Enore Zaffiri: differenze tra le versioni

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|GiornoMeseMorte = 29 ottobre
|AnnoMorte = 2020
|NoteMorte = <ref>{{Cita web|url=http://www.ilcaffetorinese.it/articolo.php?NOTIZIA=3152|titolo=Addio a Enore Zaffiri, il compositore torinese pioniere dell'elettronica in Italia|sito=Il Caffè Torinese|data=29 ottobre 2020|accesso=2021-10-21 ottobre 2021|dataarchivio=21 ottobre 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20211021184246/http://www.ilcaffetorinese.it/articolo.php?NOTIZIA=3152|urlmorto=sì}}</ref>
|Epoca = 1900
|Attività = compositore
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==Biografia==
Figlio del generale [[Biagio Augusto Zaffiri]], Enore Zaffiri studia e si diploma in [[composizione musicale|composizione]], [[musica corale]] e [[pianoforte]] presso il [[Conservatorio]] "Giuseppe Verdi" di Torino nel [[1953]], dopo aver frequentato il corso di perfezionamento con Guido Agosti presso l'[[Accademia Chigiana]] di [[Siena]]. Frequenta successivamente il corso di composizione del Maestro Tony Aubin ([[1907]] – [[1981]]) al Conservatorio nazionale di [[Parigi]] nel [[1954]]. Gli interessi del giovane musicista tuttavia non si limitano al solo linguaggio musicale: egli sperimenta precocemente una naturale inclinazione per il linguaggio visivo, che coltiva tuttavia in modo riservato e saltuario.
 
===Gli anni Cinquanta===
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Nel [[1964]] realizza il progetto ''Tr/e/54'' con strumenti tradizionali, basato su una struttura geometrica. Ne ricava un primo montaggio su nastro con due magnetofoni. Da questa prima struttura farà derivare in seguito alcune sculture e un cortometraggio in 8&nbsp;mm dal titolo "Espressione geometrica", confermando così una visione della creatività che non si lascia circoscrivere da schemi accademici settoriali.
 
Contemporaneamente inizia le prime esperienze con l'[[oscillatore]] a valvole a bassa frequenza e due registratori: tra queste, la realizzazione elettronica di ''Tr/e/54'', con audizione del brano al Circolo Toscanini di Torino. A dicembre presenta all'Università la relazione "Verso una nuova esperienza sonora" (poi pubblicata sulla rivista d'arte sperimentale «"[[Marcatré»]]"). Tutto questo fervore produttivo converge, nel medesimo anno, nella fondazione dello '''SMET''' (con Roberto Musto e Riccardo Vianello).
 
Nel [[1965]] nasce un nuovo sodalizio creativo con il musicista fiorentino [[Pietro Grossi]], il primo compositore italiano di computer music. Con Grossi, Zaffiri organizza alla galleria «La Bussola» di Torino una rassegna internazionale di [[musica concreta]] ed elettronica. Nello stesso anno, il compositore torinese partecipa al festival di [[Palermo]] con altre strutture sonore (sempre della serie ''Tr/e/54'') e alle audizioni di musica elettronica presso l'[[Università per Stranieri di Perugia]] con il progetto ''Q/64/I''.
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Nel [[1968]] lo SMET si trasferisce al Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Torino, grazie all'interesse dell'allora direttore Sandro Fuga e all'attenzione personale dell'Ispettore capo all'istruzione artistica del [[Ministero della pubblica istruzione]], dott. Boccia. Già docente di Cultura musicale generale, Zaffiri mette a disposizione dell'istituzione, benevola ma avara, le sue apparecchiature personali. Quella del rapporto tra SMET e Conservatorio è una storia tormentata e ricca di momenti non sempre esaltanti: la mancanza di spazio e di fondi tormenta l'istituto già in quel periodo e il nuovo Corso di musica elettronica ne paga come e più degli altri le conseguenze. Ciò avviene malgrado il numero di iscritti sia in continua crescita e tocchi vette inimmaginabili per una classe di conservatorio (più di 60 domande dell'anno 77/78). Nella classe si procede ancora in lavori di gruppo, ma già nascono i primi componimenti individuali degli allievi, sempre alla luce del collaudato metodo geometrico-strutturale. I lavori vengono presentati ai saggi finali di studio. Tra i primi allievi vi furono Gilberto Bosco, [[Gianfranco Vinay]], Ferruccio Tammaro. Nello stesso anno, alcuni lavori di Zaffiri vengono presentati a [[Lugano]], Monaco, [[Berlino]], [[Innsbruck]], [[Heidelberg]].
 
Nel [[1969]] il corso di musica elettronica del Conservatorio di Torino dirige le sue ricerche sull'accostamento tra suoni elettronici e strumenti tradizionali, nonché sulla vocalità. Sorge quindi l'esigenza di uno strumento elettronico manipolabile "dal vivo", di uno "strumento da concerto". Con la collaborazione dell'ing. Claudio Bonechi e il finanziamento del Centro Duchamp di San Lazzaro di Bologna nasce l{{'}}''elaboratore Z/B'', capace di utilizzare suoni elettronici pre-registrati e manipolati in tempo reale. Frattanto al corso di Musica elettronica si iscrive [[Lorenzo Ferrero]], che diventerà un esponente di spicco della nuova avanguardia musicale italiana degli anni '80 e futuro direttore artistico di importanti sedi musicali italiane tra cui l'Arena di Verona. Le composizioni zaffiriane continuano a girare per l'Europa: [[Bruxelles]], [[Avignone]], [[Hannover]].
 
=== Gli anni Settanta ===
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Accanto alla produzione video, l'ultimo decennio del secolo è segnata dal ritorno del musicista alla ricerca di una nuova interpretazione del linguaggio musicale classico. Coi primi sintetizzatori Zaffiri aveva iniziato ad esplorare la possibilità di una rilettura del Settecento e di [[Johann Sebastian Bach|Bach]] con i colori e le dinamiche del trattamento elettronico del suono; ma i risultati avevano comunque il significato di un'esperienza irripetibile e personale venata da una certa ironica malinconia. Quasi contemporaneamente uscivano gli LP di Walter Carlos con le prime esecuzioni di opere bachiane sul Moog Synthesizer.
 
Ma le nuove interpretazioni zaffiriane dei classici – che oggi compongono un catalogo con centinaia di titoli – assumono subito un significato completamente diverso, sia per le attuali tecnologie (le cosiddette "tastiere campionate") che permettono una resa del suono più "realistica" ed esteticamente compatibile con lo spirito dell'originale, sia per gli intenti con cui il musicista mette in atto questa immensa operazione di re-visione del pianoforte classico-romantico. Ciò che Zaffiri ricerca, nelle [[sonata|sonate]] di [[Ludwig Vanvan Beethoven|Beethoven]] come nei preludi di [[Fryderyk Chopin|Chopin]], non è la ripetizione di un evento fin troppo "consumato" dal mercato discografico, ma la dimostrazione che il fruitore intelligente e preparato di musica può trasformarsi a sua volta in esecutore e interprete, semplicemente capovolgendo il rapporto che la legge del consumo impone tra prodotto e fruitore: non dev'essere il mezzo elettronico a imporre le sue caratteristiche, ma il fruitore a cercare di realizzare sé stesso con le grandi potenzialità che l'elettronica oggi offre. Sullo slancio di questa nuova stagione creativa, Zaffiri ritrova pubblico e "palcoscenici" – soprattutto il palcoscenico di oggi: il web – tra cui far circolare il suo nuovo messaggio. Le nuove occasioni d'incontro sono con il pubblico del Circolo degli artisti di Torino nel [[1990]], presso il prestigioso [[Politecnico di Torino|Politecnico]] del capoluogo piemontese nel maggio dello stesso anno, e al Teatro Juvarra nel dicembre successivo.
 
L'ultima proposta, in ordine di tempo, che la creatività multiforme del maestro ha saputo realizzare, a settant'anni compiuti, rappresenta la sintesi perfetta del suo lungo cammino artistico: la '''ComputerArt''' costituisce infatti l'esatto punto d'incontro dell'antica poetica strutturalista e del suo spirito pionieristico di "ricerca", con le più avanzate tecnologie digitali dedicate al trattamento dell'immagine. I "quadri digitali" che l'artista ha esposto in alcune gallerie d'arte italiane e presso la [[Biblioteca Nazionale di Firenze]], nascono infatti, come le antiche composizioni di musica elettronica dello SMET, da progetti geometrico-combinatori che forniscono la matrice comune al trattamento dei suoni - ricavati dalle tastiere campionate – e delle immagini, elaborate dal calcolatore elettronico. Zaffiri stesso descrive il suo ultimo progetto "visivo" Tr/e/27 – il titolo stesso è un'autocitazione, una sorta di "ruota del tempo" che riporta un discorso che sembrava concluso alle proprie radici, permettendogli così di rinascere in forme moderne:
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==Le poetiche==
===Lo [[Strutturalismo (filosofia)|strutturalismo]] ===
Le composizioni "[[Strutturalismo (filosofia)|strutturaliste"]] rappresentano la produzione elettronica degli anni Sessanta, la prima a diventare di dominio pubblico nell'attività già decennale del compositore. La strumentazione era composta da grandi oscillatori a valvole, generatori d'eco, generatori d'impulsi, filtri, modulatori ad anello, generatori di rumore bianco e da registratori professionali a bobina; l'insieme costituiva la dotazione tipica di uno studio di fonologia acustica, ed era alla base di tutta la produzione musicale elettronica d'avanguardia europea (Stockhausen, Berio).
 
Il principio unificante del linguaggio strutturalista zaffiriano era il rapporto tra "testo" musicale – l'opera sonora vera e propria – e quello che il critico Antonio Cirignano chiama il "metatesto" numerico, ovvero il progetto "geometrico" strutturale: una vera e propria partitura dalla quale qualunque esecutore dotato delle stesse apparecchiature di riferimento avrebbe potuto ricavare la composizione sonora pensata dal compositore. Il "metatesto" non era altro che una struttura combinatoria di valori numerici che davano forma a rapporti geometrici piani (e a volte anche tridimensionali) indicanti: la frequenza acustica del suono di partenza (in Hertz), la sua durata, e la frequenza raggiunta dal medesimo suono alla fine del suo incremento o decremento oscillatorio; nonché la dinamica (f, mf, ff, p). I suoni, ovvero le altezze generate dall'oscillatore, potevano essere svariate decine, e nel loro movimento temporale davano luogo a varie combinazioni armoniche, incontrandosi e allontanandosi l'uno dall'altro con effetti di grande suggestione sonora; essi inoltre potevano essere continui o discreti, vale a dire ridotti a impulsi successivi, e variamente elaborati.
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*[https://www.academia.edu/39476219/Enore_Maria_Zaffiri_Oltre_mezzo_secolo_di_esplorazione_sonora_fra_rigore_strutturalista_e_libera_creativit%C3%A0 Enore Maria Zaffiri: oltre mezzo secolo di esplorazione sonora, fra rigore strutturalista e libera creatività], tesi a cura di Marco Stefenatto.
*{{Collegamento interrotto|1=https://www.academia.edu/44424063/Giacomo_Osticioli_Tesi_su_Enore_Maria_Zaffiri?source=swp_share }}, tesi a cura di Giacomo Osticioli.
*[httphttps://www.smet.torino.it/it/enorezaffiri2020un-ricordo-di-enore-zaffiri/ Enore Zaffiri], articolo commemorativo a cura del Conservatorio di Torino, sul sito SMET.
*[https://www.giornaledellamusica.it/articoli/enore-zaffiri-lelettronica-romantica#.X6Et0KSDSxI.facebook Enore Zaffiri, l'elettronica romantica], articolo commemorativo a cura di Andrea Valle, sul Giornale della Musica.
 
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