Simone Pianetti: differenze tra le versioni

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come ho già spiegato nella modifica di due anni fa, Simone Pianetti non è considerabile come vero e proprio anarchico nonostante la sua popolarità negli ambienti afferenti a tale orientamento politico, il lavoro di ricerca svolto da Denis Pianetti lo dimostra ampiamente, chiunque abbia rimosso la mia modifica dovrebbe argomentare il perché della sua scelta invece di persistere in maniera poco matura
 
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|Epoca2 = 1900
|Attività = criminale
|Attività2 =
|Nazionalità = italiano
|Immagine = SimonePianetti.jpg
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== Biografia ==
=== La giovinezza e l'emigrazione ===
Simone Pianetti nacque il 7 febbraio 1858 da Giovanni e Vittoria Bottani, di famiglia benestante, nella piccola contrada di Lavaggi, in frazione di [[Camerata Cornello]], piccolo centro della [[val Brembana]], in [[provincia di Bergamo]]. Di carattere aggressivo e sanguigno<ref>{{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|p. 129|A.B.T.}}.</ref> (sparò un colpo di fucile all'indirizzo del padre, senza però colpirlo, per questioni legate all'eredità), decise, così come molti altri conterranei, di emigrare negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti d’America]] in cerca di fortuna.
 
Si recò a [[New York]], praticando diversi lavori, entrando poi in contatto con gli ambienti [[anarchici]] della città. Fondò in seguito una società d'importazione di vino e frutta con l'amico Antonio Ferrari: tuttavia nella gestione di quest'attività incontrò problemi con la [[mafia]] locale, allora conosciuta come [[Mano Nera (estorsione)|Mano Nera]], che esigeva il pagamento di denaro in cambio di protezione.<ref name="Il Giornale">{{cita web|url=https://www.ilgiornale.it/news/1036909.html|sito= [[Il Giornale]]|titolo= "Fare come Pianetti" Cent'anni dal gesto del "vendicatore" |data= 12 luglio 2014|curatore= Enrico Silvestri}}</ref>.
 
Il suo temperamento portò Pianetti a denunciare il fatto, cosa insolita per via dei rischi a cui si andava incontro, alla Polizia locale comandatapresieduta dal comandante Shirley e l'ispettore francese Lacassagne. Con i due collaborava anche lo scrittore H.Harry Ashton-Wolfe, che conobbe personalmente Pianetti e, qualche anno più tardi, raccolse le sue vicende in un capitolo del suo libro ''Crimini di violenza e vendetta''<ref>{{Cita libro|nome=H. (Harry)|cognome=Boston Public Library|titolo=Crimes of violence and revenge|url=http://archive.org/details/crimesofviolence00asht|accesso=2023-05-10|data=1929|editore=Boston ; New York : Houghton Mifflin Company}}</ref>, grazie a cui è possibile conoscere i fatti della sua permanenza in terra statunitense.
 
La denuncia portò all'arresto di una decina di insospettabili, ma costò la vita ad Antonio Ferrari, assassinato dalla Mano Nera. La vita stessa di Pianetti era quindi a rischio, tanto che dovette abbandonare la città e muoversi con false generalità fino a fare ritorno in patria.<ref name="Il Giornale"/>.
 
=== Il rientro in Italia e le difficoltà ===
[[File:CCornello vista Camerata.JPG|thumb|Vista attuale di Camerata Cornello]]
Al rientro nella valle ritrovò l'ambiente chiuso, quando non apertamente ostile, da cui era partito per l'America.<ref name="ReferenceA">{{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|p. 130|A.B.T.}}.</ref>. Tuttavia anche in valleVal Brembana parevano aprirsi spiragli di cambiamento, sia grazie all'apertura di un casinò nel vicino paese di [[San Pellegrino Terme]] e il relativo afflusso di turisti, sia con l'elezione del liberale [[Bortolo Belotti]], del quale Pianetti divenne amico per via della comune contrapposizione al blocco cattolico-conservatore imperante nella zona.
 
Sposò Carlotta Marini, dalla quale avrà nove figli<ref name="Murderpedia">{{cita web|url=http://murderpedia.org/male.P/p/pianetti-simone.htm|sito= murderpedia|titolo= Simone PIANETTI}}</ref> e con cui aprì una taverna appena fuori dal centro abitato di Camerata Cornello, in cui si poteva anche ballare. Dopo i primi tempi in cui gli affari andavano bene, Pianetti venne messo al centro di maldicenze in cui veniva bollato come libertino, anarchico e anticlericale. Seguì un vero e proprio boicottaggio nei confronti della sua locanda, con gli avventori che venivano messi in guardia dalle autorità politiche ed ecclesiastiche del paese: alla lunga venne obbligato ad abbandonare l'attività per mancanza di clienti.<ref name="Il Giornale"/><ref name="Murderpedia"/>.
 
Con i soldi rimanenti decise di trasferirsi con la famiglia nel vicino comune di [[San Giovanni Bianco]], al fine di evitare le persone che l'avevano in antipatia. Qui aprì un mulino elettrico, un'opera all'avanguardia per quei tempi. Dopo poco tempo cominciò a essere additato, con la sua farina, come portatore di maledizioni e malattie (tanto che il suo prodotto veniva chiamato ''"la farina del Diavolo''"), situazione che lo obbligò ad abbandonare l'attività mandandolo definitivamente sul lastrico.<ref name="Il Giornale"/>.
 
=== Gli omicidi ===
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</p>
}}
Dopo essere finito in miseria, cominciò a manifestare comportamenti anomaliaggressivi. Dapprima dichiarò più volte ad alcuni suoi amici l'intenzione di suicidarsi<ref name="ReferenceA"/>; in seguito maturò sentimenti di collera e vendetta nei confronti delle persone che, a suo parere, gli avevano fatto un torto contribuendo a ridurlo sul lastrico. Ispirato dall'azione del nazionalista serbo [[Gavrilo Princip]], il quale uccise il [[28 giugno]] [[1914]] l'[[Arciduca d'Austria|arciduca]] [[Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este|Francesco Ferdinando]], decise di eliminarle fisicamente, riportando prima i loro nomi su una lista<ref>[[Il Giornale d'Italia (1901-1976)|Il Giornale d'Italia]], 15 luglio 1914.</ref>.
 
[[File:CCornello parrocchia Camerata.JPG|thumb|La parrocchia Santa Maria Assunta di Camerata Cornello, luogo di due omicidi di Pianetti]]
 
La mattina del [[13 luglio]] [[1914]] uscì dalla sua casa imbracciando il suo fucile a tre canne e si diresse verso la piccola valle di Sentino. Aspettò nascosto in un cespuglio il passaggio del medico condotto dei paesi di Camerata Cornello e San Giovanni Bianco, il dottor Domenico Morali (il quale era solito passare in quel punto per recarsi alla propria uccellanda), colpevole secondo Pianetti di non avergli curato bene il figlio Aristide, morto qualche tempo prima.<ref name="Il Giornale"/>. Il medico venne ucciso con due fucilate.
 
In seguito Pianetti si recò nel centro abitato di Camerata, presso l'abitazione del sindaco Cristoforo Manzoni. Non avendolo trovato, lo cercò nel palazzo. Il sindaco era assente, tuttavia Pianetti ebbe modo di sparare al segretario comunale, Abramo Giudici (ritenuto colpevole dell'ordinanza di chiusura della sua osteria), e a sua figlia Valeria, che era vicino a lui, la quale rientrava anche lei nella lista.<ref name="Il Giornale"/>.
 
In seguito entrò nella casa del calzolaio e [[Magistratura onoraria italiana#Giudice conciliatore|giudice conciliatore]] Giovanni Ghilardi, uccidendolo perché, eradopo ununa citazione del Pianetti in tribunale, questi non aveva riconosciuto la legittimità del suo avversariocredito politico.nei confronti di Caterina Milesi (detta Nella)<ref name="Il Giornale"/>.
 
Raggiunse il sagrato della chiesa, dove trovò il parroco don Camillo Filippi e il messo comunale Giovanni Giupponi. Uccise entrambi, il primo perché ritenuto responsabile del boicottaggio della sua locanda, il secondo perché non gli aveva concesso una derivazione dell'acqua dida una fontana.<ref name="Il Giornale"/><ref>{{cita news|url=https://www.ilgiorno.it/bergamo/cronaca/simone-pianetti-1.3505596|pubblicazione= [[Il Giorno]] di [[Bergamo]]|titolo= Simone si fece giustizia da sé: dopo un secolo è quasi un idolo |data= 2 novembre 2017|autore= Gabriele Moroni}}</ref>.
 
Poi si spostò, attraverso il bosco, fino alla contrada Pianca, cercando senza successo l'oste Pietro Bottani.<ref name="Il Giornale"/>. Infine raggiunse la frazione di Cantalto, dove sparò a Caterina Milesi (detta Nella), la quale aveva un contenzioso con Pianetti per via di un debito mai pagato dalla donna, come testimonia una citazione presso il giudice conciliatore.
 
Terminato il settimo e ultimo omicidio, si recò nella frazione Cantiglio, dove incontrò dei carbonai che, ignari di ciò che era appena accaduto, gli diedero da mangiare.
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La notizia della strage si sparse in tutta la valle: il centro abitato di San Giovanni Bianco si presentava completamente deserto, con la gente barricata nelle proprie case. I [[Arma dei Carabinieri|Carabinieri]] fecero piantonare tutti gli scampati all'eccidio e coloro che avevano contenziosi aperti con Pianetti, cominciando le ricerche del fuggiasco sulle impervie cime circostanti. Anche grazie a una squadra di guardie forestali e a una trentina di Carabinieri giunti da [[Bergamo]] in rinforzo alle unità locali, nella serata del [[14 luglio]] Pianetti fu avvistato da un gruppo composto da sette militari, con i quali ebbe uno scontro a fuoco, senza conseguenze fisiche per alcuno.
 
Il [[16 luglio]] 1914 in paese arrivò il senatore [[Bortolo Belotti]] e contemporaneamente fu posta una taglia di mille lire sulla testa del latitante. Il giorno seguente Pianetti incontrò una donna, Giacomina Giupponi, con la quale barattò la sua pistolaarma in cambio di cibo<ref>[[Corriere della Sera|Il Corriere della sera]], [[17 luglio]] 1914</ref>, proprio mentre nelle zone circostanti si intensificavano le ricerche, con l'aggiunta di volontari (per lo più parenti delle vittime), 170 soldati appartenenti al [[78º Reggimento fanteria "Lupi di Toscana"]] e altri quaranta Carabiniericarabinieri.
 
Nonostante ciò, Pianetti riuscì a dileguarsi a dispetto di più di trecento persone alla sua ricerca, proprio mentre nell'opinione pubblica si delineavano contrapposte correnti di pensiero. Presto la stampa cominciò a strumentalizzare la vicenda: numerose furono le polemiche tra le testate giornalistiche, in particolar modo tra ''[[Il Secolo (quotidiano)|Il Secolo]]'' e ''[[L'Eco di Bergamo]]''<ref>{{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|pp. 151-152|A.B.T.}}.</ref>.; Questquest'ultimo difatti accusò il primo di riportare le notizie in un'ottica anticlericale e di dipingere Pianetti come un liberatore dall'oppressione e dall'imperversare dei "feudatari" del paese, quali sindaco, medico e parroco.
 
{{citazione|Qui tutti sapevano che il Pianetti era perseguitato… Chi vuol vivere tranquillo deve essere ossequiante al parroco del luogo… Il parroco è il feudatario ed i paesani si dividono in vassalli e valvassori a seconda della loro astuzia e del loro stato economico… Al Pianetti ne avevano fatte tante che non poteva più frenarsi |''Il Secolo'', 20 luglio 1914}}
Di differenti visioni popolari riferite all'eccidio parlano anche organi di stampa locali, preoccupandosi dell'apologia del colpevole in corso tra la gente<ref>''La Vicaria'', 2 agosto 1914</ref>. Sta di fatto che la popolazione cominciava a vedere realmente Pianetti come un liberatore, tanto che sui muri della zona cominciarono ad apparire scritte a lui inneggianti (tra cui «W Pianetti, ce ne vorrebbe uno in ogni paese»)<ref>''L'Eco di Bergamo'', 23-24 luglio 1914</ref>.
 
Nel frattempo, le ricerche non davano nessun risultato, tanto che il 29 luglio 1914 il [[prefetto]] di Bergamo, Antonio Molinari, aumentò a {{formatnum:5000}} lire la taglia sulla testa del fuggiasco, senza tuttavia ottenere gli effetti sperati. Il 27 luglio le autorità autorizzarono il figlio Nino Pianetti a recarsi tra i monti al fine di incontrare il padre e convincerlo a costituirsi. Il ragazzo, trovato il genitore, gli consegnò due lettere scritte dalla moglie e dall'amico Bortolo Belotti, che gli consigliavano di consegnarsi alle autorità<ref>L'Eco di Bergamo, 29-30 luglio 1914</ref>. Per contro, Simone, dopo aver scritto una struggente lettera di risposta alla moglie, disse al figlio «non mi troveranno mai, né vivo, né morto». In effetti quell'episodio, riportato da tutti i quotidiani dell'epoca, fu l'ultima volta di cui si ebbero notizie documentate di Simone Pianetti.
 
La sua latitanza trafra i monti della valle Brembana fu aiutata anche dalla complicità di carbonai e pastori che vivevano a quelle quote: essi lo consideravano una sorta di giustiziere, offrendogli cibo e talvolta un tetto sotto il quale ripararsi. A tal riguardo, le cronache dell'epoca riportano la condanna a un anno di reclusione (poi ridotta a sei mesi in appello) di due mandriani, i fratelli Giorgio e Carlo Manzoni, rei di aver ospitato Pianetti nella loro baita dal [[20 luglio]] al [[2 agosto]], mentendo ai Carabiniericarabinieri e coprendone la fuga.<ref>{{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|p. 164|A.B.T.}}.</ref>.
 
L'inafferrabilità del fuggiasco, aiutata dagli eventi internazionali che annunciavano l'arrivo della [[prima guerra mondiale]] anche in Italia, favorirono una sospensione delle ricerche, facendo passare in secondo piano la vicenda. Nel frattempo la giustizia proseguiva il suo corso: il 25 maggio 1915 presso la [[Corte d'assise]] di Bergamo si concluse il processo a carico di Simone Pianetti, imputato in [[contumacia]]., Lacon la sentenza di condanna all'[[ergastolo]] fu accompagnata da cinque anni di segregazione cellulare continua, dall'[[interdizione dai pubblici uffici]], dalla perdita della patria potestà e dell'autorità maritale, nonché dall'[[interdizione legale]] con conseguente annullamento del testamento da lui sottoscritto. Venne inoltre emesso un nuovo ordine di cattura nei confronti del condannato<ref>{{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|pp. 165-167|A.B.T.}}.</ref>.
 
== Ipotesi sulla scomparsa ==
Il corpo di Simone Pianetti non fu mai trovato: numerose sono le ipotesi riguardo alla sua sorte. La tesi fornita dalla famiglia è quella che il loro congiunto fosse morto tra le cime dei monti [[Monte Cancervo|Cancervo]] e [[Monte Venturosa|Venturosa]] pochi giorni dopo l'incontro con il figlio Nino<ref>Intervista a Nino Pianetti, Giornale del Popolo, 18/09/1955</ref>. Questa versione, perorata dallo stesso figlio, non ha mai convinto gli abitanti della zona e venne probabilmente fornita al fine di far acquietare gli animi e permettere un po' di tranquillità ai congiunti<ref name="ReferenceB">{{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|p. 172|A.B.T.}}.</ref>.
 
Tuttavia numerose e contrastanti voci indicano il fuggitivo latitante nel [[America|continente americano]]. A suffragare tale ipotesi sono alcune lettere rinvenute, nonché la testimonianza di Domenica Milesi<ref>Testimonianza di Domenica Milesi, Giornale del Popolo, 18/09/1955</ref>.: Lala donna, originaria di San Giovanni Bianco, che aveva conosciuto Pianetti per via della comune appartenenza politica, e affermò di averlo incontrato presso [[Ciudad Bolívar]], città venezuelana presso la quale era emigrata con il proprio marito.<ref>{{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|p. 173|A.B.T.}}.</ref>; Questa racconta di essereera venuta in contatto con il latitante tramite un commerciante siciliano residente a [[Pittsburgh]] che, arrivato in Venezuela per affari, le comunicò di aver fatto conoscenza con un suo conterraneo, tale Pianetti.: Lala donna chiese allora di potersi mettere in contatto con quella persona:, e dopo nemmeno un mese Pianetti, secondo la testimonianza della donna, si recò presso di lei. Le consegnò alcune lettere e un po' di soldi da inviare alla propria famiglia in Italia, raccontando di essere riuscito a fuggire, dapprima nascondendosi tra i fasci di legna trasportati da un carretto e successivamente recandosi, mediante gli ufficil'aiuto di una persona molto influente della zona, all'ufficio visti della Questura di Bergamo che gli fornì un passaporto con false generalità con il quale poté imbarcarsi su una nave diretta nell'[[America del Nord]].
 
Pianetti sarebbe quindi stato aiutato dalle autorità stesse, vista la simpatia che riscuoteva negli strati più bassi della popolazione<ref name="ReferenceB"/>: la sua cattura infatti avrebbe potuto provocare reazioni incontrollate, nonché aumentarne la fama e la leggenda.
 
Un'altra ipotesi sostiene che Pianetti fosse invece emigrato fuggendo dalle [[Alpi Orobie|Orobie]] verso la [[Valtellina]], raggiungendo quindi il cantone [[Cantone dei Grigioni|Grigioni]] in [[Svizzera]].<ref>{{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|p. 168|A.B.T.}}.</ref>.
 
Qualche decennio più tardi, nel 1943, alcuni abitanti della zona sostennero di aver incontrato un anziano signore aggirarsi tra i monti Cancervo e Venturosa, poco distante dalla contrada di [[Cespedosio]].: Ebberoebbero con lui un rapido scambio di battute, dal quale emerse la vera identità di Simone Pianetti, allora ultraottantenne, che si intrattenne in particolar modo con una coetanea, per poi sparire nuovamente nei boschi circostanti<ref>Testimonianza di Maddalena Gavazzi in {{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|p. 169|A.B.T.}}.</ref>.
 
La [[Vox populi, vox Dei|''vox populi'']] riporta inoltre che Nino Pianetti, nel frattempo trasferitosi nella città di [[Milano]], confidò a conoscenti che il padre fosse effettivamente emigrato nelle Americhe per poi tornare con falsa identità in Italia, dove trascorrere gli anni della vecchiaia<ref>Testimonianze di Battista Belotti e Ugo Boffelli in {{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|p. 174|A.B.T.}}.</ref>. Il suo ultimo domicilio sarebbe stato presso l'abitazione milanese del figlio, dove sarebbe morto nel 1952<ref name="ReferenceC">{{cita|Arrigoni, Bottani e Taufer|titolo=Briganti e banditi bergamaschi|p. 174|A.B.T.}}.</ref>.
 
=== Risvolti giudiziari ===
La situazione giudiziaria del Pianetti è singolare; nel periodo in cui si svolsero i fatti in Italia esisteva l'istituto della "purgazione" grazie al quale, se un reo condannato in [[contumacia]] si fosse consegnato alle autorità dopo la sentenza, la condanna si sarebbe dovuta annullare e il processo reistruito. Nel 1968 la procura di Bergamo riaprì il fascicolo dichiarando il reato prescritto.

Attualmente Inin mancanza di una dichiarazione ufficiale di morte presunta, procedura mai avviata né dalla Procura, né dai parenti. Fino al 2017 il, Pianetti risultavarisulta ancora legalmente in vita, seppure con l'improbabileimpossibile età di 159167 anni.<ref>{{cita news|url=https://www.ilgiorno.it/bergamo/cronaca/killer-ricercato-val-brembana-1.3297521|autore=Gabriele Moroni|titolo=Killer ancora ricercato: ha 159 anni. Simone Pianetti e quel giallo mai risolto|data=28 luglio 2017|pubblicazione=Il Giorno di Bergamo}}</ref>.
 
== Influenza culturale ==
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* La figura è inoltre tornata d'attualità anche grazie ad alcune pubblicazioni, alcune romanzate, altre cronografiche, che ripercorrono gli eventi del 13 luglio 1914. Inoltre la figura di Pianetti è ricordata in canzoni di gruppi bergamaschi, tra le quali i [[Folkstone]] e le Cucine SCS.
 
* La storia di Pianetti fu raccontata da [[Enrico Ruggeri]] nella puntata dell'8 gennaio 2019 della trasmissione ''Il Falco e il Gabbiano'' in onda su [[Radio 24]].<ref>{{cita web|url=http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/falcogabbiano/simone-pianetti-giustiziere-brembana-182046-gSLAwe9mxC|sito= [[Radio 24]]|titolo= Simone Pianetti, il giustiziere della Val Brembana|data= 8 gennaio 2019|curatore= Paolo Buzzone}}</ref>.
 
* ''Il ritorno del vendicatore'', audiodocumentario a puntate per la trasmissione ''Tre Soldi'' in onda su [[Rai Radio 3]], trasmesso dal 25 marzo 2019 a cura di Andrea Morbio e Riccardo Giacconi con la vita e le vicende di Simone Pianetti.<ref>{{Cita web|url=http://www.raiplayradio.it/articoli/2019/03/Il-Ritorno-del-Vendicatore-8072be05-c1a1-40fc-a865-3f08ccd26499.html|titolo= Il ritorno del vendicatore|sito=raiplayradio.it|autore= Andrea Morbio|autore2= Riccardo Giacconi}}</ref>.
 
* ''Cronaca di una vendetta. La vera storia di Simone Pianetti'' di Denis Pianetti, edizioni Corponove, è la biografia completa di Simone Pianetti scritta dal pronipote. Pubblicata nel 2014, ne contiene la cronaca e descrive inoltre il quadro sociale, culturale e storico della Val Brembana e di Bergamo agli inizi del secolo scorso.
* ''Simone Pianetti, il Diavolo Anarchico'', è uno spettacolo teatrale portato in scena nel 2022 dalla compagnia teatrale Grand Guignol de Milan basato sul libro di Denis Pianetti.
* Nel 2023 viene raccontato il suo caso nel podcast ''Non aprite quella Podcast'' di [[J-Ax]], Pedar e Matteo Lenardon.
 
== Note ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|1 = http://www.valbrembanaweb.com/valbrembanaweb/sitogino/personaggi/pianetti.html|2 = Valle Brembana web|accesso = 18 luglio 2009|dataarchivio = 25 marzo 2009|urlarchivio = https://web.archive.org/web/20090325041126/http://www.valbrembanaweb.com/valbrembanaweb/sitogino/personaggi/pianetti.html|urlmorto = sì}}
 
{{Controllo di autorità}}