Assedio di Torino: differenze tra le versioni

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{{Campagnabox Guerra di successione spagnola}}
 
L{{'}}'''assedio di Torino''' ebbe luogo nel [[1706]] durante la [[Guerraguerra di successione spagnola]]<ref name="comune.torino.it">{{cita web|url=http://www.comune.torino.it/cultura/biblioteche/ricerche_cataloghi/pdf/bibliografie/assedio.pdf|titolo=comune.torino.it-1706. L’assedio di Torino|accesso=19 gennaio 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180827155031/http://www.comune.torino.it/cultura/biblioteche/ricerche_cataloghi/pdf/bibliografie/assedio.pdf|urlmorto=sì}}</ref>. Oltre {{formatnum:44000}} soldati francesi [[accerchiamento|accerchiarono]] la [[cittadellaCittadella di Torino]] difesa da circa 10.500{{formatnum:10500}} soldati sabaudi che combatterono dal 14 maggio fino al 7 settembre, quando l'esercito imperiale, comandato dal [[Eugenio di Savoia|Principeprincipe Eugenio]] di Savoia e dal [[duca]] [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]], dopo aver attraversato l'intera pianura[[Pianura Padana]] ingaggiò battaglia e costrinse i nemici a togliere l'assedio<ref name="comune.torino.it"/>.
 
L'[[assedio]] durò centodiciassette giorni; a conclusione della guerra, con la firma del [[Trattato di Utrecht]] del [[1713]] e [[Trattato di Rastadt|Rastadt]] dell'anno successivo<ref name="ssbernardobrigida.it">{{cita web|url=http://www.ssbernardobrigida.it/Assedio1706.htm|titolo=La battaglia di Torino|accesso=19 gennaio 2011|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090112232809/http://www.ssbernardobrigida.it/Assedio1706.htm}}</ref>, [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]], [[duca di Savoia]], divenne il primo re della sua [[Casa Savoia|dinastia]].
 
Per le rilevanti dimensioni ede importanza della città (una delle pochissime capitali d'Europa in cui sia mai stato posto un [[assedio scientifico|assedio scientificamente studiato]]), ebbe grande risonanza internazionale.
 
Alcuni storici considerano l'assedio di Torino l'evento che segna l'inizio del [[Risorgimento]].
 
== La guerra ==
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{{vedi anche|Guerra di successione spagnola}}
[[File:Karl II (Spanien).jpg|thumb|upright=0.9|Busto marmoreo di Carlo II, eseguito da Paul Strudel nel 1695, Kunsthistorisches Museum, Vienna]]
Nell'anno 1700 moriva, senza discendenti, [[Carlo II di Spagna|Carlo II d'Asburgo]] [[re di Spagna]]<ref name="ssbernardobrigida.it"/>. Già da qualche anno però le condizioni di salute del sovrano, che non erano mai state buone, erano peggiorate lasciando presagire il peggio. Le monarchie europee, ben a conoscenza della situazione, diedero inizio ada una complessa attività diplomatica sulla successione<ref name=gariglio13>{{cita|Gariglio|p. 13|gariglio}}.</ref>.
 
In particolare si mobilitarono [[Luigi XIV di Francia]] della dinastia dei Borbone di [[Francia]], e l'imperatore [[Leopoldo I d'Asburgo|Leopoldo I]], della dinastia degli Asburgo: il primo, perché aveva sposato [[Maria Teresa d'Asburgo (1638-1683)|Maria Teresa]], figlia di primo letto di [[Filippo IV di Spagna]] e sorellastra di Carlo, ede il secondo perché aveva sposato [[Margherita Teresa di Spagna|Margherita Teresa]], sorella di Carlo, ovverosia figlia di secondo letto di Filippo IV.
 
[[File:Santerre, after - Philippe of Orléans, Regent of France - Versailles, MV7920.jpg|left|thumb|upright=0.7|Filippo II duca d'Orleans]]
[[File:Vittorio Amedeo II in Maestà - Google Art Project.jpg|left|thumb|upright=0.7|Vittorio Amedeo di Savoia]]
 
In realtà la posta in gioco era il controllo della Spagna e dei suoi possedimenti in Europa ede oltre Atlantico. Inoltre gli [[Asburgo]] d'Austria avanzavano pretese in quanto appartenenti alla stessa dinastia fino ad allora regnante in Spagna.
 
Indeciso sul da farsi, Carlo II chiese consiglio al Pontefice, il quale, onde evitare che con la Spagna nelle mani degli Asburgo si ricreasse la stessa concentrazione di potere che circa due secoli prima si era verificata con [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]], pensò bene di consigliare il sovrano spagnolo a designare come suo successore un francese. Carlo II accettò il consiglio e designò quale suo successore [[Filippo V di Spagna|Filippo di Borbone]], nipote di Luigi XIV<ref name=gariglio13/>.
 
All'apertura del testamento era inevitabile che scoppiasse il conflitto, poiché la nuova alleanza Spagna-Francia era destinata a sovvertire gli equilibri europei. Il conflitto che seguì è noto come [[Guerraguerra di Successionesuccessione Spagnolaspagnola]] e si protrasse per oltre dieci anni, concludendosi con i trattati di Utrecht (1713) e di Rastadt (1714)<ref name="milesgloriosus.it">{{cita web|url=http://www.milesgloriosus.it/Scenari/Torino_1706/Assedio_Torino_1706.pdf|titolo=Assedio di Torino, maggio-settembre 1706|accesso=21 gennaio 2011}}</ref>.
 
Il conflitto vide schierati da una parte l'[[Inghilterra]], l'[[Monarchia asburgica|Impero Asburgicoasburgico]], il [[Portogallo]], la [[Danimarca]] e i [[Paesi Bassi]]; dall'altra la [[Francia]] e la [[Spagna]], la quale aveva accettato il nuovo re Borbone. Il Ducato di Savoia si trovava tra la Francia ede il milanese, che era nelle mani della Spagna e costituiva il naturale corridoio di collegamento tra i due alleati<ref>{{cita|Gariglio|p. 14|gariglio}}.</ref>, per cui Luigi XIV quasi impose al duca Vittorio Amedeo II l'alleanza con i franco-ispanici per evidenti esigenze strategiche<ref name="milesgloriosus.it"/>.
 
Vittorio Amedeo II, sostenuto dal cugino [[Eugenio di Savoia|Eugenio di Savoia-Carignano]], conte di Soissons e gran condottiero delle truppe imperiali, ebbe l'intuizione che questa volta la partita principale tra la Francia e l'Impero si sarebbe giocata in Italia e non più nelle [[Fiandre]] o in [[Lorena (regione francese)|Lorena]]. Sulla base di questo convincimento strinse alleanza con gli [[Asburgo]], gli unici che, in caso di esito vittorioso del conflitto, potevano garantire la completa indipendenza dello Stato sabaudo.
 
Infatti un'alleanza con la [[Francia]], in caso di vittoria di quest'ultima, non avrebbe fatto altro che accentuare lo stato di sudditanza dei [[Casa Savoia|Savoia]], che durava da circa un secolo, mentre l'Imperatore prometteva il [[Monferrato]], parte della [[Lomellina]] e della [[Valsesia]], il [[Vigevano|Vigevanasco]] e una parte della [[provincia di Novara]]<ref name="milesgloriosus.it"/>. Fu una scelta abile, intelligente ma anche rischiosa, perché in caso di sconfitta lo Stato Sabaudosabaudo sarebbe stato annientato e spazzato via unitamente alla sua dinastia.
 
La scelta di campo effettuata da [[Vittorio Amedeo II di Savoia]] nell'autunno del [[1703]] ([[Trattato di Torino (1703)|Trattato di Torino]]) indusse [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]] ad avviare le operazioni belliche che ebbero come teatro prima la [[Ducato di Savoia|Savoia]] e poi il [[Piemonte]]<ref>{{cita|Gariglio|pp. 19-20|gariglio}}.</ref>.
 
=== La Cittadella ===
[[File:Torino-cittadella-wiki.jpg|thumb|Antica stampa raffigurante la fortificazione pentagonale bastionata della Cittadella di Torino]]
{{vedi anche|Cittadella di Torino}}
[[File:Torino-cittadella-wiki.jpg|thumb|Antica stampa raffigurante la fortificazione pentagonale bastionata della Cittadella di Torino]]
Strette tra due fuochi (a ovest la Francia e ada est l'esercito spagnolo che controllava la [[Lombardia]]), le terre sabaude vennero circondate e attaccate da tre eserciti; perdute [[Susa (Italia)|Susa]], [[Vercelli]], [[Chivasso]], [[Ivrea]] e [[Nizza]] (1704), a resistere rimaneva solo la [[Cittadella di Torino]], [[fortificazione alla moderna|fortificazione]] fatta erigere dal duca [[Emanuele Filiberto I di Savoia]] circa centoquarant'anni prima, ovvero intorno alla metà del [[XVI secolo]]<ref name="milesgloriosus.it"/>.
 
Importante fu il ruolo delle [[Assedio#Tunnel di contromina|gallerie di contromina]], scavate al di sotto degli spalti della cittadella, nelle quali la compagnia minatori del battaglione d'artiglieria, formata da 2due ufficiali, 2due sergenti, 3tre caporali e 46quarantasei minatori con, in appoggio, 350 manovali (addetti agli scavi) e 6sei sorveglianti, garantiva il controllo del sottosuolo e la collocazione delle cariche di esplosivo destinate a rovinare i lavori degli assedianti. La profondità delle gallerie, disposte su due livelli, raggiungeva quasi i quattordici metri, poco al di sopra delle acque di falda<ref>Per maggiori informazioni sulla costruzione delle gallerie sotterranee della Piazzaforte di Torino si può consultare {{cita|Bevilacqua e Zannoni|}}.</ref>.
 
All'interno della cittadella rivestiva particolare importanza il ''[[Cisternone (Torino)|cisternone]]'', un edificio circolare situato al centro della [[piazza d'armi]]. Questo [[pozzo]] assicurò per tutto il periodo una costante riserva d'acqua che prendeva rifornimento dalla [[falda freatica]] sottostante, aspetto di non poco conto in una situazione di assedio<ref>{{cita|Gariglio|p. 176|gariglio}}.</ref>. Il suo diametro misurava ben 20 metri, emergeva di due piani da terra per poi scendere di 22 metri fino alla falda raggiungibile con una un'ampia rampa elicoidale, la sua concezione non ebbe uguali in nessun'altra [[fortezza]] europea<ref>{{cita|Gariglio|p. 177|gariglio}}.</ref>.
 
==== La vita in città ====
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Fu da agosto che la situazione iniziò a peggiorare, quando i francesi chiusero le strade di campagna e intercettarono i rifornimenti di munizioni che giungevano via fiume<ref>{{cita|Gariglio|pp. 39-40|gariglio}}.</ref>. Il comune decise di aiutare gli affamati ma, insieme alle altre spese di guerra, l'assedio veniva a costare {{formatnum:450000}} lire al mese (una lira corrispondeva al salario giornaliero di un artigiano<ref>{{cita|Gariglio|p. 201|gariglio}}.</ref>), somma ingentissima.
 
Il comune dovette vendere terre e contrarre debiti per trovare i soldi. Il timore delle bombe, che bersagliavano la città, fece apporre sulle porte delle case l'effigie della [[Madre della Consolazione|Consolata]], sperando nella protezione della vergineVergine. Anche i reggimenti cattolici e luterani portavano sul cappello l'immagine di Maria.
 
Fu proprio il frequente impiego, da parte dei francesi, delle bombe incendiarie (le cosiddette ''boulets-rouges'') a mietere più vittime tra la popolazione civile. Si calcola che nel periodo dell'assedio, le truppe franco-spagnole lanciarono sulla città di Torino {{formatnum:95000}} palle di cannone, {{formatnum:21000}} bombe e 27.700{{formatnum:27700}} granate<ref>{{cita|Gariglio|p. 47|gariglio}}.</ref>.
 
L'ordine pubblico in città fu garantito dalla costante presenza della [[milizia]] e della polizia, a cui furono assegnati numerosi compiti. Per prima cosa erano incaricati di sovraintendere a tutto il sistema di spegnimento dei frequenti incendi che si sviluppavano a seguito degli attacchi del nemico e alla repressione dei tentativi di sciacallaggio<ref>{{cita|Gariglio|p. 48|gariglio}}.</ref>. Particolare attenzione era data anche al controllo degli stranieri in città, che per entrare dovevano registrarsi e deporre qualsiasi arma eccetto la spada<ref>{{cita|Gariglio|pp. 48-49|gariglio}}.</ref>.
 
[[File:SebastianoValfrè 2011.jpg|thumb|upright|Sebastiano Valfrè]]
La figura del beato [[Sebastiano Valfrè]] è sicuramente quella che più si distinse tra gli apostoli delle opere di carità che si prodigarono nell'assistenza ai poveri e agli ammalati della città assediata. Nato nel [[1629]] da un'umile famiglia di [[Verduno]], fu ordinato sacerdote il 24 febbraio [[1652]]<ref>{{cita web|url=http://www.studibeatovalfre.org/biografia.html|titolo=Biografia del beato Sebastiano Valfrè|accesso=23 gennaio 2011}}</ref>. Organizzò, davanti al monastero, un [[ospedale]] da campo e spesso si recò sul terreno di battaglia a confortare i soldati feriti. Vittorio Amedeo gli dette sempre estrema fiducia e non esitò a consultarlo nei momenti più difficili. La stima del duca di Savoia si dimostrò in pieno quando egli si recò più volte al capezzale dell'ormai moribondo [[presbitero]], cosa inusuale per le concezioni di vita delle [[Assolutismo monarchico|monarchie assolutistiche]] dell'epoca<ref>{{cita|Gariglio|p. 49|gariglio}}.</ref>.
 
==== Preparazione ====
La difesa sotterranea di fortezze e castelli, utilizzata fin dai tempi più remoti, conobbe nuovo impulso e sistematizzazione dopo la caduta di [[Battaglia di Famagosta|Famagosta]]<ref>Durante l'[[assedio di Famagosta]] ci fu un episodio simile a quello di Pietro Micca: i turchi [[Ottomani]], in procinto di conquistare il forte difeso dal comandante Roberto Malvezzi, saltarono in aria con quest'ultimo che, eroicamente, decise di far saltare in aria l'intera polveriera (compreso se stesso, dato che non avrebbe avuto il tempo materiale per fuggire) piuttosto che far penetrare i Turchi nella fortezza; l'intero [[assedio]] fu un susseguirsi di azioni eroiche, basti pensare che i {{formatnum:7000}} Veneziani asserragliati nella fortezza riuscirono a tenere in scacco un esercito di gran lunga più numeroso ({{formatnum:200000}} unità, centinaia di bocche di fuoco e di navi) per diversi mesi, crollando solo per mancanza di viveri (nonostante fossero rimasti appena in 700, compresi i feriti) - vedi {{cita web|url=http://www.milesgloriosus.it/Scenari/Torino_1706/Assedio_Torino_1706.pdf|titolo=Assedio di Torino, maggio-settembre 1706|accesso=21 gennaio 2011}}</ref>, nel 1571 e, soprattutto, dopo il lungo [[assedio di Candia]], concluso nel 16891669, operazioni condotte dalle forze ottomane che fecero largo ricorso agli attacchi sotterranei.
 
Già nel 1572 Emanuele Filiberto ordinava la costruzione della [[Forte Pastiss|casamatta denominata ''Pastiss'']], dotata di una propria galleria di contromina, per difendere il bastione San Lazzaro della Cittadella<ref>{{cita|Gariglio|pp. 178-180|gariglio}}.</ref>. Tuttavia solo nei mesi precedenti l'attacco francese del 1706 fu effettivamente realizzato, sotto gli spalti e le opere principali della cittadella e delle difese urbane, un esteso e capillare sistema di contromina, progettato da [[Antonio Bertola]]<ref>{{cita|Bevilacqua e Zannoni|}}.</ref>.
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Come già ricordato, per gli approvvigionamenti idrici la Cittadella era dotata del Cisternone, un enorme pozzo (la cui forma ricordava [[Pozzo di San Patrizio|quello di San Patrizio]]) grazie al quale la piazzaforte militare si poteva dire dotata di una fonte d'acqua praticamente perenne<ref>{{cita|Gariglio|pp. 176-177|gariglio}}.</ref>. Queste misure belliche, che si erano andate ingrandendo negli anni, avevano reso Torino una città tra le meglio difese d'Europa.
 
Già nell'agosto del [[1705]] gli eserciti franco-spagnoli erano pronti ad attaccare Torino, appostati in prossimità della ''Cittadella'', ma il comandante - il generale [[Louis d'Aubusson de la Feuillade|Ducaduca de la Feuillade]] - ritenne che gli uomini a disposizione fossero ancora troppo pochi e preferì aspettare i rinforzi<ref>{{cita|Gariglio|pp. 23-26|gariglio}}.</ref>.
 
Questa scelta si rivelò un errore, perché diede modo alla città di fortificarsi ulteriormente fino alla collina e di stringersi nel contempo attorno alla propria ''Cittadella'' in vista di un lungo assedio<ref>Per approfondire il tema riguardante i diversi pareri all'interno del comando francese sulla questione di cingere d'assedio la città già nel 1705 e la decisione finale di posticiparlo all'anno seguente si può leggere lo scritto di {{cita libro|Guido Amoretti|titolo=L'assedio di Torino del 1705. Il retroscena della sconfitta francese}} in {{cita|Carle, Lucia||carle}}.</ref>.
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=== L'assedio ===
[[File:Torino nel 1673.png|upright=1.4|thumb|La città di Torino dopo il suo secondo ampliamento delle mura (1673). Sulla sinistra si riconosce la Cittadella pentagonale.]]
Ebbe inizio il 14 maggio quando le truppe franco-spagnole (composte ora da oltre quarantamila uomini) si appostarono strategicamente di fronte alla fortezza. Due giorni prima, si verificò l'[[Eclissi solare del 12 maggio 1706|eclissi totale di Sole del 12 maggio 1706]],<ref>{{Cita web|url=http://escarton-oulx.eu/4/4guiffre/4guiffre.html|titolo=Manuscrit de Joseph Guiffre (appartenant à Alexandre Guiffre vers 1860/90)|cognome=Guiffre|nome=Joseph|citazione=Trascrizione C. Rochas, S. Ottonelli: [6] "Et en l'année mille set cent six et le dousiesme de may a neuf heures et demi du matin le soleil eclipsant en sorte que la clarté du iour se perdit tout a fait en maniere que les estoilles paroissant come à la nuict. Mon fraire Jean Pierre et moy travaillant à Bardonesche [sic] à faire une muraille au jardin de Jean Nevache nous a falu quitter le travail ny voyant pas quand le soleil fut perdu il se refroidit beaucoup comensant le jour à revenir comme laurore et le soleil etant trouble en sorte que il faisait tout que faire fendre la teste à le regarder." (Traduzione di S. Ottonelli: "[6] Nell'anno 1706, il 12 maggio, alle nove e mezza del mattino c'è stata un'eclissi di sole. La luce del giorno è svanita e le stelle si vedevano come se fosse notte. Mio fratello Gian Pietro ed io eravamo a [[Bardonecchia]] a costruire il muro di cinta del giardino di Giovanni Nevache e dovemmo interrompere il lavoro perché non ci vedevamo più. Quando il sole si oscurò la temperatura si abbassò molto, poi la luce ritornò come se fosse l'aurora e la luce del sole era così accecante che non lo si poteva guardare senza provare fastidio e dolore.")|accesso=12 dicembre 2016}}</ref> che alle ore 10:15 aveva oscurato la volta celeste, facendo risaltare la [[Costellazione del Toro]]. Il Sole era per antonomasia il simbolo di [[Luigi XIV]] (detto il ''Re Sole'') e questo avvenimento diede grande slancio agli animi dei torinesi, che si immaginarono una facile vittoria<ref>{{cita|Gariglio|p. 51|gariglio}}.</ref>. L'avvenimento astronomico è ricordato da alcuni versi del poemetto in [[lingua piemontese]] ''[[L'Arpa Discordata]]''<ref>Renzo Gandolfo (a cura di) ''L'arca discordata'' (1706?), attribuita a don Francesco Antonio tarizzo. Centro Studi piemontesi, Ca de Studi Piemontèis, Torino, 1969.</ref>, scritto negli anni successivi all'assedio:
L'avvenimento astronomico è ricordato da alcuni versi del poemetto in [[lingua piemontese]] ''[[L'Arpa Discordata]]''<ref>Renzo Gandolfo (a cura di) ''L'arca discordata'' (1706?), attribuita a don Francesco Antonio tarizzo. Centro Studi piemontesi, Ca de Studi Piemontèis, Torino, 1969.</ref>, scritto negli anni successivi all'assedio:
{{citazione|Una vota un cabalista<br />Me dè costi vers en lista:<br />''Vedrò fastosi a ritornar i giglj<br />E poi partir quai timidi coniglj''.<br />El medem dì de l'eclissi<br />I sentir un schiribissi<br />D'un poeta de buon savor<br />Che parler de cost tenor:<br />''Qual Fenice il Piemonte in cuna<br />Or mai rinasce, e così vuol la Luna<br />Che quel Sol che quì d'intorno splende<br />Compisca un dì le sue fatali emende''.|Da L'Arpa Discordata, vv.513-524}}
 
Il [[maresciallo di Francia]] [[Sébastien Le Prestre de Vauban]], esperto ideatore di tecniche d'assedio, avrebbe preferito un attacco laterale alla città, ritenendo la fitta rete di gallerie di contromina predisposte dagli assediati un ostacolo insidioso<ref>{{cita|Mengin|p. 220|mengin}}.</ref>; ma de Lala Feuillade lo disattese facendo predisporre da quarantotto ingegneri militari lo scavo di numerose linee di [[trincea]].
 
Il Maresciallomaresciallo Vauban non partecipò fisicamente all'assedio di Torino, pur interessandosene personalmente<ref name="milesgloriosus.it" />. Nel 1705 era stato incaricato da [[Luigi XIV]] di stendere un progetto per la conquista della città, che egli sapeva molto ben difesa. Nel luglio del 1706 si trovava a [[Dunkerque]], da dove scrisse il giorno 23 una lettera di disapprovazione dell'approccio deciso dall'assediante generale de La Feuillade. La sua partecipazione, a parte il progetto dell'anno precedente, fu quindi una partecipazione per corrispondenza<ref>Vedi il testo del generale {{cita|Guido Amoretti, Guido||amoretti 1996}}.</ref>. Quello che per Vauban era un pericoloso "cavillo delle mine" si rivelerà infatti fatale.
 
Dal canto loro, gli assediati, sostenuti dalla popolazione (che partecipò direttamente alla battaglia) e forti della fitta rete di gallerie tanto temute da Vauban, infersero numerose perdite all'esercito nemico. La battaglia andò avanti per tutta l'estate del 1706.
 
L'8 giugno il duca dellade la Feuillade mandò un messaggero a Vittorio Amedeo, nel quale veniva offerta la possibilità al duca di uscire liberamente da Torino per fuggire dalle bombe. Il Rere Luigi aveva dato ordine che non si mettesse a repentaglio la vita del sovrano nemico, ma questi rifiutò anche di comunicare l'ubicazione dei suoi appartamenti, affinché non venissero bombardati: «Il mio alloggio è là dove la battaglia è più furiosa», avrebbe risposto<ref>{{cita|Gariglio|p. 57|gariglio}}.</ref>.
 
Comunque, il duca non aveva intenzione di rimanere in città per molto: il 17 giugno Vittorio Amedeo II lasciò Torino alla testa di {{formatnum:4000}} cavalieri dando vita ada una lunga serie di azioni di guerriglia nel bassoBasso Piemonte che avevano lo scopo di distogliere il maggior numero possibile di truppe dall'assedio della capitale. Effettivamente Lade la Feuillade, lasciato il comando delle operazioni di assedio al generale Chamarande, si lanciò al suo inseguimento con quasi {{formatnum:10000}} uomini, fino a quando il duca di Savoia si rifugiò nelle valli occupate dai [[valdesi]]. Ritenuti eccessivi i rischi di ingaggiare il nemico in un territorio ostile e ben conosciuto da esso, il duca de la Feuillade fece ritorno al campo dinnanzi a Torino il 20 luglio<ref>Torino 1706: l'alba di un regno. Una mostra evento per ricordare - catalogo della mostra (Torino, Maschio della Cittadella - Museo Civico Pietro Micca, 7 settembre 2006 - 3 giugno 2007), Torino, Editrice Il Punto - Associazione Torino 1706-2006, p. 182.</ref>.
[[File:Porträt Wirich von Daun im HGM.jpg|thumb|upright=1|Il generale Wirich von Daun]]
A seguito della sortita del duca da Torino il comando della piazza militare era passato al generale imperiale [[Wirich Philipp von Daun|Virich von Daun]], stretto collaboratore del principe Eugenio. Le operazioni d'assedio andarono comunque avanti portando gli assedianti a ridosso della [[Lunetta (fortificazione)|mezzaluna]] del Soccorso che proteggeva uno degli accessi alla Cittadella. Nel frattempo la città veniva sottoposta ada un durissimo e continuo bombardamento di artiglieria.
 
Ben presto in città, in seguito al blocco totale degli approvvigionamenti dall'esterno, cominciò a scarseggiare la [[polvere nera]] ed entro breve l'artiglieria piemontese dovette limitare il tiro per non consumarne troppa<ref>{{cita|Gariglio|p. 80|gariglio}}.</ref>.
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[[File:Pietro Micca traditional picture.jpg|thumb|upright|Pietro Micca]]
È a questo punto che si colloca il celebre episodio di [[Pietro Micca]], che sacrificò la propria vita per frenare l'ennesimo attacco francese nelle gallerie sotterranee. Nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706 un folto numero di granatieri francesi, sopraffatte le guardie all'ingresso, penetrò nella Galleria della Mezzaluna di Soccorso, minacciando di arrivare al cuore della cittadella. Pietro Micca, uno dei soldati minatori, quella notte addetto alla sorveglianza di un'importante scalinata che collegava il primo al secondo livello sotterraneo, intuì il pericolo e, sprangata la porta, provò a farla saltare con un barilotto da 20 chili di esplosivo. La miccia (forse bagnata) tuttavia non funzionò e Pietro Micca decise di utilizzarne un'altra, molto più corta. «Vai, che sei più lungo di una giornata senza pane!» avrebbe detto al compagno che era con lui, quindi accese la seconda miccia, tentando di fuggire, ma il suo corpo fu dilaniato dall'esplosione e fu trovato a quaranta passi dalla scalinata<ref>Il sacrificio di Pietro Micca fu sicuramente un gesto di eroismo, ma l'effetto pratico non fu così determinante come una storiografia retorica ha inteso a lungo far credere: molto difficilmente, nel caso in cui i granatieri francesi fossero riusciti a passare, il loro intervento avrebbe provocato la caduta della cittadella (solo un ingresso massiccio di truppe avrebbe potuto minacciare seriamente la fortificazione). Quindi l'episodio, grandioso nel sacrificio del giovane soldato, ebbe un'importanza - almeno dal punto di vista strettamente militare - non particolarmente rilevante. Il che naturalmente non sminuisce il merito eroico di Micca (vedi l'opuscolo del massimo esperto in materia, generale {{cita|Amoretti, Guido Amoretti||amoretti 1996}}.</ref>.
 
La situazione sembrava destinata a precipitare per i piemontesi, tant'è che il duca d'Orléans, capitano dell'esercito di Luigi XIV, era arrivato a Torino e voleva darle il colpo di grazia. Gli assedianti però sapevano che il tempo a loro disposizione era poco, in quanto da maggio il cugino del Duca, il principe [[Eugenio di Savoia]], comandante in capo delle truppe imperiali, dopo alcuni scontri vittoriosi contro i franco-spagnoli, stava marciando alla testa di un'armata di soccorso composta da circa {{formatnum:20000}} uomini alla volta di Torino<ref>{{cita|Gariglio|pp. 25-26|gariglio}}.</ref>.
Gli assedianti però sapevano che il tempo a loro disposizione era poco, in quanto da maggio il cugino del Duca, il Principe [[Eugenio di Savoia]], comandante in capo delle truppe imperiali, dopo alcuni scontri vittoriosi contro i franco-spagnoli, stava marciando alla testa di un'armata di soccorso composta da circa {{formatnum:20000}} uomini alla volta di Torino<ref>{{cita|Gariglio|pp. 25-26|gariglio}}.</ref>.
 
Quando a fine agosto l'armata imperiale si trovava già in Piemonte, il Principeprincipe Eugenio alla testa dell'avanguardia giunse a [[Villastellone]], nei pressi della capitale sabauda. Lì fece accampare i suoi soldati esausti e andò ada incontrare il cugino Vittorio Amedeo nella notte del 29.<ref>{{cita|Gariglio|pp. 97-116|gariglio}}.</ref>.
 
=== La battaglia ===
{{Citazione|Sua maestà il duca di Savoia ha messo a repentaglio la sua persona non solo per la sua gloria immortale, ma anche per il maggior bene della causa comune e per il sollievo e la pace dei suoi sudditi e paese, si è esposto intrepidamente al maggior fuoco e vi ha preso parte dall'inizio alla fine, ed ha condotto personalmente i soldati e respinto il Nemico al di là del Po.|Relazione sulla battaglia portata dal conte Hamilton alla corte di Vienna.}}
[[File:BattleofTurin.JPG|thumb|Dipinto raffigurante la battaglia]]
Il 2 settembre i due Savoia salirono sulla collina di [[Superga]], da cui si domina l'intera città, per studiare la tattica di controffensiva e decisero di aggirare il nemico impiegando il grosso dell'esercito ede una parte della cavalleria verso la zona nord-ovest della città, la più vulnerabile, anche se ciò comportava un grosso rischio per la vicinanza delle linee francesi<ref>{{cita|Gariglio|p. 120|gariglio}}.</ref>.
 
Questi, da parte loro, non potevano fare altro che cercare febbrilmente di rinchiudersi nelle loro stesse trincee; l'arrivo di un contingente di soccorso di tali proporzioni li coglieva chiaramente impreparati. Eugenio si espresse in modo sprezzante:
 
{{citazione|Quelli sono già mezzi sconfitti.||Ces gents là sont dejàdéjà a demi battues.|lingua=fr}}
 
Il 5 settembre a [[Pianezza]] fu intercettato dalla cavalleria imperiale uno dei convogli diretto al campo francese. Grazie a [[Maria Bricca]] fu possibile introdursi lì dentro da un passaggio segreto. Si trattò di un importantissimo successo strategico da parte del principe [[Eugenio di Savoia]]<ref>{{Cita news|lingua=it|url=http://www.corriere.it/cultura/16_ottobre_09/alessandro-barbero-la-storia-passa-da-torino-7ea7d940-8e35-11e6-85bd-f14ac05199eb.shtml|titolo=Tre momenti cruciali per la storia d’Italia. Le lezioni a Torino|pubblicazione=Corriere della Sera|accesso=12 ottobre 2016}}</ref>; i francesi avrebbero combattuto con le munizioni razionate.<ref>Torino 1706: l'alba di un regno. Una mostra evento per ricordare - catalogo della mostra (Torino, Maschio della Cittadella - Museo Civico Pietro Micca, 7 settembre 2006 - 3 giugno 2007), Torino, Editrice Il Punto - Associazione Torino 1706-2006, p. 175.</ref>
 
[[File:BattleofTurin prince Anhalt.JPG|thumb|''La carica del principe d'Anhalt'', copia da affresco (distrutto) di E. Knackfuss, prima conservato allo ''[[Zeughaus Berlin]]''.]]
[[File:Joannes-Antonius-Florantin-Dicæomachia-sive-Erotemata MG 0919.tif|thumb|Andreas Matthäus Wolfgang/August Vind: ''Assedio di Torino'', 1714.]]
 
Il 6 settembre la manovra di aggiramento portò le truppe sabaude a posizionarsi fra i fiumi [[Dora Riparia]] e [[Stura di Lanzo]]. Lo scontro finale iniziò il 7 settembre quando le forze austro-piemontesi si disposero sull'intero fronte e respinsero ogni tentativo di controffensiva dei franco-ispanici.
 
Il piano del principe Eugenio prevedeva lo sfondamento dell'ala destra francese, da effettuarsi tramite le disciplinate fanterie prussiane del principe [[Leopoldo I di Anhalt-Dessau]]. L'attacco, su questo lato, fu particolarmente sanguinoso, e solo al quarto tentativo i prussiani riuscirono a vincere la resistenza francese. In particolare il reggimento La Marine, che difendeva l'estrema destra francese, si ritrovò senza più munizioni nel bel mezzo dell'attacco decisivo e, senza rinforzi e rifornimenti disponibili, andò in rotta<ref>Contrariamente a quanto affermato nei lavori ottocenteschi, [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]] non partecipò direttamente allo sfondamento dell'ala destra francese. L'errore, dovuto ada una cattiva interpretazione delle fonti, ebbe origine alla fine dell'Ottocento, da parte degli storici austriaci che editarono in dieci volumi ''Le Campagne del Principe Eugenio di Savoia'', Torino 1889. Recenti studi hanno ricostruito infine la corretta dinamica degli eventi, in particolare {{cita|Badone|pp. 259-223|badone}}.</ref>.
 
A questo punto, dopo aver respinto il contrattacco della cavalleria dell'Orléans, la vittoria era solo una questione di tempo. La cavalleria imperiale fu riorganizzata dal principe Eugenio per distruggere definitivamente quella avversaria, attacco al quale partecipò anche [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]]. Numericamente inferiori, i francesi furono costretti alla fuga verso i ponti di Po, abbandonando al proprio destino l'ala sinistra.
 
Le forze imperiali del centro e dell'ala destra avevano il compito di tenere impegnate le truppe francesi contrapposte. Un tentativo di attacco riuscì a portare alla rottura temporanea del fronte dell'[[Orléans]], il quale si vide costretto ada intervenire con parte della cavalleria per chiudere la falla. In questa azione fu ferito e il [[Ferdinand de Marsin|Marsin]] venne colpito a morte. Lucento, potentemente fortificato e difeso da due dei migliori reggimenti francesi, Piemont e Normandie, non venne mai occupato da un assalto, ma fu abbandonato dai difensori, dopo aver coperto la ritirata dei reparti che coprivano il centro e la sinistra francese<ref>{{cita|Badone|pp. 312-315|badone}}.</ref>.
 
=== Epilogo ===
{{citazione|A questo stato era ridotto nell'orribil punto l'oste testé pure tanto fiorita del re Luigi; nelle lacere trincee a mucchi i cadaveri dei difensori, le armi sparse e rotte, il suolo sanguinoso ed orrido per molto sangue e tronche membra, le campagne piene di uomini che fuggivano e di uomini che gli perseguitavano. Nel medesimo tempo le liete ed alte voci sì dei vincitori che Torino liberato avevano, e sì dei torinesi che, dopo quattro mesi di crudele assedio, a libertà fra tanti pericoli e spaventi risorgevano, ferivano l'aria e miste ai gemiti dei moribondi ed agli scoppi che qua e là sparsamente ancora s'odivano, componevano una scena di cui niuna si può immaginare né più stupenda né più tremenda.|[[Carlo Botta]]}}
I francesi avevano perduto circa {{formatnum:6000}} uomini, contro i {{formatnum:3000}} austro-piemontesi. Nei giorni seguenti, quasi 7.700{{formatnum:7700}} francesi caddero ancora negli scontri con i sabaudi o per le ferite riportate<ref>{{cita|Gariglio|pp. 143-145|gariglio}}.</ref>.
 
Vittorio Amedeo II e il principe Eugenio di Savoia entrarono nella città ormai liberata da [[Porta Palazzo]] e si recarono al [[Duomo di Torino|Duomo]] per assistere ada un [[Te Deum]] di ringraziamento. Sulla [[Superga|collina di Superga]], a ricordo della vittoria, venne fatta costruire dai Savoia l'[[Basilica di Superga|omonima Basilica]] nella quale tuttora, ogni 7 settembre, viene celebrato un ''Te Deum''.
 
== Armamenti e soldati ==
Il [[battaglione]] di [[artiglieria]] che si occupò della difesa della città sabauda fu istituito nel 1696 e comprendeva 6sei [[Compagnia (unità militare)|compagnie]] con 300 cannonieri. All'inizio dell'assedio, il battaglione si rivelò però insufficiente per la gestione di tutte le armi a disposizione e dovette essere integrato con 200 "Cavalieri" provenienti dal [[reggimento]] "[[Reggimento "Piemonte Cavalleria" (2º)|Piemonte Reale Cavalleria]]". Altrettanti uomini di "Piemonte Reale" e 700 [[Cavalleria|cavalieri]] germanici furono invece disposti ada ottemperare ai lavori notturni di riparazione dei danni dell'artiglieria nemica<ref name=Gariglio153>{{cita|Gariglio|p. 153|gariglio}}.</ref>.
 
Ognuna delle 6sei compagnie di artiglieria sabaude era composta da 36 soldati dei quali 4quattro bombisti, 1un tamburo, 2due sergenti e 2due caporali. Una compagnia era, inoltre, dedicata alle maestranze e una ai minatori. Il battaglione disponeva di un [[cappellano]] e di un [[chirurgo]]<ref>{{cita|Gariglio|p. 160|gariglio}}.</ref>. I soldati dell'artiglieria indossavano veste e calzoni azzurri e cappello a tricorno nero.
 
Per quanto riguarda le armi, un inventario del 1706, elenca le seguenti bocche da fuoco portatili immagazzinate nell'Armeria dell'Arsenale della Cittadella<ref>{{cita|Gariglio|p. 156|gariglio}}.</ref>:
* 459 [[fucile|fucili]] con baionetta
* {{formatnum:1063}} fucili vari
* {{formatnum:2052}} [[Moschetto|moschetti]]
* 351 moschetti per [[cavalleria]]
* 297 fucili a [[canna rigata]]
* 20 [[carabina|carabine]] rigate
* 3 tromboni
* 272 casse di palle per moschetti, 200 casse di palle di piombo per fucili, 3tre casse di palle per carabine rigate<ref>dati presi da - {{cita|Gariglio|p. 156|gariglio}}.</ref>.
 
Per soddisfare le esigenze di armamento vennero approntate nuove [[fucina|fucine]]<ref>La prima fonderia torinese destinata alla produzione di cannoni si ebbe nel 1568 per volere di Emanuele Filiberto.</ref> che affiancavano la fonderia dell'Arsenale Torinese<ref>{{cita|Gariglio|pp. 156-157|gariglio}}.</ref>.
[[File:EsercitoPiemontese1706B.JPG|thumb|left|L'esercito piemontese in una rievocazione storica in occasione del trecentesimo anniversario della battaglia]]
La [[fanteria]] piemontese era invece inquadrata in 10dieci reggimenti<ref>In ordine di anzianità: reggimento Guardie, [[1º Reggimento fanteria "San Giusto"|Savoia]], Aosta, [[11º Reggimento fanteria "Casale"|Monferrato]], [[3º Reggimento fanteria "Piemonte"|Piemonte]], Croce Bianca, [[13º Reggimento fanteria "Pinerolo"|Saluzzo]], [[17º Reggimento addestramento volontari "Acqui"|Chablais]], [[5º Reggimento fanteria "Aosta"|Fucilieri]], [[7º Reggimento fanteria "Cuneo"|Nizza]], Cortanze, Trinità e Maffei.</ref>, a cui si aggiungevano quelli [[mercenario|mercenari]] provenienti perlopiù dalla Francia (volontari [[protestantesimo|protestanti]] della [[Provenza]] e del [[Midi (Francia)|Midi]]) e dalla [[Svizzera]]<ref>{{cita|Gariglio|p. 165|gariglio}}.</ref>. L'equipaggiamento di un soldato di fanteria sabaudo era costituito da un cinturone munito di fibbia a cui era appesa la [[spada]] dotata di [[Elsa (impugnatura)#Fornimento|elsa]] di [[Ottone (lega)|ottone]], una [[baionetta]], una [[Bandoliera|gibassiera]] collocata sul fianco destro e un polverino<ref>{{cita|Gariglio|p. 166|gariglio}}.</ref>. I [[granatiere|granatieri]] al posto della gibassiera avevano la granatiera e invece della spada un [[Sciabola|sabro]].
 
La compagnia dei "bombisti" facente parte del battaglione di artiglieria sabaudo contava un reparto speciale chiamato ''petardieri'' che operava contro porte e [[ponte levatoio|ponti levatoi]]<ref name=Gariglio153/>. Questi, protetti da una pesante [[Corazza|armatura]] di ferro, si avventuravano fino agli obiettivi prescelti dove tentavano di collocare i cosiddetti petardi (grosse pignatte contenenti polvere esplosiva) per poi accenderne la [[miccia]]. Fatto questo si allontanavano il più velocemente possibile, sotto il fuoco nemico, per mettersi in salvo. Questo reparto, come altri ancora destinati a opere di sabotaggio, furono certamente determinanti per la difesa della città.
 
Della struttura e della quantità delle armate francesi non si hanno molte notizie. Il numero delle artiglierie franco-spagnole è ignoto, ma si stima con ragionevole approssimazione, che la ''formidable artillerie'' degli assedianti potesse contare circa 250 cannoni e 60 [[mortaio (arma)|mortai]]<ref>{{cita|Gariglio|p. 162|gariglio}}.</ref>. I francesi, inoltre, facevano largo uso delle cosiddette ''boulets-rouges'', delle palle incendiarie realizzate in [[ghisa]] piena che venivano arroventate sui carboni ardenti e poi scagliate nei punti più sensibili agli incendi della città assediata<ref>{{cita|Gariglio|p. 164|gariglio}}.</ref>.
I francesi, inoltre, facevano largo uso delle cosiddette ''boulets-rouges'', delle palle incendiarie realizzate in [[ghisa]] piena che venivano arroventate sui carboni ardenti e poi scagliate nei punti più sensibili agli incendi della città assediata<ref>{{cita|Gariglio|p. 164|gariglio}}.</ref>.
 
== Dopo la battaglia ==
[[File:EsercitoPiemontese1706.JPG|thumb|verticale|Figuranti del Reggimento ''Gardes Françaises'' sfilano per [[via Pietro Micca]], a Torino.]]
 
In ricordo della battaglia, che così profondamente segnò la futura storia piemontese, vennero lasciati dei pilastrini recanti incisa la data ''1706'' e l'effigie della Madonna della Consolata (poiché il [[santuario della Consolata]] non venne, quasi miracolosamente, danneggiato dalle bombe). Essi furono dislocati nei punti ove lo scontro fu più cruento, e ancora oggi se ne possono individuare 23ventitré superstiti in vari luoghi.
 
Sempre per ricordare la battaglia, un futuro quartiere torinese venne battezzato con il nome di [[Borgata Vittoria]] e lì vi fu costruita una [[Chiesa della Salute (Torino)|chiesa intitolata a Maria]]. Inoltre, nel centro cittadino, sono presenti numerose vie che ricordano, coi loro nomi, personaggi che si distinsero nella battaglia: da [[via Pietro Micca]] a via Vittorio Amedeo II<ref>Per approfondire gli aspetti legati alla memoria e al ricordo dell'assedio e della battaglia si invita a leggere {{cita|Prosio|pp. 285-293|prosio}}.</ref>.
 
[[File:Statua Pietro Micca.JPG|thumb|sinistra|Statua a Pietro Micca]]
 
Grandi manifestazioni vennero organizzate per celebrare il bicentenario e il tricentenario della Battagliabattaglia: nel 1906, in una Torino ormai divenuta capocapitale industriale d'Italia, l'incarico di commemorare l'episodio bellico venne affidato a Tommaso Villa, sotto il patrocinio del sindaco della città, [[Secondo Frola]]. Per l'occasione, vennero organizzati convegni di carattere storico, pubblicati volumi, inaugurati monumenti (tra cui si ricorda quello di [[Leonardo Bistolfi]], davanti alla chiesa della Madonna di Campagna, poi distrutto dai bombardamenti alleati nella [[IIseconda guerra mondiale]]). La grande attenzione posta intorno all'evento portò a dichiarare, il 25 agosto dello stesso anno, la casa natale di Pietro Micca, a [[Sagliano Micca|Sagliano]], quale Patrimonio nazionale<ref>È interessante su questo aspetto il saggio di Fabrizio Corrado, ''Il 1706 del 1906. Arte e retorica per il bicentenario della battaglia di Torino'' in "Torino 1706: l'alba di un regno", op. cit.</ref>.
 
In occasione del terzo centenario, nel 2006, la battaglia venne riproposta attraverso una grande ricostruzione storica, grazie all'intervento di figuranti provenienti dalle associazioni storiche di mezza Europa: a ricordo dell'evento, una mostra tematica venne lasciata fruibile al pubblico nel Mastio della Cittadella di Torino<ref>{{cita web|url=http://www.comune.torino.it/cultura/tricentenario/calendario.pdf|titolo=Torino 1706: l'alba di un regno|accesso=7 settembre 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20061008184428/http://www.comune.torino.it/cultura/tricentenario/calendario.pdf}}</ref>.
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== Bibliografia ==
[[File:Targa Superga.jpg|thumb|Targa commemorativa presente nella [[Basilica di Superga]]]]
Attorno all'assedio di Torino e ai suoi maggiori protagonisti (il Principeprincipe Eugenio di Savoia, Vittorio Amedeo II, Pietro Micca) è fiorita sin dal Settecento una vasta e costante produzione bibliografica, includente anche opere di grandissimo pregio collezionistico, come quelle, ad esempio, riguardanti le battaglie eugeniane corredate da tavole preziose e ricercate pure singolarmente.
 
Il tricentenario, celebrato con notevole intensità di iniziative nel corso del 2006/2007, attraverso l'opera dell'Associazione Torino 1706-2006 (costituita non da soggetti privati ma da circa cinquanta associazioni, istituti culturali, centri di studi e sostenuta dal Comune di Torino, dalla [[Regione Piemonte]], dalla [[Compagnia di San Paolo]] e da collaborazioni con altri enti) annovera tra i suoi lasciti durevoli pure un ampio e rilevante aggiornamento della bibliografia sugli eventi legati alla Guerraguerra di successione di Spagna in merito alla quale pare opportuno offrire, a fianco di altre opere anteriori, un quadro dettagliato.
 
=== Fonti bibliografiche ===
* {{cita libro|Guido|Amoretti|titolo=Il ducato di Savoia dal 1559 al 1713|editore=D.Piazza|anno=1985|isbn=978-88-7241-553-5|cid=amoretti 1986}} {{NoISBN}}.
* {{cita libro|Guido|Amoretti|titolo=La verità storica su Pietro Micca – Dopo il ritrovamento della scala esplosa (1958 – 1959)|edizione=VII Edizione|mese=maggio|anno=1996|cid=amoretti 1996}} {{NoISBN}}.
* {{cita libro|nome=Guido|cognome=Amoretti|coautori=Piergiuseppe Menietti|titolo=Torino 1706. Cronache e memorie della città assediata|editore=Il Punto Edizioni|città=Torino|anno=2005|isbn=978-88-88552-22-4}}
* {{cita libro|Clemente|Assum|titolo=L'assedio di Torino (maggio-settembre 1706) e la battaglia di Torino (7 settembre 1706)|città=Torino|editore=A. Giani|anno=1926}} {{NoISBN}}.
* {{cita libro|Alessandro|Barbero|titolo=Il Ducato di Savoia, Amministrazione e corte di uno Stato franco-italiano|città=Roma-Bari|editore=Laterza|anno=2002|isbn=88-420-6708-3}}
* {{cita libro|curatore=Giovanni Cerino Badone|titolo=1706. Le Aquile e i Gigli. Una storia mai scritta|città=Torino|editore=Omega Edizioni|anno=2007|cid=badone|isbn=88-7241-512-8}}
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* {{cita libro|Fabio|Galvano|titolo=L'assedio - Torino 1706|editore=Utet Libreria|città=Torino|anno=2005|isbn=978-88-6008-005-9}}
* {{cita libro|Dario|Gariglio|titolo=1706, l'Assedio di Torino|città=Torino|editore=Blu Edizioni|cid=gariglio|isbn=88-7904-008-1}}
* {{cita libro|Gabriel|Mengin|titolo=Relation du Siége de Turin en 1706, Rédigée d'après des documens origineaux inédits|editore=Imprimerie Royale|città=Parigi|anno=1832|lingua=fr|cid=mengin}} {{NoISBN}}.
* {{cita libro|Pier Massimo|Prosio|capitolo=Il ricordo|titolo=Torino 1706: l'alba di un regno|pp=285-293|editore=Il Punto Edizioni|città=Torino|anno=2006|cid=prosio|isbn=978-88-88552-35-4}}
* {{cita libro| Maria Luisa Moncassoli Tibone|titolo=1706-2006 La battaglia di Torino – memorie ritrovate|editore=L'artistica Editrice|città=Torino|anno=2006 |sbn= IT\ICCU\TO0\1542627TO01542627}}
* {{cita libro|curatori=Lucia Carle, Antoinette Fauve Chamoux|titolo=Situazioni d'assedio (atti del convegno tenuto a [[Montalcino]], 7-10 luglio 1999)|editore=Pagnini e Martinelli Editori|città=Firenze|anno=1999|cid=carle|isbn=88-8251-116-2}}
 
=== Atti di convegno ===
* {{cita conferenza|autore=[[Gustavo Mola di Nomaglio]]|coautori=Roberto Sandri Giachino; Giancarlo Melano; Piergiuseppe Menietti|titolo=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706 tra spirito europeo e identità regionale|conferenza=Atti del Convegno, Torino 29-30 settembre 2006 |editore=Torino, Centro Studi Piemontesi|organizzazione=Associazione Torino 1706-2006|anno=2006 }}
** {{cita conferenza|autore=Marco Anibaldi Ranco|titolo=Cartografia numerica delle opere di difesa e assedio di Torino del 1706 georeferenziata sella cartografia tecnica regionale al 10.000{{formatnum:10000}}|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=279-284}}
** {{cita conferenza|autore=Fabrizio Antonielli d’Oulx|coautori=Maria Luisa Reviglio della Veneria|titolo=Cenni sugli ordini reali e militari francesi, sabaudi e imperiali dell’assedio di Torino|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=253-272}}
** {{cita conferenza|autore=Giuseppe Balbiano d’Aramengo|titolo=L’assedio di Torino nei documenti di Giuseppe Maria Solaro della Margarita |conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=677-678}}
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** {{cita conferenza|autore=Nadia Calascibetta|titolo= Il beato Sebastiano Valfrè: un percorso iconografico attraverso i secoli|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=879-885}}
** {{cita conferenza|autore=Carmelitane Scalze di Moncalieri|titolo=Nel cuore della città assediata, una seminatrice di speranza|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=861-878}}
** {{cita conferenza|autore=Alberto Casirati|titolo=Vittorio Amedeo II, il “Grande"Grande Re”Re". Gli albori d’Italiad'Italia in un regno lungo e difficile nell’Europanell'Europa del XVIII secolo|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=7-16}}
** {{cita conferenza|titolo=Maria Bricca tra storia e leggenda|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=607-614}}
** {{cita conferenza|autore=[[Piero Cazzola]]|titolo=Due assedi, due vittorie: Torino 1706 – Poltava 1709. Un Duca diventa Re – uno zar imperatore|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=161-166}}
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** {{cita conferenza|autore=Paul Guichonnet |titolo= La Savoia e la Guerra di successione Spagnola (1703-1713)|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=27-35}}
** {{cita conferenza|autore=Guglielmo Guidobono Cavalchini |titolo= 1706: prima e dopo Torino. Il Principe Eugenio|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=389-398}}
** {{cita conferenza|autore=Giancarlo Libert |titolo= Gli Olivero e l'assedio del 1706: vicende di una famiglia e delle soprietàsue proprietà|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=337-348}}
** {{cita conferenza|autore=Alberico Lo Faso di Serradifalco |titolo=Il ruolo della nobilità piemontese nelle campagne di guerra 1703-1706|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=615-664}}
** {{cita conferenza|autore=Giorgio M. Lombardi |titolo= Potenze statiche e potenze dinamiche a confronto tra l'assedio di Torino e la politica “italiana” dei Savoia|conferenza=Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...|pp=3-6}}
Riga 277 ⟶ 272:
*Roberto Nasi, ''Vittorio Amedeo II e le azioni della cavalleria durante l'assedio di Torino del 1706'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;399–410.
*Mario Ogliaro, ''Un'eclissi per il Re Sole: ambiguità diplomatiche e intrighi delle corti europee alla vigilia dell'assedio di Torino del 1706'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;37–91.
*Mario Ogliaro, ''La fortezza di Verrua Savoia nella storia del Piemonte'', Libreria Mongiano Editrice.
*Matteo Paesano, ''Le armi piemontesi nella guerra di Successione spagnola: una tradizione ancora viva'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;111–124.
*Patrizia Petitti, ''Il “sesso"sesso imbelle”imbelle": cenni intorno alla partecipazione delle donne alla difesa di Torino nel 1706'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;595–606.
*Maria Teresa Reineri, ''Anna Maria d'Orléans, Regina di Sardegna, Duchessa di Savoia'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;17–21.
*Maria Luisa Reviglio della Veneria – Fabrizio Antonielli d'Oulx, ''Feste religiose nel bicentenario della battaglia di Torino: 1706-1906'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;911–924.
Riga 292 ⟶ 287:
*Alberto Moshe Somekh, ''Un poemetto liturgico ebraico a commemorazione degli eventi del 1706'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;925–928.
*Franz zu Stolberg-Stolberg, ''I brandeburghesi a Torino nel 1706'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;733–737.
*Pompeo Vagliani, ''“Te"Te felice, o Pietro Micca, dell'Italia salvatore”salvatore". La figura di Pietro Micca nella pubblicistica per l'infanzia e nei testi scolastici tra Ottocento e primo Novecento'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;565–583.
*Camillo Vaj, ''Il Sistema fortificato di Chivasso e Castagneto. Luglio 1705, la presa e l'occupazione di Chivasso. I piani d'attacco francesi e i registri dell'archivio storico della città, per una lettura dell'assedio che salvò Torino, attraverso nuovi documenti inediti'', in: ''Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706...'' (v.), pp.&nbsp;443–466.
*Marco Albera, ''La zuppa dopo l'assedio. Guido Amoretti, Piergiuseppe Menietti - Torino 1706. Cronache e memorie della città assediata. Editrice Il Punto, Torino 2005.a notte del 7/8 settembre 1706 a Palazzo Graneri della Roccia'', in: Torino 1706. Memorie e attualità dell'Assedio di Torino del 1706... (v.), pp.&nbsp;359–362.
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[[Categoria:Assedio di Torino| ]]
[[Categoria:Assedi della guerra di successione spagnola|Torino]]
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[[Categoria:Vittorio Amedeo II di Savoia]]