe, a sua volta, la istruì, per volontà o per necessità, ai rudimenti della vita militare<ref>
Cercò di far allontanare Anita e i figli da sua madre, ma nel giugno 1846 ottenne un parere contrario del ministro degli esteri di Carlo Alberto, [[Clemente Solaro della Margarita|Solaro della Margarita]].<ref>{{Cita|Scirocco|p. 122}}.</ref> I legionari progettarono di tornare in patria, e grazie alla raccolta organizzata fra gli altri da [[Stefano Antonini]], Anita, con i tre figli, e altri familiari dei legionari partirono nel gennaio del 1848 su una nave diretta a [[Nizza]], dove furono affidati per qualche tempo alle cure della famiglia di Garibaldi. Garibaldi non partì dall’America insieme con Anita ed i figli, ma in seguito, in aprile, con una settantina dei suoi legionari<ref>https://www.difesa.it/Content/Pagine/150-Garibaldi.aspx</ref><ref>A.M. Ghisalberti, Figure rappresentative del Risorgimento, Torino 1954, p.54</ref>. Scoppiati i moti italiani di indipendenza, fu autorizzato a ritornare negli stati sardi con un gruppo di soldati.
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=== Prima guerra d'indipendenza ===
{{vedi anche|Prima guerra d'indipendenza italiana}}
Giuseppe Garibaldi rientrò in Italia nel 1848, poco dopo lo scoppio della [[Prima guerra d'indipendenza italiana|prima guerra di indipendenza]]. Venne noleggiato un brigantino sardo chiamato ''Bifronte'', rinominato ''Speranza'' (o ''Esperanza''); venne nominato come capitano lo stesso Garibaldi e la partenza avvenne il 15 aprile 1848, alle 2 del mattino; si erano imbarcati 63 uomini.<ref>{{Cita|Dumas|p. 191}}.</ref> Giunsero in vista di Nizza il 23 giugno.<ref>Non il 24 giugno come cita in {{Cita|Dumas|p. 192}}.</ref> Lo avevano anticipato un suo luogotenente, [[Giacomo Medici]],<ref>{{Cita|Possieri|p. 119}}.</ref> e una certa notorietà, grazie al lavoro di Mazzini.<ref>Dal 1842 Mazzini cominciò a interessarsi delle notizie provenienti dal Sudamerica riguardanti Garibaldi, legge ''El Nacional'' grazie a Cuneo, nel giugno 1845 scriverà al nizzardo, nel gennaio 1846 fa pubblicare sul ''Times'' per intero la lettera che rappresentava l'offerta fatta a Rivera che tempo prima Garibaldi rifiutò scrivendo come al contrario i francesi accettarono una simile offerta, si veda {{Cita|Scirocco|pp. 129-130}} Alle notizie enfatiche si contrapporranno quelle provenienti dal Sud America, la stampa che simpatizzava per Rosas parlò male dell'eroe descrivendolo come se fosse un demone. Si veda {{cita libro|Jasper Godwin|Ridley |Garibaldi, pp. 197-198|1975 |Mondadori|}}</ref> Tornato dunque in Europa per partecipare alla [[Prima guerra d'indipendenza italiana|prima guerra di indipendenza]] contro gli [[Impero austriaco|austriaci]], il 25 giugno proferisce parole a favore di [[Carlo Alberto di Savoia]]; il 29 giugno si trova a Genova e per giungere a [[Roverbella]], nei pressi di [[Mantova]], deve chiedere 500 lire a un amico.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 142}}.</ref> L'incontro con Carlo Alberto avvenne il 5 luglio: venne accolto freddamente, a causa dell'antica condanna; non potendogli offrire aiuto, gli consigliò di recarsi a [[Torino]] dal ministro della guerra, che gli suggerì a sua volta di recarsi a [[Venezia]].
[[File:Roverbella-Lapide a Garibaldi.jpg|thumb|[[Roverbella]], lapide in ricordo dell'incontro con Carlo Alberto.]]
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[[File:Images nypl orgCA8SEIID.jpg|thumb|Garibaldi, [[Andrea Aguyar]] (a cavallo) e [[Nino Bixio]] durante l'assedio di Roma. Disegno del 1854 di [[William Luson Thomas]], basato sullo schizzo di [[George Housman Thomas]] realizzato nel 1849.]]
Scrutando il territorio decise di far occupare [[Villa Doria Pamphilj]] e [[Palazzo Corsini alla Lungara|Villa Corsini]]; il 30 aprile i francesi attaccarono, ma imprecisioni tattiche<ref>I francesi inizialmente puntarono su [[Porta Pertusa]] murata tempo prima, in quanto le loro cartine non erano abbastanza aggiornate. I {{formatnum:5000}} uomini vennero divisi in due gruppi, quello che Garibaldi attacca era quello che puntava verso [[Porta Cavalleggeri]], si veda più ampiamente: {{Cita|Scirocco|pp. 156-157}}.</ref> portarono lo scontro al colle [[Gianicolo]]: alla fine si ritirarono verso [[Castel di Guido]]; le perdite furono maggiori per i francesi (500<ref>800 furono i morti secondo Jessie White Mario, si veda {{cita libro|Jessie |White Mario |Vita di Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 72|1882 |Treves|}}</ref> fra morti e feriti, contro i 200 dei difensori).<ref>{{Cita|Scirocco|p. 157}}.</ref> Fra i feriti vi era Garibaldi, colpito al fianco da una fucilata francese che impattò il manico del pugnale, permettendogli di salvarsi<ref>L'episodio è raccontato da [[Pietro Ripari]], medico condotto che coordinava le ambulanze durante l'assedio di Roma in un saggio del 1863 dedicato alla ben più famosa ferita dell'Aspromonte: {{Citazione|Il 30 aprile 1849, fuori porta S. Pancrazio, una palla francese incontrato il manico del pugnale, gli produsse una piaga circolare alla regione dell'ipocondrio destro. [...] Gli integumenti erano stati distrutti; l'adipe sottoposto ammortizzato a gangrena. [...] Pochi seppero di quella ferita, sebbene guarisse tardi - non cicatrizzò che negli ultimi di giugno...|Pietro Ripari, ''Storia Medica della Grave Ferita toccata in Aspromonte dal Generale Garibaldi il giorno 29 agosto 1862'', Milano, 1863}}</ref>.
Intanto [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]], re delle [[Regno delle Due Sicilie|Due Sicilie]], inviò i suoi uomini, guidati dal generale [[Ferdinando Lanza]] e dal colonnello Novi, che giunsero verso le 12<ref>{{cita libro|Piero |Pieri |Storia militare del Risorgimento, (seconda edizione, Vol 71) p. 423|1962 |Einaudi|}}</ref> del 9 maggio a [[Battaglia di Palestrina|Palestrina]]; a respingerli furono il nizzardo e [[Luciano Manara]]; dopo un combattimento di tre ore, i borbonici si ritirarono, perdendo 50 dei loro uomini.
Il 19 maggio, [[Battaglia di Velletri (1849)|nei pressi di Velletri]], Garibaldi disobbedì agli ordini, in realtà ormai superati dagli eventi, di [[Pietro Roselli]]<ref>Nominato a capo dell'esercito al di sopra di Garibaldi stesso, si veda per approfondimento {{Cita|Smith|pp. 46-47}}.</ref>; nell'occasione Garibaldi venne travolto dai cavalieri, cadde a terra dove fu alla mercé di cavalli e nemici, ma venne salvato per intervento del patriota [[Achille Cantoni]]:<ref>"Cantoni pel primo [...] gittossi tra me ed un nemico che mi travagliava da vicino, e contro cui io difficilmente mi difendevo essendo rotto dalle contusioni, e mentre il borbonico mi feriva, forse con un colpo sulla testa, la sciabola liberatrice lo colpiva e bestemmiando si ritirava con il braccio penzolone", così riferisce il fatto Giuseppe Garibaldi in ''Cantoni il volontario'', cap. XLI. Velletri.</ref> seguirono aspre critiche al suo operato.<ref>Come quelle di [[Carlo Pisacane]], si veda: {{Cita|Possieri|pp. 124-125}} I contrasti furono evidenti in seguito, si pensi che pochi giorni dopo, il 26 maggio, quando Mazzini chiese consiglio a Garibaldi su come difendere Roma egli rispose o di dargli poteri di «dittatore illimitatissimo» o di retrocederlo a soldato semplice, per la lettera si veda {{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Epistolario di Giuseppe Garibaldi, Volumi 1-2, pag 37|1885 |A. Brigola e comp|}}</ref> Il 26 maggio 1849 Giuseppe Garibaldi giungeva a [[Ceprano]], ordinando a [[Luciano Manara]] di entrare con i suoi bersaglieri nel [[Regno di Napoli]], per combattere i borbonici che si erano attestati nella Rocca d'Arce. Mazzini voleva però concentrarsi sulla difesa dell'Urbe e, anche perché era giunta notizia dell'arrivo di forze spagnole a Gaeta e di un esercito austriaco, richiamò Garibaldi.<ref>{{cita libro|Garibaldi|pag 47|1993|Denis Mack Smith|}}</ref>
La notte fra il 2 e il 3 giugno 1849 Oudinot guidò i suoi verso Roma e conquistò, dopo continui capovolgimenti, i punti chiave di Villa Corsini e Villa Valentini; rimase in mano ai difensori Villa Giacometti. Morirono {{formatnum:1000}} persone, fra cui [[Francesco Daverio]], [[Enrico Dandolo (patriota)|Enrico Dandolo]] e [[Goffredo Mameli]] che, ferito, morirà in seguito per [[gangrena]]; verrà incolpato Garibaldi della sconfitta; i francesi potevano contare su circa {{formatnum:16000}} uomini, Garibaldi su circa {{formatnum:6000}}.<ref>Nell'occasione verrà ricordato da Gustav Hoffstetter come uomo impassibile che non fugge davanti al pericolo, si veda per la testimonianza tratta da ''Giornale delle cose di Roma nel 1849'', Gustav von Hoffstetter, 1850 e i dati numerici {{Cita|Scirocco|p. 163}}.</ref> Il 28 giugno 1849 i legionari di Garibaldi tornarono a indossare le loro tuniche rosse di lana.<ref>La richiesta fu fatta tempo prima, dopo la battaglia di Palestrina, come in {{cita libro|autore =[[Ermanno
=== Fuga da Roma e morte di Anita ===
[[File:Giuseppe e Anita Garibaldi trovano rifugio a San Marino.JPG|thumb|1849, dopo la caduta della [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana]] Giuseppe Garibaldi e [[Anita Garibaldi]] in fuga, trovano rifugio a [[San Marino]].]]▼
{{vedi anche|marcia di Garibaldi dopo la caduta di Roma}}
▲[[File:Giuseppe e Anita Garibaldi trovano rifugio a San Marino.JPG|thumb|1849, dopo la caduta della [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana]] Giuseppe Garibaldi e [[Anita Garibaldi]] in fuga, trovano rifugio a [[San Marino]].]]
L'assemblea che si era costituita diede i poteri a Garibaldi e Roselli: la sera del 2 luglio 1849, da piazza San Giovanni, con {{formatnum:4700}} uomini,<ref>{{Cita|Possieri|p. 128}}.</ref> partì deciso a continuare la guerra, non più di posizione ma di movimento.<ref>{{cita libro|Mario|Isnanghi|Garibaldi fu ferito il mito, le favole, p. 17|2010|Donzelli editore||isbn = 978-88-6036-503-3}}</ref> Pochi giorni prima si era aggiunta Anita che, incinta, decise di seguirlo per tutta la durata del viaggio.
Dopo aver rifiutato l'offerta fatta dall'[[ambasciatore]] degli [[Stati Uniti d'America]],<ref>Il 2 luglio 1849 ricevette l'invito, doveva recarsi al l'Hotel De Russie, si veda {{cita libro|Gustavo |Sacerdote|La vita di Garibaldi: (Volume 1), p. 380|1957|Rizzoli & c. |}}</ref> sulla strada di [[Tivoli]] affidò una parte dei soldati a [[Gaetano Sacchi]] e un reggimento della cavalleria al colonnello [[Ignazio Bueno]] compagno del Sudamerica, con lui il polacco [[Emilio Müller]]. Fece credere al nemico di dirigersi verso gli Abruzzi mentre andava a nord, divise in piccoli gruppi la cavalleria che mandava in esplorazione facendo pensare che potesse contare su un numero superiore di soldati.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 169}}.</ref> Intanto atti criminali commessi dal suo gruppo lo preoccupavano, e giunse a dover minacciare di morte chiunque commettesse furto e, il 5 luglio, a dover far giustiziare un ladro colto in flagrante.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 170}}.</ref>
A [[Terni]] l'8 luglio si aggiunsero altri 900 volontari guidati dal colonnello [[Hugh Forbes]] e rifornimenti. Fece circolare false voci sul suo itinerario, mentre in realtà intendeva raggiungere Venezia, dove la [[Repubblica di San Marco]] di [[Daniele Manin]] stava ancora resistendo all'assedio austriaco. I soldati davano però continuamente segni di cedimento, Müller li tradì e Bueno, il 28,<ref>O il 29, l'aiutante di campo portò con sé il denaro raccolto che gli era stato affidato. Si veda {{cita libro|Giuseppe |Garibaldi con Giuseppe Armani |Memorie: con una appendice di scritti politici, pag 163|1982|Biblioteca universale Rizzoli|}}</ref> fuggì con parte dei denari raccolti. Il nizzardo non riusciva a sostenere il gruppo.<ref>Si consideri anche che la cartamoneta ricevuta aveva ottenuto il riconoscimento ufficiale sino al 10 luglio, si veda {{Cita|Scirocco|p. 170}}.</ref>
Erano rimasti {{formatnum:1500}} uomini, che in pochi giorni si ridussero a qualche centinaio. Lungo la strada pernottarono due notti presso Todi: i soldati alloggiati presso il convento dei Cappuccini; Garibaldi e Anita, incinta, ospiti invece a Palazzaccio nella casa di Antonio Valentini, fervente garibaldino. Il 30 luglio si ritrova a passare la notte a [[Montecopiolo]] nella parte più alta del Montefeltro per proseguire la marcia attraverso sentieri impervi e macchie fitte di vegetazione in direzione della [[San Marino|Repubblica di San Marino]], dove arriva con circa 300 superstiti il 31 luglio per ricevere l'asilo concesso dalla Repubblica di San Marino.<ref>{{Cita|Smith|p. 55}}.</ref> Contemporaneamente Garibaldi con un ordine del giorno sciolse la compagnia. I coniugi erano alloggiati presso Lorenzo Simoncini.<ref>{{cita libro|Gustavo |Sacerdote|La vita di Garibaldi (Volume I), pag 394|1957|Rizzoli|}}</ref> Gli austriaci, guidati da [[Konstantin d'Aspre|d'Aspre]], che comandava il corpo di occupazione [[Impero austriaco|austriaco]] in [[Invasione austriaca della Toscana|Toscana]] volevano che Garibaldi fosse imbarcato a forza per gli Stati Uniti, ma lui fugge da San Marino di notte con circa 250 uomini al seguito<ref>Denis Mack Smith "Garibaldi" Ed. Il Giornale p. 55</ref>, mentre alcuni, tra cui [[Gustav Hoffstetter]], abbandonano.<ref>Dopo aver venduto i cavalli ritornerà a Zurigo e scriverà un libro sulle vicende, si veda {{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), p. 209|1982 |Mursia|}}</ref>
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Continuano gli aiuti trovati per strada: vengono guidati dall'[[operaio]] Nicola Zani con Anita sempre più febbricitante, fino a [[Cesenatico]] dove si imbarcano 13 bragozzi (barche da pesca),<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 210|1982 |Mursia|}}</ref> alla volta di Venezia, il 2 agosto. Arsi dalla sete a circa {{M|80|u=km}} dall'obiettivo, all'altezza della punta di [[Goro]], vengono avvistati e attaccati da un brigantino austriaco, l{{'}}''Oreste'', che con rinforzi li insegue catturando gli equipaggi di 8 bragozzi, più di 160 prigionieri che verranno condotti a Pola. Garibaldi, con Anita in braccio, guada per circa 400 metri<ref>{{Cita|Scirocco|p. 173}}.</ref> giungendo infine sulla spiaggia, saluta i rimasti fra cui il barnabita [[Ugo Bassi]] e [[Giovanni Livraghi]], che saranno fucilati a Bologna l'8 agosto, e [[Angelo Brunetti]] e i due figli, fucilati in seguito anch'essi. Garibaldi arriva a [[Porto Garibaldi|Magnavacca]] nelle [[Valli di Comacchio]], con Anita agonizzante e [[Giovanni Battista Culiolo]] detto ''Leggero''. Aiutati dall'umile Battista Barillari riescono a dissetare la moglie dell'eroe. Il 4 agosto ripartono e salgono sul biroccino guidato da Battista Manelli; arrivano alle [[Mandriole]] dove si fermano alla fattoria Ravaglia con Anita che muore, nonostante gli sforzi del medico Nannini, appositamente convocato.
Garibaldi, secondo quanto riporta l'uomo di chiesa Falconieri, avrebbe voluto dare degna sepoltura alla moglie e trasportarla alla vicina [[Ravenna]], ma non vi era il tempo e fu scavata frettolosamente una buca nella sabbia della pineta<ref>Denis mack Smith "Garibaldi" ed. Il Giornale p.56</ref>. Dopo pochi giorni, il 10 agosto una ragazzina, Pasqua Dal Pozzo, scoprì il cadavere<ref>{{Cita|Possieri|p. 135}}.</ref> che fu tumulato nel cimitero di [[Mandriole]]. Le cause della morte di Anita furono a lungo discusse negli anni successivi, anche per attaccare Garibaldi.<ref>il giudice Giuseppe Francesconi e il medico [[Luigi Fuschini]] accorsero; inizialmente si pensò a un [[omicidio]], la donna mostrava segni di [[strangolamento]]. L'ispettore Zeffirino Socci arrestò i fratelli Ravaglia (uno dei due era assente all'epoca dei fatti) con l'accusa di omicidio il 14 agosto 1849. In seguito Fuschini ammise l'errore di valutazione. Non convinti tutti gli storici, alcuni come [[Umberto Beseghi]] sospettarono che Garibaldi avesse partecipato alla fine delle sofferenze della donna. Nel 1856 [[Antonio Bresciani (letterato)|Antonio Bresciani]] eliminò ogni dubbio sull'ipotesi di omicidio. Si veda: {{Cita|Possieri|pp. 135-136}} l'appendice in {{cita libro|Umberto|Beseghi|Il maggiore Leggero e il trafugamento di Garibaldi, seconda edizione|1932|Edizioni Stern|Ravenna}} e per approfondimenti {{cita libro|Umberto|Beseghi|Garibaldi rimase solo|1958|Tamari|Bologna}} e {{cita libro|Isidoro|Giuliani|Anita Garibaldi: vita e morte|2001|Parrocchia di Mandriole}}</ref> Undici anni dopo, il 20 settembre 1859, Garibaldi con i figli Teresita e Menotti<ref>{{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), p. 267|1982 |Mursia|}}</ref> tornerà a [[Ravenna]] per spostare i resti di Anita a [[Nizza]], accanto a quelli di Rosa, madre dell'eroe.
Garibaldi e Leggero fuggono dapprima a [[Forlì]]; poi, il giorno 16, lasciano Forlì per raggiungere il vicino confine del [[Granducato di Toscana]]: Si tratta della cosiddetta ''[[trafila di Garibaldi]]''. Sono aiutati, tra gli altri, da Ercole Saldini, dal sacerdote [[Giovanni Verità]] e dall'ingegnere Enrico Sequi, a cui Garibaldi lascerà la [[fede nuziale]] di Anita.
Attraversato il Granducato di Toscana, Garibaldi il 1º settembre salpa con l'imbarcazione di [[Paolo Azzarini]], e il 5 settembre, nonostante il governo sabaudo avesse dato ordine di non lasciar entrare in territorio piemontese nessuno dei reduci della Repubblica Romana<ref>Denis Mack Smith "Garibaldi" Ed. Il Giornale p.57</ref>, si trova a [[
Proprio lo stesso La Marmora, con i poteri di commissario straordinario di cui all'epoca era investito, la sera del 6 settembre fece arrestare Garibaldi a [[Chiavari]] e lo condusse nel Palazzo ducale di Genova.<ref>{{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione p. 225|1982|Mursia|}}</ref> Circa la decisione da prendere seguì un dibattito alla [[Camera dei deputati (Regno di Sardegna)|Camera]], il 10 settembre, nel quale intervennero fra gli altri [[Giovanni Lanza]], [[Urbano Rattazzi]] e [[Agostino Depretis]], e al cui termine la maggioranza dei parlamentari si dichiarò contraria all'arresto di Garibaldi e definì l'ipotesi di una sua espulsione come una lesione allo [[Statuto Albertino|Statuto]].
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Garibaldi venne quindi liberato e si parlò anche della possibilità dell'[[Immunità (diritto)|immunità parlamentare]] attraverso una sua candidatura a [[Recco]] per le elezioni suppletive della camera, ma egli rifiutò l'idea.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 184}}.</ref> Gli fu concessa una visita di un giorno ai familiari, durante la quale salutò la madre per l'ultima volta e affidò i figli maschi ad Augusto, mentre la figlia continuò a rimanere con i Deideri. Dopo vari spostamenti (prima a Tunisi, dove gli fu rifiutata ospitalità, quindi a La Maddalena) partì sul [[brigantino]] da guerra ''Colombo'' per [[Gibilterra]], giungendovi il 9 novembre, e il 14 novembre ripartì su una nave spagnola, ''La Nerea''. Accompagnato dagli ufficiali "Leggero" e [[Luigi Cocelli]] si diresse a [[Tangeri]], dove accettò l'ospitalità dell'ambasciatore piemontese in [[Marocco]] [[Giovan Battista Carpenetti]]. Nel mese di giugno partì nuovamente, questa volta in compagnia del [[maggiore]] [[Paolo Bovi Campeggi]]. Il 22 fu a [[Liverpool]], e il 27 giugno 1850 partì per [[New York]] con il ''Waterloo'', giungendovi in 33 giorni di viaggio. Il 30 luglio, per i dolori causati dai reumatismi, ebbe bisogno di aiuto per scendere a terra, a Staten Island.<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi|Memorie di Garibaldi: Nella redazione definitiva del 1872, pag 326|1932|L. Cappelli|}}</ref>
Abitò in compagnia di [[Eleuterio Felice Foresti|Felice Foresti]] con Michele Pastacaldi. Conobbe [[Teodoro Dwight]] che ricevette le sue ''Memorie'', con l'accordo di non pubblicarle; Garibaldi gli diede il consenso di farlo solo anni dopo, nel 1859<ref>Prima di questa era già stata pubblicata da Cuneo una sua biografia nel 1850, 94 pagine in totale, si veda: {{Cita|Scirocco|pp. 184-190}}.</ref>
Abitò con [[Antonio Meucci]], che lo fece lavorare nella propria fabbrica di candele.<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Memorie autobiografiche, 10 edizione p. 265|1888 |G. Barbèra|}}</ref> Dopo nove mesi lasciò New York e si imbarcò sulla ''Georgia'' per i [[Caraibi]]. Continuò a navigare, assumendo il nome di Anzani e l'antico Giuseppe Pane. Arrivò il 5 ottobre a [[Callao]] nel [[Perù]], poi a Lima dove dopo tanto tempo fu nuovamente capitano di una nave, un brigantino di nome ''Carmen''.<ref>Nave comprata tempo prima grazie all'aiuto economico di Pietro Denegri</ref> Il 10 gennaio 1852 parte alla volta della [[Cina]], e navigò ancora dalle [[Filippine]], costeggiò l'[[Australia]], giunse infine a [[Boston]] il 6 settembre 1853. Commerciò diversi generi, soprattutto seta e [[guano]].<ref>In passato si pensava che Garibaldi avesse imbarcato anche dei ''coolies'': lavoratori cinesi utilizzati come schiavi per il [[Perù]], tale traffico, proibito all'epoca, era effettivamente in vigore dal 1847 al 1873 - si veda {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione p. 233|1982|Mursia|}}, il tutto si basò su una frase riportata dalla biografia pubblicata da Augusto Vittorio Vecchi, che riportando una frase di Denegri dove si leggeva che gli aveva portato i ''chinesi'' - si veda a tal proposito - {{cita libro|Augusto Vittorio |Vecchi|La vita e le gesta di Garibaldi, p. 97|1882|Zanichelli|Bologna}}, l'ipotesi messa in dubbio da Phillip Cowie attribuendo altro valore al termine usato ''chinesi'', si veda {{cita libro|Phillip |Cowie |Contro le tesi di Garibaldi Negriero in rassegna storica del Risorgimento, 3, pp. 389-397|1998|Zanichelli|Bologna}}. Inoltre vennero scoperti i registri di carico dell'epoca dove non vi fu alcuna menzione al riguardo, si veda {{cita libro|Università |di Pavia|Il Politico: rivista italiana di scienze politiche, Volume 47 p. 813|1982|Università degli studi di Pavia|}}</ref>
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{{vedi anche|cacciatori delle Alpi|seconda guerra d'indipendenza italiana}}
[[File:Garibaldi divise.jpg|thumb|Stampa popolare raffigurante Garibaldi con le divise delle campagne del 1848, 1859 e 1860]]
Ritornato in Europa,<ref>Partì sul ''Commonwealth'', nave comprata a un italiano, si diresse poi verso l'Inghilterra. Si veda {{Cita|Smith|p. 61}}.</ref> l'11 febbraio 1854 a Londra incontrò nuovamente Mazzini, poi viaggiando giunse prima a Genova il 6 maggio, e poi a Nizza. Comprò il 29 dicembre 1855 una parte dei terreni di [[Caprera]]<ref>Forte delle {{formatnum:35000}} lire ottenute dall'eredità dei parenti - la madre era morta il 20 marzo 1852 e il fratello Felice nel 1855 - acquistò il terreno, si veda {{Cita|Scirocco|p. 197}}.</ref>, isola dell'[[arcipelago]] sardo di [[La Maddalena]]. Partendo dalla casa di un pastore, costruì, insieme a 30 amici, una fattoria; in seguito l'isola divenne interamente di sua proprietà.<ref>Nel 1865 grazie alle donazioni dei suoi ammiratori divenne proprietario di tutta l'isola. {{Cita|Scirocco|p. 199}}.</ref> Dopo la Terza Guerra di Indipendenza, venne chiamato a Caprera, per amministrare i beni del Generale, il colonnello e amico [[Giovanni Froscianti]] (
[[File:Giuseppe Garibaldi Sassari.jpg|miniatura|sinistra|Testimonianza del soggiorno di Garibaldi a Sassari]]
Nell'agosto del 1855 gli venne concessa la patente di capitano di prima classe: navigò con il "Salvatore", un piroscafo a elica; in seguito prese un [[cutter (imbarcazione)|cutter]] inglese chiamato ''Anglo French'', a cui diede il nome del suo nuovo amore, ''Emma''. Dopo che la nave si arenò, Garibaldi abbandonò l'attività di marinaio per dedicarsi all'agricoltura, lavorando come [[Agricoltore|contadino]] e [[Allevamento|allevatore]]: possedeva un uliveto con circa 100 alberi d'[[Olea europaea|ulivo]], oltre a un vigneto, con cui produceva [[vino]], e allevava 150 [[Bovinae|bovini]], 400 [[Gallus gallus domesticus|polli]], 200 [[Capra hircus|capre]], 50 [[Sus scrofa domesticus|maiali]] e più di 60 [[Equus asinus|asini]].<ref>''Leggendo qua e là'', «La Settimana Enigmistica», 2007, n. 3924, ISSN 1125-5226</ref>
Il 4 agosto rese pubblico il suo pensiero distanziandosi dalle prese di
Marciò verso [[Arona]]: i suoi uomini erano convinti di pernottarvi, Garibaldi comunicò a Torino l'intenzione di giungervi,<ref>Avvisò il ministro a Torino tramite telegrafo elettrico, si veda: {{cita libro|Francesco |Carrano |I cacciatori delle alpi comandati dal generale Garibaldi nella guerra del 1859 in Italia: Racconto popolare, p. 235|1860|Unione tipogr.-ed|}}</ref> al che ordinando l'assoluto silenzio,<ref>Neanche la fioca luce di un fiammifero si doveva vedere, si veda {{Cita|Scirocco|p. 214}}.</ref> raggiunse [[Castelletto sopra Ticino|Castelletto]], fermò due reggimenti e con il terzo avanzò; il 23 maggio, superato il [[Ticino (fiume)|Ticino]], con le barche attaccò [[Sesto Calende]] riuscendo ad avere la meglio sugli austriaci ed entrando in Lombardia.
Occupata [[Varese]], venne affrontato il 26 maggio dal barone Karl Urban, noto anche come il ''Garibaldi austriaco''<ref>{{cita libro|Giuseppe |Guerzoni|Garibaldi (Vol. 1), p. 463|1882|Barbera|Firenze}}</ref> inviato da [[Ferenc Gyulay]]; nell'occasione il comandante ordinò di sparare soltanto quando il nemico si trovasse alla distanza di 50 passi, lo scontro è noto come [[battaglia di Varese]]. Si conteranno fra i cacciatori la perdita di 22 uomini contro 105 austriaci, a cui si aggiungeranno 30 prigionieri.<ref>{{Cita|Mino|p. 255}}.</ref> Il giorno seguente, dopo aver attaccato frontalmente e vinto gli austriaci nella [[battaglia di San Fermo]], nonostante fosse in netta inferiorità numerica, occupò la città di [[Como]].<ref name="Cfr. p. 171 L. Riall ,2007">Cfr. p. 171 L. Riall, 2007</ref> Il 29 ripartì con i suoi uomini dalla città, volendo conquistare il fortino a [[Laveno-Mombello|Laveno]], raggiunto il 31 maggio.<ref>{{Cita|Mino|p. 257}}.</ref> Questo attacco non ebbe esito favorevole, e nel frattempo, essendo Urban rientrato a Varese, ritornò a Como per presidiare la città, riprendendo poi Varese in seguito alla vittoria dei francesi a [[Battaglia di Magenta|Magenta]].
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memorie sulla sua vita|pubblicazione=Pagina 5|autore=Felice Venosta|data=1882}}</ref>}}
[[File:Scoglio dei Mille.JPG|thumb|La [[stele]] commemorativa dell'impresa dei Mille sullo scoglio da cui partì la spedizione, a [[Genova]]-[[Quarto dei Mille|Quarto]]]]
Rinunciò alla Società Nazionale (aveva ottenuto il comando a ottobre), diventando poi presidente della ''Nazionale Armata'', una nuova associazione che presto fallì.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 225}}.</ref> Intanto Nizza era passata ai francesi, e Garibaldi, eletto deputato, tenne un discorso a tal proposito il 12 aprile 1860, senza esiti.<ref>Di fronte al parlamento ebbe la parola due volte, nella prima obiettava che la cessione andava in contrasto con l'articolo 5 dello statuto, si veda {{Cita|Montanelli|pp. 346-348}}.</ref> Si dimise il 23, dopo il risultato della votazione.
Il 27 aprile 1860 dall'isola di Malta [[Nicola Fabrizi]] inviò un telegramma cifrato: l'unico ad avere il codice per decifrare lo scritto<ref>Il telegramma recitava: «Offerta botti 160 rum America, pence 45 venduto botti 66 Inglese 47 anticipo lire 114 botti 147. Brandy senza offerta. Avvista incasso tratta lire 99. Rispondete subito». Come da: {{Cita|Mino|p. 284 e 581}}, si veda anche {{cita libro|Francesco |Crispi|I mille (a cura di Tommaso Palamenghi-Crispi) p. 104, |1912|Fratelli Treves|}}</ref> era [[Francesco Crispi]], che tradusse inizialmente in maniera negativa il messaggio, deludendo Garibaldi che stava preparando il suo ritorno a Caprera.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 239}}.</ref> A nulla valsero i consigli di La Masa, Bixio e Crispi che premevano affinché il nizzardo partisse lo stesso. Crispi ritornò due giorni dopo, affermando di aver ricevuto in realtà buone notizie,<ref>l'ipotesi più accreditata resta quella della falsificazione del telegramma, si veda fra gli altri {{cita libro|Indro|Montanelli|L'Italia del Risorgimento (1831-1861) (nona edizione) p. 609|1972 |Rizzoli|}}, infatti soltanto lui poteva decifrare i codici come in {{Cita|Scirocco|p. 239}} per i dubbi si veda {{Cita|Mino|pp. 284-285}}.</ref> e la spedizione ebbe inizio.
Nel settembre 1859 fu promotore di una raccolta volta all'acquisto di un milione di fucili, dando il compito a [[Enrico Besana]] e [[Giuseppe Finzi]]. Riuscirono a comprare dei fucili Enfield e Colt inviò dei suoi revolver. Per la spedizione non vennero utilizzate le armi raccolte, ma quelle messe a disposizione da [[Giuseppe La Farina]]<ref>Il governatore di Milano, [[Massimo d'Azeglio]] non diede il consenso per utilizzarle, si veda: {{Cita|Possieri|p. 164}}.</ref> che provenivano da quelle utilizzate nella campagna passata, simili a quelle raccolte.<ref>Si veda fra gli altri anche: R. Romeo Cavour e il suo tempo, Roma Bari, La Terza 1984, vol
La sera del 5 maggio venne simulato il furto delle due navi ''[[Piemonte (nave)|Piemonte]]'' e ''[[Lombardo (nave)|Lombardo]]'': si raccolsero una quarantina di persone al cui comando era Bixio, che prese possesso delle imbarcazioni<ref>In seguito fu dibattuta dagli storici la questione di chi avesse affidato le imbarcazioni alla spedizione: l'armatore [[Raffaele Rubattino]] o il procuratore della società [[Giambattista Fauchè]], e del ruolo di quest'ultimo: mediatore o artefice; altri alimentavano le tesi dei complotti anglopiemontesi. Si veda: {{Cita|Possieri|p. 189}} e {{cita libro|Pietro|Fauchè|GB Fauchè e la spedizione dei mille, p. 35|1905|Albrighi e Segati|Milano}}</ref> Garibaldi salì sul Piemonte capitanato da [[Salvatore Castiglia]], con lui circa 300 persone. Bertani gli consegnò la somma raccolta, circa {{formatnum:90000}} lire.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 240}}.</ref> Sull'altra nave rimase Bixio con 800 uomini circa.
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Garibaldi indossò per la prima volta la camicia rossa e non la solita veste di Montevideo; lo faranno in 150, tante erano le divise messe a disposizione.<ref name="Sciro241">{{Cita|Scirocco|p. 241}}.</ref> Si contavano 250 avvocati, 100 medici, 50 ingegneri,<ref name="Sciro241" /> e fra i {{formatnum:1000}} vi era una donna, [[Rosalia Montmasson]], moglie di Crispi. Partirono da [[Quarto dei Mille|Quarto]], presso [[Genova]]. Cavour il 7 maggio ordinò con un dispaccio di fermare le due navi solo se avessero ormeggiato in un porto della Sardegna, gli ordini giunsero all'ammiraglio [[Carlo Pellion di Persano]] il 9 maggio e chiedendone chiarimenti e riassicurazioni le ottenne il giorno 10.<ref>{{Cita|Mino|p. 290}}, per le trascrizioni degli ordini si veda: {{cita libro|Carlo |Pellion di Persano |La presa di Ancona: Diario privato politico-militare (1860) pp. 78-79|1990 |Edizioni Studio Tesi|Pordenone|isbn = 88-7692-210-5}}</ref>
Il 7 maggio si trovano a Talamone. Inviò [[Stefano Turr]] a [[Orbetello]] per rifornirsi di armi, mentre alcuni decisero di abbandonare la spedizione mentre venne affidata una missione a [[Callimaco Zambianchi]] con 64 uomini. I soldati vennero divisi in 8 compagnie che confluirono in due battaglioni ai comandi di [[Giacinto Carini]] e Bixio.<ref>Gli 8 comandanti erano: Bixio, Orsini, Stocco, La Masa, Anfossi, Carini, Cairoli e Bassini, in seguito si aggiunse [[Giacomo Griziotti]], si veda {{Cita|Mino|p. 289}}.</ref> Ripartiti, durante il viaggio evitarono per poco una collisione fra le due navi.<ref>Bixio aveva confuso la nave amica per una nemica e la stava speronando {{Cita|Scirocco|pp. 244-245}}.</ref> Garibaldi voleva raggiungere [[Trapani]], [[Sciacca]] o [[Porto Palo]],<ref>{{cita libro|Giuseppe |Guerzoni|Garibaldi (Volume 2, seconda edizione), p. 60|1882|Barbera|Firenze}}</ref> solo verso la fine del viaggio cambiò obiettivo dirigendosi su [[Marsala]], ottenendo informazioni da un peschereccio.
[[File:Faro del Porto di Marsala.JPG|thumb|L'ingresso del porto di [[Marsala]]]]
Sei navi da guerra borboniche si trovavano nelle acque vicine alle [[Isole Egadi]] e presidiavano le coste di [[Marsala]] - sede del Quartiere Militare Borbonico - che proprio in quegli anni intraprendeva scambi commerciali con l'[[Inghilterra]]. Garibaldi, esponendo bandiera inglese, si avvicinò alla costa marsalese facendo finta di essere un'imbarcazione di mercanti. Avvenuto lo [[sbarco a Marsala]], giunse la pirocorvetta ''Stromboli'' comandata da [[Guglielmo Acton]] e dotata di pochi cannoni; inizialmente non attaccò, in quanto vi erano nelle vicinanze degli stabilimenti inglesi e due loro navi, la ''Intrepid''<ref>I borbonici dubitavano della nazionalità degli sbarcati, volendo essere certi che non fossero inglesi chiesero lumi all'Intrepid rallentando l'azione, si veda anche {{Cita|Montanelli|p. 358}}.</ref> e la ''Argus'' al cui comando vi era Winnington-Ingram, già conosciuto da Garibaldi ai tempi di Montevideo. Alla prima imbarcazione se ne aggiunse un'altra, la ''Partenope'' con 60 cannoni.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 245}}.</ref> Il bombardamento iniziò in ritardo permettendo lo sbarco dei rivoltosi.
L'arrivo in Sicilia delle truppe di Garibaldi era stato previsto dallo stesso Francesco II di Borbone che aveva avvertito il principe di Castelcicala, il rappresentante del re in Sicilia, intorno a Marsala.<ref name="cita-Possieri-p168">{{Cita|Possieri|p. 168}}.</ref> Giunti nell'isola, Garibaldi si proclamò dittatore della Sicilia in nome di [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]], da lui appellato ''[[re d'Italia]]''.<ref>L'appellativo di "dittatore" è da riferirsi alla figura del ''[[Dittatore romano|dictator]]'', una magistratura dell'[[Repubblica romana|antica Repubblica Romana]] cui erano assegnati pieni poteri per risolvere emergenze.</ref> Dopo lo sbarco sull'isola, il 12 maggio 1860 lasciarono la città. A [[Salemi]] issò personalmente sulla cima di una delle tre torri del castello arabo-normanno la bandiera tricolore proclamando [[Salemi]] ''la prima capitale d'Italia'', titolo che mantenne per un giorno. In quella città proclamò la [[Dittatura di Garibaldi|dittatura]] "in nome di Vittorio Emanuele II re d'Italia".
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Si uniranno a lui il barone [[Stefano Triolo]] di Sant'Anna con circa sessanta persone e i ''[[Picciotto|picciotti]]'', circa 500, (che vennero poi chiamati da Garibaldi ''i [[Cacciatori dell'Etna]]''<ref>{{cita libro|Marco|Monnier, tradotto da Rocca Escalona|Garibaldi: rivoluzione delle due Sicilie, prima versione dal francese, corredata di rettifiche e giunte, p. 161|1861|A. Detken|}}</ref>). Il generale [[Francesco Landi (generale)|Francesco Landi]], avvertito, con l'aiuto del maggiore [[Michele Sforza]] e del [[VIII battaglione Cacciatori]], inviò delle forze in ricognizione e ingaggiò battaglia con gli invasori.<ref>Le cronache della battaglia elogiano [[Daniele Piccinini]] e [[Augusto Elia]], ferito in battaglia, che difesero Garibaldi: al secondo il nizzardo rivolgerà la parola nello scontro: «Coraggio, mio Elia, di queste ferite non si muore» {{cita libro|Augusto |Vittorio Vecchj |La vita e le gesta di Giuseppe Garibaldi, p. 431|1882| N. Zanichelli|}}</ref>
La [[battaglia di Calatafimi]] vide la ritirata delle truppe borboniche, anche se lo scontro terminò con pari perdite<ref>{{Cita|Mino|pp. 301-302}}.</ref>, fra le quali quella del camoglino [[Simone Schiaffino]] che i borbonici confusero con lo stesso Garibaldi<ref>{{Cita|Scirocco|p. 250}}.</ref>. Durante lo scontro sono diverse le frasi che si attribuiscono pronunciate dall'eroe: «''I Mille non hanno bandiera''» (quando venne perso il tricolore) e «''Qui si fa l'Italia o si muore''», la celebre risposta data a Bixio che chiedeva di ritirarsi; alcuni sostengono che abbia proferito invece «''Ritirarci, ma dove?''»<ref>{{Cita|Mino|p. 300}} e {{Cita|Scirocco|p. 249}}.</ref>. A Calatafimi, Garibaldi rischiò di essere ucciso da un cacciatore borbonico che era sopraggiunto alle sue spalle, ma [[Augusto Elia]] gli salvò la vita, frapponendo il suo corpo alla pallottola destinata al generale<ref>''Dizionario del Risorgimento Nazionale'' – Volume IV – Pagg. 5-6 - Vallardi - Milano</ref>.
Garibaldi quindi finse di recarsi a [[Corleone]] dove inviò il colonnello [[Vincenzo Giordano Orsini]] con i vari carri<ref name="cita-Possieri-p168"/> mentre si diresse verso [[Palermo]], ingannando in tal modo il colonnello svizzero [[Johann Lucas von Mechel]] che aveva attaccato le truppe di [[Rosolino Pilo]], che pur vittorioso perì nello scontro. Intanto era giunto il generale [[Alessandro Nunziante]] in aiuto del nuovo commissario straordinario Lanza.
Il 22 giugno giunse a [[Castellammare del Golfo]] cittadina che in seguito organizzerà la prima ribellione contro il nuovo Regno d’Italia. Tale evento venne denominato [[rivolta contro i cutrara]].▼
Il 26 Garibaldi con i suoi uomini, ora circa 750, giunse vicino a Palermo e ricevette i rinforzi di [[Giuseppe La Masa]]; la sera stessa attaccò la città entrando da [[Porta Termini]], raggiungendo alle sei del mattino del 27 maggio piazza della Fieravecchia. Si combatté per diversi giorni, e in aiuto avvenne l'[[insurrezione di Palermo (1860)|insurrezione popolare]]; poi, iniziati gli incontri fra Garibaldi e il generale [[Giuseppe Letizia (generale)|Giuseppe Letizia]],<ref>Fra i due il 6 giugno venne stabilita una convenzione che prevedeva fra l'altro la consegna dei malati e feriti e la liberazione di sette detenuti a Castellamare, si veda: {{cita libro|Giuseppe |Da Forio |Vita di Giuseppe Garibaldi, Volume 2 p. 66|1862 |Perrotti|}}</ref> che rappresentava Landi, dopo vari [[Armistizio|armistizi]] il 6 giugno 1860 Landi si arrese lasciando la città ai rivoltosi. Nei giorni trascorsi vari episodi di violenza nella città da parte dei fedeli al nizzardo portarono Garibaldi a decretare la [[pena di morte]] per determinati reati.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 256}}.</ref>
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Il 4 giugno chiamò ''esercito meridionale'' i suoi uomini, mentre il 13 sciolse i gruppi dei picciotti. Era rimasto senza adeguate risorse, ma giunsero vari rinforzi a partire da [[Carmelo Agnetta]] giunto il 1º giugno con i suoi 89 uomini, Salvatore Castiglia, [[Enrico Cosenz]] e [[Clemente Corte]].<ref>Alla fine furono più di 20 le spedizioni. {{Cita|Possieri|p. 173}}. Per un resoconto dettagliato dei rinforzi si veda: {{cita libro|G.|Maculay Trevelyan|Garibaldi e la formazione dell'Italia (appendice B), pp 376-380|1913|Zanichelli|Bologna}}</ref> Le donne palermitane tesserono la nuova bandiera dell'esercito: un drappo nero ornato di rosso con l'effigie di un vulcano al centro.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 266}}.</ref>
Giunse il generale [[Tommaso Clary]] e inviò il colonnello [[Ferdinando Beneventano del Bosco]], vice in passato di Von Mechel, a [[Battaglia di Milazzo (1860)|Milazzo]]: il 20 luglio ci fu lo scontro. Inizialmente Garibaldi dava ordini dal tetto di una casa, poi scese nella mischia e infine salì sull'unica loro nave a disposizione, la ''Tükory''<ref>Si trattava in origine della corvetta dei napoletani, chiamata ''Veloce'' con 10 cannoni, si veda anche {{Cita|Possieri|p. 174}}.</ref> e cannoneggiando la città ottenne il ritiro delle truppe nemiche. La vittoria costò ai soldati di Garibaldi 800 fra morti e feriti.<ref>Le perdite dei borbonici furono molto sostenute, 4 0 5 volte inferiori rispetto a quelle sostenute dall'esercito di Garibaldi, si veda: {{cita libro|Augusto|Vittorio Vecchj |La vita e le gesta di Giuseppe Garibaldi, p. 170 e sg.|1882| N. Zanichelli|}}, {{cita libro|Piero|Pieri|Storia militare del Risorgimento (Seconda edizione), p. 682|1962|Einaudi|}}, {{Cita|Scirocco|p. 281}}.</ref>
▲Il 22 giugno giunse a [[Castellammare del Golfo]] cittadina che in seguito organizzerà la prima ribellione contro il nuovo Regno d’Italia. Tale evento venne denominato [[rivolta contro i cutrara]].
[[File:Le Gray, Gustave (1820-1884) - Palerme. Portrait de Giuseppe Garibaldi, juillet 1860.jpg|thumb|left|Garibaldi fotografato a Palermo nel luglio 1860]]
Il 27 luglio Garibaldi giunse a [[Messina]]. Lo stesso giorno ricevette una lettera dal conte [[Giulio Litta Modignani]] il mittente era Vittorio Emanuele, nella missiva si leggeva una richiesta a desistere nell'impresa di sbarcare sul territorio napoletano,<ref>Della missiva esistono varie versioni, in una di esse si legge: «Per cessare la guerra fra Italiani ed Italiani io la consiglio a rinunziare all'idea di passare colla sua valorosa truppa sul continente Napoletano» stralcio della missiva, contenuto integrale in {{cita libro|Cavour |Camillo Benso |Carteggi: Il carteggio Cavour-Nigra dal 1858 al 1861, (volume IV), p. 98|1961 |Zanichelli|Bologna}}</ref> a questa prima seguì una seconda, letta a voce o consegnata<ref>Gli storici dubitano della veridicità in quanto la seconda missiva fu resa pubblica soltanto nel 1909, si veda {{Cita|Mino|p. 331}} fra le ipotesi avanzate quella di [[Giacomo Emilio Curatolo]], dove suggerì che la missiva fosse stata intercettata da Cavour, si veda anche {{cita libro|Giacomo Emilio|Curatolo|Garibaldi,Vittorio Emanuele, Cavour nei fasti della patria pag 163|2006|Zanichelli|Bologna}}. Inoltre Ridley in {{cita libro|Jasper Godwin|Ridley|Garibaldi, pp. 552|1975|Mondadori|}} nota come ancora nel 1909 fosse sigillata e quindi ancora non letta, mentre Curatolo suppone fosse stata aperta con un tagliacarte ai margini.</ref> un suggerimento di non seguire l'ordine impartitogli.<ref>La risposta suggerita era: «Dire che il Generale è pieno di devozione e di reverenza pel Re, che vorrebbe poter seguire i suoi consigli, ma che i suoi doveri verso l'Italia non gli permettono di impegnarsi a non soccorrere i napoletani» stralcio della missiva, contenuto integrale in {{Cita|Mino|p. 331}}.</ref> in ogni caso Garibaldi rispose, sempre il 27 luglio, negativamente alla richiesta espressa.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 280}}.</ref>
Il 1º agosto anche [[Siracusa]] e [[Augusta (Italia)|Augusta]] vennero liberate.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 271}}.</ref> Tempo prima aveva formato un governo con 6 dicasteri che divennero 8. Il 7 giugno, abolì la [[tassa sul macinato]], pretese che parte del demanio dei comuni venisse diviso fra i combattenti, fondò un istituto militare dove venivano raccolti i ragazzi abbandonati e diede un sussidio alle famiglie in povertà della città di Palermo, cercando nel frattempo l'appoggio dei ceti dominanti. Chiese l'invio di [[Agostino Depretis]] a cui venne affidato l'amministrazione civile, mentre Cavour si preoccupava per le intenzioni del nizzardo.<ref>Cavour e Garibaldi avevano progetti diversi sull'isola: mentre il primo sollecitava l'acquisizione dell'isola al potere di Vittorio Emanuele, il secondo voleva più tempo a disposizione per farne una base per la liberazione del resto del mezzogiorno, si veda {{Cita|Scirocco|p. 274}}.</ref>
I contadini di [[Bronte]] insorsero contro i possidenti, uccidendone una quindicina nell'attacco; il [[Agente consolare|console]] inglese a [[Catania]] si interessò della questione,<ref>La ducea di Bronte, costituita nel 1798, era stata concessa a Nelson come ringraziamento dei servigi resi, il console inglese temeva per la sorte di tali possedimenti come in {{Cita|Mino|p. 327}}.</ref> per cui venne inviato il colonnello [[Giuseppe Poulet]] che risolse il tutto pacificamente.<ref>{{cita libro|Antonino |Radice |Risorgimento perduto: origini antiche del malessere nazionale pag 297|1995 |De Martinis||isbn = 978-88-8014-023-8}}</ref> Il console non gradì il gesto,<ref>{{Cita|Scirocco|p. 278}}.</ref> e venne inviato Bixio in quella che definirà in una lettera alla moglie come «missione maledetta»<ref>Lettera del 17 agosto 1860 in {{cita libro|Nino|Bixio, a cura di E. Morelli|Epistolario (volume I) p. 387|1939 |De Martinis|Roma}}</ref> portando l'arresto di 300 persone, una multa imposta alle famiglie, anche le più abbienti, e la fucilazione di 5 persone, il 10 agosto.<ref>Le persone erano: l'avvocato don Nicolò Lombardo, Nunzio Samperi, Nunzio Spitaleri, Nunzio Longhitano e Nunzio Ciraldo come in {{cita libro|Benedetto |Radice |Nino Bixio a Bronte, p. 167|1963|S. Sciascia|}}</ref>
[[File:Napoli Castel Nuovo museo civico - ingresso di Garibaldi a Napoli - Wenzel bis.jpg|thumb|Ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860 (Napoli, Museo civico di Castel Nuovo)]]
[[File:Garibaldi naples anniversary.jpg|thumb|Manifesto in dialetto napoletano celebrante l'anniversario dell'ingresso di Garibaldi a Napoli]]
Garibaldi tentò i primi attacchi alla penisola senza successo: l'8 agosto [[Benedetto Musolino]] attraversò lo [[Stretto di Messina|Stretto]] a capo di una spedizione di 250 uomini,<ref>{{cita libro|Nicola |Fano |Castrogiovanni, pag 134|2010|Baldini Castoldi Dalai||isbn = 978-88-6073-536-2}}</ref> ma l'assalto al [[forte di Altafiumara]] venne respinto e i garibaldini costretti a rifugiarsi sull'[[Aspromonte]], mentre la Tükory fallì l'arrembaggio al ''Monarca'' che si trovava ancorato al [[porto di Castellammare di Stabia]] il 13 agosto 1860. A bordo dei due piroscafi, giunti dalla Sardegna, il ''Torino'' e il ''Franklin'' Garibaldi e i suoi uomini sbarcarono a [[Melito di Porto Salvo|Mèlito Porto Salvo]] (vedi: [[Sbarco a Melito]]), vicino a Reggio ([[Calabria]]), il 19 agosto 1860.<ref>{{Cita|Possieri|p. 177}}, 1200 salirono sulla Franklin con Garibaldi, 3000 sul Torino con Bixio che però si arenò, per i particolari anche del soccorso al Torino si veda {{Cita|Montanelli|p. 393}}.</ref>
Aggirarono e sconfissero i borbonici, comandati dal generale [[Carlo Gallotti]], nella [[battaglia di Piazza Duomo]] a [[Reggio Calabria]] il 21 agosto.<ref>Le condizioni della resa si leggono in: {{cita libro|Indro|Giuseppe | La Masa e Giuseppe Garibaldi |Alcuni fatti e documenti della rivoluzione dell'Italia meridionale del 1860 riguardanti i Siciliani e La Masa pp. 229-230|1861|S. Franco e figli|}}</ref> I due generali borbonici [[Fileno Briganti]] e [[Nicola Melendez]] forti di quasi {{formatnum:4000}} uomini, senza l'appoggio di [[Giuseppe Ruiz de Ballesteros]], si arresero a Garibaldi il 23 agosto 1860.<ref>{{Cita|Scirocco|pp. 285-286}}, si veda anche {{cita libro|Giuseppe |Ruiz de Ballestreros |Di taluni fatti militari negli ultimi rivolgimenti del reame delle Due Sicilie, p. 454|1868 |Tip. di L. Gargiulo|}}</ref> Briganti venne ucciso dai suoi stessi soldati.<ref>si veda {{Cita|Mino|p. 338}} e {{cita libro|Mario |Montanari |Politica e strategia in cento anni di guerre italiane: Il periodo risorgimentale (Volume 1), p. 454||Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico |}}</ref> Il 30 agosto ebbero la meglio sul generale [[Giuseppe Ghio]].<ref>Raggiunse le truppe che si stavano dirigendo al nord mentre gli insorti gli sbarrarono la strada. Il tutto si svolse nei pressi di [[Soveria]]. Si veda: {{Cita|Mino|p. 338}}.</ref> Il 2 settembre l'[[Esercito meridionale]] arrivò in [[Basilicata]] a [[Rotonda (Italia)|Rotonda]] (la prima provincia continentale del regno a insorgere contro i Borboni),<ref>[[Tommaso Pedio]], ''La Basilicata nel Risorgimento politico italiano (1700-1870)'', Potenza, 1962, p. 109</ref> e cominciò una rapida marcia verso nord, che si concluse, il 7 settembre, con l'ingresso in [[Napoli]].<ref>{{Cita|Smith|p. 123}}.</ref>
La capitale era stata abbandonata dal re [[Francesco II delle Due Sicilie|Francesco II]] il 5 settembre, mentre quasi tutta la sua flotta si era arresa.<ref>Partito sulla nave da guerra il ''Messaggero'', di tutta la sua flotta soltanto la ''Partenope'' restò fedele al re. Si veda: {{Cita|Possieri|p. 178}}, per approfondimenti {{cita libro|Raffaele|De Cesare|La fine di un regno, pag 928|1969|Longanesi|}}</ref> Garibaldi aveva scelto [[Caserta]] per dispiegare le sue forze; nel frattempo, in una sua breve assenza, il 19 settembre 1860 Turr inviò trecento uomini a [[Caiazzo]]; il dittatore, tornando, decise di rinforzare il presidio con altri 600 uomini,<ref>{{cita libro|Piero|Pieri|Storia militare del Risorgimento, seconda edizione, pp 702|1962|Einaudi|Torino}}</ref> contro i {{formatnum:7000}} soldati borbonici che attaccarono il 21 settembre; non saranno sufficienti: le perdite ammonteranno fra morti, feriti e prigionieri a circa 250. Il generale [[Giosuè Ritucci]] prese il comando delle truppe borboniche. Utilizzerà circa {{formatnum:28000}} soldati nell'attacco sferrato il 1º ottobre<ref>Ritardò la data che era fissata in precedenza il 28 settembre, come da {{Cita|Scirocco|p. 295}}.</ref>. Il nizzardo nella battaglia utilizzò strategicamente la ferrovia: viaggiava in carrozza e quando il veicolo venne attaccato lui continuò a piedi per dare ordini alle truppe. [[Johann Lucas von Mechel]], ora generale, che doveva appoggiare con le sue truppe quelle di Ritucci, venne fermato da Bixio, e si ritirarono, mentre le truppe di Giuseppe Ruiz de Ballesteros fermarono la loro avanzata. Garibaldi decise di richiamare circa {{formatnum:3000}} soldati stanziati a Caserta<ref>Lasciando praticamente senza difese la città, si veda {{Cita|Scirocco|p. 296}}.</ref> e divise gli uomini inviandone una metà a Sant'Angelo attaccando i borbonici alle spalle comandati da [[Carlo Afan de Rivera]], respingendo l'assalto. La [[battaglia del Volturno]]<ref>A dispetto del nome dato il fiume non divideva mai i due schieramenti, si veda {{Cita|Mino|p. 349}}.</ref> vide perdite maggiori fra le file dei garibaldini: quasi {{formatnum:1900}} contro i {{formatnum:1300}},<ref>{{formatnum:1600}} fra morti e feriti a cui si aggiunsero 250 prigionieri, per i borbonici si contarono {{formatnum:1220}} fra morti e feriti a cui si aggiunsero 74 prigionieri. Si contarono {{formatnum:2089}} prigionieri borbonici il giorno dopo, si veda per resoconti {{cita libro|Piero |Pieri |Storia militare del Risorgimento, seconda edizione, pp 711-726|1962 |Einaudi|Torino}}</ref> ma il giorno dopo vennero catturati poco più di {{formatnum:2000}} soldati borbonici, disorientati, non avendo ricevuto nuove istruzioni.
Dopo le votazioni per il [[Plebisciti risorgimentali|plebiscito]] che si tennero il 21 ottobre,<ref>I sì furono {{formatnum:1302064}} e i no {{formatnum:10312}}, nella Sicilia {{formatnum:432053}} i sì contro 677. Si veda {{cita libro|Romeo|Rosario |Vita di Cavour, pag 483|1984 |Laterza||isbn = 978-88-420-2523-8}}</ref> Garibaldi approfittò della vittoria di [[Enrico Cialdini]] sul generale borbonico [[Luigi Scotti Douglas|Scotti Douglas]] per superare il [[Volturno]] il 25 ottobre; incontrò Vittorio Emanuele II il 26 ottobre 1860, lungo la strada che portava a [[Teano]],<ref>Al quadrivio di Taverna della Catena presso [[Vairano Patenora|Vairano]], dove si incrociano le strade di Cassino-Calvi e Venfaro-Teano, si veda: {{Cita|Possieri|p. 182}}. Venne definito come l'incontro fra i due re, si veda Punch, Volume 38, p. 199</ref> e gli consegnò la sovranità sul [[Regno delle Due Sicilie]]. Garibaldi accompagnò poi il re a Napoli il 7 novembre e, il 9 novembre si ritirò nell'isola di [[Caprera]], partendo con il piroscafo americano ''Washington'', dopo aver ringraziato l'ammiraglio [[George Mundy]].<ref>Rifiutò un castello e un piroscafo come ricompensa da parte del re. Si veda {{Cita|Mino|p. 362}}.</ref>
Desideroso di presentare il progetto di istituzione di una guardia nazionale mobile, dove sarebbero confluiti i volontari dai 18 ai 35 anni, si recò nella capitale. Il 18 aprile 1861 giunto alla camera, nel suo discorso,<ref>Alle sue parole Fanti e Cavour si risentirono, [[Urbano Rattazzi]] sospese per pochi minuti per il tumulto suscitato si veda {{Cita|Scirocco|p. 309}} e {{Cita|Mino|pp. 370-371}}.</ref> affermò che il brigantaggio nel mezzogiorno era dovuto in parte allo scioglimento dell'esercito meridionale, avvenuto poco tempo prima, e ne chiedeva la ricostituzione. Inoltre Garibaldi ravvisava nel brigantaggio «una questione sociale, la quale non si poteva risolvere con il ferro e con il fuoco»,<ref name="Luigi Palomba">Ricordo di Francesco Crispi in onore di Garibaldi, in ''Nuova Antologia'' del 15 giugno 1882. Luigi Palomba, ''Vita di Giuseppe Garibaldi'', E. Perino, 1882, p. 796</ref> individuandone i responsabili nel governo e nella borghesia. Secondo una testimonianza di Crispi, Garibaldi, amareggiato da questa guerra fratricida, quando gli riferirono che i briganti non accennavano ad arrendersi nonostante le misure drastiche del governo, avrebbe esclamato: «quanto eroismo miseramente sciupato! cotesti uomini, traviati dal delitto, sarebbero stati soldati valorosi all'appello della patria!»;<ref name="Luigi Palomba" /> ritornò quindi a Caprera.
=== Guerra di secessione americana ===
{{vedi anche|Unione (guerra di secessione americana)#Giuseppe Garibaldi}}
Nella primavera del 1861, mentre le truppe unioniste collezionavano una serie di pesanti insuccessi nei confronti delle truppe confederate, il colonnello [[Candido Augusto Vecchi]] scrisse al giornalista statunitense [[Henry Theodore Tuckerman]]<ref>In seguito al suo articolo apparso sul ''[[North American Review]]'', si veda {{Cita|Scirocco|p. 311}}.</ref> ipotizzando una partecipazione del generale alla guerra civile americana. Il 2 maggio era apparsa sul ''[[New York Daily Tribune]]'' una lettera scritta in argomento dal Nizzardo. Il console statunitense ad [[Anversa]], [[James W. Quiggle]],<ref>{{cita libro|Alfredo|de Donno|L'Italia dal 1870 al 1944: cronistoria commentata (Volume 1) pag 127|1945|Libreria politica moderna|}}</ref> l'8 giugno scrisse a Garibaldi, offrendogli un posto di comando nell'esercito nordista. L'[[ambasciatore]] [[Stati Uniti d'America|statunitense]] [[Henry Shelton Sanford]] volle accertarsi delle vere intenzioni del generale, che intanto aveva scritto su tale questione a [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele]].
Le richieste avanzate dal Nizzardo riguardavano un impegno deciso per l'emancipazione degli schiavi e l'essere nominato comandante in capo di tutto l'esercito:<ref>Gli fu offerto il comando di una divisione, si veda {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni|Garibaldi (seconda edizione), pag 626|1882|G. Barbèra|Firenze}} in quanto il capo dell'esercito era il presidente stesso: per questo la condizione posta era inaccettabile. Si veda {{Cita|Mino|p. 376}}.</ref> con queste premesse, la trattativa si arenò. Nell'autunno del 1862 Canisius, console americano a [[Vienna]], riprese i contatti; tuttavia Garibaldi, ferito e reduce dall'[[Giornata dell'Aspromonte|Aspromonte]], si trovava detenuto a [[Varignano]] e in caso di accettazione si sarebbe prospettato un delicato caso diplomatico. Seguirono passi da parte di [[William H. Seward]], segretario di stato di [[Abraham Lincoln]], per far decadere senza esito la proposta.<ref>Fonte: [[Herbert Mitgang]], storico e editorialista del [[The New York Times]], al quale si deve una ricostruzione dettagliata della vicenda</ref>
=== Mancata liberazione di Roma ===
{{vedi anche|giornata dell'Aspromonte}}▼
[[File:Images nypl orgCA8SEIID.jpg|thumb|Garibaldi a Roma. Schizzo realizzato da [[George Housman Thomas]] durante l'[[Assedio di Roma (1849)|assedio di Roma]].]]
[[File:Monumento a Giuseppe Garibaldi Roma Gianicolo 77-2.jpg|thumb|Monumento di Roma, piazzale del Gianicolo, dettaglio.]]
▲{{vedi anche|giornata dell'Aspromonte}}
[[File:Marco Monaco.jpg|miniatura|Pisa, Piazza Garibaldi, dettaglio dell'arrivo a Pisa dopo il ferimento sull'Aspromonte]]
[[File:
[[File:Garibaldi Enna.jpg|miniatura|sinistra|Testimonianza del passaggio ad Enna di Garibaldi]]
Per l'intera esistenza Garibaldi colse ogni occasione per liberare [[Roma]] dal [[potere temporale]]; grazie al successo passato, nel 1862, organizzò una nuova spedizione, senza considerare che [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]], l'unico alleato del neonato [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], proteggeva Roma stessa. Il 27 giugno 1862 Garibaldi si era imbarcato sul ''Tortoli'' a [[Caprera]] per la [[Sicilia]]. Durante un incontro commemorativo della spedizione dei mille, si convinse a marciare verso Roma<ref>Nel suo discorso, proclamato dal balcone del conte Mario Grignani, disse «Sì, Roma è nostra» al che la folla rispose «Roma o morte», si veda: {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni con Campanella Collection|Garibaldi: libro di lettura per il popolo italiano, pag 324|1912|G. Barbèra|}} e {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 389|1982|Mursia|}}</ref> (vedi anche: ''[[Roma o morte (frase)|Roma o morte]]'') e trovò {{formatnum:3000}} uomini nei pressi di [[Palermo]] pronti a seguirlo. Il
Prese due navi, la ''Dispaccio'' e la ''Generale Abbatucci'', partendo di sera, costeggiando gli scogli, eluse le navi di [[Giovanni Battista Albini]]. Il 25 agosto 1862, alle 4 del mattino, sbarcava in Calabria, fra [[Melito di Porto Salvo]] e [[capo dell'Armi]].<ref>{{Cita|Montanelli|p. 456}}.</ref> Con duemila uomini, continuò la marcia, non seguendo la costa per via del fuoco di una nave; si inoltrarono quindi per il massiccio dell'[[Aspromonte]]. La sera del 28 agosto si contarono {{formatnum:1500}} uomini; il 29 agosto si scontrarono con le truppe di [[Emilio Pallavicini]] a cui il governo di [[Torino]] aveva affidato circa {{formatnum:3500}} uomini.
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[[File:Garibaldi blessé à la bataille de l'Aspromonte, Gerolamo Induno.jpg|thumb|left|Garibaldi ferito nell'Aspromonte.]]
La cosiddetta [[giornata dell'Aspromonte]] fruttò al generale l'arresto. Venne imbarcato sulla pirofregata ''[[Duca di Genova (pirofregata)|Duca di Genova]]'', raggiungendo prima Scilla e poi il 2 settembre giunse a [[La Spezia]] venendo rinchiuso nel carcere militare del [[Varignano]].<ref>Venne alloggiato in un'ala della palazzina del comandante del carcere, contando altre cinque stanze per parenti e ufficiali che lo accompagnavano, si veda {{Cita|Scirocco|p. 324}}.</ref>. Fu curato dai medici [[Di Negro]], [[Ferdinando Palasciano|Palasciano]] e [[Agostino Bertani|Bertani]], ma, in considerazione della sua notorietà, accorsero al suo capezzale [[Richard Partridge]] da [[Londra]], [[Nikolaj Ivanovič Pirogov]] dalla [[Russia]] e [[Auguste Nélaton]] dalla [[Francia]]<ref>M.Pia Spaggiari- Luoghi, Personaggi, Episodi del Risorgimento nella Provincia della Spezia - pag. 73 - Ambrosiana Arti grafiche -</ref>.
Vittorio Emanuele, per festeggiare il matrimonio nel 1862 della figlia Maria Pia con Luigi I [[re del Portogallo]], [[amnistia|amnistiò]] i rivoltosi il 5 ottobre dello stesso anno. Garibaldi il 22 fu trasportato alla [[La Spezia|Spezia]] all'[[Palazzo dell'Ammiragliato (La Spezia)|Albergo "Città di Milano"]] e venne visitato da [[Auguste Nélaton]],<ref>{{Cita|Scirocco|p. 326}}.</ref> che gli applicò uno specillo di propria invenzione in porcellana, che aveva la proprietà di individuare il piombo. La cosa rese possibile al chirurgo fiorentino [[Ferdinando Zannetti]]<ref>{{Cita|Mino|p. 400}}.</ref> di operarlo il 23 novembre per estrarre la palla di fucile. L'operazione avvenne a Pisa nell’Albergo delle Tre Donzelle, nell’appartamento al primo piano, in cui alloggiava con i familiari e il suo seguito. Il 20 dicembre dello stesso anno, partì di notte, via Canale dei Navicelli, per non suscitare troppo clamore, data la presenza di tanti suoi sostenitori. Venne trasportato sulla nave Sardegna per Caprera. In seguito partì per l'[[Inghilterra]].<ref>Sul ''Ripon'' partì alla volta di [[Southampton]] arrivandoci il 3 aprile, l'11 a [[Londra]], ritornando a Caprera il 9 maggio si veda {{Cita|Scirocco|pp. 330-333}}.</ref>
Che il tentativo del 1862 fosse velleitario, lo provarono i successivi eventi del 1867.
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{{vedi anche|Terza guerra d'indipendenza italiana|invasione del Trentino (Garibaldi - 1866)|2º Reggimento Volontari Italiani|Corpo Volontari Italiani}}
[[File:Telegramma garibaldi Obbedisco.jpg|thumb|Il telegramma di Garibaldi.]]
[[File:Stone of Respicio Olmeda in Bilancioni.JPG|thumb|Lapide commemorativa del telegramma inviato da Garibaldi.]]
Il 6 maggio 1866 si formarono dei [[Corpo Volontari Italiani|Corpi Volontari]]: Garibaldi doveva assumerne il comando, ma invece di {{formatnum:15000}} persone previste si presentarono in {{formatnum:30000}} persone. Sul ''Piemonte'' il 10 giugno Garibaldi partì raggiungendo i suoi uomini. Alla fine si contarono {{formatnum:38000}} uomini e 200 cavalieri, ma di questi utilizzerà inizialmente solo {{formatnum:10000}}.<ref>{{Cita|Mino|pp. 412-413}}.</ref> Contro di lui il generale [[Kuhn von Kuhnenfeld]] con {{formatnum:17000}} uomini.<ref>{{Cita|Mino|p. 414}}.</ref> Doveva agire in una zona di operazioni secondaria, le prealpi tra [[Brescia]] e il [[Provincia autonoma di Trento|Trentino]], a ovest del [[Lago di Garda]], con l'importante obiettivo strategico di tagliare la via fra il Tirolo e la fortezza austriaca di Verona.
Ciò avrebbe lasciato agli Austriaci la sola via di [[Tarvisio]] per approvvigionare le proprie forze e fortezze fra Mantova e Udine. L'azione strategica principale era, invece, affidata ai due grandi eserciti di pianura, affidati a [[Alfonso La Marmora|La Marmora]] e a [[Enrico Cialdini|Cialdini]]. Garibaldi operò inizialmente a copertura di Brescia, dopo piccole vittorie del 24 giugno e quella del [[Battaglia di Ponte Caffaro|Ponte Caffaro]] il 25 giugno 1866. Il 3 luglio
Il 16 luglio respinse una manovra del generale nemico a [[Condino]]<ref>Fra i soldati di Garibaldi si contarono 28 morti e oltre 130 feriti, in {{Cita|Mino|p. 418}}.</ref>; il 21 luglio gli austriaci presero [[Battaglia di Bezzecca|Bezzecca]]; Garibaldi, avendo notato che i suoi uomini stavano ritirandosi, diede nuove disposizioni riuscendo a respingere l'avanzata e a far ritirare il nemico. Si apriva la strada verso [[Riva del Garda]] e quindi l'imminente occupazione della città di Trento. Salvo essere fermato dalla firma dell'[[armistizio di Cormons]]. Il 3 agosto ricevette con telegramma di abbandonare il territorio occupato<ref>Il telegramma iniziava con «Considerazioni politiche esigono imperiosamente la conclusione dell'armistizio per il quale si richiede che tutte le nostre forze si ritirino dal Tirolo, d'ordine del Re», si veda {{cita libro|Giuseppe|Guerzoni|Garibaldi, (seconda edizione) pag 462|1882|G. Barbèra|}}</ref> rispose telegraficamente: «Ho ricevuto il dispaccio nº 1073. Obbedisco».<ref>Come in {{Cita|Mino|p. 421}}, per questa sua risposta venne poi definito «rivoluzionario disciplinato», si veda: {{Cita|Possieri|p. 210}}.</ref> ''"[[Obbedisco]]"'' passò alla storia come un motto del Risorgimento italiano e simbolo della disciplina e dedizione di Garibaldi.
Il telegramma fu inviato dal garibaldino [[San Giovanni in Marignano|marignanese]] [[Respicio Olmeda in Bilancioni]] il 9 agosto 1866 da [[Bezzecca]], evento ricordato su una lapide collocata sulla facciata della sua casa natale in ''via Roma n. 79'' a [[San Giovanni in Marignano]] ([[Provincia di Rimini|RN]]). Il corpo dei volontari venne sciolto il 1º settembre; in seguito ci fu l'episodio di Verona.<ref>A Verona un uomo chiese a Garibaldi di battezzare il proprio figlio, secondo quanto racconta Guerzoni pronunciò le parole: «Io ti battezzo in nome di Dio e del legislatore Gesù. Possa tu divenire un apostolo del vero» in {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni|Garibaldi, (seconda edizione) pag 470|1882|G. Barbèra|}}, mentre secondo Felice Cavallotti si limitò a dargli un nome {{cita libro|Felice |Cavallotti |Collana dei martiri italiani: storia della insurrezione di Roma nel 1867, pag 23|1869 |Libreria Dante Alighieri|}}, cosa che ripeté ad Alessandria dando il nome di caduti ai bambini, in {{Cita|Mino|p. 424}}.</ref>
=== Seconda campagna per Roma ===
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Nel 1867, approfittando della popolarità derivatagli dalla [[Battaglia di Bezzecca|vittoria di Bezzecca]], Garibaldi stava ritentando l'impresa di invadere Roma. Promosse una raccolta che chiamò «Obolo della Libertà» contrapponendolo all'«Obolo di San Pietro», e si interessò al centro insurrezionale romano, formando un Centro dell'emigrazione con sede a Firenze.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 341}}.</ref> Partecipò al [[Congresso di Pace di Ginevra (1867)|Congresso internazionale della pace]], il 9 settembre 1867 a [[Ginevra]], dove venne eletto presidente onorario.<ref>Presentò una mozione in cui si leggeva: «Lo schiavo solo ha il diritto di far la guerra al tiranno. È il solo caso in cui la guerra sia permessa» {{Cita|Montanelli|pp. 513-514}}, testo completo (punto ''H'') in {{cita libro|Istituto per la storia del Risorgimento italiano|Rassegna storica del risorgimento, Volume 69 pag 166|1982|Instituto per la Storia Risorgimento Italiano|}}</ref>
Preparò un attacco contando sulla rivolta interna della città; dopo una serie di rimandi, senza l'appoggio dello stato, il 23 settembre partì da Firenze, ma il giorno dopo il 24 settembre 1867 venne arrestato. Il presidente del consiglio [[Urbano Rattazzi]] agì in tempo facendo arrestare Garibaldi a [[Sinalunga]], e portato nella [[Cittadella di Alessandria]]. 25 deputati protestarono per l'accaduto: essendo il nizzardo stato eletto nel Mezzogiorno, veniva a infrangersi l'immunità parlamentare<ref>{{Cita|Scirocco|p. 344}}.</ref> e i soldati che dovevano sorvegliarlo ascoltavano i suoi proclami dalla finestra della prigione.<ref>Parlava della presa di Roma: "Andremo a Roma, ma non colle vostre baionette, perché di tanto non sono degni" in {{Cita|Mino|p. 437}}.</ref> Venne poi portato il 27 settembre prima a Genova e poi a Caprera, isola in [[quarantena]] per colera,<ref>{{Cita|Smith|p. 193}}.</ref> dove era prigioniero, sorvegliato a vista e l'isola controllata dalla [[Regia Marina]].
Organizzò una rocambolesca fuga utilizzando [[Luigi Gusmaroli]] come suo sosia. Mentre l'uomo sostituì Garibaldi, il nizzardo lasciò l'isola il 14 ottobre stendendosi su un vecchio beccaccino comprato anni prima e nascosto. Giunse all'isolotto di Giardinelli, e, dopo aver guadato, arrivò a [[La Maddalena (isola)|La Maddalena]] alloggiando dalla signora Collins. Con [[Pietro Susini]] e [[Giuseppe Cuneo]] giunsero in Sardegna, dopo essersi riposati ripartirono il 16 ottobre e dopo aver viaggiato a cavallo per 15 ore, il 17 si imbarca raggiungendo in seguito [[Firenze]] il 20
Giunse il 29 a [[Castel Giubileo]] e dopo a [[Casal de' Pazzi]], il 30 sino all'alba del 31 rimase in vista di Roma ma non ci fu la rivolta che attendeva e ritirò le sue truppe.<ref>{{Cita|Mino|p. 444}}.</ref> Garibaldi non sapeva del proclama del re che aveva sedato gli animi rivoltosi,<ref>Il proclama iniziava con «Schiere di volontari, eccitati e sedotti dall'opera di un partito, senza autorizzazione mia né del mio Governo, hanno violato le frontiere dello Stato» come in {{cita libro|Pieri |Piero |Storia militare del Risorgimento, seconda edizione pag 778|1962|Einaudi|}}</ref> malgrado il sacrificio dei [[fratelli Cairoli]] ([[Scontro di Villa Glori]]) e il sacrificio a Roma della [[Giuditta Tavani Arquati|Tavani Arquati]] e di [[Giuseppe Monti (rivoluzionario)|Monti]] e [[Gaetano Tognetti|Tognetti]] decapitati nel 1868.
Decise di recarsi a Tivoli: la partenza era prevista il 3 novembre alle 3 di notte ma venne posticipata alle 11, erano circa in {{formatnum:4700}}<ref name="mino448">{{Cita|Mino|p. 448}}.</ref> giunti a Mentana incontrano i {{formatnum:3500}} pontifici guidati da [[Hermann Kanzler]]<ref name="mino448" />, ma riuscirono a farli retrocedere; sopraggiunsero quindi i {{formatnum:3000}} francesi guidati da [[Charles De Failly]]<ref name="mino448" />, dotati del fucile [[Chassepot]] a retrocarica in quella che verrà chiamata la [[battaglia di Mentana]]. Di fronte al fuoco Garibaldi continuò l'attacco<ref>«Venite a morire con me! Avete paura di venire a morire con me?» in {{Cita|Montanelli|p. 523}}.</ref> ma a una successiva carica annunciata venne fermato da Canzio,<ref>«Per chi vuol farsi ammazzare, generale? Per chi?» disse afferrandogli le redini del cavallo, si veda: {{cita libro|Anton Giulio |Barrili |Con Garibaldi alle porte di Roma pag 523|2007|Gammarò||isbn = 978-88-95010-15-1}}</ref> decise quindi il ritiro delle truppe.
Partì con un treno da Orte alla volta di Livorno, ma presso la [[stazione di Figline Valdarno]] venne nuovamente arrestato e rinchiuso a Varignano il 5 novembre, vi restò sino al 25 novembre, dopodiché tornò a Caprera. Come deputato si dimise nell'agosto del 1868.<ref>
=== Campagne in Francia ===
{{vedi anche|battaglia di Digione}}
Durante la [[guerra franco-prussiana]] del 1870-1871, Garibaldi offrì i suoi servigi alla neonata [[Terza Repubblica francese]].<ref>«Quanto resta di me è al vostro servizio. Disponete» disse inizialmente, inascoltato, si veda: {{Cita|Scirocco|p. 351}}.</ref> [[Joseph-Philippe Bordone]], con il battello ''Ville de Paris'', raggiunse la Corsica e, per ingannare la sorveglianza della marina italiana, continuò il viaggio su una piccola barca. Indi prese a bordo Garibaldi, che sbarcò a Marsiglia il 7 ottobre 1870,<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi e Franco Russo |Memorie... (Vol. 2 di Memorie), pag 502|1968 |Avanzini e Torraca|}}</ref> recandosi poi nella capitale provvisoria francese, [[Tours]]. I primi ordini di [[Léon Gambetta]] furono quelli di occuparsi di qualche centinaio di volontari; il nizzardo rifiutò di eseguire l'ordine,<ref>{{Cita|Scirocco|p. 351}}.</ref> ottenendo il comando delle truppe della cosiddetta «Armata dei Vosgi»,<ref>Decise di dividere gli uomini in 4 brigate: {{formatnum:1500}} uomini al comando di [[Joseph Bossack-Hauke]], 2.000 di Menotti, altre due, costituite in seguito, al comando di Ricciotti e [[Cristiano Lobbia]]. Gli effettivi combattenti sono stati circa {{formatnum:8000}}, in {{Cita|Mino|p. 463}}.</ref> i cui uomini furono inizialmente {{formatnum:4500}}.<ref>{{formatnum:4500}} a ottobre, {{formatnum:10000}} il mese successivo, {{formatnum:18000}} alla fine del 1870 e poi circa {{formatnum:19500}}. Si veda {{Cita|Scirocco|p. 352}}.</ref> Stabilì dunque il quartier generale a [[Dôle]] e poi l'11 novembre a [[Autun]].<ref>{{Cita|Mino|p. 464}}.</ref>
Nello stesso mese predispose una spedizione vittoriosa, compiuta da Ricciotti.<ref>Spedì il figlio con 800 uomini attaccando di sorpresa il nemico nella notte del 18 novembre sino al 19 novembre a [[Châtillon-Sur-Saône]] con gravi danni inflitti ai tedeschi, si veda per dettagli delle perdite nemiche: {{cita libro|Charles|de Saint-Cyr|Garibaldi. pag 245|1907|F. Juven|}}</ref> [[Digione]] intanto era caduta in mani tedesche, comandate da [[Augusto Werder]], e poi era stata abbandonata per l'avanzata delle truppe francesi. Sentenziò la pena di morte al colonnello Chenet perché abbandonò la sua postazione durante il combattimento, ma graziato dagli stessi francesi, la condanna non venne eseguita.<ref>Avrà parole dure per Garibaldi, si veda {{Cita|Mino|p. 467}}.</ref>
[[File:Garibaldi in Dijon.jpg|thumb|Garibaldi a Digione]]
Garibaldi occupò la città e la difese dall'attacco del 21 gennaio. Dopo tre giorni di combattimenti - in cui, per la prima ed unica volta in quella guerra, fu presa loro la bandiera - i prussiani si ritirarono.<ref>Quella del 61º reggimento di Pomerania, evento ricordato dalla [[Neue Freie Presse]] al momento della sua morte. Si veda {{Cita|Scirocco|p. 358}}. Venne trovata sotto una massa di cadaveri, in {{Cita|Guerzoni1|p. 575}}.</ref> Fra i {{formatnum:4000}}-{{formatnum:6000}} uomini prussiani le perdite furono circa 700.<ref>In seguito ci furono contrasti sugli effettivi di Garibaldi in quei giorni: durante tutta la battaglia non ebbe l'appoggio dei {{formatnum:17000}} uomini di [[Jean-Jacques A. Pellissier]] e gli effettivi furono circa {{formatnum:6000}} uomini. Werder affermò che se fosse stato Garibaldi a dirigere le truppe francesi non si sarebbe persa soltanto una bandiera. In {{Cita|Mino|pp. 471-473}}.</ref>
Il 29 gennaio venne stipulato un armistizio di alcune settimane, che non tenne conto della zona del sud-est e quindi dei soldati dell'Armata del Vosgi. Il 31 gennaio le truppe di Garibaldi vennero attaccate, il generale sottraendosi allo scontro diresse i suoi uomini in una zona compresa nell'armistizio. Quando terminò la guerra la sua armata fu l'unica che rimase sostanzialmente intatta, con minime perdite.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 354}} e {{Cita|Mino|p. 473}}.</ref>
Nel febbraio 1871, dopo la proclamazione della
[[File:Giuseppe Ugolini - Giuseppe Garibaldi - Museo del Tricolore.jpg|miniatura|Giuseppe Ugolini - Giuseppe Garibaldi - Museo del Tricolore]]
[[Victor Hugo]] si alzò a parlare in sua difesa, affermando che soltanto Garibaldi era intervenuto in difesa della Francia, al contrario di nazioni o re,<ref>«Un solo uomo ha fatto eccezione: Garibaldi», originale: «Un seul homme a fait exception: Garibaldi» in {{Cita|Scirocco|p. 357}} e per l'originale {{cita libro|von Fischer Poturzyn Krück|Maria Josepha|Garibaldi pag 323|||}}</ref> affermazione che suscitò aspre polemiche.<ref>Hugo viste le vive proteste successive alle dichiarazioni rese, si dimise dalle cariche parlamentari. In {{Cita|Possieri|p. 222}}.</ref>
{{Citazione|Dirò solo una parola. La Francia ha appena attraversato una terribile prova, dalla quale è uscita insanguinata e sconfitta. Si può essere sconfitti ed essere comunque grandi. La Francia lo dimostra. La Francia, sopraffatta dalla presenza delle nazioni, ha incontrato la codardia dell'Europa. Di tutte queste potenze europee, nessuna si levò a difendere questa Francia che aveva così spesso preso in mano la causa dell'Europa... Non un re, non uno Stato, nessuno! Dove le potenze, come si dice, non sono intervenute, beh, un uomo è intervenuto, e quell'uomo è una potenza. Quest'uomo, signori, cosa aveva? La sua spada. Non voglio ferire nessuno in questa Assemblea, ma dirò che è l'unico dei generali che hanno combattuto per la Francia a non essere stato sconfitto.|3=Je ne dirai qu’un mot. La France vient de traverser une épreuve terrible, d’où elle est sortie sanglante et vaincue. On peut être vaincu et rester grand. La France le prouve. La France, accablée en présence des nations, a rencontré la lâcheté de l’Europe. De toutes ces puissances européennes, aucune ne s’est levée pour défendre cette France qui, tant de fois, avait pris en main la cause de l’Europe… Pas un roi, pas un État, personne! Un seul homme excepté… Où les puissances, comme on dit, n’intervenaient pas, eh bien un homme est intervenu, et cet homme est une puissance. Cet homme, Messieurs, qu’avait-il? Son épée. Je ne veux blesser personne dans cette Assemblée, mais je dirai qu’il est le seul, des généraux qui ont lutté pour la France, le seul qui n’ait pas été vaincu.|lingua=fr}}
Fu impedito a Garibaldi di tenere il suo discorso all'Assemblea Nazionale e, per protesta, il giorno successivo si dimise.<ref>
=== Società protettrice degli animali ===
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=== Ultimi anni e morte a Caprera ===
[[File:Garibaldi being received by King Umberto I.jpg|thumb|left|L'incontro tra Garibaldi e [[Umberto I]]]]
Garibaldi coniò per l'[[Associazione
Garibaldi propose un piano ideato da [[Alfredo Baccarini]] per risolvere il problema delle continue inondazioni del [[Piene del Tevere a Roma|Tevere]] a Roma, che prevedeva lo scavo di un «porto-canale» a Fiumicino, collegando poi l'urbe direttamente al mare; tale progetto venne scartato per gli elevati costi (62 milioni di lire) che avrebbe comportato.<ref>Si veda: {{Cita|Possieri|p. 226}}.</ref> Nel giugno del 1872 [[Benedetto Cairoli]] propose una legge sul [[suffragio universale]], mentre Garibaldi il 1º agosto pubblicò un «Appello alla Democrazia».<ref>{{cita libro|Giuseppe|Garibaldi. A cura di Domenico Ciampoli|Scritti politici e militari Ricordi e pensieri inediti, pag. 627|1907|E. Voghera editore|Roma}}</ref> Intanto le sue condizioni di salute peggiorarono, soprattutto a causa dell'[[artrite]] deformante: dal 1873 ebbe bisogno delle stampelle e nel 1880 non poté praticamente più deambulare, dovendo quindi servirsi di una carrozzina.
Il 21 aprile 1879 convocò in congresso 92 personalità rappresentative della democrazia (ne intervennero in 62), in cui chiese l'abolizione del giuramento ed espresse il suo appoggio al suffragio universale.<ref>Si leggeva: «Chi ha l'obbligo di militare alla difesa della patria, deve anche avere il diritto di eleggere il sindaco del Comune e il deputato al parlamento. Questa è la base della giustizia sociale» in {{cita libro|Giuseppe|Garibaldi. A cura di Enrico Emilio Ximenes |Epistolario ... con documenti e lettere inedite, 1836-1882, pag. 261|1885|E. Voghera editore|Roma}}</ref> L'iniziativa ebbe seguito, il 26 aprile, con la formazione della [[Lega della Democrazia]] composta da 44 membri (dei quali 16 vennero nominati nella commissione esecutiva), che diede alle stampe un giornale omonimo. Il movimento avrà successo: alle elezioni di ottobre 1882 i votanti passarono da {{formatnum:620000}} a circa {{formatnum:2000000}}.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 377}}.</ref>
[[File:GaribaldiFam1878.jpg|thumb|La famiglia Garibaldi nel 1878]]
Parallelamente si dedicà alla stesura di romanzi: nel 1870 uscirono ''Clelia'', ambientato nel 1849 a Mentana, e ''Cantoni il volontario'', dedicato ad [[Achille Cantoni]], il volontario forlivese che gli salvò la vita nel corso della [[Battaglia di Velletri (1849)|
Il 2 dicembre 1874 [[Pasquale Stanislao Mancini]] propose al parlamento di concedere un vitalizio al condottiero; il 19 dicembre la Camera approvò la mozione (si contarono 307 si e 25 no), mentre il Senato fece altrettanto solo il 21 maggio 1875. La pensione era di {{formatnum:50000}} lire annue con l'aggiunta di una rendita. Garibaldi inizialmente rifiutò, per poi accettarla l'anno successivo.<ref>I motivi per cui accettò la pensione sono dibattuti dagli storici: chi parla delle condizioni economiche disastrose dei figli Menotti e Ricciotti, (il primo ricevette {{formatnum:20000}} lire che lo salvarono dalla bancarotta) - si veda {{Cita|Montanelli|p. 567}} - chi afferma che si risolse quando seppe che, a un nuovo rifiuto, i beni sarebbero andati a Giuseppina Raimondi - {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 493|1982|Mursia|}}. Quale che fosse il motivo, fu «il più amaro boccone che egli in vita sua abbia inghiottito» come afferma la White Mario ({{cita libro|Jessie| White Mario | Garibaldi e i suoi tempi pag 375|1907| Treves |}}); in precedenza per risollevare la propria situazione finanziaria aveva venduto il suo yacht per {{formatnum:80000}} lire, per poi affidare la somma a Antonio Bo, che preferì fuggire in America (come in {{Cita|Montanelli|p. 558}}). Guerzoni sostiene invece che, per il condottiero, i responsabili dovevano avere un «perpetuo rimorso nella coscienza» derivante dall'averlo costretto a tale gesto {{Cita|Guerzoni1|p. 595}}.</ref>
[[File:Atto morte garibaldi.jpg|sinistra|miniatura|Atto di morte di Giuseppe Garibaldi]]
Il 26 gennaio 1880 sposò la piemontese [[Francesca Armosino]]<ref>{{Cita web|url=https://www.antenati-italiani.org/it/registri/la-maddalena/stato-civile-italiano/26817-matrimoni-1880|titolo=Atto n. 1 parte II del 26 gen 1880
[[File:
Le sue ultime parole, secondo quanto assicurato in seguito da Francesca Armosino, furono: «Muoio con il dolore di non vedere redente Trento e Trieste».<ref>Indro Montanelli e Marco Nozza, ''Garibaldi'', Rizzoli, 1966, p. 606.</ref> Garibaldi, massone e anticlericale convinto, [[deismo|deista]] ma non [[ateo]]<ref name="Bonanni2008" /> inserì nel proprio testamento anche alcuni passaggi tesi a sventare eventuali tentativi di attribuirgli una conversione alla religione cattolica negli ultimi attimi della vita: {{citazione|Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena [[ragione]] oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di [[Tomás de Torquemada|Torquemada]]<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi|Giuseppe Armani|Memorie: con una appendice di scritti politici, pag 390|1982|Biblioteca universale Rizzoli|}}</ref>}}
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== Cronologia ==
[[File:GaribaldiParlamento1861WP.jpg|thumb|[[Torino]], 18 aprile 1861. Prima seduta del neocostituito Parlamento Nazionale in cui Garibaldi pronuncia un discorso contro il governo di [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]]]]
[[File:Targa Garibaldi Tyneside.JPG|thumb|Targa commemorativa del viaggio in [[Inghilterra]]]]
[[File:Lapide Garibaldi.jpg|thumb|Lapide dedicata a Garibaldi, situata a [[Catania]]]]
*1807: nasce a [[Nizza]];
*1821: è iscritto nei registri dei marinai;
*1824: primo viaggio in mare verso il [[Mediterraneo
*1833: a [[Taganrog]] entra in contatto con i mazziniani;
*1834: partecipa ai moti di Genova;
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*1864: si reca a [[Londra]], dove è accolto trionfalmente e incontra [[Henry John Temple, III visconte Palmerston]] e [[Giuseppe Mazzini]];
*1866:
**Partecipa alla
**Viene eletto alle elezioni politiche nel collegio di [[Lendinara]]-[[Occhiobello]], anche se poi optò per il suo vecchio collegio di [[Andria]], e al suo posto venne eletto [[Giovanni Acerbi]];
*1867:
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== Personalità ==
=== Il pensiero politico ===
Garibaldi non può definirsi propriamente un politico professante una precisa [[ideologia]]; in un'epoca in cui fiorivano molti ideali politici egli non aderì apertamente a nessuno di essi. Garibaldi attaccò il [[clericalismo]], il [[conservatorismo]], l'[[Assolutismo (politica)|assolutismo]] e qualsiasi ordinamento sociale che fosse basato sull'ingiustizia e la violenza. Del 1865 sono le sue parole:" Ma avete mai inteso che io appartenga a qualche partito? Io ho sempre inteso di appartenere alla nazione italiana" e nel 1867, in un congresso a Ginevra, chiariva: "Noi non vogliamo abbattere le monarchie per fondare repubbliche, ma vogliamo distruggere l'assolutismo per fondare sulle sue rovine la libertà e il diritto".<ref>A.M. Ghisalberti, Figure rappresentative del Risorgimento, Torino 1954, pp. 50-51</ref> Egli proclamò una protesta ideale sociale che tuttavia non gli fu riconosciuta dal filosofo anarchico [[Pierre-Joseph Proudhon]] che lo accusava di aver intrapreso, assieme a Mazzini, un'unificazione italiana sotto il segno della monarchia sabauda e quindi un'opera di [[centralizzazione]] dello Stato a scapito del [[federalismo]] rispettoso delle libertà locali delle diverse popolazioni italiane.<ref>
I maggiori protagonisti della storia risorgimentale italiana non lo riconobbero come un sostenitore dei loro programmi politici. Per [[Mazzini]], Garibaldi, dopo l'[[impresa dei Mille]], con la cessione delle sue conquiste al re era da considerarsi come un traditore<ref>Giacomo Emilio Curàtulo, ''Il dissidio tra Mazzini e Garibaldi: la storia senza veli. Documenti inediti'', A. Mondadori, 1928</ref> e a sua volta Garibaldi nel suo ''Memoriale'' giudica duramente Mazzini:
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Secondo lo storico [[Alfonso Scirocco]] Garibaldi è «un idealista senza ideologie» e « [...] un cittadino del mondo. ... sposò i grandi ideali di libertà di tutti i popoli, tanto che nel 1867 partecipò al Congresso della pace a Ginevra e inviò messaggi di solidarietà a tutti i paesi che combattevano per la libertà.»
Scirocco arriva ad accostare alla sua figura quella di [[Che Guevara]] anch'esso «''ricordato non come patriota che si è battuto per il suo popolo, ma come simbolo di libertà per tutti gli uomini della Terra''»<ref>
==== Garibaldi e Cavour ====
[[File:Garibaldiecavour.JPG|thumb|Garibaldi e [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]] intenti a costruire lo stivale (l'Italia) in una vignetta satirica del 1861]]
Garibaldi non ebbe mai rapporti sereni con [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]]. Da un lato, semplicemente non aveva fiducia nel pragmatismo e nella ''[[realpolitik]]'' di Cavour, ma provava anche risentimento personale per aver ceduto la sua città natale di [[Nizza]] alla Francia, nel 1860. Garibaldi confidò al suo medico curante [[Enrico Albanese]]: {{citazione|La patria non si baratta, né si vende per Dio! Quando i posteri esamineranno gli atti del governo e del Parlamento italiano durante il risorgimento italiano, vi troveranno cose da cloaca. Povera Nizza! Io feci male a non parlare chiaramente, a non protestare con energia, a non dire là in Parlamento, a Cavour, che era una canaglia, e a quei che ne volevano votare la rinunzia che erano tanto vili.<ref>[[Gigi Di Fiore]], ''Controstoria dell'Unità d'Italia'', BUR, 2010, p.27. Riportato dalla "Rivista Popolare" di [[Napoleone Colajanni (1847)|Napoleone Colajanni]], anno ottavo, numeri 16 e 17 del 20 settembre 1912, che pubblicò un numero unico dal titolo "Aspromonte (il più grande delitto della Monarchia Italiana)". La citazione si trova a pagina 55 della rivista.</ref>}}
==== La ''Lega della democrazia'' ====
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=== Garibaldi e l'unificazione italiana ===
{{citazione|Favorito dalla fortuna, io ebbi l'onore nei due mondi di combattere accanto ai primi soldati, ed ho potuto persuadermi che la ''pianta uomo nasce in Italia, non seconda a nessuno''; ho potuto persuadermi che quegli stessi soldati che noi combattemmo nell'[[Mezzogiorno (Italia)|Italia meridionale]], non indietreggeranno davanti ai più bellicosi, quando saranno raccolti sotto il glorioso vessillo emancipatore.<ref>Giuseppe Garibaldi, cit. in [[Martino Cellai]], ''Fasti militari della Guerra dell'Indipendenza d'Italia dal 1848 al 1862'', vol. 4, Tip. e litografia degli Ingegneri, 1867,
La figura di Garibaldi è assolutamente centrale nel quadro del [[Risorgimento|Risorgimento italiano]], ed è stata oggetto di numerose analisi storiografiche, politiche e critiche. La popolarità di Garibaldi, la sua capacità di sollevare le folle e le sue vittorie militari diedero non solo un contributo determinante all'unificazione dello Stato italiano, ma anche lo premiarono con una popolarità enorme tra i contemporanei – solo a titolo di esempio si possono citare le trionfali elezioni (nel 1860, poi nel 1861 al Parlamento subalpino e poi italiano) ovvero il trionfo che gli venne tributato a [[Londra]] nel 1864 – e presso i posteri.<ref>Schwegman, Marjan, "In Love with Garibaldi: Romancing the Italian Risorgimento", in ''European Review of History'', 12, no. 2 (Summer 2005): 383-401.</ref>
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=== Appartenenza massonica ===
[[File:Garibaldi massone.jpg|sinistra|miniatura|Giuseppe Garibaldi con le insegne di [[Sovrano grande ispettore generale]], 33º ed ultimo grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato]]
La carriera di Garibaldi nella [[massoneria]] cominciò con la sua iniziazione nel 1844 nella [[Massoneria|Loggia]] "Asil de la Vertud" a Montevideo<ref>Vittorio Gnocchini, ''L'Italia dei Liberi Muratori. Brevi biografie di Massoni famosi'', Roma-Milano, Erasmo Edizioni-Mimesis, 2005, p. 139.</ref>, afferente al Rito antico e primitivo di Memphis e Misraim, fondato da [[Cagliostro]].<ref>{{cita libro|titolo=I segreti della Massoneria in Italia dalla prima Gran Loggia alla P2|serie=I Volti della Storia|numero=438|editore=[[Newton Compton Editori]]|autore=[[Antonella Beccaria]]|
=== Interesse anglosassone per Garibaldi ===
[[File:Garibaldi visitta 1864 Inghilterra Charing Cross.JPG|thumb|upright=1.4|Garibaldi accolto a [[Charing Cross]], Londra (1864)]]
Già dal 1849, quando combatteva in difesa della [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana]], la figura di Garibaldi era molto famosa in Inghilterra, certamente più che in altri paesi europei e tali sentimenti di affetto e apprezzamento per l’Eroe dei due mondi sono confermati nel 1864 dalla straordinaria accoglienza che Garibaldi ricevette all’epoca della sua visita in Inghilterra, superiore a qualsiasi altro evento inglese ottocentesco, tranne, forse la processione per il giubileo della regina.<ref>Garibaldi’s defence of the Roman Republic, [[George Macaulay Trevelyan]], Longmans, 1912, preface to the first edition [https://archive.org/stream/garibaldisdefenc01trev#page/n7/mode/2up Garibaldi's defence of the Roman Republic ]</ref>
Secondo lo storico britannico [[George Macaulay Trevelyan|Trevelyan]] nell’Inghilterra del XIX secolo l’ammirazione per Garibaldi era originata dalle simpatie britanniche per la causa dell’indipendenza italiana, ma anche da alcune caratteristiche della personalità dell’Eroe dei due mondi, recepite particolarmente dagli anglosassoni, che vedevano in Lui il “rover”, l’errante di grandi spazi per terra e per mare, il combattente contro le avversità, il difensore degli oppressi, il patriota, l’uomo umano e generoso, tutte queste caratteristiche riunite in un solo uomo.
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L’interesse per Garibaldi era presente negli ambienti culturali anglosassoni già nel 1849, quando Hugh Forbes<ref>Garibaldi’s defence of the Roman Republic, George Macaulay Trevelyan, Longmans, 1912, appendix N – pagg. 349-351</ref> era al fianco di Garibaldi nella difesa della Repubblica Romana, lo stesso Forbes seguirà Garibaldi anche nella campagna del 1860-61, risalendo dalla Sicilia verso Napoli assieme ad altri ufficiali britannici: Percy Wyndham, John Dunne a capo di un battaglione di siciliani che lo chiamavano “Milordo”<ref>Garibaldi and the making of Italy, [[George Macaulay Trevelyan]] – page 64, 241</ref>, Peter Cunningham, [[John Whitehead Peard]], il “sosia” di Garibaldi con busto al [[Gianicolo]] e svariate decine di altri volontari, che saranno poi raggiunti dalla [[Legione Britannica]], corpo di circa 600 volontari partito con il maggiore Styles dal porto di [[Harwich]] per sbarcare a [[Napoli]] il 15 ottobre, prendendo parte in pratica ad un solo combattimento a Sant’Angelo alle mura di Capua, perché l’arrivo dell’esercito di [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele II]] porrà fine alla [[Spedizione dei Mille|impresa garibaldina]].<ref>Garibaldi and the making of Italy, George Macaulay Trevelyan, pages 259-260</ref>
Secondo ''The Illustrated London News'' del 20 ottobre 1860, il numero complessivo di volontari britannici partiti per raggiungere Garibaldi avrebbe raggiunto e superato il migliaio.<ref>
L’interesse degli inglesi per la causa italiana era favorito anche dalla presenza sul suolo britannico di esuli italiani, che assieme a [[Giuseppe Mazzini|Mazzini]] facevano conoscere agli anglosassoni i problemi dell’unità italiana, anche tramite associazioni come la “People’s International League” fondata nel 1847, sostituita dopo il 1856 dalla “Emancipation of Italy Fund Committee” con [[Aurelio Saffi]], [[Jessie White]] e [[Felice Orsini]] che effettuavano tour di conferenze per il pubblico anglosassone interessato.
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=== Garibaldi e il sosia inglese Peard ===
Anche se è poco noto, al [[Gianicolo]] di [[Roma]] tra i [[
Sbarcato in Sicilia con la
=== Cittadinanza onoraria ===
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=== Impiego linguistico ===
In italiano la parola ''garibaldino'', nata come sostantivo per indicare chi combatteva con il generale, è utilizzata anche come aggettivo, con il significato di ''audace'' ed ''eroico'', oppure riferito a imprese organizzate con molta passione, ma senza un'approfondita preparazione e senza grandi infrastrutture a supporto.
=== Appellativi ===
L'appellativo di "[[duce]]" era stato dato dai garibaldini al loro comandante, Garibaldi. La parola deriva dal latino ''[[Duce (storia romana)|dux]]'' "condottiero" o "guida", della [[storia romana]] (dal verbo ''ducere'', "condurre"), e com'è noto, sarà mutuata da [[Gabriele D'Annunzio]] per l'[[impresa di Fiume]] e infine da [[Benito Mussolini]], al quale è ormai legata nella storiografia politica e nell'immaginario.<ref>
Il soprannome ''eroe dei due mondi'' lo condivide con il generale francese eroe della [[
Garibaldi venne appellato dalla storiografia successiva anche come "braccio del Risorgimento", così come Mazzini ne era la "mente".<ref>
=== Impegno civile ===
Garibaldi, pur ritenendo lecita l'uccisione di nemici in battaglia
Come detto, il generale fu un grande amante della natura<ref>
Un altro grande impegno dell'eroe dei due mondi, come accennato, fu quello per la pace tra i popoli: nonostante le numerose guerre, egli riteneva lecito usare la forza militare solo per liberare le nazioni e difendersi dai nemici, manifestando altrimenti una forte convinzione [[Pacifismo|pacifista]] e [[Umanitarismo|umanitaria]].<ref>Nunzio Dell'Erba, ''L'eco della storia: Saggi di critica storica: massoneria, anarchia, fascismo e comunismo'', Universitas Studiorum, 2013, pag. 20</ref>
Garibaldi criticò le misure prese contro il [[brigantaggio postunitario]] dal nuovo governo italiano, come l'uso della legge marziale e la feroce repressione<ref>
=== Reparti militari ===
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*''[[Clelia, il governo dei preti]]'' (romanzo)<ref>https://www.liberliber.it/online/autori/autori-g/giuseppe-garibaldi/clelia-il-governo-dei-preti/</ref>
*''[[Lettere a Speranza von Schwartz]]''<ref>https://www.liberliber.it/online/autori/autori-g/giuseppe-garibaldi/lettere-a-speranza-von-schwartz/</ref>
*''Memorie''<ref>https://
*''
*''[[Poema autobiografico]]''<ref>https://www.booksandbooks.it/ebook-gratis/garibaldi-poema-autobiografico.html</ref>
*
=== Compagne di Garibaldi ===
Dopo la morte di Anita, Garibaldi intesse relazioni sentimentali con diverse donne. Si accompagnò con la nobile inglese Emma Roberts fino al 1856 e a lei intitolò una delle sue navi.<ref>{{Cita|Smith|p. 71}}.</ref> Altra donna ricordata dal Garibaldi era la contessa [[Maria Martini della Torre]], conosciuta a Londra nel 1854,<ref>Già unita in matrimonio con un altro uomo, la della Torre combatté con Garibaldi indossando la camicia rossa. Finirà rinchiusa in manicomio. {{Cita|Smith|p. 72}}.</ref> Di breve durata fu il rapporto con [[Paolina Pepoli]] vedova trentenne, nipote di [[Gioacchino Murat]].<ref>Per i dettagli si veda anche: {{cita libro|Gustavo |Sacerdote|La vita di Giuseppe Garibaldi: secondo i risultati delle più recenti indagini storiche, pag 600-601|1933|Rizzoli & c. |}}</ref>
La baronessa di origini inglesi [[Maria Esperance von Schwartz]], figlia di un [[Banca|banchiere]], [[Vedovanza|vedova]] del cugino del padre che si era suicidato,<ref>{{Cita|Montanelli|p. 277}}.</ref> vide per la prima volta il nizzardo nel 1849, poi nel 1857 giunse a Caprera e vi ritornò l'anno seguente, quando Garibaldi le chiese di diventare la madre dei suoi figli la donna volle rifletterci sopra.<ref>{{Cita|Montanelli|p. 283}}.</ref> In seguito i sentimenti si indebolirono, anche a causa di un'altra donna, Battistina Ravello, che serviva Garibaldi a Caprera. Da lei nel 1859 ebbe una figlia, chiamata Anita e battezzata con il nome di Anna Maria Imeni.
Altra donna importante nella vita di Garibaldi fu [[Giuseppina Raimondi]], la giovane ragazza colpì l'eroe per il coraggio dimostrato, i due si sposarono a [[Fino Mornasco]] il 24 gennaio 1860, ma presto<ref>Chi racconta sia stato il giorno stesso - all'uscire dalla porta della chiesa - come in {{Cita|Montanelli|p. 339}}, altri il 27-28 {{Cita|Scirocco|p. 230}}.</ref> ricevette una lettera che lo avvertì di un amante della donna,<ref>Il soldato [[Luigi Caroli]], forse autore della missiva, morirà in [[Siberia]] l'8 giugno 1865, si veda {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi (Storia, biografie, diari) pag 275-276|2006 |Mursia||isbn = 978-88-425-2997-2}}</ref> Garibaldi chiese alla donna se fosse vero quello che vi era scritto e Raimondi, già incinta, non negò nulla. Garibaldi, assistito da [[Pasquale Stanislao Mancini]]<ref name=":0">{{Cita pubblicazione|autore=Pasquale Tammaro|titolo=22. Il Matrimonio del generale (1880)|rivista=Massime dal Passato|accesso=29 ottobre 2021|url=https://massimedalpassato.it/22-il-matrimonio-del-generale-1880/}}</ref>, chiese l'[[annullamento del matrimonio]]. Il Tribunale di Roma, tuttavia, respinse la richiesta e i due impugnarono la sentenza alla Corte d'Appello di Roma, che con sentenza del 14 gennaio 1880<ref name=":0" /> dichiarava nullo il matrimonio.<ref>Solo grazie a quanto scoperto da [[Pasquale Stanislao Mancini]] osservando che all'epoca dei fatti vigeva il codice civile austriaco che ne permetteva l'annullamento, si veda {{Cita|Scirocco|p. 231}}.</ref>
Dal 1865 avrà il conforto di [[Francesca Armosino]], sua terza moglie, con cui aveva
=== Figli di Garibaldi ===
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[[File:Garib francesca armosino.jpg|thumb|Garibaldi con l'ultima moglie [[Francesca Armosino]]; nell'ultima parte della sua vita Garibaldi viene spesso fotografato da seduto, perché si trovava costretto a muoversi su una [[sedia a rotelle]]]]
Garibaldi, dalla prima moglie [[Anita Garibaldi|Anita]], morta nel 1849 presso [[Ravenna]], ebbe 4 figli<ref>Zeffiro Ciuffoletti, Arturo Colombo, Annita Garibaldi Jallet, ''I Garibaldi dopo Garibaldi: la tradizione famigliare e l'eredità politica'', P. Lacaita, 2005</ref>:
*[[Menotti Garibaldi|Domenico Menotti]]<ref>in onore di [[Ciro Menotti]], giustiziato nel 1831 a Modena. {{Cita|Possieri|p. 98}}.</ref> (16 settembre 1840 – 22 agosto 1903). Morì a Roma (per aver contratto la [[malaria]]) all'età di 62 anni.
*Rosa, detta Rosita (1843 – 23 dicembre 1845), morta per [[vaiolo]] all'età di 2 anni a [[Montevideo]].
*[[Teresa Garibaldi|Teresa]] (22 febbraio 1845 – 5 gennaio 1903), detta Teresita, in ricordo della sorella del padre morta in tenera età, moglie del Generale garibaldino [[Stefano Canzio]].
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È possibile che Garibaldi abbia avuto una figlia naturale, Giannina Repubblica Fadigati (8 ottobre 1868 – 24 novembre 1954), ufficialmente figlia del nobile cremonese Paolo Fadigati, amico e seguace di Garibaldi. La nascita di Giannina Repubblica non sarebbe stata frutto di un tradimento, ma di un vero e proprio accordo tra Garibaldi e i coniugi Fadigati: Paolo Fadigati sarebbe stato infatti un ammiratore talmente fervente dell'Eroe dei Due Mondi da voler ''"allevare un figlio di sangue garibaldino"''.<ref>G. Ghelli, ''La Garibaldina. Repubblica, figlia di due padri'', Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2010.</ref>
==
{{vedi anche|Giuseppe Garibaldi nella cultura di massa}}
=== Filatelia ===
Le emissioni filateliche realizzate in Italia, per onorare l'eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi sono numerose.
L'effigie di Garibaldi compare sui primi francobolli commemorativi italiani emessi nel 1910 per celebrare la liberazione della Sicilia e il Plebiscito dell'Italia Meridionale.<ref>
Nel 1932 fu dedicata la lunga serie di 17 francobolli per celebrare il cinquantenario della morte. Altri 2 francobolli vennero emessi nel 1957 per il 150º anniversario della nascita.
Il volto di Garibaldi appare anche nella serie del 1959 per il centenario della [[Seconda guerra d'indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]]; nella serie del 1960 per il centenario della [[
L'ultimo francobollo che gli è stato dedicato è stato emesso nel 2011 per celebrare i 150 dell'
Oltre all'Italia anche la [[San Marino|Repubblica di San Marino]], l'[[Unione Sovietica]], l'[[Uruguay]], gli [[Stati Uniti d'America]] e il [[Principato di Monaco]] hanno dedicato delle emissioni filateliche a Giuseppe Garibaldi. La [[Francia]], nonostante sia molto legata alla figura di Garibaldi, non gli ha mai dedicato un francobollo. Nel 2007, in occasione del Bicentenario Garibaldino, un'iniziativa popolare ha indetto una petizione online per far emanare un francobollo dedicato all'''Eroe dei due Mondi''.
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File:Garibaldi1910.jpg|Regno d'Italia 1910 - Liberazione della Sicilia
File:R090.jpg|Regno d'Italia 1910 - Plebiscito Meridionale
File:Garibaldi1932.jpg|Garibaldi con [[Nino Bixio]] (francobollo del Regno d'Italia del 1932 per il
File:Garibaldi32.jpg|Francobollo del Regno d'Italia del 1932
File:Garibaldi324.jpg|Francobollo del Regno d'Italia del 1932 - Cinquantenario Garibaldino
File:Garibaldi1957.jpg|Repubblica Italiana 1957 per il 150º anniversario della nascita e il 75º anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi
File:Garibaldi1959.jpg|Repubblica Italiana 1959 per il centenario della [[Seconda guerra d'indipendenza italiana|
File:Garibaldi592.jpg|Repubblica Italiana 1959 centenario della [[Seconda guerra d'indipendenza italiana|
File:Garibaldi1960.jpg|Repubblica Italiana 1960 - Centenario della [[
File:Garibaldi1970.jpg|Repubblica Italiana 1970 - Centenario della partecipazione garibaldina alla [[
File:Garibaldi1982.jpg|Repubblica Italiana 1982 - Centenario della morte di Giuseppe Garibaldi
File:Garibaldi2007.jpg|Repubblica Italiana 2007 - Bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi
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File:Garibaldiuruguay4.JPG|[[Uruguay]] 2007 - Bicentenario della nascita di Garibaldi -
</gallery>
=== Numismatica ===
La firma di Garibaldi, manoscritta, compare sulla cartamoneta da 100 lire "Soccorso a sollievo dei romani" emessa il 30 aprile del 1867 per finanziare la liberazione di Roma<ref>https://www.cartamoneta.com/cert.php?sku=18945 Certificato di autenticità di un biglietto da 100 lire con firma G. Garibaldi</ref>.
Nel 1943 il volto di Garibaldi è stato raffigurato sui bozzetti delle nuove banconote italiane, realizzati negli USA dalla American Bank Note Company di [[New York]] per la [[Banca d'Italia]]. Erano previsti tre tagli da 100, [[500 lire (banconota)|500]] e [[1.000 lire (banconota)|1.000 lire]], ma il progetto, seppure in fase molto avanzata, non fu portato a termine.<ref>https://www.gerardovendemia.com/le-banconote-di-garibaldi-il-progetto-americano-di-riordino-della-circolazione-monetaria-in-italia/</ref>
=== Marineria ===
Garibaldi fu nel tempo comandante della [[Armada Nacional (Uruguay)|
Nel tempo molte sono le imbarcazioni a lui intitolate:
*tra quelle civili, degna di nota è la [[goletta]] ''[[Leone di Caprera]]'', costruita da emigrati italiani, che, nel 1880, con tre uomini di equipaggio, compì la traversata atlantica dall'Uruguay all'Italia.
*tra le navi militari l'attuale [[portaeromobili]] ''[[Giuseppe Garibaldi (551)|Garibaldi]]'', il precedente ''[[Giuseppe Garibaldi (incrociatore 1936)|Garibaldi]]'', [[incrociatore leggero]] poi [[Giuseppe Garibaldi (incrociatore 1961)|trasformato]] in [[incrociatore missilistico]] che ha servito sia nella [[Regia Marina]], sia nella [[Marina Militare (Italia)|Marina Militare]], durante la [[seconda guerra mondiale]] e andando più indietro nel tempo l'[[incrociatore protetto]] ''[[Giuseppe Garibaldi (incrociatore 1899)|Garibaldi]]'' affondato nel corso della [[prima guerra mondiale]] e la [[pirofregata]] ''[[Garibaldi (pirofregata)|Garibaldi]]''. Il [[cacciatorpediniere]] ''Leytenant Ilin'' della [[classe Orfej]], appartenente alla [[Voenno-morskoj flot Rossijskoj Imperii|
=== Monumenti a Garibaldi ===
{{vedi anche|Monumento a Giuseppe Garibaldi}}
In gran parte delle città italiane esiste almeno una statua di Garibaldi,<ref>{{cita libro |
La statua presente sull'isola di Caprera invece guarda verso le [[
==== Monumenti italiani ====
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File:Garibaldi Civitavecchia.jpg|[[Civitavecchia]] (Roma): nell'omonimo viale
File:26092015-DSC 3349.JPG|[[Genova]]: in piazza De Ferrari
File:La Spezia - Giuseppe Garibaldi.jpg|[[La Spezia]]: nei [[Monumento equestre a Giuseppe Garibaldi (La Spezia)|
File:Garibaldi Lecce.jpg|[[Lecce]]: busto negli omonimi giardini
File:Monumento a Giuseppe Garibaldi a Lendinara (Rovigo).JPG|[[Lendinara]] (Rovigo): nell'omonima via
File:Livorno Monumento Garibaldi, Piazza Garibaldi 1.jpg|[[Livorno]]: nell'omonima piazza
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File:Milano, piazzale Cairoli - Monumento a Giuseppe Garibaldi. Foto Giovanni Dall'Orto 6-gen-2007 - 02.jpg|[[Milano]]: in piazzale Cairoli
File:MB-Monza-monumento-Giuseppe-Garibaldi-originale-00.jpg|[[Monza]]: nell'omonima piazza
File:Garibaldi Statua Napoli 2011 A.jpg|[[Napoli]]: nell'[[Piazza Garibaldi (Napoli)|
File:Monumento equestre Garibaldi.jpg|[[Palermo]]: nella villa Falcone e Morvillo in [[Viale della Libertà (Palermo)|via della Libertà]]
File:Garibaldi Parma.JPG|[[Parma]]: nell'omonima piazza
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File:Ravenna-garibaldi.jpg|[[Ravenna]]: nell'omonima piazza
File:Reggio calabria piazza garibaldi.jpg|[[Reggio Calabria]]: nell'omonima piazza
File:Roma-garibaldigianicolo01.jpg|[[Roma]]: nell'[[Monumento a Giuseppe Garibaldi (Roma)|
File:Ettore-Ferrari-Monumento-equestre-a-Garibaldi-Rovigo.JPG|[[Rovigo]]: nell'omonima piazza
File:Monumento Garibaldi.jpg|[[Sanremo]]: in corso Imperatrice, opera di [[Leonardo Bistolfi]] (1908)
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File:Venezia - Augusto Benvenuti (1833-1899) - Monumento a Garibaldi (1885) - 01 - Foto Giovanni Dall'Orto, 3-Aug-2007.jpg|[[Venezia]]: nel viale omonimo, opera di [[Augusto Benvenuti]] (1885)
File:IMG 4906 - Intra - Monumento a Giuseppe Garibaldi - Foto Giovanni Dall'Orto - 3 febr 2007.jpg|[[Intra]] di [[Verbania]]: in piazza Don Minzoni
File:Statua di Giuseppe Garibaldi a Vicenza.jpg|[[Vicenza]]: in [[Monumento a Garibaldi (Vicenza)|
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File:Garibaldienrosario.jpg|[[Argentina]], [[Rosario (Argentina)|Rosario]]: monumento in plaza Italia, nel Parco Independencia. Realizzato in marmo di Carrara dall'italiano [[Alessandro Biggi]] nel 1885
File:Garibaldienrosario3.jpg|[[Argentina]], [[Rosario (Argentina)|Rosario]]: statua di Giuseppe Garibaldi in plaza Italia. Dichiarato monumento storico nazionale dalla Camera dei Deputati argentina{{Senza fonte}}
File:Garibaldienrosario2.jpg|[[Argentina]], [[Rosario (Argentina)|Rosario]]: busto situato nel cortile esterno
File:Azenha - Place Garibaldi 02.JPG|[[Brasile]], [[Azenha]] [[Porto Alegre]]: statua di Giuseppe e Anita in piazza Garibaldi
File:Busto de José Garibaldi.JPG|[[Brasile]], [[São José do Norte]]: busto di Giuseppe Garibaldi nella praça Central
File:Piazza Garibaldi - Sofia, Bulgaria.jpg|[[Bulgaria]], [[Sofia]]: piccola statua di Giuseppe Garibaldi nell'omonima piazza
File:Place Garibaldi.jpg|[[Francia]], [[Nizza]]: [[Monumento a Garibaldi (Nizza)|monumento a Giuseppe Garibaldi]] in place Garibaldi
File:Garibaldi statue sq Cambronne.jpg|[[Francia]], [[Parigi]]: statua di Giuseppe Garibaldi situata nello [[Square (luogo)|square]] Cambronne
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File:Targa dedicata a garibaldi nella omonima via a Budapest.JPG|[[Ungheria]], [[Budapest]]: targa dedicata a Giuseppe Garibaldi collocata nell'omonima via
File:Homegari.jpg|[[Uruguay]], [[Salto (Uruguay)|Salto]]: monumento a Giuseppe Garibaldi
File:EstGaribaldi.jpg|alt=Statua a Villa Garibaldi, Città di La Plata, Argentina|Statua a Villa Garibaldi,
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File:Garibaldi a Caprera - TILN 26 Jan 1861.jpg|Accompagnatori di Garibaldi a Caprera
File:Garibaldi pesca a Caprera di notte TILN 26 Jan 1861.jpg|Garibaldi pesca a Caprera
File:Camicia Garibaldi.jpg|L'uniforme di Garibaldi conservata nel [[Compendio garibaldino]]
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Sull'[[Caprera|isola di Caprera]] si trovano il [[Compendio garibaldino]] - comprendente la Casa Bianca, il cimitero e gli altri locali dove Garibaldi passò gli ultimi anni della sua vita - e il Memoriale Giuseppe Garibaldi presso il Forte Arbuticci.
La fabbrica di candele dove egli lavorò con [[Antonio Meucci|Meucci]] è ancora esistente. Dal 1980 l'immobile ospita il [[Garibaldi-Meucci Museum]] ed è stato dichiarato monumento dello [[Stato di
A [[Collescipoli]], frazione del comune di [[Terni]] è conservato il Beccaccino, piccola imbarcazione di circa 4 metri. L'imbarcazione ha una rilevanza storica in quanto Giuseppe Garibaldi la utilizzò per fuggire, anche con l'aiuto di patrioti ternani, da Caprera nel 1867. Il beccaccino fu donato da Garibaldi a Barberini i cui eredi a loro volta lo donarono al Comune di Terni.
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A Modena al [[Museo civico del Risorgimento (Modena)|Museo civico del Risorgimento]] si conservano la testa e la pelle del cavallo appartenuto a Garibaldi, oltre a un suo poncho e alcuni ritratti.
A Bezzecca (TN), luogo della famosa battaglia di Garibaldi a cui seguì il celebre "Obbedisco", si trova il Museo Storico Garibaldino di Bezzecca.
== Onorificenze e riconoscimenti ==
=== Onorificenze italiane ===
{{Onorificenze
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|nome_onorificenza = Grande ufficiale dell'Ordine militare di Savoia
|collegamento_onorificenza = Ordine militare di Savoia
|motivazione = Per militari benemerenze in considerazione dei servizi prestati quale comandante del Corpo Cacciatori delle Alpi, durante l'intera campagna del 1859.<ref name="medaglia">{{cita web|url=http://www.esercito.difesa.it/root/garibaldi/garibaldi_medaglia.asp|titolo=Copia archiviata|accesso=9 maggio 2008|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070428191637/http://www.esercito.difesa.it/root/garibaldi/garibaldi_medaglia.asp}}</ref>|data=16 gennaio 1860<ref>
}}
{{Onorificenze
Riga 760 ⟶ 757:
|motivazione =
}}
=== Cittadinanze onorarie ===
Numerosi i riconoscimenti di [[Cittadinanza onoraria]] concessi a Garibaldi, tra i quali quelli della Repubblica di San Marino<ref>https://www.amphil.it/it/150th-anniversary-of-the-conferment-of-honorary-citizenship-to-giuseppe-garibaldi-mint-nh.html</ref>, Londra<ref>https://www.garibaldicaprera.beniculturali.it/garibaldi_a_londra_1864</ref>, Ravenna<ref>https://www.ravennatoday.it/politica/cittadinanze-onorarie-la-proposta-di-ancisi-lpr-per-regolarle.html</ref>, Arezzo<ref>https://www.comune.arezzo.it/registro-delle-cittadinanze-onorarie</ref>, Napoli<ref>https://www.indygesto.com/dossier/9442-garibaldi-e-cialdini-napoletani-onorari</ref>, Milano<ref>https://milano.corriere.it/19_marzo_18/garibaldi-chaplin-gerarchi-tutti-cittadini-milanesi-onorari-be508672-4946-11e9-bd93-d4c05434d013.shtml</ref>, Massa Marittima<ref>https://www.archivitoscana.it/visti-da-vicino/la-vetrina-dei-segreti/le-lettere-di-giuseppe-garibaldi-nellarchivio-storico-comunale-di-massa-marittima</ref>, Varese<ref>https://www.varesepolis.it/mussolini-e-garibaldi-non-sono-piu-varesini-onorari-forza-italia-si-spacca-sul-voto-13974.html</ref>, Modigliana<ref>https://www.lacassa.com/ita/News/Notizie-Cassa/Notizia/1609/LA-CITTADINANZA-ONORARIA-DI-MODIGLIANA-ATTRIBUITA-AL-PRESIDENTE-ANTONIO-PATUELLI</ref>, Firenze<ref>https://www.nove.firenze.it/b012172227-in-un-libro-i-cittadini-onorari-di-firenze.htm</ref>, Bologna<ref>https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/tanti-i-bolognesi-acquisiti-da-garibaldi-a-carducci-fino-a-zaki-e-lercaro-che-pero-snobbo-dozza-e84f9221</ref>, Rogliano<ref>https://www.comune.rogliano.cs.it/index.php?action=index&p=835</ref>, Rimini<ref>https://www.rimini.com/news/rimini-commemora-la-cittadinanza-onoraria-a-giuseppe-garibaldi</ref>, Penne<ref>https://www.ilcentro.it/pescara/garibaldi-cittadino-onorario-di-penne-1.1381776?utm_medium=migrazione</ref> e Chiavari<ref>https://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/libri/altre_proposte/2022/04/27/recuperato-larchivio-storico-di-chiavari-anche-una-lettera-di-garibaldi_e2f94d68-dead-459d-96b4-52852ff09506.html</ref>.
== Note ==
Riga 785 ⟶ 765:
== Bibliografia ==
*Carmelo Calci, ''Garibaldi e i suoi tempi. Immagini dei protagonisti'', Bardi Editore, Roma 2008.
*{{cita libro|
*{{cita libro|autore=Clelia
*{{cita libro|Denis|Mack Smith|Garibaldi|2009|Mondadori|wkautore=Denis Mack Smith|isbn=978-88-04-45797-8|cid=Smith}}
*{{cita libro|Andrea|Possieri|Garibaldi|2010|Il mulino|isbn=978-88-15-13975-7|cid=Possieri}}
Riga 801 ⟶ 781:
=== Scritti di Garibaldi ===
*''
*''
*''[[Il governo dei preti]]'' - Kaos edizioni, 2006
*''{{cita testo|titolo=[[
*''Le memorie'', Nella redazione definitiva del 1872, a cura della reale commissione, Bologna-Rocca S. Casciano, 1932.
*''
*''
*''Elisabetta d'Ungheria: dramma storico in cinque atti'', Roma, 1879.
*''Manlio: romanzo contemporaneo''; a cura di Maria Grazia Miotto; introduzione di Graziano Gug, Napoli, 1982.
*''
*''
Nell{{'}}''Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi'' sono stati pubblicati 6 volumi a Bologna dall'editore Cappelli negli anni 1932-1937. La pubblicazione è ripresa a cura dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, che negli anni 1973-2009 ha pubblicato 14 volumi dell{{'}}''Epistolario'' (volumi 7-20 dell'edizione nazionale):
*Vol. 1: ''Le memorie di Garibaldi in una delle redazioni anteriori alla definitiva del 1872'', a cura della Reale Commissione, Bologna, Cappelli, 1932, XX + 422 pagg.
*Vol. 2: ''Le memorie di Garibaldi nella redazione definitiva del 1872'', a cura della Reale commissione, Bologna, Cappelli, 1932, 670 pagg.
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*[[Terza guerra d'indipendenza italiana]]
*[[Trofeo Giuseppe Garibaldi]]
*[[Brigate Garibaldi|Brigate Garibaldi Resistenza italiana]]
*[[Battaglione Garibaldi|Battaglione Garibaldi Brigate internazionali]]
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;Varie
*{{cita web|url=http://www.ancientcapua.com/risorgimento-2/garibaldi-e-la-battaglia-del-volturno/?lang=it|titolo=Garibaldi e la battaglia del Volturno}}
*{{cita web|url=https://www.archive.org/stream/vitadigiuseppega0102mari#page/n5/mode/2up|titolo=J. W. Mario, ''Vita di Giuseppe Garibaldi'', 1910}}
*{{cita web |url=http://www.fondazionegaribaldi.it |titolo=Fondazione Giuseppe Garibaldi - Giuseppe Garibaldi Foundation |accesso=7 settembre 2018 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100323034848/http://www.fondazionegaribaldi.it/ |urlmorto=sì}}
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*{{cita web | url = http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/da-caprera-a-caprera/996/default.aspx | titolo = La Storia siamo noi - Da Caprera a Caprera, l'isola di Garibaldi | accesso = 22 ottobre 2012 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20170224215048/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/da-caprera-a-caprera/996/default.aspx | urlmorto = sì}}
*{{cita web|url=http://www.bridgepugliausa.it/articolo.asp?id_sez=2&id_cat=37&id_art=3544&lingua=it|titolo="Quel bronzo di Garibaldi nel Village di New York...una lunga storia.", di Tiziano Thomas Dossena, ''Bridgepugliausa.it'', 2012}}
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;Bicentenario della nascita
*{{cita web|url=http://www.compendiogaribaldino.it/|titolo=Sito del comitato per il bicentenario della nascita}}
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*{{cita web | url = http://www.ilpalindromo.it/PDF/Il%20cinema%20in%20camicia%20rossa.pdf | titolo = Garibaldi nel cinema italiano | urlmorto = sì}}
*{{cita web|url=http://www.carnesecchi.eu/Agostino_Carnesecchi.htm|titolo=Giuseppe Garibaldi nel basso Lazio}}
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{{I Mille}}
{{Giuseppe Garibaldi}}
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[[Categoria:Gran maestri del Grande Oriente d'Italia]]
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[[Categoria:Militari sabaudi]]
[[Categoria:Medaglie d'oro al valor militare]]
[[Categoria:Repubblicanesimo in Italia]]
[[Categoria:Rivoluzionari italiani]]
[[Categoria:Corsari italiani]]
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[[Categoria:Personalità del Risorgimento]]
[[Categoria:Politici italiani del XIX secolo]]
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