Il cinque maggio: differenze tra le versioni
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== Storia ==
[[File:Napoleon I of France by Andrea Appiani.jpg|thumb|[[Andrea Appiani]]<br />''Ritratto di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]]'' (1805)]]
Fu il 17 luglio 1821, leggendo il numero della ''Gazzetta di Milano'' del 16 nel giardino della sua villa di [[Brusuglio]], che [[Alessandro Manzoni]] seppe della morte di [[Napoleone Bonaparte]], avvenuta il 5 maggio dello stesso anno nel suo esilio all'[[Sant'Elena (isola)|isola di Sant'Elena]]. Manzoni aveva già incontrato il generale all'età di quindici anni, al [[teatro alla Scala]], dove rimase colpito dal suo sguardo penetrante (evocato al v. 75 con l'espressione «i rai fulminei») e dal magnetismo emanato dalla sua persona, in cui riconosceva l'artefice del trapasso da un’epoca storica a un'altra;<ref>{{cita|Varanini|p. 142|GV}}.</ref> ciò malgrado, egli non manifestò né plauso né critica nei confronti di questa figura di condottiero, a differenza di altri poeti suoi contemporanei (quali [[Ugo Foscolo]] e [[Vincenzo Monti]]).<ref>{{cita|Luperini ''et al.''|p. 539|etal}}.</ref>
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Dopo aver finalmente composto l'ode, Manzoni la presentò alla censura austriaca, che tuttavia non ne consentì la pubblicazione: come disse [[Angelo De Gubernatis]], infatti, «l'Austria aveva tosto riconosciuto nel Cinque Maggio del Manzoni un omaggio troppo splendido al suo temuto nemico, che pareva come evocato dal suo sepolcro, in quelle strofe potenti». Il Manzoni, tuttavia, ebbe la prudenza di preparare non uno, bensì due esemplari: di questi, uno fu trattenuto dal censore, mentre l'altro fu fatto circolare in forma manoscritta, anche al di fuori del [[Regno Lombardo-Veneto]]. Così [[Alberto Chiari]]:<ref>{{cita|Varanini|p. 139|GV}}.</ref>
{{citazione|È risaputo che il censore Bellisomi in persona, con gesto di gran riguardo si recò dal Manzoni a restituirgli una delle due copie inviate per l'approvazione, pregandolo che ritirasse la sua richiesta, ma che nel frattempo la seconda copia rimasta in ufficio, era uscita ben presto di là, e copiata e ricopiata s'era diffusa tanto largamente che esemplari manoscritti ne pervennero al Soletti in Oderzo, al Vieusseux in Firenze, al Lamartine in Francia, al Goethe a Weimar per ricordare solo i casi più illustri}}
Come appena accennato, infatti, ''Il cinque maggio'' ebbe vastissima eco; tra gli ammiratori principali vi fu lo scrittore tedesco [[Johann Wolfgang von Goethe]], che tradusse l'ode nel 1822 per poi pubblicarla nel 1823 sulla rivista «Über Kunst und Altertum»
== Contenuti ==
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=== Versi 1-30 ===
[[File:Empire français 1811.png|miniatura|
L'impero di Napoleone al suo apogeo nel 1811.
{{legenda|#BF4901|territorio francese}}{{legenda|#E1A135|paesi vassalli}}{{legenda|#E9BD72|paesi alleati}}]]
''Il cinque maggio'' ha inizio con un esordio severo e ineluttabile, ''Ei fu'', con il quale Manzoni annuncia al lettore che Napoleone non è più vivo. Per riferirsi al defunto imperatore il poeta ricorre a un pronome personale di gusto solenne e letterario, ''Ei'', che sottolinea la fama di Napoleone, talmente conosciuto che non ha bisogno di introduzioni. La scelta del [[passato remoto]] in ''fu'', invece, allontana nel tempo l'epopea napoleonica, che in questo modo viene segnalata come un evento definitivamente concluso, sprofondato nel magma del passato, con una chiara allusione all'inesorabilità dello scorrere del tempo, alla caducità della vita, e alla natura effimera della gloria terrena.<ref name=op>{{cita web|accesso=8 agosto 2016|url=http://www.oilproject.org/lezione/5-maggio-parafrasi-manzoni-napoleone-bonaparte-ei-fu-siccome-immobile-9257.html#foot33|editore=OilProject|titolo=Alessandro Manzoni, "Il cinque maggio": parafrasi del testo|autore=Lisa Pericoli}}</ref>
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