Status di Gerusalemme: differenze tra le versioni
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[[File:JerusalemEastAndWest.jpg|thumb|Suddivisione dell'area municipale di Gerusalemme nel 2010]]
La questione dello '''status di Gerusalemme''' è uno dei punti nodali del [[processo di pace israelo-palestinese]].<ref>{{Cita |Lapidoth |p. 10|Lapidoth 1996}}, dice a questo proposito: "it is generally thought that Jerusalem is the most difficult problem that the peace-makers have to deal with. [...] A solution to the conflicts about Jerusalem is a ''sine qua non'' for the achievement of a viable and durable peace in the area".</ref><ref>{{Cita |Benny Morris|cap.13, p.815 |Morris 2003}}, dopo aver osservato la criticità della questione già in occasione dei colloqui israelo-egiziani del 1978, a proposito dei [[Summit di Camp David|colloqui di Camp David]] del 2000 elenca "i principali problemi che dividevano gli israeliani dai palestinesi: i profughi, Gerusalemme, i confini tra un futuro stato palestinese ed Israele, gli insediamenti, il rifornimento idrico e l'inquinamento", e definisce la questione di Gerusalemme "un cruciale punto morto".</ref>
Tuttavia l'importanza simbolica della città per le tre grandi religioni monoteiste, unitamente alla varietà di composizione della popolazione, alla sua peculiarità storica ed all'importanza di luoghi considerati patrimonio dell'umanità, rendono la ricerca di una soluzione ancora più complessa, allargando lo scenario del problema all'intera comunità internazionale.<ref>{{Cita |Lapidoth |p. 10|Lapidoth 1996}}, dice a questo proposito: "the centrality of the issue of Jerusalem derives neither from security considerations nor from economic interests, but from emotional and religious sensitivities. The complexity of the issue is the result of three factors: the city is holy for adherents of Christianity, Islam and Judaism, namely, it is sacred for many millions of people, most of whom do not have in the city; it is the subject of conflicting national claims of two peoples Israelis and Palestinian Arabs; and its population is very heterogeneous".</ref><ref>In {{Cita |Villani |par.1|Villani 1999}}, l'aspetto religioso viene considerato prioritario: "l'unicità di Gerusalemme, quale città sacra per le tre grandi religioni monoteiste, Cristianesimo, Ebraismo, Islamismo, ha rappresentato sempre un motivo dominante nelle soluzioni, attuate o tentate, ai problemi relativi al suo status giuridico internazionale. Proprio questa unicità, peraltro, determina una particolare difficoltà di tali problemi, accresciuta dalle pretese alla sovranità territoriale su Gerusalemme avanzate sia da Israele che dal popolo palestinese [...] nonché dalla composizione estremamente eterogenea della sua popolazione. Si tratta infatti di individuare una soluzione che sia accettabile non solo dalle parti in causa più direttamente interessate alla questione della sovranità territoriale (oggigiorno Israele e popolo palestinese), ma che soddisfi anche gli interessi legati alla dimensione religiosa, storica, culturale di Gerusalemme, interessi che coinvolgono anche altri soggetti, a cominciare dalla Santa Sede, e, in qualche misura, l'intera comunità internazionale".</ref>
Per quanto riguarda il processo di pace, negli ultimi due decenni sono stati fatti importanti tentativi per definire uno status permanente della regione, e dunque in particolare di Gerusalemme; tuttavia, i complessi negoziati fra Israele ed [[Autorità Nazionale Palestinese|ANP]]/[[Organizzazione per la Liberazione della Palestina|OLP]], seguendo il principio del ''nothing is agreed until everything is agreed'' («nessun accordo finché non c'è un accordo su tutto»),<ref>{{Cita |Schiavo|p. 109 |Schiavo 2002}}, osserva come sia Oslo I e II, sia Camp David e Taba abbiano seguito questo protocollo negoziale.</ref><ref>{{cita web|titolo=Jerusalem in international diplomacy: the 2000 Camp David summit, the Clinton plan, and their aftermath|autore=Dore Gold|url=http://www.jcpa.org/jl/vp447.htm}}</ref> finora non hanno portato ad alcun accordo. Per contro, l'amministrazione e la fruibilità dei luoghi sacri sono state finora regolamentate da atti unilaterali di Israele o da accordi bilaterali tra questo ed enti religiosi; ma si tratta sostanzialmente di soluzioni ad hoc: il quadro generale rimane incompleto e provvisorio - se non addirittura insoddisfacente per alcune delle parti. Da un punto di vista simbolico i due aspetti del problema, segnatamente la questione israelo-palestinese e la questione dei luoghi sacri, si intrecciano indissolubilmente nella annosa disputa su [[Monte del Tempio]]/Spianata delle moschee; la complessità dei legami tra le questioni politiche, nazionali, etniche e religiose rende particolarmente difficile la ricerca di una soluzione basata solo sul diritto internazionale.<ref>{{Cita |Pieraccini e Dusi|p. 112|Pieraccini 2001}}, prima in riferimento alla seconda intifada sostengono che i "recenti avvenimenti hanno confermato quanto l'insanabile disputa per il Monte del Tempio continui a rappresentare il più difficile e pericoloso fattore del conflitto nazional-religioso tra arabi ed ebrei. Gerusalemme e la sua sacra Spianata sono viste da ambedue le parti come un potente simbolo di identità nazionale"; quindi affermano che: "il problema di Gerusalemme è estremamente complesso. L'inestricabile legame tra religione e politica che lo caratterizza rende infatti difficile una soluzione che risponda ai tradizionali meccanismi del diritto internazionale".</ref>
Allo stato attuale Israele ha il controllo di tutta la città, tuttavia su Gerusalemme ci sono posizioni molto divergenti:
* Israele rivendica l'intera Gerusalemme, inclusa Gerusalemme Est, come la sua "completa e unita" capitale; secondo la [[Leggi fondamentali di Israele|giurisprudenza israeliana]], Gerusalemme è la capitale ''[[de facto]]'' dello stato di Israele;<ref name="Jerusalem Law" />
* L'ANP rivendica [[Gerusalemme Est]] (in [[Lingua araba|arabo]] al-Quds, ossia "la Santa") come capitale del futuro stato arabo di Palestina;
* [[de iure]], la maggior parte dei membri dell'ONU<ref name="risoluzione" /> e delle organizzazioni internazionali non riconosce l'annessione ad Israele di Gerusalemme Est, né riconosce Gerusalemme come capitale di stato; la maggior parte delle ambasciate estere in Israele si trova nel distretto di [[Tel Aviv]].
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così la questione fu rimessa nelle mani della neonata [[Organizzazione delle Nazioni Unite]].
Il regime internazionale ([[corpus separatum]]), originariamente previsto dall'ONU per la città di Gerusalemme nel quadro del [[Piano di partizione della Palestina cisgiordana]]<ref>[http://imeu.net/news/article00125.shtml mappa] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130729204009/http://imeu.net/news/article00125.shtml |data=29 luglio 2013|lingua=en }}</ref>, venne formalizzato nella [[risoluzione 181 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite]]<ref>[http://domino.un.org/UNISPAL.NSF/a06f2943c226015c85256c40005d359c/7f0af2bd897689b785256c330061d253 Risoluzione 181 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100416164957/http://domino.un.org/UNISPAL.NSF/a06f2943c226015c85256c40005d359c/7f0af2bd897689b785256c330061d253 |data=16 aprile 2010 }}</ref>, approvata il 29 novembre 1947. La popolazione della città di Gerusalemme, in base alle stime dell'[[UNSCOP]] (il comitato dell'ONU che aveva analizzato la situazione in Palestina ed aveva quindi proposto la soluzione a due stati poi adottata con la risoluzione 181) relativi alla fine del 1946, era composta da
All'indomani dell'approvazione del piano, accettato, con poche eccezioni, da parte ebraica e respinto sia da parte degli arabi di Palestina che dai paesi arabi, scoppiò una [[prima guerra arabo-israeliana|guerra]] civile che finì poi per coinvolgere tutti gli stati della regione; la guerra si concluse nella primavera del 1949 con accordi armistiziali bilaterali stipulati tra Israele e le controparti egiziana, giordana, libanese e siriana. Le linee di demarcazione tra Israele e gli stati limitrofi sancite in questi accordi, che inevitabilmente ricalcavano le posizioni dei vari eserciti al momento del cessate il fuoco, erano - ad eccezione di quella col Libano - pensate come provvisorie, e non avrebbero in alcun modo costituito alcun tipo di vincolo per la determinazione delle future linee di confine de jure.<ref>In merito al confine israelo-giordano Aust, in Handbook of International Law, cap.II dice testualmente: "these provisions would not prejudice any final political settlement, and the Green Line was without prejudice to future settlements regarding territory or boundary lines".</ref> In particolare, Gerusalemme era attraversata dalla linea di demarcazione tra Giordania ed Israele: la parte ovest della città, comprendente le zone di più recente edificazione, ed a maggioranza ebraica, era sotto il controllo dello Stato di Israele, mentre la parte est, comprendente la [[Città Vecchia di Gerusalemme|città vecchia]], ed a maggioranza araba, era sotto controllo del Regno di Giordania.
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La Giordania ha avuto il controllo de facto della Cisgiordania, e dunque della parte est della città, nel periodo che va dagli accordi armistiziali del 1949 sino alla guerra dei sei giorni del 1967. Nel 1950 la [[Giordania]] decise l'annessione della Cisgiordania, ottenendo scarso riconoscimento internazionale.<ref>{{Cita|Villani|par.6|Villani 1999}}, dice al riguardo che "i poteri esercitati dalla Giordania su Gerusalemme Est sono stati generalmente considerati dalla comunità internazionale come espressione di una situazione de facto, non implicante, sul piano giuridico, l'acquisto della sovranità".</ref>
Il 31 luglio 1988 re Hussein di Giordania annunciò ufficialmente il disimpegno giordano, dunque la cessazione da parte giordana di ogni obbligo amministrativo sulla Cisgiordania, esprimendo altresì l'auspicio che, in accordo col principio di autodeterminazione dei popoli, su quelle stesse terre potesse sorgere uno stato palestinese. La posizione giordana sulla
*Aust, in Handbook of International Law, cap II, nota 56, sostiene che: "in 1988, Jordan announced its disengagement from the West Bank, although it did not renounce any claim it had to sovereignty".
*{{Cita|Villani|par.6|Villani 1999}}, sostiene invece che la "dichiarazione del 31 luglio 1988 di Re Hussein di Giordania [...] esprime la definitiva rinuncia della Giordania ad ogni pretesa di sovranità sui territori posseduti prima della guerra dei sei giorni, al fine di venire incontro alla volontà dell'OLP, unica e legittima rappresentante del popolo palestinese, e di favorire il diritto all'autodeterminazione di quest'ultimo. Una siffatta dichiarazione rispetto a un territorio già di fatto perduto da oltre venti anni, sembra sancire in via definitiva la cessazione di ogni autorità di governo e della stessa volontà di esercitare tale autorità. Se quindi fosse prospettabile la tesi della sovranità giordana su Gerusalemme Est fino al 1967, e persino successivamente - data l'invalidità giuridica della conquista israeliana - tale sovranità dovrebbe comunque considerarsi cessata a seguito della dichiarazione giordana del 1988".</ref>
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{{Processo di pace israelo-palestinese}}
{{portale|israele|diritto}}
[[Categoria:Gerusalemme]]
[[Categoria:Territori contesi]]
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