Fedro: differenze tra le versioni
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{{Nota disambigua}}
{{citazione|[[Giove (divinità)|Giove]] impose a noi due sacche:<br />mise quella dei vizi propri dietro la schiena,<br />quella carica dei vizi altrui davanti al petto|Fedro - ''Fabulae'', IV, 10| ''Peras imposuit Iuppiter nobis duas:''<br />''propriis repletam vitiis post tergum dedit,''<br />''alienis ante pectus suspendit gravem.''|lingua=la}}
{{Bio
|Nome = Gaio Giulio Fedro
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Fedro nacque intorno al [[20 a.C.|20]]/[[15 a.C.]] e giunse giovanissimo a [[Roma]] come schiavo, forse a seguito della violenta repressione, operata dal console [[Lucio Calpurnio Pisone (console 15 a.C.)|Lucio Calpurnio Pisone]], della rivolta avvenuta in Tracia nel [[13 a.C.]] La sua venuta a Roma ancora bambino è stata dedotta dalla sua affermazione<ref>''Fabulae'' III, epilogo, vv. 33-35: «Ego, quondam legi quam puer sententiam / ''Palam muttire plebeio piaculum est'' / dum sanitas constabit, pulchre meminere»</ref> di aver letto da bambino il ''Telephus'', una tragedia ora perduta di [[Ennio]]; ma non si può escludere, per quanto poco probabile, che egli abbia potuto già studiare latino in Macedonia, e pertanto la questione della data della sua venuta a Roma resta insoluta.
Che egli sia stato uno schiavo ''familiaris'', appartenente alla ''familia'' di [[Augusto]], e poi emancipato da questo imperatore è attestato nella titolazione manoscritta della sua opera, ''Phaedri Augusti liberti Fabulae Aesopiae''; si deduce che il suo nome, dopo la liberazione, deve essere stato Caius Iulius Phaedrus, dal momento che i liberti assumevano il ''praenomen'' e il ''nomen'' del loro [[Patrono (storia romana)|patrono]].
Se Fedro fosse effettivamente stato portato giovanissimo a Roma, potrebbe aver studiato alla scuola dell'erudito [[Verrio Flacco]], tenuta nel tempio di [[Apollo]] che sorgeva sul [[Palatino]]<ref>La precisazione è in Suetonio, ''De claris grammaticis et rethoribus'', 17</ref> dove studiavano anche i nipoti di Augusto, Gaio e Lucio, e di quest'ultimo, secondo un'ipotesi,<ref>A, De Lorenzi, ''Fedro'', 1955</ref> potrebbe esser poi divenuto pedagogo, acquisendo quei meriti che, insieme con l'ascesa sociale, lo avrebbero portato alla libertà.
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