Giansenismo: differenze tra le versioni
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L'impianto di base del giansenismo si fonda sull'idea che l'essere umano nasca essenzialmente [[caduta dell'uomo|corrotto]] e, quindi, inevitabilmente destinato a commettere il [[male]].
Senza la [[grazia (teologia)|grazia divina]], l'uomo non può far altro che [[Peccato|peccare]] e disobbedire alla [[
Con tale teologia, Giansenio intendeva ricondurre il cattolicesimo a quella che egli riteneva la dottrina originaria di [[Agostino d'Ippona]], in contrapposizione al [[molinismo]] (corrente teologica che prende il nome dal [[gesuiti|gesuita]] [[spagna|spagnolo]] [[Luis de Molina]]), allora prevalente, che concepiva la salvezza come sempre possibile per ogni essere umano dotato di buona volontà.
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Il movimento giansenista accompagnò la storia della [[Francia]] lungo tutta l'epoca dell'[[ancien Régime]] e conobbe anche un'importante ramificazione [[italia]]na nel [[XVIII secolo|Sette]]-[[XIX secolo|Ottocento]], di impronta [[giurisdizionalismo|giurisdizionalista]] e riformatrice.
La [[Chiesa cattolica|Chiesa cattolico-romana]] condannò il giansenismo come [[eresia|eretico]] e vicino al [[protestantesimo]],
== Sintesi dottrinale ==
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Tra le varie tendenze e manifestazioni storiche del giansenismo
{{citazione|esiste comunque un ''minimum'' unificante:
*la concezione di un cristianesimo profondamente esigente, che
*una coscienza intensa dei diritti della persona e soprattutto del pensiero
Le idee teologiche principali del giansenismo si possono ricondurre a tre aspetti principali:<ref>{{cita|Martina|pp. 154-156}}.</ref>
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== Genesi, sviluppo e declino del giansenismo in Francia ==
=== La controversia sulla grazia ===
I dibattiti sul tema della [[Grazia (teologia)|grazia]] avevano attraversato per secoli la [[teologia]] [[cristianesimo|cristiana]], ed erano stati aperti soprattutto dalle riflessioni di [[Agostino d'Ippona]].
Il lungo contrasto con i [[pelagianesimo|pelagiani]], che esaltavano la libertà umana e le sue possibilità di salvezza, aveva portato Agostino a farsi "campione" dell'assoluta e libera grazia di Dio. Ciò, naturalmente, lo spinse a diminuire il valore del [[libero arbitrio]] dopo la cosiddetta [[caduta dell'uomo|caduta di Adamo]], così da rendere l'essere umano, senza la grazia, incapace di alcun bene. Per Agostino, poi, la grazia divina è ''gratis data'', cioè donata in modo assolutamente gratuito, quindi non prevedibile né tantomeno meritabile. Il primo e il secondo pensiero di Agostino salvano ancora il libero arbitrio umano ritenendo la grazia come donata a tutti ma rispettosa dell'eventuale rifiuto umano. Invece il suo terzo pensiero, maturato in anzianità, restringe il dono della grazia a coloro che Dio, liberamente e segretamente, ha scelto e [[predestinazione|predestinato]]. A questo pensiero pose rimedio [[Bernardo di Chiaravalle]], che, nel suo trattato [[iarchive:delliberoarbitri00bern|De Gratia et libero arbitrio]], risolve il problema ribadendo e perfezionando il pensiero del primo e secondo Agostino: che cioè ogni uomo è predestinato da Dio alla salvezza ma tutto risiede nella accettazione da parte dell'uomo di questa predestinazione di Dio, da intendersi come offerta e non imposizione. Bernardo parla di ''consensio'', accoglimento, della proposta divina della grazia, che è universale e non riservata ai predestinati. Bernardo rifiuta sostanzialmente come eretica la predestinazione riservata a taluni e con essa pertanto anche il pensiero del terzo Agostino. Per Bernardo la cosiddetta gratia irresistibilis non esiste. Non perché Dio non possa, ma perché non vuole forzare l'uomo, in quanto lo ha destinato alla ''deificatio'', alla divinizzazione, e pertanto non intende assolutamente sottrargli la maggiore caratteristica divina che è appunto la libera volontà.
La Chiesa tuttavia, pur appoggiando pienamente il pensiero di Bernardo (ereditato da [[Bonaventura da Bagnoregio]] e poi dai [[Compagnia di Gesù|Gesuiti]]), non procedette mai a dichiarare esplicitamente eretico il terzo Agostino, contrariamente a quanto aveva fatto per la teoria dell'[[apocatastasi]] di [[Origene]]. La Chiesa peferì sempre limitarsi a condannare chi, come i protestanti e appunto i giansenisti, si rifaceva al terzo Agostino, ma senza mai pronunciarsi chiaramente sul pensiero ispiratore. Dal canto loro, i protestanti hanno sempre replicato alle condanne della Chiesa che essi si sono semplicemente ispirati al terzo Agostino, e puntano il dito sul fatto che la Chiesa non lo abbia mai condannato. Anche in epoca contemporanea si sono avuti teologi agostiniani, come padre [[Agostino Trapè]], che hanno dichiarato ortodosso il pensiero del terzo Agostino e ribadito come ammissibile anche per la chiesa cattolica l'esistenza della [[grazia irresistibile]] e cioè che esistano predestinati alla salvezza (ai quali Dio darebbe grazia sufficiente a salvarsi) e non predestinati (ai quali Dio NON darebbe la detta grazia e che perciò si dannerebbero): "Non già che Dio induca gli uomini a credere contro il loro volere, ma opera in modo che il non volere si muti in volere: «non ut homines, quod fieri non potest, nolentes credant, sed ut volentes ex nolentibus fiant»<ref>{{Cita web|url=http://www.agostinotrape.it/scritti/a_proposito_di_predestinazione/testo_interno.htm|titolo=A proposito di predestinazione: S. Agostino e i suoi critici moderni|sito=www.agostinotrape.it|accesso=2025-08-26}}</ref>.
Agostino e Bernardo avevano goduto di un immenso credito nel [[Medioevo]], ma il teologo domenicano [[Tommaso d'Aquino]], avverso alla teologia di Bernardo, riuscì a farlo cadere nel dimenticatoio, malgrado il teologo francescano [[Bonaventura da Bagnoregio]] ne avesse ereditato e sposato pienamente il pensiero. Tommaso, parlando della grazia, partì dall'autorità del terzo Agostino, e i suoi sforzi di conciliare quella dottrina con la sua [[metafisica]] e soprattutto di salvare lo spazio della libertà umana, non arrivarono tuttavia a negare la grazia irresistibile.
Anche [[Martin Lutero]] e [[Giovanni Calvino]] si richiamavano, per quanto riguardava la [[giustificazione (teologia)|giustificazione]], ad Agostino, trovando consonante con la propria affermazione del [[cinque sola|''sola fide et sola gratia'']] la centralità della grazia nella teologia del convertito di Ippona. L'enorme accento posto sulla caduta dell'essere umano (soprattutto in Calvino, che nega completamente il libero arbitrio per effetto del [[peccato originale]]) tende evidentemente ad esaltare la grandezza dell'opera redentiva di [[Gesù Cristo]], così come la rigida [[doppia predestinazione]] da parte di Dio tende ad eliminare ogni apporto umano alla libera volontà di Dio, cui l'uomo può solo aderire con l'abbandono di una fede totale.
Il [[Concilio di Trento]] si attenne alla teologia medievale, evitando di entrare in merito alla questione, e limitandosi a ribadire in maniera generica due punti fermi: la libertà di Dio (dichiarando la necessità della grazia divina) e - nello stesso tempo - la libertà dell'uomo (quindi l'esistenza e la realtà del libero arbitrio). La loro conciliazione spettava alle diverse scuole [[teologia|teologiche]].
{{citazione|''Necessità della grazia: ''<br>Se qualcuno ha affermato che l'essere umano potrebbe, senza una previa ispirazione ed aiuto dello Spirito santo, credere, sperare ed amare, o pentirsi come si conviene, cosicché gli venisse conferita la grazia della giustificazione, sia anàtema.<br> <br>'' Libero arbitrio: ''<br>Se qualcuno ha affermato che il libero arbitrio dell'essere umano, mosso e stimolato da Dio, non coopera in nessun modo con quel Dio che lo muove e lo stimola perché si disponga e si prepari ad ottenere la grazia della giustificazione; e che egli non potrebbe dissentire, se lo volesse, ma che, come un qualcosa di inanimato, non opera in nessun modo e si comporta del tutto passivamente, sia anàtema.|[[Concilio di Trento]], sessione VI, 13 gennaio 1547, ''Canoni sulla dottrina della giustificazione'', [[Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum|DS]] 1554-1555|''[Can. 3:]''<br>Si quis dixerit, sine praeveniente Spiritus sancti inspiratione atque eius adiutorio hominem credere, sperare et diligere, aut paenitere posse, sicut oportet, ut ei iustificationis gratia conferatur, anatema sit.<br> <br> <br>''[Can. 4:]''<br>Si quis dixerit, liberum hominis arbitrium a Deo motum et excitatum nihil cooperari assentiendo Deo excitanti atque vocanti, quo ad obtinendam iustificationis gratiam se disponat ac praeparet, neque posse dissentire, si velit, sed velut inanime quoddam nihil omnino agere mereque passive se habere, anatema sit.|lingua=la}}
A [[Lovanio]], dopo il [[1550]], fu professore [[Michele Baio]]: specialista di [[patristica]], Baio ambiva a trattare i problemi relativi alla grazia soltanto con il linguaggio dei [[Padri della Chiesa]], senza ricorrere alla [[teologia scolastica]]. Ben presto lo si accusò di insegnare tesi molto vicine a quelle di Lutero e Calvino: di negare il carattere soprannaturale della condizione originale dell'uomo nel [[paradiso terrestre]] e perciò di dedurne la corruzione totale dell'uomo dopo il peccato originale e l'impossibilità di resistere alla grazia. Negando il libero arbitrio, Baio avrebbe perciò favorito il [[calvinismo]]. Le tesi di Baio furono condannate nel [[1567]] da [[papa Pio V]] e poi ancora da [[papa Gregorio XIII]] nel [[1580]].<ref>Il dibattito sulla grazia non solo non si concluse con la censura di Baio, ma vide l'apertura di un'ulteriore questione, su come andasse interpretato il testo della [[bolla papale|bolla]] ''Ex omnibus afflictionibus'' di Pio V:
{{citazione|Dopo che queste opinioni sono state ponderate davanti a Noi con un accurato esame, benché alcune in qualche modo possano essere sostenute, con rigore e nel senso proprio delle parole inteso dai loro assertori, con la nostra autorità noi le condanniamo, isoliamo e aboliamo, rispettivamente come eretiche, erronee, sospette, avventate, scandalose e capaci di far danno alle orecchie devote, insieme con qualsiasi cosa sia stata formulata, a parole o per iscritto, sopra di esse.|[[Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum|DS]] 1980|Quas quidem sententias stricto coram nobis examine ponderatas, quamquam nonnullae aliquo pacto sustineri possent in rigore et proprio verborum sensu ab assertoribus intento hereticas, erroneas, suspectas, temerarias, scandalosas et in pias aures offensionem immittentes respective, ac quaecumque super iis verbo scriptoque emissa, praesentium auctoritate damnamus, circumscribimus et abolemus.|lingua=la}}
La questione ermeneutica venne chiamata "del comma pïano", cioè 'della [[virgola]] di [papa] Pio': se si mette la virgola dopo ''sustineri possent'' ('possano essere sostenute'), il testo significa che le affermazioni di Baio, per quanto ''in sé'' potrebbero anche essere ortodosse, nel senso offerto da Baio sono eretiche; se invece si mette la virgola dopo ''ab assertoribus intento'' ('inteso dai loro assertori'), significherebbe che alcune proposizioni di Baio, proprio nel senso da lui inteso, possono essere ortodosse.</ref>
Alla fine del [[XVI secolo|Cinquecento]] scoppiò un'altra polemica tra [[Domenicani]] e [[Gesuiti]] a proposito del teologo gesuita [[Luis de Molina]] e di un suo testo del [[1588]], ''De concordia liberi arbitrii cum divinae gratiae donis''. Molina proponeva la teoria della "grazia sufficiente" al posto della "grazia efficace": la grazia di Dio dà all'uomo tutto ciò che è necessario per compiere il bene, ma non può produrre effetto se non è accettata dal libero arbitrio. La posizione molinistica era rilevante anche nel contesto della pratica di [[proselitismo]] gesuita, tesa a incoraggiare l'ingresso del maggior numero di persone nel seno della Chiesa.
I Domenicani, che vedevano intaccata l'autorità di Tommaso d'Aquino, reagirono con violenza; ne nacque una pesante disputa, tra questi ultimi, che ponevano l'accento sulla grazia divina (ma si trovarono addirittura accusati di [[calvinismo]]), e i Gesuiti, che accentuavano il libero consenso dell'uomo (ma venivano accusati dai loro avversari di [[semipelagianesimo]]). La Santa Sede avocò a sé la questione: venne insediata la "Commissione ''de auxiliis''" ([[1598]]-[[1607]]), ma sebbene la gran parte dei consultori fosse sulla linea di Agostino e Tommaso (o comunque fosse contraria al [[molinismo]]), per non contrastare i gesuiti si giunse a una soluzione compromissoria: venne proibito ai teologi di trattare la questione del rapporto tra grazia e libero arbitrio. La Compagnia di Gesù, in effetti, si era quasi universalmente compromessa nella difesa di Molina, e una condanna di Molina avrebbe rischiato di indebolire considerevolmente il prestigio dei Gesuiti, che rendevano alla Santa Sede - soprattutto in campo politico - immensi servizi.<ref>{{cita|Cognet|p. 15}}.</ref>. Il decreto di proibizione, emesso da [[papa Paolo V]] nel 1607 e rinnovato nel [[1625]], era peraltro formulato in modo molto vago, senza sanzioni penali,<ref>{{cita|Ceyssens 1957|pp. XVIII-XIX|Ceyssens57}}.</ref> tanto che cadde presto in oblio: di fatto, esso sarebbe stato tirato fuori dai Gesuiti soltanto in occasione della pubblicazione dell{{'}}''Augustinus'' di Giansenio.
{{Approfondimento
|larghezza=350px
|titolo=Schema cronologico del giansenismo francese
|contenuto=
[[File:La déroute janséniste Jean Garnier 09443.jpg|center|340px|Stampa da un almanacco gesuita: "La sconfitta e la confusione dei giansenisti, o trionfo di Molina su sant'Agostino"]]
'''Prima fase (teologica)'''<br>
1635 - ''Mars Gallicus''<br>
1638 - morte di Giansenio<br>
1640 - pubblicazione dell{{'}}''Augustinus''<br>
1642 - bolla ''In eminenti''<br>
1643 - Morte di Saint-Cyran; ''De la fréquent communion'' di Arnauld<br>
1656 - bolla ''Ad sacram''<br>
1657 - ''Le provinciali'' di Pascal<br>
1661 - imposizione del "Formulario" antigiansenista da parte di Luigi XIV<br>
1665 - ribellione dei quattro vescovi<br>
1669 - "pace clementina"
'''Seconda fase (politica)'''<br>
1679 - ripresa delle ostilità da parte di Luigi XIV contro Port-Royal<br>
1685 - inizio dell'amicizia tra Arnauld e Quesnel<br>
1701 - "Caso di coscienza"<br>
1703 - arresto di Quesnel<br>
1709 - distruzione di Port-Royal<br>
1713 - bolla ''Unigenitus''<br>
1717 - appello ad un concilio contro la ''Unigenitus''<br>
1730 - la ''Unigenitus'' legge dello Stato<br>
1754 - morte dell'ultimo vescovo giansenista
}}
=== Contesto politico ===
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Non tutti, però, furono d'accordo nel firmare il formulario imposto. Il dramma fu particolarmente acuto a Port-Royal, dove le monache, impossibilitate a fuggire dalla [[clausura religiosa|clausura]], senza conoscenze teologiche sufficienti a reggere il dibattito, legate comunque a [[Giansenio]] per il tramite della venerata memoria di [[Jean Duvergier de Hauranne|Saint-Cyran]], continuarono a rifiutarsi di firmare.
Fra le monache, si ricorda in particolare [[Jacqueline Pascal]], sorella di [[Blaise Pascal]], che scrisse ad [[Antoine Arnauld (teologo)|Antoine Arnauld]] una lettera in cui si trova la famosa frase: ''«Puisque les évêques ont des courages de filles, les filles doivent avoir des courages d’évêques»'' (''«Poiché i vescovi hanno un coraggio da ragazza, le ragazze devono avere un coraggio da vescovo»'')<ref>A. McKenna et J. Lesaulnier (dir.), Dictionnaire de Port-Royal, Paris : H. Champion, 2004, p. 789-791. (art. de Ph. Sellier).</ref>
Il nuovo [[arcidiocesi di Parigi|arcivescovo di Parigi]], [[Hardouin de Péréfixe de Beaumont]] (già precettore di Luigi XIV), dimostrando notevole superficialità in campo teologico, escogitò un'artificiosa soluzione, chiedendo di firmare i formulari con un assenso di "fede divina" per la questione di diritto e un assenso di "fede umana" per la questione di fatto. Pesantemente [[satira|satireggiato]] per questa trovata, Péréfixe reagì in modo violento: fece deportare da Port-Royal dodici religiose non firmatarie e fece imprigionare ''in loco'' le altre, affidando il monastero a sei [[visitandine]] e a ufficiali del re.
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{{citazione|Nel campo religioso l'imperatore [[Giuseppe II d'Austria]] trova chi è disposto a seguirlo: i giansenisti, attivi e intraprendenti in Italia ancor più che nella loro patria di origine, la Francia. Se il profondo spirito religioso che anima i giansenisti appare in contrasto con il [[razionalismo]] del secolo, numerosi punti di contatto li spingono ad allearsi all'[[Illuminismo]] nella sua battaglia contro la [[Santa Sede|Chiesa di Roma]]: vogliono un ritorno alla primitiva semplicità cristiana, combattono l'autorità del papa e l'onnipotenza del clero.|{{cita|Valsecchi|p. 210}} }}
=== Ludovico Antonio Muratori (
{{vedi anche|Ludovico Antonio Muratori}}
[[File:Lodovico Antonio Muratori.jpg|thumb|Ludovico Antonio Muratori]]
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Tra le proposte di riforma ecclesiastica che Scipione de' Ricci e il sinodo di Pistoia avevano avanzato, si possono ricordare la celebrazione di sinodi diocesani ogni due anni (sulla linea di quanto era stato disposto dal [[concilio di Trento]] e di fatto non era mai stato messo in pratica), la revisione dei [[libro liturgico|libri liturgici]] con l'eliminazione di tutti gli elementi leggendari o legati a superstizioni, l'abolizione di tutti i titoli ecclesiastici oltre a quelli di [[vescovo]], [[canonico]] del [[capitolo (cristianesimo)|capitolo della Cattedrale]] e [[parroco]], l'individuazione di «un metodo uniforme di studi ecclesiastici, tanto nei [[seminario|seminari]], accademie ecclesiastiche ed università che nei [[convento|conventi]] dei [[religioso (cristianesimo)|regolari]], secondo la dottrina di [[Agostino d'Ippona|sant'Agostino]]».
{{citazione|XXVII - Sarebbe opportuno che [...] si proibissero nelle domeniche e feste solenni le feste in onore dei santi. Potrebbero proibirsi le parature, la quantità inutile dei lumi, la musica tanto vocale che istrumentale ad eccezione del canto corale e dell'organo, che in chiesa non si ammettessero le donne in abiti indecenti, che non vi si celebrasse che una sola [[messa]] per volta e che queste siano distribuite in ore fisse per il maggior comodo del popolo.<br>XXVIII - Converrebbe che i vescovi si prendessero cura di rivedere tutte le [[reliquia|reliquie]] delle chiese delle loro diocesi, togliendo tutte quelle la di cui autentica fosse per qualche titolo sospetta. [...] Nell'altar maggiore della chiesa, dove dee conservarsi il [[Santissimo Sacramento]], dovrebbe togliersi ogni quadro di santi, e non lasciarsi che una croce.<br>XXXVIII - Eccettuate le processioni del [[Corpus Domini]] e delle [[rogazioni]], stabilite da un rispettabile uso, fuori dalla chiesa, e di quelle della [[domenica delle Palme]], del [[Altare della reposizione|santo sepolcro]] e della [[Candelora|Purificazione]] in chiesa, sembra che tutte le altre potrebbero abolirsi; ed assolutamente conviene abolire quelle che si fanno per visitare qualche madonna o altre immagini, e che ad altro non portano che a fare dei pranzi o delle adunate indecenti.<br>LIV - Per porre i parroci anco meno dotti in stato di esercitar bene il loro ministero, potrebbe essere utile il far tradurre e stampar libri che più potessero venire ad essi di guida e d'istruzione, e distribuirgliene gratis: [...] un esemplare della [[Bibbia|sacra scrittura]] tradotta in [[lingua italiana|volgare]] dall'arcivescovo di Firenze Martini, o quella tradotta dal francese da [[Louis-Isaac Lemaistre de Sacy|Sacy]], [...] il rituale d'Alet ''(del vescovo giansenista [[Claude Pavillon]])'', le riflessioni sul vecchio e
=== Altre influenze gianseniste nella penisola italiana ===
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* {{cita libro|cognome=Cognet|nome=Louis|titolo=Le Jansénisme|edizione=5|città=Paris|editore=Presses universitaires de France|anno=1985|collana=Que sais-je?|volume=960|lingua=fr|cid=Cognet}}
* {{cita libro|volume=7|titolo=La Chiesa nell'epoca dell'assolutismo e dell'illuminismo: egemonia francese, giansenismo, missioni (17.-18. sec.)|autore=Louis Cognet|altri=prefazione all'ed. italiana di Massimo Marcocchi, traduzione di Giorgio Butterini ... [et al.], aggiornamento bibliografico di Paola Vismara|edizione=2|città=Milano|editore=Jaca book|anno=1987|isbn=88-16-30037-X|opera=Storia della Chiesa|curatore=[[Hubert Jedin]]|pp=28-66|cid=Jedin}}
* {{cita libro|nome=Jean Robert|cognome=Armogathe|capitolo=Il giansenismo prima del 1648|pp=502-512|volume=18.2|titolo=La Chiesa nell'età dell'assolutismo confessionale. Dal Concilio di Trento alla pace di Westfalia (1563-1648)|curatore=Luigi Mezzadri|città=Cinisello Balsamo|editore=Edizioni Paoline|anno=1988|opera=Storia della Chiesa cominciata da Agostino Fliche e Vittorio Martin e continuata da Giovanni Battista Duroselle ed Eugenio Jarry|cid=Armogathe}}
* {{cita libro|cognome=Martina|nome=Giacomo|titolo=L'eta dell'assolutismo|wkautore=Giacomo Martina|edizione=7|volume=2|città=Brescia|editore=Morcelliana|anno=1989|pp=147-185|isbn=88-372-1006-X|opera=La Chiesa nell'età dell'assolutismo, del liberalismo, del totalitarismo|cid=Martina}}
* {{cita libro|autore=Guillaume de Bertier de Sauvigny|autore2=Joseph Hajjar|volume=4|titolo=Secolo dei Lumi, Rivoluzioni, Restaurazioni|edizione=2|editore=Marietti|anno=1989|opera=Nuova storia della Chiesa|pp=98-108}}
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