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Un secondo piano che anticipa quello di Fanfani è il progetto ''Schema di decreto per l’emissione, da parte dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, di un prestito obbligazionario da destinarsi alle opere di ricostruzione edilizia'' del 1946 di '''Annetto Puggioni''', presidente dell'INA. L'INA era stata fondata nel 1912, ma a partire dal 1923 era entrata con quote di rischio all'interno del mercato immobiliare italiano<ref>{{cita|Bartolini|pp. 111-113}}.</ref> . Il piano era così articolato: l’INA avrebbe emesso delle [[obbligazione (finanza)|obbligazioni]] il cui ricavo sarebbe stato destinato alla costruzione di case per lavoratori, l’assegnatario avrebbe pagato la casa entro 25 anni sotto stipula di un contratto di assicurazione, lo stato avrebbe pagato parte della cifra per l’abitazione. L'intento era quello di diffondere i servizi dell'INA tramite la stipula di un'assicurazione sulla vita in caso di morte dell'assegnatario<ref>{{cita|Nuti|pp.95-96}}.</ref> .
Il piano rimane inattuato, ma non completamente dimenticato fino all'approvazione del [[piano Marshall]] e all'insediamento del [[Governo De Gasperi IV|nuovo governo]]. In questo mutato clima politico ed economico si muove '''Amintore Fanfani''' con la sua proposta, che riprende in buona parte le precedenti proposte di Puggioni e Miniati. Il percorso che porta al testo definitivo della legge è lungo e tortuoso, fatto di compromessi e prese di posizione delle varie istituzioni e parti politiche coinvolte. Fanfani aveva tenuto i suoi programmi quasi completamente oscuri alla maggioranza del governo, i due dispositivi di legge di cui si componeva il suo progetto vengono presentati il 12 luglio alla Camera dei deputati. Il finanziamento dei fondi con cui si intendeva operare era a carico di tre soggetti: i lavoratori dipendenti contribuiscono con accantonamenti obbligatori di quote variabili della tredicesima: a seconda della tipologia di lavoratore poteva variare tra il 30 e il 60 per cento. La seconda categoria sono i datori di lavoro che contribuiscono, in questa prima proposta di Fanfani, con l’1 per cento della somma versata dai loro dipendenti. Infine, lo Stato che versa un contributo tra il 4 e il 5 per cento degli accantonamenti dei lavoratori e un contributo diretto all’ammortamento di ogni alloggio76. L’amministrazione pubblica veniva supportata in questo piano dall’INA che era la vera impresa realizzatrice. Per non andare a incidere sui costi di produzione, fattore su cui l’opinione pubblica era stata molto attenta, l’INA aveva fondato un distaccamento denominato “gestione INA-casa”, esso serviva a coordinare le attività operative del piano. Un’altra parte operativa creata all’interno dell’INA era chiamata “Comitato di Attuazione” ed era responsabile della gestione politica generale e delle decisioni di finanziamento delle varie opere. La dotazione di fondi iniziale veniva concessa dallo Stato attraverso il fondo-lire che era un derivato finanziario del piano Marshall.
===L'approvazione===
Il progetto di Fanfani diventa una vera e propria proposta legislativa composta da due dispositivi: ''Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per i lavoratori'', mentre il seguente, ''Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati''. Il piano si divide, quindi, in un aspetto di lotta alla disoccupazione, insieme a un altro di costruzione delle case popolari. Bisogna ricorda qui come il piano fosse stato approvato da tutte le [[I legislatura della Repubblica Italiana|forze parlamentari]] come mezzo efficace di contrasto alla disoccupazione, mentre lo scontro avviene soprattutto sui mezzi di finanziamento e sull'assegnazione delle case<ref>{{cita|Istituto Luigi Sturzo|pp. 112-113}}</ref>. Quest'ultimo aspetto era un problema in quanto le case venivano assegnate con estrazione casuale, mentre il [[Partito Comunista (Italia)|Partito Comunista]] proponeva la sostituzione con l'assegnazione tramite una graduatoria basata sulla necessità.
La legge passa al Senato con alcune modifiche riguardanti specifici meccanismi di finanziamento che viene inteso come un [[fondo perduto|finanziamento a fondo perduto]]. La filosofia di fondo è quello del [[solidarismo]], ma riletto in una chiave di [[carità]] cristiana. Viene approvata anche la proposta dei partiti di sinistra di una assegnazione tramite liste di necessità<ref>{{cita|Cecioni|pp.13-14}}</ref>. Il processo di approvazione dura 8 mesi. In questi mesi vengono sciolti e approvati dall'intero arco parlamentare sostanzialmente tutti i nodi principali, l'unica divergenza tra partiti rimane la gestione dell'INA. I partiti di sinistra volevano escludere l'istituto e sostituirlo con cooperative costruttrici<ref>{{cita|Istituto Luigi Sturzo|pp.149-151}}</ref>.
Tutta la gestione rimane ora nelle mani della [[Democrazia Cristiana]]. Il relatore della legge [[Mariano Rumor]] commenta<ref>{{cita pubblicazione|titolo=L'impostazione politica del piano Fanfani|autore=Mariano Rumor|rivista=Cronache Sociali|numero=18|anno=1948}}</ref>:
{{citazione|E non si ritenga eccessivo il dire che questa legge Fanfani “per alleviare la disoccupazione operaia incrementando la costruzione di case per lavoratori” è sotto il profilo sociale la prima e fin qui unica legge, organicamente costruita su un evidente presupposto solidaristico che, nel caso specifico, afferma in sostanza questo: occorre spezzare l’ormai tradizionale incantesimo dello stato prevveditutto; dello Stato cioè che dovrebbe alleviare tutte le sventure e tutte le deficienze del paese per una sua intrinseca e presupposta, miracolista capacità risolutrice, che nella cruda realtà economica dei tempi non può avere altro che un lugubre nome: inflazione. Occorre che lo Stato si faccia piuttosto promotore e regolatore d’una bene ordinata ed organica azione di solidarietà tra le classi e all’interno delle classi.
Realizza così uno dei postulati fondamentali dell’etica sociale cristiana impegnando al risparmio e creando l’amore alla proprietà [...] Educando alla solidarietà il lavoratore, lo educa altresì al risparmio senza imporre sacrifici gravemente incidenti sul bilancio famigliare, data l’esiguità del contributo e sato che l’indice del salario medio assegna una percentuale non indifferente (circa il 7 percento) alle spese varie non necessarie. Non soffoca d’altronde con l’obbligatorietà del contributo l’affermazione volontaristica, sia negativa (dato che ogni contribuente può disfarsi in qualunque momento dei buoni ricevuti) sia positiva (dato che il lavoratore può ricercare ed acquistare un numero di buoni illimitato, purché sia possessore di un buono a titolo originario|[[Mariano Rumor]]}}
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I primi piani furono elaborati da [[Adalberto Libera]] (che diresse l'ufficio fino al 1952)<ref>{{Cita news|autore=|url=http://www.lastampa.it/2013/02/20/cultura/ina-case-quando-l-utopia-divenne-quasi-realta-YxtBWN9CX9i39RTSKpI62L/pagina.html|titolo=Ina-case, quando l’utopia divenne (quasi) realtà|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=20 febbraio 2013|accesso=9 marzo 2018}}</ref> con la collaborazione di [[Giuliana Genta]].<ref name="Bruschi2006">{{Cita libro|autore=Andrea Bruschi|titolo=La memoria del progetto: per un archivio dell'architettura moderna a Roma|url=https://books.google.com/books?id=hsgVAQAAIAAJ|anno=2006|editore=Gangemi|isbn=978-88-492-1183-2|pp=70–71}}</ref>
===La realizzazione===
Dato che il piano INA-casa interessa la casa e l'occupazione, è necessario analizzare questi due fattori. Non sempre i dati sono comuni a tutte le statistiche, ma essi, comunque, ci forniscono un quadro abbastanza omogeneo della situazione italiana.
== Lo stile architettonico ==
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== Dati e statistiche ==
I risultati del piano, come
Nei primi sette anni di vita verranno investiti complessivamente 334 miliardi di lire per la costruzione di 735.000 vani, corrispondenti a 147.000 alloggi. Alla fine dei quattordici anni di durata del piano, i vani realizzati saranno in totale circa 2.000.000, per un complesso di 355.000 alloggi. Il ''Piano Ina-Casa'' alla sua scadenza avrà aperto 20.000 cantieri che porteranno, come era negli intenti dei [[legislatore|legislatori]], ad impiegare molta [[manodopera]] stabile: circa 41.000 lavoratori edili all'anno, costituenti un impiego pari al 10% delle giornate-operaio dell'epoca.
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* {{cita libro|autore=Francesco Bartolini|titolo=Roma borghese. La casa e i ceti medi tra le due guerre|anno=2001|editore=Laterza|città=Roma|cid=Bartolini}}
* {{cita libro|curatore1=Ugo De Servio|curatore2=Sandro Guerrieri|curatore3=Antonio Versori||titolo=La prima legislatura repubblicana. Continuità e discontinuità nell’azione delle istituzioni|anno=2004|editore=Laterza|città=Carocci|autore-capitolo=Pierluigi Nuti|capitolo=I piani dell’INA e quello di Fanfani|cid=Nuti}}
* {{cita libro|curatore1=Ugo De Servio|curatore2=Sandro Guerrieri|curatore3=Antonio Versori||titolo=La prima legislatura repubblicana. Continuità e discontinuità nell’azione delle istituzioni|anno=2004|editore=Laterza|città=Carocci|autore-capitolo=Massiliano Cecioni|capitolo=Il dibattito parlamentare sull'INA-casa|cid=Cecioni}}
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