Commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio: differenze tra le versioni
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La '''Commissione d'indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio''', presieduta dall'onorevole [[Francesco
Essa operò un'attenta indagine riguardo al censimento e alla stato dei beni culturali in [[Italia]]. Il prodotto di questo lavoro fu l'emanazione di 84 Dichiarazioni, la prima delle quali contiene la nozione di "[[bene culturale]]": “tutto ciò che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà”.
Le dichiarazioni contenevano una ferma e chiara denuncia relativamente al degrado, allo stato di abbandono e alla scarsa valorizzazione del [[patrimonio culturale]] italiano.
==Storia==
La senatrice [[Tullia Romagnoli Carettoni]], studiosa di [[archeologia]] e figura di spicco della futura Commissione, al momento del dibattito sull'istituzione del nuovo organismo fece sentire in Aula il proprio punto di vista con parole determinate e competenti, alle quali lo stesso ministro Gui nella sua replica fece più volte riferimento. La senatrice fu la prima a prendere la parola dopo l'apertura della discussione generale alla Camera Alta, sottolineando per prima cosa l'impegno del suo partito, il [[Partito Socialista Italiano|PSI]], sia dentro sia fuori
Rispetto alle perplessità emerse in alcuni ambienti politici attorno all'opportunità di istituire la commissione e ai timori che la sua esistenza potesse costituire un alibi per rinviare il problema, Romagnoli affermava con franchezza che l'esito dipendeva dalla reale volontà politica, innanzi tutto da parte del governo, a promuovere lo sviluppo di una nuova politica dei beni culturali, come parte di una rinascita economica e al tempo stesso sociale e culturale del Paese.
Naturalmente la costituzione della commissione non doveva arrestare specifici interventi, specie laddove questi erano particolarmente urgenti: piuttosto alla costituzione della commissione doveva corrispondere la nascita di un nuovo approccio al tema della valorizzazione e protezione del patrimonio artistico, da considerare non tanto e solo una fonte di spesa, ma
{{Citazione|[...] perché così ragionando si è partiti da una scelta di fondo sbagliata [...] È mancata una visione giusta che collocasse questo problema al giusto posto ed è mancata la spinta, la volontà a risolverlo anche quando, forse, ci sarebbero stati nel nostro Paese margini largamente utilizzabili anche a questo fine.}}
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Della Commissione facevano parte urbanisti come [[Giovanni Astengo]], giuristi come [[Feliciano Benvenuti]] e [[Massimo Severo Giannini]] e numerosi parlamentari, da [[Roberto Lucifredi]] a Carlo Levi sino allo stesso Franceschini. La Commissione contava complessivamente 16 membri, di cui 7 democristiani, tre comunisti, due socialisti, un liberale, un rappresentante, [[Carlo Levi]], del [[Gruppo misto]], un socialdemocratico e un missino.
Un disegno di legge del 1965, di cui fu primo firmatario il senatore [[Luigi Russo (politico 1904)|Luigi Russo]], propose di dilatare tempi di presentazione della relazione finale da parte della Commissione. Nel corso dei lavori era infatti emersa la necessità di formulare proposte concrete nel campo della tutela, in quello delle strutture, del personale e dei mezzi finanziari e i nove mesi di tempo stabiliti dalla legge istitutiva erano troppo limitati per chiudere un'analisi tanto estesa. Non era stato sufficiente, infatti, puntare a migliorare
== Sviluppi successivi ==
Nel 1968 fu affidato alla [[Commissione Papaldo]] il compito di tramutare in norme ordinarie i suggerimenti della Commissione Franceschini. Seguì nel 1974 la costituzione del [[Ministero della cultura|Ministero per i beni e le attività culturali]]. Il tema della salvaguardia del patrimonio monumentale e storico del Paese ritornò in primo piano nell'agenda parlamentare meno di
All'insuccesso dell'iniziativa del ministro Scotti si susseguirono, tra gli anni Ottanta e la fine del secolo, vari disegni e progetti di legge: la proposta Ferri, il disegno di legge del ministro Gullotti nel 1984, il disegno di legge Chiarante del 1989, il disegno di legge Pontone e Resta del 1992, il varo del nuovo Ministero nel 1998 sino al [[decreto legislativo]] dell'ottobre 1999 e alla sua sostituzione con il Codice del 2006 poi rinnovato nel 2008. All'effluvio di tale normativa vanno aggiunte le misure che via via definirono le materie di competenza statale e regionale a seguito della riforma costituzionale del 2001. Con la Commissione Franceschini prese, dunque, avvio un processo giunto a maturazione nei decenni successivi anche sotto l'impulso della nuova legislazione regionale e della
== Bibliografia ==
* {{cita libro|autore1=T. Alibrandi
* {{cita pubblicazione|autore=M. S. Giannini
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[[Categoria:Commissioni parlamentari italiane]]
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