Carlo Magno: differenze tra le versioni
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{{Monarca
|nome = Carlo Magno
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|inizio regno = 25 dicembre 800
|fine regno = 28 gennaio 814
|incoronazione = 25 dicembre 800<br />
|successore = [[Ludovico il Pio]]
|titolo1 = [[Sovrani d'Italia#Carolingi (774–888)|Re dei Longobardi]]
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|predecessore2 = [[Pipino il Breve|Pipino III]]
|successore2 = [[Ludovico il Pio]]
|altrititoli = [[Duchi d'Aquitania|Re d'Aquitania]]<ref>Congiuntamente a [[Carlomanno I|Carlomanno]] sino al [[771]], poi da solo sino al [[781]].</ref>, ''[[Patrizio (storia romana)|Patrizio dei Romani]]''<ref>{{Cita libro|titolo=Italia longobarda|autore=Stefano Gasparri|editore=
|dinastia = [[Carolingi]]
|padre = [[Pipino il Breve]]
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|coniuge 5 = [[Liutgarda]]
|figli = [[#Discendenza|si veda sezione →]]
|religione = [[Chiesa cattolica|
|firma = Karldergrossesignatur.svg
|data di nascita = 2 aprile [[742]]
|data di morte =
|luogo di nascita =
|luogo di morte = [[Aquisgrana]]
|luogo di sepoltura = [[Cattedrale di Aquisgrana]]
}}
{{Bio
|Nome = Carlo
|Cognome =
|PostCognomeVirgola = detto ''' Carlo Magno''', o ''Carlomagno''
|ForzaOrdinamento = Carlo 01 del Sacro Romano Impero
|PreData = {{latino|Carolus Magnus}}, {{tedesco|Karl der Große}}, {{francese|Charlemagne}}
|Sesso = M
|LuogoNascita =
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|Nazionalità = franco
|Categorie = no
|FineIncipit =
}}
L'appellativo ''Magno'' gli venne attribuito dal suo biografo [[Eginardo]], che intitolò la sua opera ''[[Vita et gesta Caroli Magni]]''. Figlio di [[Pipino il Breve]] e [[Bertrada di Laon]], Carlo divenne re nel 768, alla morte di suo padre. Inizialmente regnò insieme al fratello [[Carlomanno I|Carlomanno]]. La morte improvvisa di quest'ultimo, avvenuta nel
L'impero resistette nella forma datagli da Carlo Magno fin quando fu in vita il figlio [[Ludovico il Pio]]. Alla morte di Ludovico, l'impero fu diviso fra i suoi tre eredi: [[Lotario I]], [[Carlo il Calvo]] e [[Ludovico II il Germanico]]. Tuttavia, la portata delle riforme apportate da Carlo Magno, così come la valenza sacrale della sua persona, influenzarono radicalmente tutta la vita e la politica del [[Europa|continente europeo]] nei secoli successivi. Per questo motivo, alcuni storici lo definiscono ''re, padre dell'Europa'' (''Rex Pater Europae'').<ref>{{Cita web|url=https://parentesistoriche.altervista.org/barbero-carlo-magno-laterza/|titolo=Carlo Magno fu davvero il padre dell'Europa? Le risposte di Alessandro Barbero in un libro di grande successo internazionale|sito=Parentesi Storiche|data=
Tramite il figlio Ludovico il Pio, egli è antenato di tutte le Case Reali Europee, tra cui i [[Casa reale di Windsor|Windsor]] (Re del [[Regno Unito]]), i [[Casato di Sassonia-Coburgo
== Contesto storico ==
Il successo di Carlo Magno nel fondare il suo impero si spiega tenendo conto di alcuni processi storici e sociali in corso da diverso tempo: nei decenni precedenti l'ascesa di Carlo, gli [[Avari
Secondo una tesi famosa (ridimensionata da studi più recenti<!-- Necessita di riferimento bibliografico o di citazione. -->) dello storico belga [[Henri Pirenne]] c'era stato uno spostamento del baricentro del mondo occidentale verso nord dopo la perdita di importanza dei traffici nel Mediterraneo causata dalla conquista musulmana dell'[[Nordafrica|Africa del Nord]] e del [[Vicino Oriente]] e l'irrompere dei [[magiari]] nell'Europa orientale.
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== Giovinezza ==
{{Carolingi}}
=== Genealogia ===
Un oggetto di ampia ricerca per studiosi sia antichi che moderni è la genealogia di Carlo Magno, questo perché trovare l'antenato dell'imperatore significa trovare l'antenato di tutta la nobiltà europea e di conseguenza l'intera popolazione europea ed americana.<ref>{{Cita web|lingua=en|url=https://www.nationalgeographic.com/science/article/charlemagnes-dna-and-our-universal-royalty|titolo=Charlemagne’s DNA and Our Universal Royalty|sito=Science|data=2025-06-16|accesso=2025-06-16}}</ref> Risulta però difficile ricostruire precisamente la linea dei suoi antenati, a causa della mancanza di fonti che ci sono pervenute, inoltre lungo la storia sono state divulgate varie fabbricazioni e leggende per glorificare l'imperatore e le sue gesta. Va quindi ricordato che gran parte di ciò che viene riportato sotto è composto da ipotesi.
Carlo era esponente della famiglia dei [[Carolingi]]: era figlio di [[Pipino il Breve]], figlio di [[Carlo Martello]], figlio di [[Pipino di Herstal]]. Quest'ultimo da parte di padre era membro degli [[Arnolfingi]] mentre da parte di madre dei [[Pipinidi]]. Gli antenati più antichi storicamente attestabili di Carlo Magno sono quindi [[Arnolfo di Metz|Sant'Arnolfo]] di Metz (capostipite degli Arnolfingi e quadrisnonno paterno di Carlo) e [[Pipino di Landen]] (capostipite dei Pipinidi e quadrisnonno materno).<ref>{{Cita web|url=https://www.geni.com/botcheck/test|titolo=Charlemagne: Direct Descent Line|sito=www.geni.com|accesso=2025-06-16}}</ref>
Le fonti antiche si sono concentrate sulla genealogia di Sant'Arnolfo, esistono infatti ben 3 ipotesi sulla sua origine familiare:
* Secondo un'antica opera biografica (dalla dubbia autenticità) chiamata ''Vita Gondulphi'', Arnolfo sarebbe figlio di [[Bodegiselo]], a sua volta nipote di [[Munderico]], [[Cloderico]] e [[Sigiberto lo Zoppo|Sigiberto]]; costoro erano re dei [[Franchi Ripuari]] (l'altro popolo assieme ai [[Franchi Sali]]) e servi dei re [[Merovingi]]. La teoria non riscontra però consenso da quasi nessuna parte, si tratterebbe comunque dell'ipotesi più verosimile.<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Jacques|cognome=Stiennon|data=1979|titolo=Le sarcopharge de Sancta Chrodoara à Saint-Georges d'Amay. Essai d'interprétation d'une découverte exceptionnelle|rivista=Comptes rendus des séances de l'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres|volume=123|numero=1|pp=10–31|accesso=2025-06-16|doi=10.3406/crai.1979.13555|url=https://www.persee.fr/doc/crai_0065-0536_1979_num_123_1_13555}}</ref><ref name=":0">{{Cita web|url=https://qr.ae/pYeY6Z|titolo=Who is the oldest verifiable ancestor of Charlemagne?}}</ref>
* L'ipotesi più accreditata, supportata dall'opera anonima ''Vita Sancti Arnulfi'' e in particolare da [[Gregorio di Tours]], attribuisce un'origine gallo-romanica all'imperatore. Sant'Arnolfo sarebbe infatti discendente di [[Ferreolo di Rodez]], membro di un'illustre famiglia di senatori di età tarda romana, i [[Syagrii]]. La famiglia sarebbe connessa a quella di [[Gaio Sollio Sidonio Apollinare|Sidonio Apollinare]] e l'imperatore [[Avito]]. Quest'ultimo, secondo un'antica leggenda (e possibile congettura) era un lontanissimo discendente dell'antica [[Gens Iulia|''gens'' Iulia]]. L'obbiettivo dell'ipotesi è quindi collegare Carlo Magno e la nobiltà europea al condottiero romano [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]]; questo fa parte delle teorie note come «''descent from antiquity''» o discendenza dall'antichità – l'atto di tentare a collegare grandi personaggi storici a famiglie reali europee medievali, spesso però più per motivi di prestigio, per cui queste ipotesi non sono corredate da fonti attendibili.<ref name=":0" /><ref>{{Cita web|url=https://www.geni.com/botcheck/test|titolo=Avitus, Western Roman Emperor|sito=www.geni.com|accesso=2025-06-16}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|nome=Corey M.|cognome=Nason|data=2015-01|titolo=The Vita Sancti Arnulfi (BHL 689-692): Its Place in the Liturgical Veneration of a Local Saint|rivista=Sacris Erudiri|volume=54|pp=171–199|accesso=2025-06-16|doi=10.1484/J.SE.5.109684|url=https://www.brepolsonline.net/doi/abs/10.1484/J.SE.5.109684}}</ref>
* Un'ultima ipotesi, portata avanti dal genealogista [[Christian Settipani]], fa discendere Sant'Arnolfo da [[Ruricio di Limoges]], a sua volta discendente di [[Quinto Clodio Ermogeniano Olibrio]] (membro della [[Gens Anicia|''gens'' Anicia]]), per cui sarebbe imparentato con personaggi come [[Benedetto da Norcia|San Benedetto]], [[Severino Boezio|Boezio]] e alcuni imperatori romani. La famiglia ha poi origini repubblicane e addirittura pre-romane.<ref name=":0" /><ref>{{Cita web|url=http://gilles.maillet.free.fr/histoire/pdf/ancetre-charlemagne.pdf|titolo=Les ancêtres de Charlemagne (Addenda 1990)}}</ref>
Esistono anche tradizioni genealogiche sulla madre di Carlo, [[Bertrada di Laon]]. Ella discenderebbe infatti da Santa Modesta (tra l'altro figlia di San Domoaldo, fratello di Sant'Arnolfo). Alcuni identificano Santa Modesta con la figlia di [[Dagoberto II]], collegando i Merovingi ai Carolingi; ma è piuttosto ovvio che si tratta di fabbricazioni condotte dagli storici carolingi che non presentano prove certe.<ref name=":0" /><ref>{{Cita libro|lingua=de|titolo=Legende der Heiligen auf jeden Tag des Jahres: nebst der Anwendung auf die Glaubens- und Sittenlehre. 4|url=https://books.google.com/books?id=BgZNAAAAcAAJ&dq=Modesta+of+Trier+(d.+about+680)&pg=PA220|accesso=2025-06-16|data=1836|editore=Rieger}}</ref> Come sopracitato, non è attualmente possibile confermare nessuna di queste ipotesi per la mancanza di fonti e la difficoltà a distinguere fonti veritiere da fabbricazioni.
=== Nascita ===
[[File:Dürer karl der grosse.jpg|sinistra|
Carlo era il primogenito di [[Pipino il Breve]] (714-768), primo dei re [[Carolingi]], e di [[Bertrada di Laon]] (Berta del Gran Piè). La data di nascita consegnataci dalla tradizione è il 2 aprile 742. L'anno della data tradizionale origina dall'opera di [[Eginardo]], ''[[Vita et gesta Caroli Magni]]'',
Un altro manoscritto coevo colloca la nascita di Carlo al 2 aprile,<ref>{{Cita libro|autore=Alessandro Barbero|titolo=Carlo Magno. Un padre dell'Europa|anno=2002|editore=Laterza|p=13}}</ref> giorno comunemente indicato per la nascita. Se l'età al momento della morte riportata da [[Eginardo]]<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 14}}.</ref> è corretta, Carlo sarebbe nato prima del matrimonio tra [[Pipino il Breve|Pipino]] e [[Bertrada di Laon|Bertrada]], che le fonti informano celebrato nel 744. Questo fatto sarebbe in ogni caso compatibile con le usanze dei [[Franchi]], che non si opponevano al [[concubinato]] e ai figli nati prima del [[matrimonio]].
Nella seconda parte del Novecento, è stata data attenzione agli ''[[Annales Petaviani]]'', i quali riferiscono che l'anno di nascita di Carlo sarebbe il 747.<ref>In corrispondenza del 747 questi annali riportano: "eo ipse anno natus Karolus rex".</ref> In particolare, i medievisti [[Karl Ferdinand Werner]]<ref>Werner, K. F. (1973). "Das Geburtsdatum Karls des Großen". ''Francia''(1), pp. 115–157.</ref> e Matthias Becher<ref>Becher, M. (1992). "Neue überlegungen zum geburtsdatum Karls des Grossen". ''Francia'', 19(1), pp. 37-60.</ref> hanno sostenuto la bontà di questa fonte. Tuttavia, all'epoca il computo del tempo non seguiva regole precise e analoghe a quelle attuali. Per esempio, le opere annalistiche dell'[[VIII secolo]] ci informano che in quel periodo l'anno iniziava col giorno di [[Pasqua]] che, nel 748, cadeva il 21 aprile. Poiché è comunemente accertato che Carlo nacque il 2 aprile, quel giorno, per i suoi contemporanei si trovava ancora nel 747, mentre col computo attuale si colloca nel 748.
Altro indizio a favore del 748 si trova in un testo relativo alla traslazione del corpo di san [[Germano di Parigi]] nella futura [[abbazia di Saint-Germain-des-Prés]], avvenuta il 25 luglio 755. Carlo era presente alla cerimonia e subì un piccolo incidente avendo, come egli stesso dichiara, 7 anni. Se sulla data di nascita si possono avanzare congetture, le fonti non forniscono invece alcun indizio che possa aiutare a identificare il luogo della nascita di Carlo.<ref>{{cita libro |cognome=Hägermann |nome=Dieter |titolo=Carlo Magno, Il signore dell'Occidente |editore=Einaudi |anno=2004 |posizione=pp. XXIX e segg. (Prologo)}}</ref>
== Re dei Franchi (768-800) ==
=== Spartizione e primi anni di regno ===
[[File:Frankish Empire 481 to 814-it.svg|
Quando il padre di Carlo, [[Pipino il Breve]], morì, il 24 settembre 768, aveva già designato come eredi e successori con l'approvazione della nobiltà e dei vescovi, i due figli ancora in vita: Carlo e [[Carlomanno I|Carlomanno]]. Nel 768, Carlo aveva tra i 20 e i 26 anni.<ref>L'incertezza rispetto all'età è, come spiegato prima, al fatto che le fonti sono discordi rispetto l'esatto anno di nascita di Carlo Magno.</ref> Fino ad allora, la letteratura e i documenti ufficiali riferiscono poche notizie di rilievo
[[Pipino il Breve|Pipino]] aveva diviso il regno tra i due figli come nel 742 suo padre [[Carlo Martello]] aveva fatto con lui e suo fratello. Assegnò, dunque, a Carlo l'[[Austrasia]], gran parte della [[Neustria]] e la metà nord-occidentale dell'[[Aquitania]]<ref>L'Aquitania nord-occidentale è una specie di mezzaluna comprendente il nord e l'occidente della [[Francia]], più la bassa valle del [[Reno]].</ref> e tutti i territori nel frattempo conquistati nella parte orientale fino alla [[Turingia]]. Invece, a Carlomanno assegnò la [[Borgogna]], la [[Provenza]], la [[Gotia]], l'[[Alsazia]], l'[[Alemannia|Alamagna]] e la parte sud-orientale dell'[[Aquitania]].<ref>L'[[Aquitania]] sud-orientale corrispondeva alla parte interna del regno, comprendente il centro-sud della Francia e l'alta valle del [[Reno]].</ref> L'[[Aquitania]] dunque, non ancora del tutto sottomessa, era riservata al governo comune.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|p. 5}}.</ref>
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Uno dei primi problemi da risolvere era la questione dell'[[Aquitania]], che però Carlo dovette affrontare da solo, in quanto il fratello, forse mal consigliato, gli negò l'aiuto necessario. Non esiste una versione di questi fatti secondo il punto di vista di Carlomanno, quindi non è possibile confermare le vere motivazioni del negato intervento. Grazie a un accordo col principe basco [[Lupo II d'Aquitania|Lupo]], Carlo si fece consegnare [[Hunaldo II d'Aquitania|Unaldo]], figlio del duca d'[[Aquitania]] e sua moglie, che si erano rifugiati presso di lui. La resistenza aquitana si trovò dunque priva di un capo importante e cedette a Carlo, che però solo nel 781 inserì definitivamente la regione nel regno.
[[File:Adelchis, son of Desiderius.jpg|sinistra|
La madre di Carlo, [[Bertrada di Laon|Bertrada]], fu una convinta assertrice della politica di distensione tra [[Franchi]] e [[Longobardi]]. Nell'estate del 770 la regina organizzò una missione in [[Italia]], riuscendo a tessere un'intesa fra i suoi due figli e il re longobardo [[Desiderio (re)|Desiderio]], che già aveva dato una figlia in moglie a [[Tassilone III di Baviera|Tassilone]], duca di [[Baviera]]. Il primogenito di [[Desiderio (re)|Desiderio]], [[Adelchi (principe)|Adelchi]], divenne il promesso sposo della principessa [[Gisella (figlia di Pipino il Breve)|Gisella]], mentre Carlo, che era già stato sposato con [[Imiltrude]], sposò la figlia di [[Desiderio (re)|Desiderio]], Desiderata (resa celebre dall{{'}}''[[Adelchi (Manzoni)|Adelchi]]'' [[Alessandro Manzoni|manzoniano]] con il nome di [[Desiderata (moglie di Carlo Magno)|Ermengarda]], benché nessuno dei due nomi sia tramandato con certezza). È di tutta evidenza la portata politica di questa unione, che però teneva fuori Carlomanno e, soprattutto, il papa.
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Il 4 dicembre 771, all'età di soli 20 anni, [[Carlomanno I|Carlomanno]] morì improvvisamente a causa di una malattia inguaribile<ref>{{cita libro |lingua=la |titolo=Monumenta Germanica Historica, tomus secundus: Einhardi vita Karoli Magni |url=https://books.google.ca/books?id=WW-NO0RSd4AC&pg=PA445 |p=445}}</ref> che suscitò chiacchiere e sospetti. Carlo si affrettò a farsi dichiarare re di tutti i Franchi, anticipando in tal modo eventuali problemi dovuti ai diritti di successione che potevano essere avanzati dai figli del fratello<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|p. 13}}.</ref><ref>In particolare, di Pipino il maggiore tra questi.</ref> i quali, insieme alla madre e ad alcuni nobili fedeli, si rifugiarono in Italia.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|pp. 26 e segg.}}</ref>
=== Prime campagne militari ===
La prima fase del regno di Carlo Magno fu volta alle continue campagne militari, intraprese per affermare la sua autorità innanzitutto all'interno del regno, tra i suoi familiari e le voci dissidenti. Una volta stabilizzato il fronte interno, Carlo iniziò una serie di campagne al di fuori dei confini del regno, per assoggettare i popoli vicini e per aiutare la Chiesa di Roma, consolidando con essa un rapporto ancora più stretto di quello che a suo tempo aveva intrecciato suo padre [[Pipino il Breve|Pipino]]. Dal rapporto col papa e la Chiesa, intesa ormai come diretta erede dell'[[Impero romano d'Occidente]], Carlo ottenne la ratifica del potere che trascendeva ormai l'[[Imperatore di Costantinopoli]], lontano e incapace di far valere i propri diritti, soprattutto in un momento di debolezza e di dubbia legittimità del regno dell'[[irene d'Atene|imperatrice Irene]].
==== Campagna in Italia contro i Longobardi ====
{{Vedi anche|Battaglia delle Chiuse (773)|Assedio di Pavia (773-774)}}
Quasi contemporaneamente a Carlomanno, moriva anche [[papa Stefano III]]. Al soglio pontificio venne eletto [[papa Adriano I]], che invocò l'aiuto di Carlo contro la tradizionale e mai sopita minaccia longobarda. [[Desiderio (re)|Desiderio]], preoccupato per il pericolo di una nuova alleanza tra [[Franchi]] e Papato, inviò un'ambasceria presso il nuovo pontefice, che però fallì miseramente perché [[Papa Adriano I|Adriano I]] lo accusò pubblicamente di tradimento per non aver rispettato i patti di consegnare alla Chiesa i territori a suo tempo promessi.<ref group=N>Si trattava della regione dell'[[Esarcato di Ravenna]] e della [[Pentapoli bizantina|Pentapoli]], promesse dal re longobardo [[Astolfo (re)|Astolfo]] nel [[754]] e poi nel [[755]], dopo la doppia sconfitta subita ad opera di [[Pipino il Breve]].</ref>
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Il grosso dell'esercito, comandato dal sovrano stesso, superò il [[colle del Moncenisio]] e, ricongiuntosi con il resto delle truppe che aveva seguito un altro percorso, mise in fuga le armate di [[Desiderio (re)|Desiderio]] presso le [[Chiuse longobarde|Chiuse di San Michele]], non prima di aver tentato un nuovo approccio diplomatico. Le numerose defezioni e l'ostilità di molti nobili contro la politica del loro re, costrinsero [[Desiderio (re)|Desiderio]] ad evitare lo scontro campale e a rinchiudersi nella sua capitale [[Pavia]], che i Franchi raggiunsero nel settembre [[773]] senza aver incontrato alcuna resistenza, e che [[Assedio di Pavia (773-774)|cinsero d'assedio]]. Carlo non aveva alcuna intenzione di prendere la [[Pavia|città]] con la forza, e infatti lasciò che capitolasse per fame ed esaurimento delle risorse, dopo nove mesi di [[Assedio di Pavia (773-774)|assedio]]; periodo che il re franco occupò per mettere a punto le linee della sua politica nei confronti dei [[Longobardi]], del Papato e dei [[Bizantini]] che ancora occupavano stabilmente il meridione d'Italia.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 36 e segg.}}</ref>
Carlo volle tra l'altro sfruttare il periodo di forzata inattività dovuta all'assedio per recarsi a [[Roma]] per festeggiare la Pasqua e incontrare [[Papa Adriano I|Adriano I]]. Giunto in città il [[Sabato santo]] del [[774]], fu accolto dal clero e dalle autorità cittadine con tutti gli onori e, secondo il biografo pontificio, personalmente dal papa sul sagrato della [[
Ma si trattava di territori ancora da conquistare, e per alcuni di essi ([[Venezia]], l'[[Istria]] e i ducati di [[Ducato di Benevento|Benevento]] e [[Ducato di Spoleto|Spoleto]]) in seguito la “restituzione” alla Chiesa non fu neanche mai presa seriamente in considerazione: l'accordo, in realtà, non fu mai veramente onorato e anzi Carlo, dopo aver conquistato il Regno longobardo, evitò per diversi anni di incontrare personalmente il papa, il quale non gradì certo questo atteggiamento ed ebbe più volte a lamentarsi dell'indifferenza del re franco in merito alle sue richieste.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 39 e segg., 52 e segg., 61 e segg.}}</ref> Considerate le numerose analogie con il documento di donazione di Carlo, secondo gli storici potrebbe collocarsi in questo periodo la compilazione del documento noto come “[[Donazione di Costantino]]”, il falso storico, ritenuto autentico per secoli, sulla base del quale la Chiesa ha fondato i suoi presunti diritti temporali.
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Salvo alcuni interventi di carattere prevalentemente amministrativo, Carlo mantenne in Italia le istituzioni e le [[Diritto longobardo|leggi longobarde]] e confermò i possedimenti e i diritti ai [[Ducati longobardi|duchi]] che avevano servito il precedente re; il [[ducato di Benevento]] rimase indipendente ma tributario al re franco, e solo nel [[ducato del Friuli]], all'inizio del [[776]], Carlo dovette intervenire per sedare una pericolosa sollevazione guidata dal duca [[Rotgaudo]] che aveva tentato di coinvolgere i duchi di [[Treviso]] e di [[Vicenza]] rimasti in carica; li affrontò in battaglia e riconquistò le città ribelli, pacificando l'Italia settentrionale.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 29}}.</ref> Ma nel resto della Penisola il rafforzamento del suo potere sull'antico [[Regno longobardo]] avvenne con relativa tranquillità.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 49 e segg., 63 e segg.}}</ref>
==== Campagne contro i Sassoni ====
{{Vedi anche|Guerre sassoni}}
[[File:La guerre entre Charlemagne et les Saxons.jpg|
La successiva importante campagna che Carlo intraprese si rivolse contro i [[Sassoni]], una popolazione di origine germanica stanziata nella zona a nord-est dell'[[Austrasia]], oltre il [[Reno]], nei bassi bacini del [[Weser]] e dell'[[Elba (fiume)|Elba]]. Popolazione dalle radicatissime tradizioni pagane e politicamente disunita e frammentata in varie tribù bellicose. Già gli stessi Imperatori romani avevano inutilmente cercato di assoggettarla come
Pensata forse inizialmente come una spedizione punitiva contro le minacce che da tempo le diverse tribù sassoni costituivano per i confini del regno franco, e per portare la vera fede e l'ordine in un paese pagano, l'intervento si trasformò invece in un conflitto lungo e difficile, che proseguì con fiammate di ribellioni anche molto tempo dopo l'imposizione alle popolazioni sassoni di nuovi tributi e la conversione forzata al Cristianesimo. Le operazioni furono infatti condotte a varie riprese e con sempre maggiore difficoltà contro un nemico frazionato in numerose piccole entità autonome che sfruttavano tecniche di guerriglia: nel [[774]], al termine della campagna d'Italia, poi nel [[776]] e soprattutto nel [[780]], dopo il disastro spagnolo, con la sconfitta di [[Vitichindo]], che fu la vera e propria anima della
[[File:Charlemagne, empereur d'Occident, reçoit la soumission de Wittekind, 785, por Ary Scheffer.jpg|sinistra|
Dal [[782]] la conquista procedette in modi sempre più repressivi, devastando le terre sassoni in modo metodico e affamando le tribù ribelli. Lo stesso Carlo promulgò il “''Capitulare de partibus Saxoniae''”, che imponeva la pena capitale per chiunque avesse offeso il Cristianesimo e i suoi sacerdoti, misura per la conversione forzata dei Sassoni.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 37}}.</ref> Circa 4500 Sassoni vennero giustiziati nel [[Massacro di Verden]], e lo stesso [[Vitichindo]] fu [[battesimo|battezzato]] nel [[785]]<ref group=N>Nell'occasione [[Vitichindo]] fu accolto con tutti gli onori alla corte franca, ma di lui in seguito non si sentirà più parlare ({{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 145 e segg.}}).</ref>. I [[Sassoni]] mantennero la pace fino al [[793]], quando esplose una nuova insurrezione nella Germania settentrionale. Carlo la soppresse sul nascere, attuando la deportazione di migliaia di [[Sassoni]] e ripopolando la regione con coloni franchi e slavi.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 38}}.</ref> Ancora fu necessario intervenire nel [[794]] e nel [[796]], con nuove deportazioni massicce in [[Austrasia]] e sostituzione delle popolazioni, sostituite con sudditi franchi. L'ultima misura presa da Carlo fu una nuova deportazione, nell'[[804]], dei [[Sassoni]] stanziati oltre l'[[Elba (fiume)|Elba]], ma ormai la [[Sassonia]] era ben integrata nel dominio [[Franchi|franco]] e i [[Sassoni]] incominciarono ad essere regolarmente reclutati nell'esercito imperiale.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 39}}.</ref>
La guerra contro i [[Sassoni]] fu interpretata dai [[Franchi]] come una sorta di “guerra santa”, con le continue rivolte concepite (e in parte era vero) come un rifiuto del Cristianesimo. Il nuovo credo del resto era stato imposto con la forza fin dall'inizio, senza che ci fosse, almeno nei primi tempi, da parte franca, un intervento di tipo missionario che, al di là del battesimo forzato di quanti più barbari fosse stato possibile, avesse tentato di far comprendere il Messaggio evangelico e il significato della religione a cui costoro erano costretti a sottomettersi. Lo stesso territorio sassone, del resto, fu suddiviso e affidato alle cure di vescovi, sacerdoti e abati, e proliferarono chiese, abbazie e monasteri che, comunque, erano costretti a vivere in un continuo stato d'allarme. L'orgoglio nazionalista delle tribù sassoni fu infine definitivamente piegato solo nell'[[804]], con l'ultima deportazione di massa (il biografo [[Eginardo]] riferisce di non meno di 10.000 [[Sassoni]] complessivamente deportati nelle varie campagne).<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 21 e segg., 54 e segg., 67 e segg., 80 e segg., 126 e segg., 133 e segg., 253 e segg., 273, 363 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Barbero, op. cit.|pp. 48 e segg., 54 e segg.}}</ref>
==== Tentativo di espansione al
{{Vedi anche|Battaglia di Roncisvalle}}[[File:Alphonse de Neuville - Mort de Roland à Roncevaux (illustration pour François Guizot).png|sinistra|verticale|
Nel mondo [[islam]]ico la dinastia [[
Nella primavera del 778 Carlo varcò dunque i [[Pirenei]] e a [[Saragozza]] si riunì con un secondo contingente militare composto da popoli alleati. L'intervento di Carlo nella [[Penisola iberica]] fu tutt'altro che trionfale, e non privo di momenti dolorosi e gravi rovesci. Già l'assedio e la conquista di [[Saragozza]] si rivelarono un fallimento, soprattutto per la mancanza di sostegno da parte delle popolazioni cristiane sottomesse che, probabilmente, apprezzavano assai più la relativa libertà concessa dai musulmani anziché la grossolana amicizia [[carolingi]]a. Giuntagli notizia dell'ennesima insurrezione dei [[Sassoni]], Carlo iniziò a ritirarsi. Durante il ripiegamento distrusse e rase al suolo [[Pamplona]], la città dei [[Baschi]] che aveva tentato di resistergli.
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La sconfitta di Roncisvalle non fece diminuire l'impegno di Carlo nell'ampliamento dei territori dell'area pirenaica sotto il suo controllo e nella difesa del confine iberico, di fondamentale importanza per impedire che le armate arabe dilagassero in Europa. Pertanto, per pacificare l'[[Aquitania]] la trasformò nel 781 in un regno autonomo, di cui riorganizzò le strutture politico-amministrative, e al cui vertice pose il figlio [[Ludovico il Pio|Ludovico]] (poi chiamato “il Pio”), di appena tre anni, ma affiancato da fidati consiglieri che rispondevano direttamente a Carlo.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 73 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Barbero, op. cit.|pp. 62 e segg.}}</ref> Il problema iberico continuò comunque a trascinarsi per anni, con vari interventi affidati direttamente a [[Ludovico il Pio|Ludovico]] (o ai suoi tutori) che riuscì ad estendere il dominio franco fino a raggiungere, nell'[[810]], il fiume [[Ebro]]. Fu creata allora la [[Marca di Spagna|Marca Hispanica]], riconoscibile nell'odierna [[Catalogna]]:<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 46}}.</ref> uno Stato-cuscinetto, dotato di una relativa autonomia, posto a difesa dei confini meridionali del regno franco da eventuali attacchi musulmani.
=== Ripresa dei rapporti con Roma e problemi di successione ===
[[File:Charlemagne and Pope Adrian I.jpg|
Dopo 7 anni durante i quali i rapporti tra Carlo e [[papa Adriano I]] si erano retti su un equilibrio precario, nel 781, dopo diversi interventi contro i [[Sassoni]] e la sfortunata spedizione spagnola, Carlo tornò a Roma. Durante quel periodo non solo il papa non aveva ottenuto i territori che gli erano stati promessi, ma anzi la politica franca si era accaparrata alleati sui quali Adriano contava, come il duca Ildebrando di [[Duchi di Spoleto|Spoleto]], oppure non aveva fatto nulla per difendere i presunti diritti della Chiesa, come nel caso dell'arcivescovo [[Leone I di Ravenna|Leone di Ravenna]], che si considerava il successore dell'[[esarca]] bizantino e quindi non si sottomise al pontefice né riconobbe i diritti della Chiesa romana sulla vicina [[Pentapoli bizantina|Pentapoli]]; poi c'era il duca [[Arechi II]] di [[Ducato di Benevento|Benevento]], principe di ciò che rimaneva del Regno longobardo e alleato dell'impero bizantino, come anche il duca Stefano di [[Napoli]], e ancora il governatore della [[Sicilia]].<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 88 e seg.}}</ref>
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Comunque, la vigilia di Pasqua di quell'anno il papa battezzò Carlomanno (a cui fu cambiato il nome in [[Pipino d'Italia|Pipino]]) e [[Ludovico il Pio|Ludovico]], il terzo e quarto figlio di Carlo, consacrandoli contemporaneamente re d'Italia il primo (di fatto re dei [[Longobardi]] sotto la sovranità del re dei Franchi) e re d'[[Aquitania]] il secondo. La circostanza rilevante di una tale iniziativa è che i due toglievano il diritto di primogenitura al fratello maggiore [[Pipino il Gobbo|Pipino]] (di cui addirittura Carlomanno prendeva il nome) il quale, figlio di [[Imiltrude]] che le fonti successive presentarono come amante di Carlo, veniva ad assumere, per quel motivo, un ruolo di figlio di rango inferiore. In realtà il matrimonio con Imiltrude era perfettamente regolare, e la gelosia di [[Ildegarda (moglie di Carlo Magno)|Ildegarda]], l'attuale moglie di Carlo, nei confronti del figlio nato da un precedente matrimonio non sembra motivo sufficiente per un atto di tale rilevanza politica e dinastica. Causa più plausibile sembra poter essere la deformità fisica di Pipino, già definito “il Gobbo”, che minando la salute e l'integrità fisica del giovane avrebbe in seguito potuto far insorgere problemi sull'idoneità alla successione del regno.<ref group=N>Il [[Concilio|sinodo]] di [[York]] del [[786]] aveva stabilito, tra l'altro, che solo i figli legittimi potessero ereditare un trono. L'esclusione di Pipino il Gobbo necessitava pertanto di una copertura giuridica, e lo stesso Carlo lasciò dunque che circolasse ufficialmente la convinzione che Imiltrude era stata solo una sua concubina, avvalorandola così il riconoscimento alla successione dei suoi figli con l'esclusione del primogenito ({{cita|Hägermann, op. cit.|p. 28}}).</ref> Il secondogenito [[Carlo il Giovane]] era invece già stato associato al regno con il padre, senza essere investito, per il momento, di alcun titolo, ed in tale veste seguì Carlo nelle varie spedizioni contro i [[Sassoni]].
[[File:Charlemagne. Carolus Magnus.jpg|
In Italia e in Aquitania in effetti non furono creati due nuovi regni indipendenti da quello dei Franchi, ma solo delle entità gestite da un potere intermedio al cui vertice era sempre Carlo, che aveva istituito una sorta di compartecipazione al governo. Non va comunque dimenticato che la giovanissima età dei due nuovi re ([[Pipino d'Italia|Pipino]] aveva quattro anni) non poteva consentire loro una reggenza autonoma, che fu affidata, amministrativamente e militarmente, a nobili e prelati locali di provata fiducia. Il battesimo e la consacrazione dei due figli di Carlo rinsaldò comunque i rapporti tra questi e il papa, che politicamente si sentiva più sicuro potendo contare anche sui regni d'Italia e di Aquitania come forti alleati.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 94 e segg.}}</ref>
Certo, rimaneva in piedi l'annosa questione territoriale che [[papa Adriano I]] rivendicava alla Chiesa, ma Carlo fece un gesto distensivo donando al papa [[Rieti]] e la [[Sabina]], quasi come acconto di quanto precedentemente pattuito, ma con l'esclusione dell'[[Abbazia di Farfa]], alla quale il re dei [[Franchi]] già dal [[775]] aveva concesso uno statuto autonomo speciale; a questi si aggiunsero presto la diocesi di [[Tivoli]], la [[Tuscia]] e il ducato di [[Perugia]], più alcune città della bassa [[Toscana]]. Pochi anni dopo anche il [[ducato di Spoleto]], già nell'orbita papale, entrò direttamente a far parte dei possedimenti della Chiesa. Di tutti questi territori Carlo rinunciò agli introiti finanziari in favore del papa, che presumibilmente, a sua volta, fu indotto a rinunciare ad ulteriori pretese territoriali. Fu confermata anche l'assegnazione a Roma dell'[[Esarcato d'Italia]], con [[Ravenna]], [[Bologna]], [[Ancona]] e altre città intermedie, ma in questa zona, come anche nella Sabina, il controllo del papa incontrò grosse difficoltà ad imporsi.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 100 e segg.}}</ref>
Fu forse proprio per tentare di risolvere questi problemi che alla fine del 786 Carlo scese di nuovo in Italia, con un esercito non particolarmente numeroso, e fu nuovamente accolto con grandi onori da papa Adriano I. Il duca [[Arechi II]] di Benevento, genero del deposto re [[Longobardi|longobardo]] [[Desiderio (re)|Desiderio]], ben conoscendo le mire papali sul suo territorio si mise subito in allarme e spedì il figlio maggiore a Roma, con ricchi doni, per convincere il re franco a non intraprendere azioni militari contro il suo paese. Ma la maggiore influenza del papa (e le insistenze del seguito, che già intravedeva una facile vittoria e ricco bottino) ebbe il sopravvento, e Carlo si spinse fino a [[Capua (città antica)|Capua]]. [[Arechi II|Arechi]] cercò nuovamente di trattare, e questa volta con successo; lontano dalle insistenze di Adriano, Carlo si rendeva conto che il territorio di Benevento era troppo distante dal centro di potere franco (e dunque difficilmente controllabile), che era nelle mire del papa (al quale avrebbe dovuto cedere i territori conquistati) e che il suo esercito non era adeguato per una spedizione militare che aveva tutte le caratteristiche di incertezza di quella del 778 in [[Spagna]]. Accettò dunque il pagamento di un tributo annuo e la sottomissione di Arechi, che gli giurò fedeltà insieme a tutto il popolo beneventano, e tornò indietro. Al papa concesse Capua e altre città limitrofe, che però rimasero di fatto sotto il controllo del [[ducato di Benevento]].<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.| pp. 154 e segg.}}</ref>
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Dopo la morte di Arechi, avvenuta il 26 agosto 787, la situazione nel ducato beneventano non fece che degenerare, a causa dei contrastanti interessi del papa, che denunciava complotti inesistenti per spingere Carlo all'intervento militare risolutivo, della duchessa reggente, la vedova [[Adelperga]], che voleva da Carlo la restituzione del figlio [[Grimoaldo III di Benevento|Grimoaldo]], il legittimo erede tenuto in ostaggio dal re franco, e dai bizantini di [[Napoli]] e [[Sicilia]] guidati da [[Adelchi (principe)|Adelchi]], figlio di re [[Desiderio (re)|Desiderio]] e dunque fratello di [[Adelperga]], che tentavano di riconquistare posizioni in Italia centrale. Nel [[788]] Carlo si decise ad agire e liberò [[Grimoaldo III di Benevento|Grimoaldo]], a condizione che si sottomettesse pubblicamente al regno franco; in tal modo evitò uno scontro con [[Costantinopoli]] (lasciando a Benevento l'eventuale responsabilità e onere di muoversi in tal senso) e tacitò le richieste papali di intervento e di restituzione di città e territori in quell'area. Per un po' il ducato beneventano rimase nell'area di influenza franca e servì da ostacolo alle mire bizantine, ma col tempo riacquistò sempre più la sua autonomia ed operò un concreto riavvicinamento a Costantinopoli, con conseguente decisa reazione militare di [[Pipino d'Italia]].<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.| pp. 159 e segg., 230 e segg.}}</ref>
=== Le congiure di Hardrad e di Pipino il Gobbo ===
{{Per approfondire|Hardrad|Pipino il Gobbo}}[[File:Karl der Grosse - Pippin von Italien.jpg|
Nel [[786]], prima di scendere di nuovo in Italia, Carlo aveva dovuto affrontare una rivolta di nobili della [[Turingia]], guidata dal conte [[Hardrad]], che ebbe importanti risvolti politici. Sulla base delle scarsissime informazioni risulta difficile ricostruire precisamente sia le cause che l'effettiva portata della congiura, che probabilmente mirava ad un'insubordinazione generalizzata contro il re, e forse anche alla sua soppressione. Quanto alle cause, sembra debbano essere ricercate in almeno un paio di motivazioni principali: il malcontento dei Turingi (e dei Franchi orientali in generale) per aver dovuto sopportare la gran parte del peso delle spedizioni militari contro la [[Sassonia]]<ref group=N>Occorre ricordare che all'epoca gli eserciti erano spesso “personali”, alle dirette dipendenze di un nobile locale che si metteva, per fedeltà o perché richiesto, a disposizione del sovrano.</ref>, e la regola in base alla quale ogni popolazione doveva conservare e osservare le proprie leggi; per questo secondo caso, in particolare, sembra che Hardrad si sia rifiutato di dare una sua figlia in sposa a un nobile franco, con il quale probabilmente si era impegnato secondo le leggi franche. All'intimazione del re di consegnare la giovane Hardrad avrebbe radunato un certo numero di nobili suoi amici per opporsi agli ordini di Carlo che, per tutta risposta, devastò le loro terre.
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Forse in qualche modo collegata a quella di Hardrad, in quanto anch'essa ordita da alcuni nobili delle regioni orientali, fu la ribellione di [[Pipino il Gobbo]] del [[792]]. Costui era ben consapevole dell'emarginazione a cui era stato condannato già da molti anni, ma non poteva rassegnarsi ad un futuro di diseredato all'ombra dei fratelli minori. L'insurrezione da lui guidata, forse nel tentativo di ottenere la signoria sul [[ducato di Baviera]] che nel frattempo era stato annesso al regno franco, fallì; i congiurati furono arrestati e quasi tutti condannati a morte. Carlo commutò la pena per il figlio ad una reclusione a vita nel [[Abbazia di Prüm|monastero di Prüm]] (fondato dal nonno e dalla bisnonna di Carlo), dove [[Pipino il Gobbo|Pipino]] morì nell'[[811]].<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.| pp. 229 e segg.}}</ref>
Eginardo attribuisce all'influenza della regina [[Fastrada]] le cause delle due congiure, in quanto egli assecondò la crudeltà della consorte, abbandonando la via della benignità a lui consueta.<ref>{{Cita libro|autore=[[Eginardo]]|curatore=Valerio Marucci|titolo=Vita di Carlo Magno|editore=Salerno Editrice|p=97|ISBN=978-88-8402-547-0}}</ref>
=== Campagne orientali ===
==== Sottomissione della Baviera ====
[[File:Frankish Empire 768 to 814-it.svg|
Dal [[748]] era [[Duca]] di [[Baviera]], una delle regioni più civili d'[[Europa]], [[Tassilone III di Baviera|Tassilone III]], cugino di Carlo per essere figlio di [[Hiltrude]], sorella di [[Pipino il Breve]] suo padre. Nello stesso anno [[778]] della sfortunata spedizione franca in [[Spagna]], [[Tassilone III di Baviera|Tassilone]] si associò il figlio [[Teodone III di Baviera]] con il medesimo titolo di [[duca]].
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Ma Tassilone e sua moglie Liutperga non potevano assistere inerti a quella che consideravano un'usurpazione, e cercarono sistemi per sottrarsi alla situazione che si era creata (rompendo, di fatto, il patto di fedeltà e di vassallaggio). Carlo, che non aspettava altro, ne venne a conoscenza scoprendo, tra l'altro, un'alleanza stipulata tra il [[Tassilone III di Baviera|cugino]] e il principe longobardo [[Adelchi (principe)|Adelchi]] che era frattanto riparato a [[Costantinopoli]]; durante l'assemblea dei grandi del regno convocata nel [[788]] a [[Ingelheim am Rhein|Ingelheim]], lo fece arrestare mentre i suoi inviati arrestavano la moglie e i figli che erano rimasti in Baviera. Tassilone e i figli maschi furono [[tonsura]]ti e rinchiusi in monasteri, [[Liutperga]] fu esiliata e le due figlie femmine furono anch'esse imprigionate in separate abbazie. La dinastia degli [[Agilolfingi]] si estingueva pertanto così, e la Baviera veniva definitivamente annessa al regno carolingio.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 115 e segg., 167 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Barbero, op. cit.|pp. 69 e segg.}}</ref>
==== Campagna contro gli
{{vedi anche|
[[File:1518 Altdorfer Sieg Karls des Grossen ueber die Awaren anagoria.JPG|
Dopo la liquidazione di [[Tassilone III di Baviera|Tassilone]], il regno franco si trovava confinante, a sud-est, con una bellicosa popolazione di origine [[tūrān|turanica]], gli [[Avari
La prima mossa urgente era ovviamente quella di ricacciare gli
Le cronache motivano l'attacco franco agli
Il primo scontro, vittorioso, fu sostenuto dall'altro figlio di Carlo [[Pipino d'Italia|Pipino]], re d'Italia, che attaccò gli
È del [[793]], mentre Carlo cercava contromisure a possibili reazioni degli
[[File:D491- N° 292. Empire de Charlemagne. -liv3-ch5.png|
Le devastazioni comunque provocarono il malcontento tra i diversi capi
Le guerre contro i [[Sassoni]], le rivolte interne e il mantenimento di un paese così esteso avevano ristretto sensibilmente le finanze franche, e dunque la resa
Carlo, nonostante le ripetute rivolte protrattesi nel tempo, non tornò mai personalmente nell'area, delegando a svolgere le operazioni militari le autorità locali, che impiegarono qualche anno a stroncare la rivolta, in seguito a una vera e propria guerra di sterminio.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 54}}.</ref>
Alla fine dell'[[VIII secolo]], dunque, i Franchi controllavano un regno che comprendeva le attuali Francia, [[Belgio]], [[Paesi Bassi]], [[Svizzera]] e [[Austria]], tutta la [[Germania]] fino all'[[Elba (fiume)|Elba]], l'Italia centro-settentrionale compresa l'[[Istria]], la [[Boemia]], la [[Slovenia]] e l'[[Ungheria]] fino al [[Danubio]], infine la [[Spagna]] pirenaica fino all'[[Ebro]]: Carlo governava dunque sulla quasi totalità dei cristiani di rito latino.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 56}}.</ref>
=== Rapporti con la Chiesa e il Papato ===
Generalmente, i re franchi si presentavano come naturali difensori della [[Chiesa cattolica]], avendo "restituito" al pontefice ai tempi di [[Pipino il Breve|Pipino]] quei territori dell'[[Esarcato di Ravenna]] e della [[Pentapoli bizantina|Pentapoli]] che per concezione comune erano creduti appartenenti al [[Stato Pontificio#Il Patrimonium Sancti Petri|Patrimonio di san Pietro]]. Carlo sapeva bene che al papa importava soprattutto ritagliare un sicuro territorio di sua pertinenza in Italia centrale, libero da altri poteri temporali, compreso quello bizantino.
I rapporti tra l'Imperatore e [[papa Adriano I]] sono stati ricostruiti dalla letteratura delle missive epistolari che i due si scambiarono per oltre un ventennio. Molte volte [[Papa Adriano I|Adriano]] cercò di ottenere l'appoggio di Carlo riguardo alle frequenti beghe territoriali che minavano il suo presunto potere temporale: una lettera datata [[790]], ad esempio, contiene le lamentele del pontefice nei riguardi dell'arcivescovo ravennate Leone, reo di avere sottratto alcune diocesi dell'[[Esarcato di Ravenna|Esarcato]].
Carlo si poneva anche come paladino della diffusione del cristianesimo e strenuo difensore della cristianità ortodossa. Ne sono prova le numerosissime istituzioni di abbazie e monasteri e le relative ricche donazioni, le guerre (soprattutto contro i [[Sassoni]] e gli [[Avari
Di particolare interesse, più per le implicazioni politiche che non per quelle religiose, fu il [[Sinodo di Francoforte|sinodo che Carlo convocò e presenziò personalmente a Francoforte]] per il 1º giugno [[794]]. Ufficialmente si trattava di ribadire pubblicamente la rinuncia del vescovo [[Felice di Urgell]] alla sua [[eresia]] [[Adozionismo|adozionista]] (alla quale aveva peraltro [[abiura]]to già da due anni), ma il vero scopo era quello di ribadire il proprio ruolo come principale difensore della fede.<ref group=N>Oltre a [[Felice di Urgell]], la teoria [[Adozionismo|adozionista]] era sostenuta anche da [[Elipando]], vescovo di [[Toledo]], che però operava all'interno della [[Spagna]] araba e con il quale era dunque praticamente impossibile avere contatti e confronti su questioni di ortodossia ({{cita|Barbero, op. cit.|p. 264}}).</ref> Nel [[787]], infatti, l'imperatrice d'Oriente [[Irene
Il clero franco, ritenuto sottomesso al papa, non era neanche stato invitato, e [[papa Adriano I|Adriano]] aveva accettato le risoluzioni conciliari. Carlo invece non poteva accettare la definizione di “concilio ecumenico” per un'assemblea che aveva escluso la massima potenza occidentale e la voce dei suoi teologi, e decise pertanto di contrattaccare con le stesse armi, affrontando a [[Francoforte]] gli stessi argomenti di [[İznik|Nicea]] e dimostrando all'Oriente che il regno franco non doveva essere considerato inferiore all'impero d'Oriente, anche per le questioni teologiche.<ref group=N>È plausibile che in questa circostanza abbia cominciato a maturare, in Carlo, l'idea di un rafforzamento della sua posizione con l'assunzione del titolo imperiale, che lo avrebbe posto allo stesso livello dei regnanti bizantini.</ref> Il papa non condivise le posizioni del [[concilio di Francoforte]] come invece aveva fatto per quello bizantino, ma molto diplomaticamente “ne prese atto”, troncando la questione e anzi ribadendo le sue pretese territoriali in Italia: il regno franco era il più stretto alleato della Chiesa, e l'alleanza si basava anche sulla condivisione dei principi dottrinari.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 237 e segg.}}</ref>
==== La questione di papa Leone III ====
{{Vedi anche|Papa Leone III}}
Alla morte del pontefice, nel [[795]], devotamente e sinceramente compianto da Carlo, assunse la tiara [[papa Leone III]], papa di origine modesta e privo di appoggi fra le grandi famiglie romane.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 60}}.</ref> Il nuovo papa intrattenne immediatamente rapporti rispettosi e amichevoli con Carlo, dando un incontestabile segnale di continuità con la linea del predecessore; il ruolo del re dei [[Franchi]] quale difensore del papa e di Roma venne ribadito, e anzi i legati pontifici inviati dal papa per annunciargli l'elezione (un atto di omaggio spettante, fino ad allora, solo all'imperatore d'Oriente), nel confermargli il titolo di “''patricius Romanorum''”, invitarono il re ad inviare a Roma suoi rappresentanti di fronte ai quali il popolo romano avrebbe dovuto giurare fedeltà e sottomissione.
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Il 1º dicembre il re franco, invocando il suo ruolo di protettore della Chiesa di Roma, costituita un'assemblea composta da nobili e vescovi d'Italia e delle Gallie (una via di mezzo tra un tribunale e un concilio) aprì i lavori dell'assemblea che doveva pronunciarsi sulle accuse rivolte contro il papa. Basandosi su principi (erroneamente) attribuiti a [[papa Simmaco]] (inizio del [[VI secolo]]) il concilio sentenziò che il papa era la massima autorità in materia di morale cristiana, così come di fede, e che nessuno poteva giudicarlo se non Dio. [[Papa Leone III|Leone]] si dichiarò disposto a giurare la propria innocenza sul [[Vangelo]], soluzione a cui l'assemblea, ben conoscendo la posizione di Carlo che si era schierato da tempo dalla parte del pontefice, si guardò bene dall'opporsi. Gli “Annali” di Lorsch riferiscono che dunque il papa fu “pregato” dal re di prestare il giuramento a cui si era impegnato. Occorsero tre settimane per mettere a punto il testo del giuramento, che il 23 dicembre Leone prestò solennemente nella [[Antica basilica di San Pietro in Vaticano|basilica di San Pietro]], di fronte all'assemblea di nobili e alti prelati, venendo dunque confermato legittimo rappresentante del soglio pontificio.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 313 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Barbero, op. cit.|pp. 99 e segg.}}</ref> Pascale e Campolo, già preventivamente arrestati dai messi di Carlo un anno prima, non erano stati in grado di provare le accuse mosse al papa, e vennero condannati a morte, insieme a numerosi loro seguaci (pena in seguito commutata nell'esilio).
== Imperatore d'Occidente (800-814) ==
=== L'incoronazione a imperatore ===
[[File:Incoronazione di carlo magno 01.jpg|
Nel [[797]] il trono dell'[[Impero bizantino]], di fatto unico e legittimo discendente dell'[[Impero romano]], venne usurpato da [[
La “''Vita Karoli''” di [[Eginardo]] afferma che Carlo fu assai scontento dell'incoronazione<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 69}}.</ref> e non intendeva assumere il titolo di Imperatore dei Romani per non entrare in contrasto con l'[[Impero bizantino]], il cui sovrano deteneva il legittimo titolo di Imperatore dei Romani e dunque per nessun motivo i Bizantini avrebbero riconosciuto ad un sovrano franco il titolo di Imperatore. Sulla questione autorevoli studiosi, (''in primis'' [[Federico Chabod]]), hanno ricostruito la vicenda dimostrando come la versione di Eginardo rispondesse a precise esigenze di ordine politico, ben successive all'accaduto, e come essa fosse stata costruita ad arte per le esigenze che s'erano venute affermando. L'opera del biografo di Carlo fu infatti redatta fra l'[[814]] e l'[[830]], notevolmente in ritardo rispetto alle contestate modalità dell'incoronazione. Inizialmente le cronache coeve concordavano sul fatto che Carlo fosse tutt'altro che sorpreso e contrario alla cerimonia. Sia gli “''Annales regni Francorum''”,<ref>Ed. E. Kurze, in: ''Scriptores rerum Germanicarum in usum Scholarum'', Hannover, 1895, p. 112.</ref> sia il “''Liber Pontificalis''” riportano la cerimonia, parlando apertamente di festa, massimo consenso popolare ed evidente cordialità fra Carlo e Leone III, con ricchi doni portati dal sovrano franco alla Chiesa romana.
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Solo più tardi, verso l'[[811]], nel tentativo di attenuare l'irritazione bizantina per il titolo imperiale concesso (che [[Costantinopoli]] giudicava usurpazione inaccettabile), i testi franchi (gli “''Annales Maximiani''”<ref>''Annales Maximiani'', ed. G. H. Perz, in: ''Monumenta Germaniae Historica'', III, Hannover, 1839, p. 23.</ref>) introdussero quell'elemento di "rivisitazione del passato" che fece parlare della sorpresa e dell'irritazione di Carlo per una cerimonia d'incoronazione cui egli non aveva dato alcun'autorizzazione preventiva al papa che a ciò l'aveva indirettamente forzato. L'acclamazione popolare (elemento non presente su tutte le fonti e forse spurio) sottolineò comunque l'antico diritto formale del popolo romano di eleggere l'imperatore. La cosa irritò non poco la nobiltà franca, che vide il "''popolus Romanus''" prevaricare le proprie prerogative, acclamando Carlo come "Carlo Augusto, grande e pacifico Imperatore dei Romani". Non è poi da escludere che la riferita irritazione di Carlo fosse dovuta al fatto che avrebbe preferito auto-incoronarsi, perché l'incoronazione da parte del papa rappresentava simbolicamente la subordinazione del potere imperiale a quello spirituale.
[[File:Kaulbach Die Kaiserkrönung Karls des Großen.jpg|
In ogni caso, dalle fonti non si ricava alcun tipo di accordo preventivo tra il papa ed il re franco, e d'altra parte è però impossibile che Carlo fosse stato colto alla sprovvista da un'iniziativa papale di tal genere e che il cerimoniale e le acclamazioni del popolo romano fossero state improvvisate sul momento. Le stesse fonti non fanno alcun accenno alle precedenti intenzioni di Carlo di farsi incoronare imperatore (se non quelle redatte “a posteriori”, che dunque da questo punto di vista non possono essere attendibili), ma del resto non spiegano come mai alla cerimonia Carlo si fosse presentato con abiti imperiali. Appare dunque decisamente improbabile e fantasiosa la versione fornita dal “''Liber Pontificalis''”, secondo la quale il papa avrebbe improvvisato la sua iniziativa, il popolo sarebbe stato ispirato da Dio nell'acclamazione unanime e corale, e Carlo sarebbe rimasto sorpreso di quanto accadeva. E non è molto credibile neanche la versione fornita, in sostanziale accordo con quella del “''Liber Pontificalis''”, da [[Eginardo]], che riferisce del re contrariato dall'improvviso gesto del pontefice.
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Tuttora non è chiara la paternità dell'iniziativa (e il problema non appare risolvibile), i cui particolari potrebbero però verosimilmente essere stati definiti durante i colloqui riservati a [[Paderborn]] e forse anche dietro suggerimento di [[Alcuino di York|Alcuino]]: l'incoronazione poteva infatti essere il prezzo che il papa doveva pagare a Carlo per l'assoluzione dalle accuse che gli erano state rivolte. Secondo un'altra interpretazione (P. Brezzi), la paternità della proposta sarebbe da attribuire ad un'assemblea delle autorità romane, che fu comunque accolta (ma pare senza molto entusiasmo) sia da Carlo che dal papa; in tal caso il pontefice sarebbe stato l'esecutore della volontà del popolo romano di cui era il vescovo. Occorre però precisare in proposito che le uniche fonti storiche sui fatti di quei giorni sono di estrazione franca ed ecclesiastica, e per ovvi motivi tendono entrambe a limitare o falsare l'interferenza del popolo romano nell'avvenimento.<ref>{{cita libro |nome=Paolo |cognome=Brezzi |titolo=La civiltà del Medioevo europeo |volume=1 |città =Roma |editore=Eurodes |anno=1978 |posizione=pp. 200 e seg.}}</ref>
È certo tuttavia che con l'atto d'incoronazione la Chiesa di Roma si presentava come l'unica autorità capace di legittimare il potere civile attribuendogli una funzione sacrale, ma è altrettanto vero che, di conseguenza, la posizione dell'imperatore diventava di guida anche negli affari interni della Chiesa, con un rafforzamento del ruolo teocratico del suo governo.<ref>C. Rendina, ''I Papi. Storia e segreti'', Newton Compton, Roma, 1983, pp. 249 e seg.</ref> E comunque bisogna riconoscere che con quel solo gesto Leone, per il resto figura non particolarmente eccelsa, legò indissolubilmente i Franchi a Roma, spezzò il legame con l'impero bizantino che non era più l'unico erede dell'[[Impero romano]], esaudì forse le aspirazioni del popolo romano e stabilì il precedente storico dell'assoluta supremazia del papa sui poteri terreni.<ref>{{cita|Brezzi, op. cit.|p. 202
=== Rapporti con Costantinopoli ===
==== La basilissa Irene d'Atene ====
{{Vedi anche|Irene
[[File:Irina (st Sofia).jpg|
I rapporti con l'[[impero bizantino]] furono saltuari. Benché quest'ultimo stesse attraversando un periodo di crisi, era pur sempre la più antica istituzione politica europea, ed è importante rilevare come Carlo si presentasse all'imperatore come un suo pari, con il quale doveva ormai trattare nella spartizione del mondo. Come re d'Italia Carlo era di fatto confinante con i possedimenti bizantini nel meridione, e la concessione a papa Adriano I dei territori dell'Italia centrale gli consentì di frapporre, tra il suo e quello bizantino, una sorta di stato cuscinetto che poteva impedire rapporti troppo stretti.
L'[[Irene
L'incoronazione di Carlo quale imperatore fu comunque un atto che fece irritare Costantinopoli, che accolse la notizia con derisione e disprezzo;<ref>
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=== Rapporti con l'Islam ===
[[File:Harun-Charlemagne.jpg|
[[File:Al-Andalus732.svg|
Nella sua qualità di Imperatore, Carlo intrattenne rapporti paritari con tutti i [[sovrano|sovrani]] europei ed orientali. Nonostante le sue mire espansionistiche nella [[Marca di Spagna|marca spagnola]], e il conseguente appoggio ai governatori rivoltatisi al giogo dell'[[emirato]] di [[Cordova]] di [[al-Andalus]], tessé una serie di importanti relazioni con il mondo [[musulmano]]. Corrispose addirittura con il lontano [[califfo]] di [[Baghdad]] [[Hārūn al-Rashīd]]: le missioni diplomatiche dall'una e dall'altra parte furono agevolate da un intermediario ebreo, Isacco, che, come traduttore per conto dei due inviati, Landfried e Sigismondo, nonché per la sua "terzietà", ben si prestava allo scopo.<ref>S. Katz, ''The Jews in the Visigothic and Frankish kingdoms of Spain and Gaul'', Cambridge, Mass., The Mediaeval Academy of America, 1937, p. 133.</ref>
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Carlo diede immediatamente ordine di costruire una flotta e di radunare un esercito che volle guidare personalmente, ma prima che potesse intervenire gli invasori, che probabilmente si rendevano conto di non poter sottomettere stabilmente quella regione, si ritirarono nello [[Jutland]]. La successiva eliminazione violenta di Goffredo in seguito ad una congiura di palazzo pose comunque momentaneamente termine alle scorrerie [[Normanni|normanne]] in quell'area, finché nell'[[811]] si giunse ad un accordo di pace col nuovo [[Hemming|re danese Hemming]].<ref>({{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 422 e segg., 438 e segg., 444}})</ref><ref>{{cita| Barbero, op. cit.| pp. 374 e segg.}}</ref>
=== Politica interna, istituzioni e governo dell'impero ===
{{vedi anche|Impero carolingio}}
Carlo aveva unificato quasi tutto quello che restava del mondo
Dopo essersi garantito la sicurezza dei confini, procedette alla riorganizzazione dell'Impero, estendendo ai territori da lui annessi il sistema di governo già in uso nel regno franco, nel tentativo di costruire un'entità politica omogenea. In realtà fin dai primi tempi del suo regno Carlo si era posto l'obiettivo di trasformare una società semibarbara come quella dei [[Franchi]] in una comunità regolata dal diritto e dalle regole della fede, sul modello non solo dei re giudaici dell'[[Antico Testamento]], quanto piuttosto su quello degli imperatori romani cristiani ([[Costantino]] in testa) e su quello di [[Agostino d'Ippona|Agostino]], ma il progetto non si concretizzò come Carlo avrebbe voluto.
==== La gestione del potere ====
[[File:CharlemagneAtCourt.jpg|
A livello centrale l'istituzione fondamentale dello stato carolingio era l'Imperatore stesso, poiché Carlo era sommo amministratore e legislatore che, governando il popolo cristiano per conto di Dio, aveva diritto di vita o di morte su tutti i sudditi sottoposti alla sua inappellabile volontà, compresi notabili di rango elevato come conti, vescovi, abati e vassalli. In realtà i sudditi non erano considerati propriamente tali, in quanto tutti (si tratta ovviamente degli uomini liberi, l'unica popolazione che aveva un suo preciso ‘'status'’) erano tenuti a prestare un giuramento all'imperatore che li obbligava ad un preciso rapporto di obbedienza e fedeltà, diverso dalla sudditanza: una sorta di riconoscimento di cittadinanza. Un tale giuramento giustificava pertanto il diritto di vita e di morte da parte del sovrano.<ref group=N>Il giuramento venne regolamentato da un “capitolare” dell'[[802]], ma già da alcuni anni era stato istituzionalizzato: gli avvenimenti legati alla rivolta di Hardrad del [[786]] e alla deposizione di [[Tassilone III di Baviera|Tassilone]] nel [[788]] dimostrano come già in quegli anni l'istituto del giuramento costituiva un elemento di peso rilevante nei confronti dei rapporti con il sovrano (cfr. {{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 339 e segg.}}; {{cita|Barbero, op. cit.|pp. 162 e segg.}}).</ref>
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Il governo centrale era costituito dal ''palatium''. Sotto questa denominazione si designava non una residenza, ma il complesso dei collaboratori alle sue dipendenze, che seguivano il re in tutti gli spostamenti: organo puramente consultivo, era costituito da rappresentanti laici ed ecclesiastici, uomini di fiducia a contatto quotidiano con il sovrano, che lo aiutavano nell'amministrazione centrale.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 109}}.</ref>
==== La suddivisione dello Stato ====
All'apice della sua estensione, l'Impero era suddiviso in circa 200 [[provincia|province]], e in un numero sensibilmente minore di [[diocesi]], ciascuna delle quali poteva comprendere più province, affidate, per il controllo del territorio, a vescovi e abati, insediati ovunque e culturalmente più qualificati dei funzionari laici.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 119}}.</ref> Ogni provincia era governata da un [[conte]], vero e proprio funzionario pubblico delegato dell'Imperatore,<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 111}}.</ref> mentre nelle [[diocesi]] erano i vescovi e gli abati ad esercitare il potere. Le aree di frontiera del regno franco ai confini dell'Impero, che potevano comprendere al loro interno più province, erano designate col nome di “marche”, che gli autori più eruditi chiamavano con la denominazione classica di ''limes''.
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Conti, arcivescovi e abati erano dunque la vera struttura portante del governo dell'Impero, e dovevano provvedere, oltre alle attività amministrative e giudiziarie, anche a quelle connesse con il reclutamento in caso di mobilitazione militare e al sostentamento delle regioni sotto la loro giurisdizione e della corte, cui erano tenuti a far pervenire annualmente doni e proventi fiscali. Il punto debole di questa struttura era costituito dai rapporti personali che questi plenipotenziari intrattenevano con l'imperatore, e soprattutto dall'intrecciarsi degli interessi personali (dinastici e fondiari) con quelli dello Stato: un equilibrio fragile che non sarebbe sopravvissuto a lungo alla morte di Carlo.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 548 e segg.}}</ref>
==== Attività legislativa ====
Negli ultimi anni di regno, libero ormai da campagne militari, Carlo si dedicò ad un'intensa attività legislativa e di politica interna, con l'emanazione di un elevato numero di “capitolari” (35 in quattro anni) dedicati a norme giuridiche, amministrative e di riorganizzazione dell'esercito e reclutamento militare (un problema sempre spinoso per le forti resistenze che incontrava), ma anche etico-morali ed ecclesiastiche. Tutte queste norme denunciano una sorta di sfaldamento dell'impero ed il coraggio, da parte dell'imperatore, di denunciare, smascherare e combattere abusi e soprusi che forse, in tempi di campagne militari, non sarebbe stato opportuno evidenziare. Di particolare interesse alcune disposizioni riguardanti la costruzione di navi e la creazione di una flotta, proprio nel periodo in cui dalla [[Scandinavia]] il popolo dei [[Normanni]] cominciava a rendere insicure le coste settentrionali dell'impero.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 418 e segg.}}</ref> Inoltre, secondo la leggenda, Carlo Magno istituì il [[Andorra|Principato di Andorra]] nell'805 come Stato cuscinetto tra i domini dei Mori in Spagna e la Francia.<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/andorra_res-f635ace1-fe7f-11e1-b986-d5ce3506d72e_(Atlante-Geopolitico)|titolo=Andorra in "Atlante Geopolitico"|lingua=it
==== Monetazione ====
[[File:Denaro carlo magno.jpg|
Proseguendo le riforme iniziate già dal padre, Carlo liquidò il [[Moneta|sistema monetario]] basato sul [[Solido (moneta)|solido d'oro]] dei romani. Tra il [[781]] e il [[794]] estese in tutto il regno un sistema basato sul monometallismo argenteo, che si basava sul conio del [[Denaro (moneta)|denaro]] d'argento con un tasso fisso. Durante questo periodo la libbra (che valeva 20 solidi) ed il solido furono unità di conto e ponderali allo stesso tempo, mentre solo il "denaro" fu moneta reale, coniata.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|pp. 204 e segg.}}</ref>
Carlo applicò il [[Monetazione carolingia|nuovo sistema]] nella maggior parte dell'[[Europa]] continentale, e lo standard fu volontariamente adottato anche in quasi tutta l'[[Inghilterra]]. Il tentativo di centralizzare la coniazione di denaro, che Carlo avrebbe voluto esclusivamente riservata alla corte, non ottenne però i risultati sperati, sia per l'estensione dell'impero, sia per la mancanza di una vera e propria [[Zecca (moneta)|zecca]] centrale, sia per i troppi interessi legati al conio della moneta. Per oltre cento anni il denaro mantenne comunque inalterato peso e lega.
==== L'amministrazione della giustizia ====
La riforma della giustizia si attuò tramite il superamento del principio di [[personalità del diritto]]: ogni uomo aveva diritto di essere giudicato secondo l'usanza del suo popolo, e interi blocchi delle leggi nazionali preesistenti vennero integrati o sostituiti, in qualche caso, con la promulgazione dei [[capitolare|capitolari]], norme con valore di legge che avevano validità per tutto l'impero,<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 148}}.</ref> e che Carlo volle far sottoscrivere da tutti i liberi durante il giuramento collettivo dell'[[806]]. Da un punto di vista giuridico il suo programma era infatti finalizzato, come riferisce il biografo [[Eginardo]], ad “aggiungere ciò che mancava, sistemare ciò che si contraddiceva e correggere ciò che era falso o confuso“, ma gli sforzi non furono sempre adeguatamente premiati. Il “capitolare italiano”, datato a [[Pavia]] nell'[[801]], segna l'inizio del processo riformatore legislativo,<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|p. 341. Capitolare nel quale si legge, tra l'altro: “tutto ciò che determina insicurezza giuridica e tutto ciò che fu tralasciato dai nostri predecessori, i re d'Italia, negli editti delle leggi longobarde, tutto ciò abbiamo cercato di completarlo accuratamente in base alla situazione delle cose e ai tempi, in modo tale che sia aggiunto ciò che manca alla legge e che, in caso di dubbio, non si dia ascolto all'opinione di un giudice qualsiasi ma a quanto stabilito dalla nostra autorità regia”.}}</ref> al quale seguirono diverse disposizioni e norme che produssero un forte cambiamento nella base giuridica “nazionale” precedente, senza mai perdere di vista l'intento di fornire un fondamento spirituale al potere imperiale.
In un capitolare dell'[[802|anno successivo]] si legge, tra l'altro, che “i giudici devono giudicare in modo corretto in base alla legge scritta e non secondo il loro arbitrio”, frase che da un lato statuisce il passaggio tra l'antica tradizione giuridica orale e la nuova concezione del diritto, e da un altro è indizio della forte spinta all'alfabetizzazione che Carlo volle imprimere, almeno nei ceti più alti, nel clero e negli organismi di maggior peso all'interno dello Stato, coadiuvata dalla riforma della scrittura e da un ritorno alla correttezza del latino, la lingua ufficiale dell'amministrazione statale, della storiografia e del clero. Fu stabilita una riforma della composizione delle [[giuria|giurie]], che dovevano essere costituite da professionisti, gli [[scabino|scabini]] (esperti di diritto), che sostituirono i [[giudice popolare|giudici popolari]]. Al dibattimento, inoltre, non dovevano partecipare altre persone se non il giudice (il conte), coadiuvato da [[vassallo|vassalli]], avvocati, notai, [[Scabino|scabini]] e dagli imputati direttamente interessati alla causa.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|p. 146}}.</ref> Le procedure giudiziarie vennero standardizzate, modificate e semplificate. La frenesia riformatrice produsse però una serie di documenti che, pur fornendo una cornice giuridica generale, contengono norme eterogenee su vari argomenti affrontati senza un ordine logico, tra sacro e profano, tra politica interna ed estera, con questioni lasciate a volte in sospeso, tra disposizioni di un deciso tono paternalistico-moralistico mischiate ad altre di carattere più decisamente politico o giudiziario.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.| pp. 339 e segg.}}</ref>
==== Successione ====
[[File:Couronnement de Louis Ier le Pieux.jpg|
Carlo non ignorò la tradizione franca che prevedeva la spartizione dell'eredità paterna fra tutti i figli maschi e per questo, come aveva già fatto suo padre [[Pipino il Breve|Pipino]], stabilì la suddivisione del regno tra i suoi tre figli [[Carlo il Giovane|Carlo]], [[Pipino d'Italia|Pipino]] e [[Ludovico il Pio|Ludovico]]. Il 6 febbraio dell'[[806]], durante la permanenza nella residenza invernale di [[Diedenhofen]] (Thionville), nella quale aveva radunato sia i figli che i grandi dell'impero, fu emanato un testamento politico, la “''Divisio regnorum''” con il quale veniva definita la spartizione dell'impero dopo la morte di Carlo. Si tratta di un documento legislativo estremamente importante, improntato a criteri di massima equità nel lascito agli eredi e nella definizione di un preciso ordine di successione: il potere unico veniva suddiviso in tre distinti poteri di pari dignità, secondo le regole del diritto ereditario franco che assegnava ad ogni figlio maschio legittimo la stessa parte di eredità.
Il primogenito [[Carlo il Giovane|Carlo]], il figlio maggiore, che già aveva acquisito una certa esperienza sia militare che di governo, era destinato ad ereditare il ''regnum francorum'', comprendente la [[Neustria]], l'[[Austrasia]],<ref group=N>Per la prima volta nei documenti ufficiali la regione tra la [[Senna]] e la [[Loira]] viene qui chiamata “Francia”.</ref> la [[Frisia (regione storica)|Frisia]], la [[Sassonia]], la [[Turingia]] e alcune aree settentrionali della [[Borgogna]] e dell'[[Alemannia]]: si trattava della parte più importante dell'impero, e infatti spesso Carlo affidò al [[Carlo il Giovane|primogenito]] spedizioni militari di un certo rilievo e se lo affiancò in altre campagne, pur senza mai assegnargli il governo di una regione, come aveva fatto per gli altri figli. A [[Pipino d'Italia|Pipino]] spettava il [[Regno d'Italia]], la [[Rezia]], la [[Baviera]] e l'[[Alemannia]] meridionale: la zona più delicata da un punto di vista politico, a stretto contatto con la Chiesa e con gli Stati bizantini del meridione d'Italia. A [[Ludovico il Pio|Ludovico]] era assegnata l'[[Aquitania]], la [[Guascogna]], la [[Settimania]], la [[Provenza]], la [[Marca di Spagna]] tra i [[Pirenei]] e l'[[Ebro]] e la [[Borgogna]] meridionale: era la zona di frontiera più delicata da un punto di vista militare, a contatto con i governi islamici di Spagna, ma [[Ludovico il Pio|Ludovico]] non fu sempre all'altezza della situazione. Nessun accenno fu fatto nella spartizione per l'[[Istria]] e la [[Dalmazia]], regioni critiche per i rapporti con [[Costantinopoli]] e tuttora contese.
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Poiché, secondo la “''Divisio regnorum''”, uno dei principali compiti dei tre fratelli era la difesa della Chiesa, a [[Carlo il Giovane|Carlo]] e a [[Ludovico il Pio|Ludovico]] fu consentito, se necessario, l'ingresso in Italia dai loro regni. Il documento prevedeva il divieto di suddividere ulteriormente i regni, in modo da evitare una futura frammentazione; in caso di morte prematura o di mancanza di eredi di uno dei fratelli si sarebbe proceduto ad un'ulteriore spartizione tra quelli superstiti. Non si prendeva però affatto in considerazione il problema della successione del titolo imperiale, e Carlo del resto non aveva alcuna intenzione di designare un correggente che lo affiancasse. Anche per questo motivo probabilmente si riservò la facoltà di migliorare e integrare, in futuro, quel testamento politico che, sottoscritto e giurato dagli interessati e dai grandi dell'impero, fu inviato a Roma per ottenere il beneplacito di [[papa Leone III]], che non esitò a controfirmarlo, di fatto vincolando i tre figli di Carlo all'alleanza con la Chiesa.
[[File:Éginhard Vita Caroli magni imperatoris-Lettrine V historiée Charlemagne assis.jpg|
Un capitolo della “''Divisio regnorum''” si occupava anche della sorte delle figlie di Carlo che, si legge, avrebbero potuto scegliere il fratello sotto la cui tutela porsi, o avrebbero potuto ritirarsi in monastero. Avrebbero però potuto anche sposarsi, qualora il promesso sposo fosse stato “degno” e di loro gradimento; questa concessione lascia alquanto sorpresi, in quanto, per motivi mai ben chiariti, finché fu in vita Carlo non volle mai concedere le figlie in spose a chicchessia<ref>{{cita| Hägermann, op. cit.|pp. 383 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Barbero, op. cit.| pp. 378 e segg.}}</ref>.
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Le disposizioni della “''Divisio regnorum''” non furono mai adottate. L'8 luglio dell'[[810]], appena cessato il pericolo dell'invasione [[Normanni|normanna]] in [[Frisia (regione storica)|Frisia]], a soli 33 anni [[Pipino d'Italia|Pipino]] morì improvvisamente, lasciando un figlio, [[Bernardo d'Italia|Bernardo]], e cinque femmine, che l'imperatore portò subito con sé, insieme alle sue numerose figlie.<ref group=N>Nulla si sa della madre dei figli di [[Pipino d'Italia|Pipino]], che alcune voci dell'epoca bollavano come concubina del re.</ref> L'[[811|anno successivo]] Carlo apportò le necessarie modifiche alla “''Divisio regnorum''”, ma i problemi sulla successione continuarono per qualche anno ancora.
La scomparsa di [[Pipino d'Italia|Pipino]] tolse a Carlo il principale punto di riferimento in Italia, la cui amministrazione venne momentaneamente posta nelle mani dell'abate [[Adelardo di Corbie]],<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 440 e segg.}}</ref> in qualità di ‘'missus'’ imperiale, che mantenne strettissimi contatti con la corte. Nella primavera dell'[[812]], appena ebbe raggiunta la maggiore età, Carlo nominò [[Bernardo d'Italia|Bernardo]] re d'Italia, affiancandogli come consigliere il fidato conte [[Wala]]. L'esperienza militare di [[Wala]] fu particolarmente utile all'inesperto [[Bernardo d'Italia|Bernardo]] perché proprio in quel periodo, approfittando dei problemi che tenevano occupati [[Franchi]] e [[Bizantini]] a [[Venezia]] e in [[Dalmazia]], i [[Mori (storia)|Mori]] e i [[Saraceni]] di [[Spagna]] e [[Africa]] avevano incrementato le loro incursioni nelle isole del [[Mediterraneo]] occidentale (incursioni che, peraltro, continuavano da anni). Se
Preoccupato degli equilibri politici, nell'[[813]] Carlo propose al reggente bizantino in [[Sicilia]] di fare fronte comune contro la minaccia, ma costui non se la sentì di prendere una simile iniziativa senza il benestare imperiale, e chiese la mediazione del [[Papa Leone III|papa]] il quale, da parte sua, non si volle immischiare nella questione. Del fronte comune non se ne fece nulla, i [[Bizantini]] persero terreno in Italia meridionale, abbandonando definitivamente la [[Sicilia]] a tutto vantaggio dei [[Franchi]], e i [[Saraceni]] avanzarono, occupando per oltre un secolo l'isola, oltre alle coste della [[Provenza]] e della [[Settimania]]<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 479 e segg.}}</ref>. Nell'[[811]] morì, nel suo esilio dell'[[Abbazia di Prüm]], [[Pipino il Gobbo]], il figlio primogenito non riconosciuto<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|p. 468}}.</ref>.
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Il 4 dicembre [[811]] morì anche [[Carlo il Giovane]], le cui azioni si erano sempre svolte o all'ombra del padre o su suo ordine (e le scarse notizie biografiche non aiutano a fare miglior luce): le disposizioni della “''Divisio regnorum''” persero dunque ogni significato, tanto più dopo la nomina, qualche mese più tardi, di [[Bernardo d'Italia|Bernardo]] a successore di [[Pipino d'Italia|Pipino]]:<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 468 e segg.}}</ref> il regno d'Italia mantenne dunque la sua autonomia. In effetti la “''Divisio regnorum''” prevedeva che l'impero fosse ridistribuito tra i figli superstiti, e in questo senso [[Ludovico il Pio]] si sarebbe aspettato di ereditarlo nella sua interezza, ma l'assegnazione dell'Italia a [[Bernardo d'Italia|Bernardo]] costituì una imprevista forzatura delle norme previste da Carlo, e per alcuni mesi la situazione rimase in stallo finché, nel settembre dell'[[813]], fu convocata ad [[Aquisgrana]] l'assemblea generale dei grandi dell'impero nella quale Carlo, dopo essersi consultato con i personaggi più eminenti, affiancò [[Ludovico il Pio|Ludovico]] al governo, nominandolo unico erede del trono imperiale. Lo svolgimento della cerimonia era anche un importante segnale politico sia verso [[Costantinopoli]], al quale giungeva il messaggio di una continuità dell'impero occidentale, sia verso Roma, con lo sganciamento del potere imperiale dall'autorità del papa, la cui parte attiva nell'incoronazione del nuovo imperatore non era più ritenuta necessaria.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.| pp. 490 e segg., 494 e segg.}}</ref>
=== Rinascita carolingia ===
{{vedi anche|Rinascita carolingia}}
[[File:Minuscola carolina Corbie.jpg|
Per “[[Rinascita carolingia]]” si intende un periodo di rinascita e fioritura degli studi di ambito politico, filosofico, culturale ed educativo
Carlo dette impulso ad una vera e propria riforma culturale in più discipline: in architettura, nelle arti filosofiche, nella letteratura, nella poesia. Personalmente era un illetterato, e non ebbe mai una vera e propria educazione scolastica, benché conoscesse il latino e avesse una certa dimestichezza nella lettura, ma comprendeva a fondo l'importanza della cultura nel governo dell'impero. La [[Rinascita carolingia]] ebbe una natura essenzialmente religiosa, ma le riforme promosse da Carlo Magno assunsero una portata culturale. La riforma della Chiesa, in particolare, si proponeva di elevare il livello morale e la preparazione culturale del personale [[clero|ecclesiastico]] operante nel regno.
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Sotto la direzione di [[Alcuino di York]], intellettuale dell'[[Schola palatina (Aquisgrana)|Accademia Palatina]], vennero redatti i testi, preparati i programmi scolastici ed impartite le lezioni per tutti i chierici.<ref group=N>I programmi e le lezioni erano destinati a chierici ed ecclesiastici in genere, e a tutto quel pubblico che in qualche modo era coinvolto nella stesura di testi di diritto o al servizio della corte; non esisteva alcun piano di alfabetizzazione e istruzione generalizzata ad uso dei sudditi e neppure dei nobili ({{cita|Hägermann, op. cit.| p. 200}}).</ref> Neanche la grafia venne risparmiata, e fu unificata, entrando in uso corrente la [[Scrittura carolina|minuscola carolina]], derivata dalle scritture corsive e semicorsive<ref group=N>Fino a quel momento si utilizzavano quasi esclusivamente le maiuscole o comunque caratteri ricchi di abbellimenti che li rendevano di difficile lettura.</ref>, e venne inventato un sistema di segni di punteggiatura per indicare le pause (e collegare il testo scritto alla sua lettura ad alta voce). Anche l'elaborazione e l'introduzione nei vari centri monastici ed episcopali del nuovo sistema di scrittura si deve all'influenza di [[Alcuino di York|Alcuino]]. Da quei caratteri derivarono quelli utilizzati dagli stampatori [[Rinascimento|rinascimentali]], che sono alla base di quelli odierni.<ref>{{cita|Barbero, op. cit.|pp. 262 e segg.}}</ref>
=== Vecchiaia e morte ===
[[File:Karlsschrein front side left.jpg|
[[File:Le Miroir historial de Vincent de Beauvais. Mort de Charlemagne..jpg|sinistra|
Gli ultimi anni di vita di Carlo sono stati visti come un periodo di declino, a causa del peggioramento delle condizioni fisiche del sovrano che aveva ormai perso il vigore della giovinezza e, stanco nel fisico e nello spirito, si era votato più che mai alle pratiche religiose e all'emanazione di capitolari dedicati a questioni dottrinali di particolare rilevanza: una svolta che sembrò poi segnare l'esperienza al governo di suo figlio [[Ludovico il Pio|Ludovico]], detto appunto "il Pio". Carlo percepiva la diffusione della corretta dottrina cristiana come un suo preciso dovere e un'alta responsabilità, finalizzata al controllo della rettitudine morale non solo degli ecclesiastici, ma dell'intero popolo franco.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 481, 498}}.</ref>
All'inizio dell'[[811]] il vecchio imperatore dettò il suo dettagliato testamento, che però era riferito solo alla divisione dei suoi beni mobili (un patrimonio comunque immenso), una parte rilevante dei quali, ulteriormente suddivisa in 21 parti, doveva essere devoluta in elemosina a determinate sedi arcivescovili.<ref group=N>È il primo documento scritto che elenca puntualmente tutte le 21 sedi arcivescovili dell'impero.</ref> Si tratta di un documento che ricalcava le caratteristiche della “''Divisio regnorum''”, il testamento politico redatto nell'[[806]] in cui Carlo, pur stabilendo precise disposizioni, lasciava però un certo margine per eventuali successive modifiche ed integrazioni. Il testamento prevedeva lasciti non solo per i figli (legittimi o no), ma anche per i nipoti, caso piuttosto infrequente nell'ordinamento giuridico franco. Il documento si conclude con l'elencazione dei nomi di ben trenta testimoni annoverati tra i più stretti amici e consiglieri dell'imperatore,<ref group="N">Sette arcivescovi: di [[Colonia (Germania)|Colonia]], [[Magonza]], [[Salisburgo]], [[Reims]], [[Besançon]], [[Lione]] e [[Arles]]; quattro vescovi: Teodulfo di [[Orléans]], Iesse di [[Amiens]], Heito di [[Basilea]] e Valgaudo di [[Liegi]]; quattro abati di importanti abbazie: Fridugiso di [[Tours]], Adelungo di [[Lorsch]], [[Angilberto di Sant-Riquier]] e Irminone di [[Abbazia di Saint-Germain-des-Prés|Saint-Germain-des-Prés]]; quindici conti dell'alta aristocrazia franca, tra cui: [[Wala]] e suo fratello [[Adelardo di Corbie|Adalardo]], Audulfo di [[Baviera]], [[Stefano di Parigi]], Unroch, [[Burcardo]], Ercangario di [[Brisgovia]], Geroldo futuro duca di [[Baviera]] e Hroccolfo ({{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 456 e segg.}}).</ref> che avrebbero dovuto garantire il rispetto e la corretta esecuzione di quelle volontà imperiali.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 448 e segg.}}</ref><ref>{{cita|Barbero, op. cit.|pp. 382 e segg.}}</ref>
[[File:AachenerDomSarg.jpg|
Quasi contemporanea alla stesura del testamento, durante l'annuale assemblea generale dei [[Grande del regno|grandi]] ad [[Aquisgrana]], è l'emissione di alcuni capitolari (seguiti da altri, su analoghi argomenti, emessi verso la fine dell'anno), dal cui contenuto emerge la consapevolezza di una crisi generalizzata dell'impero: crisi religiosa, morale, civile e sociale. In una forma abbastanza inconsueta (una raccolta di osservazioni fornite da personaggi di alto rango nei vari settori affrontati) Carlo sembra voler spendere le ultime energie per rimettere sulla retta via uno Stato che sembrava scricchiolare dall'interno, nonostante le istituzioni e le leggi che lo governavano e che avrebbero dovuto correttamente indirizzarlo: dalla corruzione dilagante tra i nobili, gli ecclesiastici e chi doveva amministrare la giustizia all'evasione fiscale, dalle reali motivazioni di chi sceglieva lo stato ecclesiale alla diserzione e renitenza alla leva (in un periodo, peraltro, pericolosamente minacciato dalle incursioni degli uomini del nord). Si trattò di una specie di inchiesta che Carlo volle promuovere sui maggiori problemi dell'Impero, che però difficilmente portò a concreti risultati positivi.<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 458 e segg., 464 e segg.}}</ref>
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::Ildegarda ([[782]]-[[783]]).
*[[Fastrada]] (?-[[794]]), figlia di Rodolfo III di Franconia e di Aeda di Baviera, sposata nel [[784]] pochi mesi dopo la morte di [[Ildegarda (moglie di Carlo Magno)|Ildegarda]].
::[[Teodorada (Carlo Magno)|Teodorada]] ([[785]]-†[[853]]?), badessa di [[Monasteri carolingi|Argenteuil]];
::Iltrude ([[787]]?-† forse dopo l'814), visse presso la corte del padre fino alla sua morte. Secondo Wilhelm Kurze, la teoria secondo la quale sposò Eberardo, ascendente dei [[conti di Calw]], è da scartare. Secondo Rösch, ella fu amante del conte di Padova Richwin, fratello dell'arcivescovo di Treviri [[Richbodo]]. Essi ebbero un figlio, Richbodo (800/805-14 giugno 844), che morì nella battaglia di Angoulême e che fu abate dell'abbazia di Saint-Riquier.<ref>[https://fmg.ac/Projects/MedLands/CAROLINGIANS.htm#HiltrudMistRichwin Project Medieval Lands]</ref>
*[[Liutgarda]] ([[780]]-[[800]]), figlia di [[Liutfrido II di Sundgau]], conte di Sundgau, e di Iltrude di Wormsgau, sposata probabilmente nel [[799]], dopo alcuni anni di [[concubinato]].<ref group=N>È possibile che il matrimonio sia stato celebrato ufficialmente, per motivi di convenienza e di protocollo, solo poco prima della visita di [[papa Leone III]] a Carlo, nello stesso [[799]], dopo l'attentato subito dal pontefice. In precedenza [[Liutgarda]] potrebbe essere stata solo una concubina del re, dopo la morte della regina [[Fastrada]] ({{cita|Hägermann, op. cit.|pp. 308 e segg.}}).</ref>
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|10 = [[Lamberto II di Hesbaye]]
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|13 = [[Bertrada di Prüm]]
|14 = ?
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WEL={{Box colorati|giallo}}[[Guelfo I
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== Aspetto fisico e personalità di Carlo Magno ==
[[File:Karl den store avbildad från samtida ryttarstatyett, Nordisk familjebok.png|
L'aspetto di Carlo ci è noto grazie ad una buona descrizione di [[Eginardo]] (che è molto influenzato e in alcuni passi segue alla lettera la biografia [[Gaio Svetonio Tranquillo|svetoniana]] dell'imperatore [[Tiberio]]), che lo conobbe personalmente e fu autore, dopo la sua morte, della biografia intitolata ''[[Vita et gesta Caroli Magni]]''. Così descrive Carlo nel suo ventiduesimo capitolo:
{{Citazione|Egli era di corporatura robusta e forte, di alta statura, ma tuttavia non sproporzionata; infatti la sua altezza corrispondeva a sette dei suoi piedi. Egli aveva una testa rotonda, gli occhi molto grandi e vivaci, il naso un po’ più lungo della media, bei capelli canuti, un viso piacevole e vivace. Sia se stava in piedi, sia se stava seduto, dava sempre una forte impressione di autorità e di dignità. Sebbene il suo collo fosse grasso e un po’ corto e il ventre un po’ prominente, ciò non danneggiava la proporzione di tutte le altre membra. Egli aveva un’andatura sicura e un atteggiamento assolutamente virile. La voce era chiara, ma non era adatta al suo aspetto fisico. Egli godeva di ottima salute; solo negli ultimi quattro anni di vita fu colto da frequenti attacchi di febbre e verso la fine dei suoi giorni zoppicò anche da un piede.|<ref>{{cita|Hägermann, op. cit.|p. 508}}.</ref>}}
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Il carattere dell'imperatore, che traspare dalle biografie ufficiali, dev'essere valutato con cautela, perché le notazioni sulla sua indole sono spesso stereotipate e modellate su schemi precostituiti, ai quali veniva adattata la realtà. [[Eginardo]], per esempio, autore della biografia più famosa dell'Imperatore, si basò sulle ''Vitae'' di [[Svetonio]] (che però non si soffermava più di tanto sul carattere dei Cesari) per offrire un ritratto ideale del sovrano e delle sue virtù, basate su quelle degli imperatori romani, a cui aggiunse quelle di un “vero” imperatore cristiano, con particolare attenzione ai concetti di “''magnitudo animi''” e “''magnanimitas''”.
Tra le tante affermazioni ve ne sono comunque alcune che, non inquadrabili in un contesto celebrativo, potrebbero forse davvero costituire una testimonianza attendibile del carattere e delle abitudini di Carlo. Sembra fosse incline a bere e mangiare, e che avesse numerose amanti, in un regime poligamico che era abbastanza consueto tra i [[Franchi]], sebbene fossero cristianizzati. Sembra
Come tutti i nobili dell'epoca era particolarmente amante della caccia. Eginardo parla anche di capelli già bianchi in gioventù ma ancora molto folti. È citato anche che Carlo Magno soffrisse di attacchi d'ira improvvisi.
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== Importanza ed eredità ==
[[File:Manfred_III_of_Saluzzo_as_Charlemagne.jpg|
=== Canonizzazione ===
L'8 gennaio [[1166]], Carlo Magno venne [[Canonizzazione|canonizzato]] ad [[Aquisgrana]] dall'[[antipapa Pasquale III]] su ordine dell'imperatore [[Federico Barbarossa]]. Questa canonizzazione non fu bene accolta negli ambienti più vicini alla chiesa, a causa degli aspetti della vita privata di Carlo in contrasto con la dottrina cristiana. Il [[Concilio Lateranense III]], nel marzo [[1179]], dichiarò nulli tutti gli atti compiuti dall'[[antipapa Pasquale III]], compresa la canonizzazione di Carlo Magno. Nonostante ciò, [[papa Gregorio IX]] la riconfermò.<ref>{{cita libro|nome=Karlheinz|cognome=Deschner|wkautore=Karlheinz Deschner|titolo=[[Storia criminale del cristianesimo]], 1: L'età arcaica|anno=2000|editore=Ariele|città=Milano|p=64|ISBN=88-86480-70-9}}</ref> Il culto si tiene nella sola [[diocesi di Aquisgrana]] e ne viene tollerata la celebrazione nei [[Grigioni]].<ref>{{cita libro |titolo=Bibliotheca Sanctorum |volume=III |città=Roma |editore=Pontificia Università lateranense |anno=1970}}.</ref>
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I maggiori unificatori dell'Europa - da [[Federico Barbarossa]] a [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]], da [[Napoleone Bonaparte]] a [[Jean Monnet]] - ma anche moderni [[statista|statisti]] come [[Helmut Kohl]] e [[Gerhard Schröder]] hanno tutti menzionato Carlo Magno indicandolo come padre dell'Europa. Già in un documento celebrativo di un poeta anonimo, redatto durante gli incontri a [[Paderborn]] tra l'Imperatore e [[Papa Leone III]] Carlo è definito ''Rex Pater Europae'' il padre dell'[[Europa]]. Nei secoli successivi si è molto discusso sulla consapevolezza, da parte del re franco, di essere stato il promotore di uno spazio politico ed economico che può essere fatto ricondurre all'attuale concetto di continente europeo unificato.
Verso la fine del [[XIX secolo]], e durante tutta la prima metà del [[XX secolo|XX]], il problema veniva posto in termini prettamente nazionalisti. In particolare, gli storici francesi e gli storici tedeschi rivendicavano che Carlo Magno fosse nato nei loro rispettivi paesi. Successivamente il dibattito in chiave nazionalista sul luogo di nascita di Carlo Magno si è estinto
Semmai, quindi, queste popolazioni trovavano un motivo di identificazione nel ricordo delle invasioni. Ancora all'epoca di Carlo Magno, infatti, la distinzione tra Romano e Germanico era ben presente. Verso la fine degli anni trenta del [[XX secolo]] l'analisi venne indirizzata su altri metodi, soprattutto grazie all'opera dello storico belga [[Henri Pirenne]], che analizzava gli avvenimenti storici secondo un'altra prospettiva: l'Impero governato dal re dei [[Franchi]] doveva essere studiato secondo la sua posizione politico-economico-amministrativa rispetto a quell'[[Impero romano]] di cui portava avanti, se non l'eredità, almeno il nome.
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* {{cita libro |autore=Cardini Franco |wkautore=Franco Cardini |titolo=Carlomagno, un padre della patria europea |editore=Bompiani |anno=2002}}
* {{cita libro |autore1=Cardini Franco |autore2=Montesano Marina |titolo=Storia medievale |città=Firenze |editore=[[Le Monnier]] Università |anno=2006 |isbn=88-00-20474-0}}
* {{cita libro |autore=Carlo Federico Valentini |wkautore= |titolo=La Politica Dinastica di Carlo Magno: Alleanze e Successioni |città=Monaco |editore=Bulletin of Carolingian Studies |anno=1969|url=https://www.academia.edu/124050523/LA_POLITICA_DINASTICA_DI_CARLO_MAGNO_ALLEANZE_E_SUCCESSIONI}}
* {{cita libro |autore=Chabod Federico |wkautore=Federico Chabod |titolo=Lezioni di metodo storico |città=Bari |editore=Laterza |anno=1978}}
* {{cita libro |autore=Chamberlin Russell |titolo=Carlo Magno, Imperatore d'Europa |città=Roma |editore=Newton Compton |anno=2006 |isbn=978-88-541-0571-3}}
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* {{cita libro |autore-capitolo=Sullivan Richard E. |capitolo=Charlemagne |titolo=[[Enciclopedia Britannica]] |edizione=online |url=https://www.britannica.com/biography/Charlemagne}}
* {{Cita libro |autore=Sypeck Jeff |titolo=Becoming Charlemagne: Europe, Baghdad, and The Empires of A.D. 800 |url=https://archive.org/details/becomingcharlema0000sype |città=New York City |editore=Ecco/HarperCollins |anno=2006 |isbn=0-06-079706-1}}
* {{Cita libro |autore=Wilson Derek |titolo=Charlemagne: The Great Adventure |url=https://archive.org/details/charlemagnegreat0000wils |città=London |editore=Hutchinson |anno=2005 |isbn=0-09-179461-7}}
== Voci correlate ==
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* [[Regesta Imperii]]
* [[Palazzo di Aquisgrana]]
* [[Premio Carlo Magno]]
== Altri progetti ==
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