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{{Nota disambigua}}
{{citazione|[[Giove (divinità)|Giove]] impose a noi due sacche:<br />mise quella dei vizi propri dietro la schiena,<br />quella carica dei vizi altrui davanti al petto|Fedro - ''Fabulae'', IV, 10| ''Peras imposuit Iuppiter nobis duas:''<br />''propriis repletam vitiis post tergum dedit,''<br />''alienis ante pectus suspendit gravem.''|lingua=la}}
{{Bio
|Nome = Gaio Giulio Fedro
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|Attività = scrittore
|Nazionalità = romano
|PostNazionalità = , autore di celebri [[favolaFavole (Fedro)|favole]], attivo nel [[I secolo]]
|Immagine = Phaedrus Fabulist 1745 engraving.jpg
|Didascalia = Fedro ritratto sul [[frontespizio]] di un'edizione settecentesca delle sue ''[[Favole (Fedro)|Favole]]''
}}
 
Fedro rappresenta una voce isolata della letteratura: riveste un ruolo poetico subalterno in quanto la favola non era considerata (analogamente a oggi) un [[genere letterario]] "alto" anche se possedeva un carattere pedagogico e un fine morale.
{{citazione|[[Giove (divinità)|Giove]] impose a noi due sacche:<br />mise quella dei vizi propri dietro la schiena,<br />quella carica dei vizi altrui davanti al petto|Fedro - ''Fabulae'', IV, 10| Peras imposuit Iuppiter nobis duas:<br />propriis repletam vitiis post tergum dedit,<br />alienis ante pectus suspendit gravem.|lingua=la}}
 
== Biografia ==
{{Vedi anche|Storia della letteratura latina (14 - 68)}}
Il suo nome [[lingua greca antica|greco]] è Φαῖδρος (''phadagiFedros''); non è invece certo se il nome in [[lingua latina]] fosse ''Phaedrus'' o ''Phaeder''. Il latinista [[Francia|francese]] [[Louis Havet]], curatore nel [[1895]] di una nota edizione delle ''[[Fabulae (Fedro)|Fabulae]]'', suggerì la forma ''Phaeder'' sulla scorta di alcune iscrizioni,<ref>C. I. L. III, 5802; VI, 8562; VI, 9858; VI, 24057; IX, 466; XIV, 1232</ref> ma la forma latina ''Phaedrus'' è attestata in [[Cicerone]] riferendosi al filosofo epicureo<ref>''Orator'', 41</ref> e, in particolare, nei titoli – sia pure aggiunti posteriormente&nbsp;– di tre favole<ref>III, prologo; IV, 7; IV, 22</ref> e in [[Flavio Aviano|Aviano]].<ref>''Fabulae'', prologo: «Phedrus etiam partem aliquam quinque in libellos resolvit»</ref> Egli è pertanto identificato comunemente con Phaedrus.
 
Quanto al luogo di nascita, Fedro stesso afferma<ref>''Fabulae'' III, prologo: «Ego, quem Pierio mater enixa est iugo»</ref> di essere nato sul monte Pierio, luogo di nascita delle [[Muse (mitologia)|Muse]], che al tempo faceva parte della [[Macedonia (regione storica)|Macedonia]]; però egli sembra anche alludere alla [[Tracia]] come sua patria, vantata come terra di poeti.<ref>''Fabulae'' III, prologo, vv. 54-57</ref> È certo che il monte sorgeva in prossimità del confine trace e alla fine del [[I secolo]] una rettifica dei confini delle due province lo ridusse in Tracia.
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Fedro nacque intorno al [[20 a.C.|20]]/[[15 a.C.]] e giunse giovanissimo a [[Roma]] come schiavo, forse a seguito della violenta repressione, operata dal console [[Lucio Calpurnio Pisone (console 15 a.C.)|Lucio Calpurnio Pisone]], della rivolta avvenuta in Tracia nel [[13 a.C.]] La sua venuta a Roma ancora bambino è stata dedotta dalla sua affermazione<ref>''Fabulae'' III, epilogo, vv. 33-35: «Ego, quondam legi quam puer sententiam / ''Palam muttire plebeio piaculum est'' / dum sanitas constabit, pulchre meminere»</ref> di aver letto da bambino il ''Telephus'', una tragedia ora perduta di [[Ennio]]; ma non si può escludere, per quanto poco probabile, che egli abbia potuto già studiare latino in Macedonia, e pertanto la questione della data della sua venuta a Roma resta insoluta.
 
Che egli sia stato uno schiavo ''familiaris'', appartenente alla ''familia'' di [[Augusto]], e poi emancipato da questo imperatore è attestato nella titolazione manoscritta della sua opera, ''Phaedri Augusti liberti Fabulae Aesopiae''; si deduce che il suo nome, dopo la liberazione, deve essere stato Caius Iulius Phaedrus, dal momento che i liberti assumevano il ''praenomen'' e il ''nomen'' del loro [[Patrono (storia romana)|patrono]].
 
Se Fedro fosse effettivamente stato portato giovanissimo a Roma, potrebbe aver studiato alla scuola dell'erudito [[Verrio Flacco]], tenuta nel tempio di [[Apollo]] che sorgeva sul [[Palatino]]<ref>La precisazione è in Suetonio, ''De claris grammaticis et rethoribus'', 17</ref> dove studiavano anche i nipoti di Augusto, Gaio e Lucio, e di quest'ultimo, secondo un'ipotesi,<ref>A, De Lorenzi, ''Fedro'', 1955</ref> potrebbe esser poi divenuto pedagogo, acquisendo quei meriti che, insieme con l'ascesa sociale, lo avrebbero portato alla libertà.