Giuseppe d'Arimatea: differenze tra le versioni

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{{c|Si nota un certo ostruzionismo confessionale che tende a osteggiare tutta quella che è la ricerca storica (spesso effettuata anche da studiosi cristiani e da prestigiosi esegeti di Bibbie cattoliche e interconfessionali, come per esempio riscontrabile anche nella presente voce). Si veda la pagina di Discussione alla sezione "[[Discussione:Giuseppe d'Arimatea#Storicità dei resoconti biblici e corretta informazione|Storicità dei resoconti biblici e corretta informazione]]". Si nota, inoltre, un uso delle fonti molto scorretto, specie da chi lamenta la mancanza di fonti, come [[Discussione:Ascensione di Gesù#A proposito di fonti e spiegazioni storiche|qui]]. |Bibbia|luglio 2018}}
{{P|La voce risente di un punto di vista di tipo scettico o ateista, volto a evidenziare espressamente inaccuratezze narrative o storiche nel testo biblico: il che presuppone il punto di vista (ateista, e non teologico, né interpretativo, né esegetico) di chi cerca "errori" nella Bibbia per dimostrare che non può essere parola di Dio, senza peraltro preoccuparsi di cercare eventuali interpretazioni teologiche di queste differenze. La maggioranza delle fonti citate sono a supporto di questo punto di vista.|cristianesimo|aprile 2018|arg2=religiosi}}
{{Santo
|nome= San Giuseppe d'Arimatea
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|Nazionalità =
|Categorie = no
|FineIncipit = è un personaggio del [[Nuovo Testamento]] e degli [[apocrifi del Nuovo Testamento]], coinvolto in modo particolare nella [[crocefissionecrocifissione]] e [[deposizione di Gesù]]. Durante il [[Medioevo]] sorsero alcune leggende che lo collegano alla [[Britannia]] e al mito del [[Santo Graal]].<ref name=graal>{{cita web|url=https://www.adoratricimonza.it/splendore-della-verit%C3%A0/la-ricerca-del-sacro-graal/|titolo=La ricerca del sacro Graal}}</ref> È venerato come santo dalla [[Chiesa cattolica]], dalla [[Chiesa luterana]], dalla [[Chiesa ortodossa]] e da alcune [[comunione anglicana|Chiese anglicane]]; in Occidente la sua ricorrenza è il [[31 agosto]], mentre gli ortodossi lo commemorano la domenica dei "portatori di mirra" (la seconda domenica dopo [[Pasqua]]) e il [[31 luglio]]
}}
 
Durante il [[Medioevo]] sorsero alcune leggende che lo collegavano alla [[Britannia]] e al mito del [[Santo Graal]].<ref name=graal>{{cita web|url=https://www.adoratricimonza.it/splendore-della-verit%C3%A0/la-ricerca-del-sacro-graal/|titolo=La ricerca del sacro Graal}}</ref>
L'origine etimologica di "Arimatea" è dibattuta. Molti studiosi ritengono che si riferisca a una località a tutt'oggi sconosciuta: la maggioranza degli storici la identifica con הָרָמָתַיִם (Samuele 1,1 e 1 Cronache 27,27); alcuni la identificano con l'antica ''Armathajim'', nome ebraico dell'attuale [[Rantis]]. Altri studiosi lo traducono come un titolo onorifico: "Ha-rama-theo", ossia, "Altezza divina", affine a "Sua Altezza Reale". Altri ancora, traducendo "di" come "figlio di", in aramaico "bar", ipotizzano un'assonanza con il nome aramaico di [[Flavio Giuseppe|Giuseppe Flavio]]: "Johsef bar Matityahu", tenendo conto che "Matityahu" (nome ebraico di capostipite della dinastia dei Maccabei - soprannome che significa "martello") è tradotto comunemente con il nome "[[Mattia]] / [[Matteo]]" e che i suoni vocalici in ebraico non vengono trascritti (d'altronde anche Barabba sembrerebbe essere un nome simbolico che sta per "Figlio del Padre"); l'ipotesi ha come base un parallelismo tra i Vangeli e i testi di Giuseppe Flavio, il quale narra di quella volta in cui tre dei suoi parenti furono crocifissi e per sua intercessione presso Ponzio Pilato ottenne che almeno uno dei tre fosse seppellito normalmente<ref>{{Cita libro|autore=Joseph Atwill|titolo=Caesar's Messiah|anno=2005|url=https://archive.org/details/CaesarsMessiahTheRomanConspiracyToInventJesus_201812}}</ref>.
 
È venerato come santo dalla [[Chiesa cattolica]], dalla [[Chiesa luterana]], dalla [[Chiesa ortodossa]] e da alcune [[comunione anglicana|Chiese anglicane]]; in Occidente la sua ricorrenza è il [[31 agosto]], mentre gli ortodossi lo commemorano la domenica dei Portatori di mirra (la seconda domenica dopo [[Pasqua]]) e il [[31 luglio]].
 
== Nuovo Testamento, apocrifi e letteratura paleocristiana ==
Giuseppe compare in tutti e quattro i Vangeli canonici, cosa alquanto infrequente nel [[Nuovo Testamento]].<ref>Moody, Dwight Lyman. 1997. ''Moody's Bible Characters Come Alive''. Grand Rapids, MI: Baker Books. p. 115 ISBN 0-520-04392-8.</ref> A partire dal II secolo, inoltre, nacque attorno alla sua figura tutta una serie di dettagli, probabilmente leggendari, che andarono a confluire nel corpo degli ''[[Atti di Pilato]]'', anche noti come ''[[Vangelo di Nicodemo]]'' o ''Narrazione di Giuseppe''. Altri episodi e particolari furono aggiunti dagli scrittori delle [[origini del Cristianesimo]].
 
=== Vangeli canonici ===
[[File:Brooklyn Museum - Joseph of Arimathaea Seeks Pilate to Beg Permission to Remove the Body of Jesus - James Tissot.jpg|thumb|Giuseppe d'Arimatea va a trovare Pilato per persuaderlo a concedergli il corpo di Cristo, acquerello di [[James Tissot]]]]
Giuseppe svolge un ruolo di rilievo nei racconti della [[passione di Gesù]] contenuti nei vangeli canonici, in quanto uomo benestante che simpatizzava per la causa del Nazareno e padrone di un facoltoso mausoleo di famiglia a Gerusalemme che aveva fatto scavare in una cava rocciosa, predisposto probabilmente alla sua stessa sepoltura. Egli stesso organizza le operazioni di recupero e sepoltura del corpo di Cristo, finanziando l'acquisto del lenzuolo di lino in cui avvolgerà le membra martoriate e della mistura di unguenti profumati con cui ne profumerà il corpo, malgrado la sua riluttanza a manifestare la sua simpatia nei confronti del condannato per via della sua posizione. Il sacerdote sfrutta la sua stessa carica per sollecitare personalmente Pilato ad autorizzare la rimozione e le esequie del Cristo. Nei vangeli sinottici l'episodio si ripete secondo uno schema ben determinato: presentazione di Giuseppe, richiesta del corpo di Gesù a [[Ponzio Pilato]] da parte di Giuseppe, che poi lo depone dalla croce, lo avvolge in un sudario e lo mette nella tomba, che viene chiusa. Le differenze tra i racconti sono:
 
Giuseppe svolge un ruolo di rilievo nei racconti della [[passione di Gesù]] contenuti nei vangeli canonici.
* nel ''[[Vangelo secondo Marco]]'' Giuseppe è presentato come membro autorevole del [[sinedrio]], «che aspettava anche lui il regno di Dio»; ricevuta la richiesta di Giuseppe, Pilato, sorpreso che Gesù fosse già morto, chiede conferma del decesso a un centurione, e solo dopo concede il corpo a Giuseppe; la tomba era un sepolcro scavato nella roccia, chiuso facendovi rotolare davanti una pietra;<ref>''[[Vangelo secondo Marco]]'', {{Cita passo biblico|Mc|15,42-46}}.</ref>
* nel ''[[Vangelo secondo Matteo]]'' Giuseppe è un ricco uomo di Arimatea diventato discepolo di Gesù; solo in questo vangelo il [[Santo Sepolcro (biblico)|sepolcro]] è detto essere la sua tomba, e si aggiunge che era nuovo;<ref>''[[Vangelo secondo Matteo]]'', {{Cita passo biblico|Mt|27,57-60}}.</ref>
* il ''[[Vangelo secondo Luca]]'' dedica ben due versetti alla presentazione di Giuseppe; oltre a definirlo un membro del sinedrio che attendeva il regno di Dio, nota come fosse una «persona buona e giusta» e che non avesse condiviso la decisione degli altri membri del sinedrio riguardo alla condanna di Gesù; della tomba dice che non era mai stata usata;<ref>''[[Vangelo secondo Luca]]'', {{Cita passo biblico|Lc|23,50-53}}.</ref>
* nel ''[[Vangelo secondo Giovanni]]'' si racconta che Giuseppe era discepolo di Gesù, ma che mascherava questa sua adesione alle prediche del Nazareno per non fare ricadere su di sé i sospetti dei Giudei. Giuseppe e [[Nicodemo (discepolo di Gesù)|Nicodemo]] chiesero il corpo di Gesù a Pilato, che glielo concesse. Giuseppe si recò al patibolo con Nicodemo, che recava mirra e aloe; i due deposero il corpo dalla croce e lo avvolsero in bende e oli aromatici. Nel luogo dell'esecuzione c'era un giardino con all'interno una tomba mai usata; lì deposero Gesù, in quanto era ''Parascève'' e la tomba era vicina e utilizzabile prima dell'inizio del sabato.<ref>''[[Vangelo secondo Giovanni]]'', {{Cita passo biblico|Gv|19,38-42}}.</ref> In Giovanni, infatti, a differenza dei sinottici, [[Maria Maddalena]] non si reca al sepolcro la domenica mattina per trattare il corpo di Gesù, avendovi provveduto Giuseppe e Nicodemo subito dopo la morte: la preparazione completa per la sepoltura da essi effettuata faceva parte, come precisa lo stesso vangelo, dell'usanza con cui si seppelliscono i Giudei.<ref>''[[Vangelo secondo Giovanni]]'', {{Cita passo biblico|Gv|19,40}}.</ref><ref name="Bart Ehrman 2017, pp. 132-143">Bart Ehrman, ''E Gesù diventò Di''o, Nessun Dogma Editore, 2017, pp. 132-143, 148, ISBN 978-88-98602-36-0.</ref><ref name="Destro e Mauro Pesce 2014, pp. 138-159">Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, pp. 138-159, 293, 294, 296, ISBN 978-88-17-07429-2.</ref><ref name="Bart Ehrman 2017, p. 136">Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, p. 136, ISBN 978-88-430-8869-0.</ref>
 
Nel ''[[Vangelo secondo Marco]]'' (15, 42–46),<ref>{{Cita passo biblico|Mc|15,42-46}}</ref> Giuseppe di Arimatea è membro del Consiglio ed è detto aspettare anch'egli il [[Regno di Dio]]. La sera della [[Crocifissione di Gesù|crocifissione]], essendo ''Parascève'', ovvero il giorno della preparazione alla festività del sabato, si reca da [[Ponzio Pilato]] e chiede il corpo di Gesù: Pilato è sorpreso che Gesù sia già morto, e dopo aver chiesto e ricevuto conferma della sua morte da un centurione, autorizza Giuseppe. Giuseppe allora compra un lenzuolo, [[Deposizione di Gesù|depone Gesù dalla croce]], lo avvolge nel lenzuolo e lo depone in una [[Santo Sepolcro|tomba scavata nella roccia]], chiudendola poi con una pietra rotolata davanti all'ingresso.
=== Vangelo di Nicodemo ===
 
Nel ''[[Vangelo secondo Matteo]]'' (27, 57–60),<ref>{{Cita passo biblico|Mt|27,57-60}}</ref> Giuseppe è definito un uomo ricco di [[Arimatea]], che era diventato discepolo di Gesù, che si presenta da Pilato a chiedere il corpo di Gesù: Pilato ordina che gli sia dato il corpo, e Giuseppe lo avvolge in un lenzuolo pulito e lo depone nella propria tomba nuova, che aveva fatto scavare nella roccia, fa rotolare una grande pietra a chiudere l'ingresso e se ne va.
 
Nel ''[[Vangelo secondo Luca]]'' (23, 50–53)<ref>{{Cita passo biblico|Lc|23,50-53}}</ref> ben due versetti sono dedicati alla presentazione di Giuseppe: è un membro del Consiglio e una «persona buona e giusta» che non aveva condiviso la decisione degli altri membri del Sinedrio riguardo alla condanna di Gesù; anche questo vangelo lo vuole originario di Arimatea in [[Giudea]] e spiega come aspettasse il Regno di Dio. Giuseppe va da Pilato a chiedere il corpo di Gesù, lo depone dalla croce e lo avvolge in un lenzuolo, deponendolo in una tomba scavata nella roccia in cui non era stato deposto nessun altro in precedenza.
 
Nel ''[[Vangelo secondo Giovanni]]'' (19, 38–42)<ref>{{Cita passo biblico|Gv|19,38-42}}</ref> si racconta che Giuseppe era discepolo di Gesù, ma che mascherava questa sua adesione per timore dei Giudei. Giuseppe chiede a Pilato di poter prendere il corpo di Gesù, ottenendone l'autorizzazione, e allora si reca a prendere il corpo di Gesù, accompagnato da [[Nicodemo (discepolo di Gesù)|Nicodemo]], che porta con sé cento libbre<ref>Una [[Libbra|libbra romana]] equivale 327,168 g, dunque cento libbre sono quasi 33 kg.</ref> di una mistura di [[mirra]] e [[aloe]]. I due avvolgono il corpo di Gesù in fasce con gli aromi e, poiché è la ''Parascève'', depongono il corpo in una tomba che si trova lì vicino, in un sepolcro nuovo posto in un giardino nelle vicinanze della crocifissione, dove nessuno era stato sepolto. A differenza dei sinottici, nel ''Vangelo secondo Giovanni'' [[Maria Maddalena]] non si reca al sepolcro la domenica mattina per trattare il corpo di Gesù, avendovi provveduto Giuseppe e Nicodemo subito dopo la morte: la preparazione completa per la sepoltura da essi effettuata faceva parte, come precisa lo stesso vangelo, dell'usanza con cui si seppelliscono i Giudei.<ref>{{cita|Ehrman 2017|pp. 132-143, 148}}; {{cita|Destro e Pesce 2014|pp. 138-159, 293, 294, 296}}; Bart Ehrman, ''Prima dei vangeli'', Carocci Editore, 2017, p. 136, ISBN 978-88-430-8869-0.</ref>
 
=== ''Vangelo di Nicodemo'' ===
Il ''[[Vangelo di Nicodemo]]'' tratta più ampiamente la [[deposizione di Gesù]] e il ruolo svoltovi da Giuseppe.
 
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=== Letteratura cristiana delle origini ===
Alcuni particolari sulla vita di Giuseppe non inclusi nel Nuovo Testamento o nei suoi apocrifi sono tramandati da storici della [[origini del Cristianesimo|Chiesa delle origini]] quali [[Ireneo di Lione]] (125 – 189125–189), [[Ippolito di Roma]] (170 – 236170–236), [[Tertulliano]] (155 – 222155–222), ed [[Eusebio di Cesarea]] (260 – 340260–340). [[Ilario di Poitiers]] (300 – 367300–367) arricchì la leggenda di Giuseppe, mentre [[Giovanni Crisostomo]] (347&nbsp;– 407347–407), [[Patriarca ecumenico di Costantinopoli|patriarca di Costantinopoli]], fu il primo a scrivere che Giuseppe era tra i [[settanta apostoli]] di cui si parla nel ''[[Vangelo secondo Luca]]''.<ref>''Vangelo secondo Luca'', {{Cita passo biblico|Lc|10,1-24}}.</ref>
 
Le parole di Giuseppe di Arimatea rivolte a [[Ponzio Pilato]] sono il tema di un antico inno della Chiesa Ortodossa Greca, cantato il Venerdì Santo durante la [[Atene#cultura|Processione dell'Epitaffio]]. I suoi versi ricordano il tradimento e il suicidio finale di Giuda.<ref>Inno citato da {{cita web | autore = AricivescovoArcivescovo Anastasios | url = https://monasterodibose.it/ospitalita/convegni/convegni-spiritualita-ortodossa/2017-dono-ospitalita/messaggi-ceiso-17/11771-messaggio-di-anastasios-arcivescovo-di-tirana-durazzo-e-di-tutta-l-albania | titolo = Messaggio di Anastasios, Arcivescovo di Tirana, Durazzo e di tutta l’Albania | data = 6-9 settembre 2017 | città = Monastero di Bose | urlarchivio = https://archive.is/20170915052936/https://monasterodibose.it/ospitalita/convegni/convegni-spiritualita-ortodossa/2017-dono-ospitalita/messaggi-ceiso-17/11771-messaggio-di-anastasios-arcivescovo-di-tirana-durazzo-e-di-tutta-l-albania | dataarchivio = 15 settembre 2017 | urlmorto = no | accesso = 28 novembre 2019 }}, Nr. Prot. 615/2017.</ref>
 
== Leggende medioevali ==
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Queste leggende nacquero nel XII secolo, quando Giuseppe fu messo in relazione al [[materia di Bretagna|ciclo arturiano]] come primo custode del Santo Graal; il primo riferimento è presente nel ''Joseph d'Arimathie'' di [[Robert de Boron]], in cui Gesù appare a Giuseppe consegnandogli il Graal e questi lo manda con i suoi seguaci in Britannia. Questo tema fu sviluppato nelle opere successive di Boron e del ciclo arturiano, finché, in opere tarde, si affermò che Giuseppe stesso si recò in Britannia diventandone il primo vescovo.
 
Qui egli avrebbe affidato il Graal a suo cognato di nome [[Hebron]], detto anche il «[[Re Pescatore]]», il quale a sua volta l'avrebbe trasmesso ai suoi discendenti, ogununoognuno denominato col suo stesso titolo in qualità di custode della sacra reliquia.<ref name=graal/>
Dopo che una maledizione si fu abbattuta sulle terre del Re Pescatore, si sarebbero perse le tracce del Graal e del castello in cui era custodito, finché [[Artù]], su consiglio di [[Merlino]], incaricò i [[cavalieri della Tavola Rotonda]] della sua ricerca, ma solo in pochi si mostrarono degni di una tale impresa.<ref name=graal/>
 
== Dubbi sulla storicità di Giuseppe ==
Diversi studiosi mettono in dubbio la storicità della tradizione relativa alla deposizione e sepoltura di Gesù da parte di Giuseppe di Arimatea.
Diversi studiosi mettono in dubbio la storicità della tradizione relativa alla deposizione e sepoltura di Gesù da parte di Giuseppe di Arimatea.<br> Secondo le consuetudini [[storia romana|romane]] i cadaveri dei giustiziati erano lasciati decomporre sulla croce alla mercé degli animali - e poi sepolti senza cerimonie pubbliche e in una fossa comune<ref group=Nota>Questo anche per evitare che la tomba potesse diventare meta di pellegrinaggi da parte di eventuali seguaci del condannato.</ref> - come deterrente per chi osava sfidare Roma; non vi è neppure una prova documentale di un'eccezione da parte di un governatore romano<ref group=Nota>Ma ve ne sono molteplici in senso opposto, sulla spietata crudeltà dei Romani in merito ai crocifissi, per esempio in Orazio (Satire ed epistole), Giovenale (Satire), Artemidoro da Efeso, Petronio (Satyricon).</ref> e tantomeno [[Ponzio Pilato]], noto per la sua fermezza e crudeltà. Questo, in particolare, nel caso di crocifissioni di rivoltosi; il cadavere, in situazioni del tutto eccezionali, poteva essere richiesto solo da un familiare, che doveva avere una certa influenza presso i Romani.<ref name="ref_A">Bart Ehrman, ''Jesus apocalyptic prophet of the new millennium'', Oxford University Press, 1999, pp. 224-225,229-232, ISBN 978-0-19-512474-3.</ref><ref>Bart Ehrman, E Gesù diventò Dio, Nessun Dogma Editore, 2017, pp. 132-143, ISBN 978-88-98602-36-0.</ref> Anche lo studioso [[John Dominic Crossan]], tra i cofondatori del [[Jesus Seminar]], rileva come l'episodio riportato dallo storico [[Flavio Giuseppe]] - che descrive il suo intervento direttamente presso il generale romano, e futuro imperatore, [[Tito (imperatore)|Tito]] per potere deporre tre suoi parenti che aveva scoperto essere stati crocifissi durante le guerre romano-giudaiche - dimostri che solo se molto influenti si poteva ottenere la sepoltura di un cadavere di un parente crocifisso. Flavio Giuseppe, che aveva frequentato anche l'imperatore [[Vespasiano]], era infatti al servizio dei romani come interprete e godeva di una certa influenza; quindi la regola era che "''se uno era influente, non veniva crocifisso, e se veniva crocifisso, non aveva influenza sufficiente per ottenere la sepoltura''".<ref>John Dominic Crossan, ''Gesù una bibliografia rivoluzionaria'', Ponte alle Grazie, 1994, pp. 156-159,188-194,196 ISBN 88-7928-270-0.</ref><ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 160-176,187-188, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref><ref>Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, p. 179, 1976.</ref> Diversi studiosi rilevano tuttavia che le norme religiose ebraiche prevedevano che i condannati a morte, per motivi di purità, venissero sepolti nel giorno stesso dell’esecuzione<ref>Vedi [[Deuteronomio]] 21, 22-23</ref>, pertanto i Romani, che rispettavano le usanze locali, lasciavano che ciò avvenisse, tranne nei casi di esecuzioni di massa effettuate in seguito alla repressione di rivolte popolari, che tuttavia rappresentavano l’eccezione e non la norma. La sepoltura dei giustiziati doveva essere effettuata in fretta e senza i consueti riti funebri (corteo, lamenti, ecc.).<ref name=Grasso>Santi Grasso, ''Il Vangelo di Giovanni'', Città Nuova, 2008, p. 746-748</ref><ref>Antonio Lombatti, ''Inchiesta sulla Bibbia'', p. 226-228</ref> Secondo la legge ebraica, i condannati a morte da un tribunale giudaico non potevano essere sepolti nelle tombe di famiglia, ma dovevano essere tumulati in una tomba predisposta dalla corte di giustizia. Nel caso dei condannati a morte dai Romani, i familiari potevano invece richiedere il corpo. La consegna della salma non era però un diritto, ma una concessione che poteva avvenire di volta in volta a discrezione dell'autorità romana; in alternativa, il cadavere era portato nel luogo destinato alle sepolture dei criminali. La possibilità di ottenere il corpo del condannato sembra attestata dal ritrovamento archeologico di una tomba di famiglia sul [[monte Scopus]], vicino a Gerusalemme, in cui sono stati rinvenuti i resti dello scheletro di un uomo crocifisso; secondo vari studiosi, è plausibile che la richiesta del corpo di Gesù, proveniente da un giudeo autorevole come Giuseppe di Arimatea, sia stata accolta favorevolmente.<ref>C. Perrot, ''Jesus'', PUF, Paris, 1998, p. 115</ref><ref name=Grasso /> Altri storici, come [[John Dominic Crossan|Crossan]], sottolineano, però, come sia stato rinvenuto un solo cadavere di un crocifisso sepolto in Palestina, nonostante le migliaia di crocifissioni di ribelli durante le varie rivolte ebraiche e le tre maggiori rivolte messianiche (per esempio il solo legato romano [[Publio Quintilio Varo|Varo]], dopo la morte di [[Erode il Grande|Erode]], crocifisse oltre duemila ribelli e il governatore Floro, nel 66 d.C. altri tremilaseicento<ref group=Nota>Anche durante l'assedio e la distruzione di Gerusalemme, nel 70 d.C., Flavio Giuseppe annota come gli ebrei venissero "''crocifissi di fronte alle mura''" e "''ogni giorno erano cinquecento, e talvolta anche di più [...] e tale era il loro numero che mancavano lo spazio per le croci e le croci per le vittime''".</ref>); questo unico rinvenimento, stante anche l'attività degli archeologi israeliani, dimostra come la sepoltura di un crocifisso fosse un'assoluta eccezione.<ref>John Dominic Crossan, ''Gesù una bibliografia rivoluzionaria'', Ponte alle Grazie, 1994, pp. 156-159, ISBN 88-7928-270-0.</ref><ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 167-168, 188, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref>
=== Consuetudini romane sui giustiziati ===
Diversi studiosi mettono in dubbio la storicità della tradizione relativa alla deposizione e sepoltura di Gesù da parte di Giuseppe di Arimatea.<br> Secondo le consuetudini [[storia romana|romane]] i cadaveri dei giustiziati erano lasciati decomporre sulla croce alla mercé degli animali - e poi sepolti senza cerimonie pubbliche e in una fossa comune<ref group=Nota>Questo anche per evitare che la tomba potesse diventare meta di pellegrinaggi da parte di eventuali seguaci del condannato.</ref> - come deterrente per chi osava sfidare Roma; non vi è neppure una prova documentale di un'eccezione da parte di un governatore romano<ref group=Nota>Ma ve ne sono molteplici in senso opposto, sulla spietata crudeltà dei Romani in merito ai crocifissi, per esempio in Orazio (Satire ed epistole), Giovenale (Satire), Artemidoro da Efeso, Petronio (Satyricon).</ref> e tantomeno [[Ponzio Pilato]], noto per la sua fermezza e crudeltà. Questo, in particolare, nel caso di crocifissioni di rivoltosi; il cadavere, in situazioni del tutto eccezionali, poteva essere richiesto solo da un familiare, che doveva avere una certa influenza presso i Romani.<ref name="ref_A">Bart Ehrman, ''Jesus apocalyptic prophet of the new millennium'', Oxford University Press, 1999, pp. 224-225,229-232, ISBN 978-0-19-512474-3.</ref><ref>Bart {{cita|Ehrman, E Gesù diventò Dio, Nessun Dogma Editore, 2017, |pp. 132-143, ISBN 978-88-98602-36-0}}.</ref> Anche lo studioso [[John Dominic Crossan]], tra i cofondatori del [[Jesus Seminar]], rileva come l'episodio riportato dallo storico [[Flavio Giuseppe]] - che descrive il suo intervento direttamente presso il generale romano, e futuro imperatore, [[Tito (imperatore)|Tito]] per potere deporre tre suoi parenti che aveva scoperto essere stati crocifissi durante lela prima delle [[Guerre giudaiche|guerre romano-giudaiche]] - dimostri che solo se molto influenti si poteva ottenere la sepoltura di un cadavere di un parente crocifisso. Flavio Giuseppe, che aveva frequentato anche l'imperatore [[Vespasiano]], era infatti al servizio dei romani come interprete e godeva di una certa influenza; quindi la regola era che "''«se uno era influente, non veniva crocifisso, e se veniva crocifisso, non aveva influenza sufficiente per ottenere la sepoltura''"».<ref>John Dominic {{cita|Crossan, ''Gesù una bibliografia rivoluzionaria'', Ponte alle Grazie, 1994, |pp. 156-159156–159,188-194 188–194, 196}}; ISBN 88-7928-270-0.</ref><ref>John Dominic {{cita|Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, |pp. 160-176,187-188160–176,187–188}}; ISBN 978-0-06-061480-5.</ref><ref>Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, p. 179, 1976.</ref> Diversi studiosi rilevano tuttavia che le norme religiose ebraiche prevedevano che i condannati a morte, per motivi di purità, venissero sepolti nel giorno stesso dell’esecuzione<ref>Vedi [[Deuteronomio]] 21, 22-23</ref>, pertanto i Romani, che rispettavano le usanze locali, lasciavano che ciò avvenisse, tranne nei casi di esecuzioni di massa effettuate in seguito alla repressione di rivolte popolari, che tuttavia rappresentavano l’eccezione e non la norma. La sepoltura dei giustiziati doveva essere effettuata in fretta e senza i consueti riti funebri (corteo, lamenti, ecc.).<ref name=Grasso>Santi Grasso, ''Il Vangelo di Giovanni'', Città Nuova, 2008, ppp. 746-748</ref><ref>746–748; Antonio Lombatti, ''Inchiesta sulla Bibbia'', ppp. 226-228226–228.</ref> Secondo la legge ebraica, i condannati a morte da un tribunale giudaico non potevano essere sepolti nelle tombe di famiglia, ma dovevano essere tumulati in una tomba predisposta dalla corte di giustizia. Nel caso dei condannati a morte dai Romani, i familiari potevano invece richiedere il corpo. La consegna della salma non era però un diritto, ma una concessione che poteva avvenire di volta in volta a discrezione dell'autorità romana; in alternativa, il cadavere era portato nel luogo destinato alle sepolture dei criminali. La possibilità di ottenere il corpo del condannato sembra attestata dal ritrovamento archeologico di una tomba di famiglia sul [[monte Scopus]], vicino a Gerusalemme, in cui sono stati rinvenuti i resti dello scheletro di un uomo crocifisso; secondo vari studiosi, è plausibile che la richiesta del corpo di Gesù, proveniente da un giudeo autorevole come Giuseppe di Arimatea, sia stata accolta favorevolmente.<ref name=Grasso />C.<ref>Charles Perrot, ''Jesus'', PUFParis, ParisPUF, 1998, p. 115.</ref><ref name=Grasso /> Altri storici, come [[John Dominic Crossan|Crossan]], sottolineano, però, come sia stato rinvenuto un solo cadavere di un crocifisso sepolto in Palestina, nonostante le migliaia di crocifissioni di ribelli durante le varie rivolte ebraiche e le tre maggiori rivolte messianiche (per esempio il solo legato romano [[Publio Quintilio Varo|Varo]], dopo la morte di [[Erode il Grande|Erode]], crocifisse oltre duemila ribelli e il governatore [[Governatori romani della Giudea|Gessio Floro]], nel 66 d.C. altri tremilaseicento<ref group="Nota">Anche durante l'[[Assedio di Gerusalemme (70)|assedio e la distruzione di Gerusalemme]], nel 70 d.C., Flavio Giuseppe annota come gli ebrei venissero "''«crocifissi di fronte alle mura''"» e "''«ogni giorno erano cinquecento, e talvolta anche di più [...] e tale era il loro numero che mancavano lo spazio per le croci e le croci per le vittime''"».</ref>); questo unico rinvenimento, stante anche l'attività degli archeologi israeliani, dimostra come la sepoltura di un crocifisso fosse un'assoluta eccezione.<ref>John Dominic {{cita|Crossan, ''Gesù una bibliografia rivoluzionaria'', Ponte alle Grazie, 1994, |pp. 156-159, ISBN 88-7928-270-0.</ref><ref>John Dominic}}; {{cita|Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, |pp. 167-168, 188, ISBN 978-0-06-061480-5}}.</ref>
 
=== La figura di Giuseppe ===
La figura di Giuseppe di Arimatea non compare negli [[Atti degli Apostoli]], che sostengono, invece, come la deposizione dalla croce e la sepoltura di Gesù furono effettuate dalle autorità giudaiche e tutti i membri del Sinedrio: "''Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e condannandolo [...] chiesero a Pilato che fosse ucciso. [...] lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro.''"<ref>{{Cita passo biblico|At13,27-30}}.</ref>. Secondo Albert Barnes, invece, il soggetto di "lo deposero dalla croce" è "i Giudei", e Giuseppe e Nicodemo erano essi stessi Giudei; secondo Charles Ellicott, non era necessario affermare che Gesù fosse stato deposto da coloro che erano "discepoli in segreto, come Giuseppe e Nicodemo. Bastava il fatto che anche loro erano fra i capi dei Giudei, e che anche loro facevano ciò che facevano senza alcuna aspettativa di una risurrezione"<ref>[http://biblehub.com/commentaries/acts/13-29.htm Bible Hub]</ref>. Secondo il biblista [[Carlo Maria Martini]], il racconto degli Atti sembra frutto di un'abbreviazione e non è da considerarsi necessariamente in opposizione ai Vangeli.<ref>Carlo Maria Martini, ''Il problema storico della risurrezione negli studi recenti'', Università Gregoriana Editrice, Roma, 1980</ref> Secondo invece altri storici come [[John Dominic Crossan]] e [[Bart Ehrman]] il Vangelo di Marco conferma la versione degli Atti degli Apostoli sopra citata: tutto il sinedrio cercava una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte e "non quindi alcuni suoi membri, e nemmeno la maggior parte: ''tutto''" ({{passo biblico|mc14,55|libro=no}}) e, infine, "''tutti'' lo condannarono a morte" ({{passo biblico|mc14,64|libro=no}})<ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 172, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref><ref>Bart Ehrman, ''E Gesù diventò Dio'', Nessun Dogma Editore, 2017, pp. 133-136, ISBN 978-88-98602-36-0.</ref>; inoltre, non è coerente che gli stessi sinedriti non avessero provveduto alla sepoltura di tutte e tre i cadaveri, inclusi quelli dei due crocifissi ai lati di Gesù.<ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, p. 173, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref><ref>Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, p. 146, ISBN 978-88-17-07429-2.</ref><br>Secondo alcuni studiosi, non è verosimile che Giuseppe di Arimatea, come sostiene il [[Vangelo di Matteo]], si fosse fatto costruire una tomba a [[Gerusalemme]]: per gli Ebrei era importante essere sepolti nella propria terra nativa con i loro padri che, nel caso di Giuseppe e dei suoi familiari, era la città di [[Arimatea]], identificabile come l'attuale [[Rantis]], a oltre trenta chilometri da Gerusalemme. Anche se non si può escludere che, risiedendo ormai a Gerusalemme, Giuseppe di Arimatea potesse avere acquistato un sepolcro in questa città,<ref>Gianfranco Ravasi, ''I Vangeli del Dio risorto'', San Paolo, 1995</ref> alcuni commentatori ritengono che Matteo abbia voluto sottolineare la realizzazione della profezia di Isaia (53,9) secondo cui nella sua morte il messia sarebbe stato con il ricco.<ref>http://www.laparola.net/testo.php?riferimento=Isaia+53%3B+Matteo+1%3A21%3B+Romani+3%3A21-26%3B+Ebrei+9%3A15&versioni</ref><ref>[https://dehoniane.it/contents/testimoni/20030723a.htm Il servo trasfigurato]</ref><br>Inoltre, se Giuseppe di Arimatea e Nicodemo, come riportato nei vangeli, avessero toccato il cadavere o il sepolcro - a causa dell'impurità contratta<ref group=Nota>L'impurità di sette giorni è richiamata per esempio in {{Cita passo biblico|Nm19,11; Nm31,19}}.</ref> non avrebbero potuto festeggiare l'imminente Pasqua: per analogo motivo, infatti, i capi dei giudei la stessa mattina non vollero entrare nel pretorio durante il processo a Gesù di fronte a Pilato<ref>''Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e potere mangiare la Pasqua'' ({{Cita passo biblico|Gv18,28}}).</ref> Alcuni studiosi ritengono tuttavia verosimile che Giuseppe di Arimatea si sia limitato a dirigere le operazioni di sepoltura, evitando il contatto diretto con il cadavere, fonte di contaminazione per un giudeo osservante.<ref>John J. Donahue, Daniel J. Harrington, ''The Gospel of Mark'', The Liturgical Press, 2002</ref>
La figura di Giuseppe di Arimatea non compare negli ''[[Atti degli Apostoli]]'', che sostengono, invece, come la deposizione dalla croce e la sepoltura di Gesù furono effettuate dalle autorità giudaiche e tutti i membri del Sinedrio: «Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e condannandolo [...] chiesero a Pilato che fosse ucciso. [...] lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro».<ref>{{Cita passo biblico|At13,27-30}}.</ref>. Secondo Albert Barnes, invece, il soggetto di «lo deposero dalla croce» è «i Giudei», e Giuseppe e Nicodemo erano essi stessi Giudei; secondo Charles Ellicott, non era necessario affermare che Gesù fosse stato deposto da coloro che erano «discepoli in segreto, come Giuseppe e Nicodemo. Bastava il fatto che anche loro erano fra i capi dei Giudei, e che anche loro facevano ciò che facevano senza alcuna aspettativa di una risurrezione».<ref>[http://biblehub.com/commentaries/acts/13-29.htm Bible Hub]</ref> Secondo il biblista [[Carlo Maria Martini]], il racconto degli ''Atti'' sembra frutto di un'abbreviazione e non è da considerarsi necessariamente in opposizione ai vangeli.<ref>Carlo Maria Martini, ''Il problema storico della risurrezione negli studi recenti'', Università Gregoriana Editrice, Roma, 1980</ref> Secondo invece altri storici come [[John Dominic Crossan]] e [[Bart Ehrman]] il ''Vangelo secondo Marco'' conferma la versione degli ''Atti degli Apostoli'' sopra citata: tutto il sinedrio cercava una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte e «non quindi alcuni suoi membri, e nemmeno la maggior parte: ''tutto''» ({{passo biblico|mc14,55|libro=no}}) e, infine, «''tutti'' lo condannarono a morte» ({{passo biblico|mc14,64|libro=no}})<ref>{{cita|Crossan 1995|p. 172}}; {{cita|Ehrman 2017|pp. 133-136}}.</ref>; inoltre, non è coerente che gli stessi sinedriti non avessero provveduto alla sepoltura di tutte e tre i cadaveri, inclusi quelli dei due crocifissi ai lati di Gesù.<ref>{{cita|Crossan 1995|p. 173}}; {{cita|Destro e Pesce 2014|p. 146}}.</ref>
 
La figura di Giuseppe di Arimatea non compare negli [[Atti degli Apostoli]], che sostengono, invece, come la deposizione dalla croce e la sepoltura di Gesù furono effettuate dalle autorità giudaiche e tutti i membri del Sinedrio: "''Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e condannandolo [...] chiesero a Pilato che fosse ucciso. [...] lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro.''"<ref>{{Cita passo biblico|At13,27-30}}.</ref>. Secondo Albert Barnes, invece, il soggetto di "lo deposero dalla croce" è "i Giudei", e Giuseppe e Nicodemo erano essi stessi Giudei; secondo Charles Ellicott, non era necessario affermare che Gesù fosse stato deposto da coloro che erano "discepoli in segreto, come Giuseppe e Nicodemo. Bastava il fatto che anche loro erano fra i capi dei Giudei, e che anche loro facevano ciò che facevano senza alcuna aspettativa di una risurrezione"<ref>[http://biblehub.com/commentaries/acts/13-29.htm Bible Hub]</ref>. Secondo il biblista [[Carlo Maria Martini]], il racconto degli Atti sembra frutto di un'abbreviazione e non è da considerarsi necessariamente in opposizione ai Vangeli.<ref>Carlo Maria Martini, ''Il problema storico della risurrezione negli studi recenti'', Università Gregoriana Editrice, Roma, 1980</ref> Secondo invece altri storici come [[John Dominic Crossan]] e [[Bart Ehrman]] il Vangelo di Marco conferma la versione degli Atti degli Apostoli sopra citata: tutto il sinedrio cercava una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte e "non quindi alcuni suoi membri, e nemmeno la maggior parte: ''tutto''" ({{passo biblico|mc14,55|libro=no}}) e, infine, "''tutti'' lo condannarono a morte" ({{passo biblico|mc14,64|libro=no}})<ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 172, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref><ref>Bart Ehrman, ''E Gesù diventò Dio'', Nessun Dogma Editore, 2017, pp. 133-136, ISBN 978-88-98602-36-0.</ref>; inoltre, non è coerente che gli stessi sinedriti non avessero provveduto alla sepoltura di tutte e tre i cadaveri, inclusi quelli dei due crocifissi ai lati di Gesù.<ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, p. 173, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref><ref>Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, p. 146, ISBN 978-88-17-07429-2.</ref><br>Secondo alcuni studiosi, non è verosimile che Giuseppe di Arimatea, come sostiene il [[''Vangelo disecondo Matteo]]'', si fosse fatto costruire una tomba a [[Gerusalemme]]: per gli Ebrei era importante essere sepolti nella propria terra nativa con i loro padri che, nel caso di Giuseppe e dei suoi familiari, era la città di [[Arimatea]], identificabile come l'attuale [[Rantis]], a oltre trenta chilometri da Gerusalemme. Anche se non si può escludere che, risiedendo ormai a Gerusalemme, Giuseppe di Arimatea potesse avere acquistato un sepolcro in questa città,<ref>Gianfranco Ravasi, ''I Vangeli del Dio risorto'', San Paolo, 1995</ref> alcuni commentatori ritengono che l'autore del ''Vangelo secondo Matteo'' abbia voluto sottolineare la realizzazione della profezia di Isaia (53,9) secondo cui nella sua morte il messia sarebbe stato con il ricco.<ref>[http://www.laparola.net/testo.php?riferimento=Isaia+53%3B+Matteo+1%3A21%3B+Romani+3%3A21-26%3B+Ebrei+9%3A15&versioni</ref><ref>]; [https://dehoniane.it/contents/testimoni/20030723a.htm Il servo trasfigurato]</ref><br> Inoltre, se Giuseppe di Arimatea e Nicodemo, come riportato nei vangeli, avessero toccato il cadavere o il sepolcro - a causa dell'impurità contratta<ref group="Nota">L'impurità di sette giorni è richiamata per esempio in {{Cita passo biblico|Nm19,11; Nm31,19}}.</ref> non avrebbero potuto festeggiare l'imminente Pasqua: per analogo motivo, infatti, i capi dei giudei la stessa mattina non vollero entrare nel pretorio durante il processo a Gesù di fronte a Pilato<ref>''Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e potere mangiare la Pasqua'' ({{Cita passo biblico|Gv18,28}}).</ref> Alcuni studiosi ritengono tuttavia verosimile che Giuseppe di Arimatea si sia limitato a dirigere le operazioni di sepoltura, evitando il contatto diretto con il cadavere, fonte di contaminazione per un giudeo osservante.<ref>John J. Donahue, Daniel J. Harrington, ''The Gospel of Mark'', The Liturgical Press, 2002</ref>
Secondo alcuni storici, la figura di Giuseppe di Arimatea, verosimilmente, può essere stata creata per la necessità di avere un personaggio degno di fiducia e un luogo preciso - a differenza di una fossa comune - da cui proclamare la resurrezione di Gesù.<ref name="ref_A" /><ref name="ref_B">Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 287, 290, ISBN 1-56563-041-6.</ref><ref name="ref_C">John Dominic Crossan, Gesù una bibliografia rivoluzionaria, Ponte alle Grazie, 1994, pp. 188-194,196, ISBN 88-7928-270-0.</ref> Altri studiosi mettono invece in dubbio alcuni aspetti della sua figura, come quello che fosse un discepolo di Gesù, e il biblista [[Mauro Pesce]] sostiene - pur ritenendo possibile, come riportato in {{passo biblico|At13,27-30|libro=no}}, che la sepoltura fosse stata effettuata dalle autorità giudaiche di Gerusalemme (per un uomo solo non sarebbe stato possibile tirare giù un condannato dalla croce e trasportarlo sul luogo della sepoltura) - che la figura di Giuseppe di Arimatea non sia probabilmente storica ma creata per giustificare la presenza di una tomba privata e che, dopo essere stato citato per la prima volta per il solo scopo della sepoltura, scompaia dagli stessi vangeli e non sia mai menzionato neppure negli Atti degli Apostoli; la figura di tale personaggio è quindi indispensabile per la strategia narrativa evangelica ma - anche supponendo storico l'intervento sinedrile nella sepoltura, che avrebbe comunque comportato l'utilizzo di una fossa comune - si è avuta la trasformazione di un atto del Sinedrio in un'iniziativa individuale (compresa la richiesta del cadavere a Pilato).<ref>Adriana Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, pp. 138-159, 293, ISBN 978-88-17-07429-2.</ref> Anche [[Paolo di Tarso]], come gli Atti degli Apostoli, non parla mai di Giuseppe di Arimatea in nessuno dei suoi scritti,<ref>Bart Ehrman, ''E Gesù diventò Dio'', Nessun Dogma Editore, 2017, pp. 133-135, ISBN 978-88-98602-36-0.</ref> ma secondo vari autori ciò non sarebbe significativo, perché Paolo non dà quasi mai dettagli storici su Gesù.<ref>Raymond Brown, ''101 Questions and Answers on the Bible'', Paulist Press, 1990</ref> <br>Il citato storico cristiano [[John Dominic Crossan]] ritiene l'episodio della sepoltura di Gesù "''falsa e antistorica''" e la figura di Giuseppe di Arimatea una creazione "''per il nome, il luogo e la sua funzione''", finalizzato alla giustificazione della risurrezione e, analogamente, lo storico e teologo [[Rudolf Bultmann]] ritiene il sepolcro vuoto una creazione apologetica degli evangelisti, sempre funzionale a provare la risurrezione.<ref name="ref_B" /><ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 172-176, 209, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref><ref name="ref_C" /> L'esegeta [[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]] ritiene, invece, che la figura di Giuseppe di Arimatea sia storica secondo quanto riferito nel Vangelo di Marco: un membro del Sinedrio e un pio ebreo, che avrebbe fatto seppellire frettolosamente Gesù in una tomba scavata nella roccia. Altri particolari, come quello che fosse un discepolo di Gesù, che avrebbe fatto mettere Gesù nella sua tomba di famiglia e che avrebbe provveduto personalmente all'unzione della salma insieme a Nicodemo, sono da ritenersi dubbi e sono probabilmente abbellimenti successivi degli altri evangelisti<ref>Raymond Brown, ''La morte del Messia'', Queriniana, 1999</ref>.
 
Secondo alcuni storici, la figura di Giuseppe di Arimatea, verosimilmente, può essere stata creata per la necessità di avere un personaggio degno di fiducia e un luogo preciso - a differenza di una fossa comune - da cui proclamare la resurrezione di Gesù.<ref name="ref_A" /><ref name="ref_Bref_BC">Rudolf Bultmann, ''History of the Synoptic Tradition'', Hendrickson Publisher, 1963, p. 287, 290, ISBN 1-56563-041-6.</ref><ref name="ref_C">John Dominic; {{cita|Crossan, Gesù una bibliografia rivoluzionaria, Ponte alle Grazie, 1994, |pp. 188-194, 196, ISBN 88-7928-270-0}}.</ref> Altri studiosi mettono invece in dubbio alcuni aspetti della sua figura, come quello che fosse un discepolo di Gesù, e il biblista [[Mauro Pesce]] sostiene - pur ritenendo possibile, come riportato in {{passo biblico|At13,27-30|libro=no}}, che la sepoltura fosse stata effettuata dalle autorità giudaiche di Gerusalemme (per un uomo solo non sarebbe stato possibile tirare giù un condannato dalla croce e trasportarlo sul luogo della sepoltura) - che la figura di Giuseppe di Arimatea non sia probabilmente storica ma creata per giustificare la presenza di una tomba privata e che, dopo essere stato citato per la prima volta per il solo scopo della sepoltura, scompaia dagli stessi vangeli e non sia mai menzionato neppure negli ''Atti degli Apostoli''; la figura di tale personaggio è quindi indispensabile per la strategia narrativa evangelica ma - anche supponendo storico l'intervento sinedrile nella sepoltura, che avrebbe comunque comportato l'utilizzo di una fossa comune - si è avuta la trasformazione di un atto del Sinedrio in un'iniziativa individuale (compresa la richiesta del cadavere a Pilato).<ref>Adriana {{cita|Destro e Mauro Pesce, ''La morte di Gesù'', Rizzoli, 2014, pp|p. 138-159, 293, ISBN 978-88-17-07429-2}}.</ref> Anche [[Paolo di Tarso]], come gli ''Atti degli Apostoli'', non parla mai di Giuseppe di Arimatea in nessuno dei suoi scritti,<ref>Bart {{cita|Ehrman, ''E Gesù diventò Dio'', Nessun Dogma Editore, 2017, |pp. 133-135, ISBN 978-88-98602-36-0}}.</ref> ma secondo vari autori ciò non sarebbe significativo, perché Paolo non dà quasi mai dettagli storici su Gesù.<ref>Raymond Brown, ''101 Questions and Answers on the Bible'', Paulist Press, 1990</ref> <br>Il citato storico cristiano [[John Dominic Crossan]] ritiene l'episodio della sepoltura di Gesù "''falsa e antistorica''" e la figura di Giuseppe di Arimatea una creazione "''per il nome, il luogo e la sua funzione''", finalizzato alla giustificazione della risurrezione e, analogamente, lo storico e teologo [[Rudolf Bultmann]] ritiene il sepolcro vuoto una creazione apologetica degli evangelisti, sempre funzionale a provare la risurrezione.<ref name="ref_B" /><ref>John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 172-176, 209, ISBN 978-0-06-061480-5.</ref><ref name="ref_C" /> L'esegeta [[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]] ritiene, invece, che la figura di Giuseppe di Arimatea sia storica secondo quanto riferito nel Vangelo di Marco: un membro del Sinedrio e un pio ebreo, che avrebbe fatto seppellire frettolosamente Gesù in una tomba scavata nella roccia. Altri particolari, come quello che fosse un discepolo di Gesù, che avrebbe fatto mettere Gesù nella sua tomba di famiglia e che avrebbe provveduto personalmente all'unzione della salma insieme a Nicodemo, sono da ritenersi dubbi e sono probabilmente abbellimenti successivi degli altri evangelisti<ref>Raymond Brown, ''La morte del Messia'', Queriniana, 1999</ref>.
 
Il citato storico cristiano [[John Dominic Crossan]] ritiene l'episodio della sepoltura di Gesù «falsa e antistorica» e la figura di Giuseppe di Arimatea una creazione «per il nome, il luogo e la sua funzione», finalizzato alla giustificazione della risurrezione e, analogamente, lo storico e teologo [[Rudolf Bultmann]] ritiene il sepolcro vuoto una creazione apologetica degli evangelisti, sempre funzionale a provare la risurrezione.<ref name="ref_BC" /><ref>{{cita|Crossan 1995|pp. 172-176, 209}}.</ref> L'esegeta [[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]] ritiene, invece, che la figura di Giuseppe di Arimatea sia storica secondo quanto riferito nel ''Vangelo secondo Marco'': un membro del Sinedrio e un pio ebreo, che avrebbe fatto seppellire frettolosamente Gesù in una tomba scavata nella roccia. Altri particolari, come quello che fosse un discepolo di Gesù, che avrebbe fatto mettere Gesù nella sua tomba di famiglia e che avrebbe provveduto personalmente all'unzione della salma insieme a Nicodemo, sono da ritenersi dubbi e sono probabilmente abbellimenti successivi degli altri evangelisti<ref>Raymond Brown, ''La morte del Messia'', Queriniana, 1999</ref>.
 
== Nella cultura di massa ==
Giuseppe d'Arimatea viene citato all'interno di ''[[Steel Ball Run]]'', Settimasettima serie del [[Mangamanga]] "''[[Le bizzarre avventure di JoJo|Le Bizzarre Avventure di Jojo]]"'' di [[Hirohiko Araki]]. Il personaggio, pur non essendo presente fisicamente durante le vicende della serie ricopre un ruolo fondamentale nella trama: infatti, Giuseppe avrebbe assistito alla [[Risurrezionerisurrezione di Gesù|resurrezione]] di [[Gesù|Cristo]], il quale avrebbe illustrato una mappa di un misterioso continente (poi rivelatosi l'[[America del Nord|America]]) con indicati i punti in cui esso avrebbe deposto le proprie parti del corpo una volta morto. La mappa sarebbe poi stata copiata da Giuseppe su una [[pergamena]], rinvenuta e sfruttata dal [[Antagonista|nemico principale]] dei [[Johnny Joestar|protagonisti]], il [[Presidente degli Stati Uniti d'America|Presidente degli Stati Uniti]] Funny Valentine.<ref>{{Cita web|url=https://jojowiki.com/User:Mayhalke/Sandbox/Joseph_of_Arimathea|titolo=JoJo Wiki {{!}} Joseph of Arimathea}}</ref>
 
 
Ne ''[[Il Grande Tiratore]]'' di [[Kurt Vonnegut]], Giuseppe d'Arimatea è citato nel capitolo ventesimo. <ref>{{Cita libro|titolo=Il Grande Tiratore}}</ref>
 
== Note ==
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<references/>
 
== Bibliografia ==
* {{cita libro | autore=John Dominic Crossan |wkautore=John Dominic Crossan |titolo=Gesù una bibliografia rivoluzionaria |editore=Ponte alle Grazie |anno=1994 |isbn=88-7928-270-0 |cid=Crossan 1994}}
* {{cita libro | autore=John Dominic Crossan |wkautore=John Dominic Crossan |titolo=Who killed Jesus? | url=https://archive.org/details/whokilledjesus00john |editore=HarperOne |anno=1995 |isbn=978-0-06-061480-5 |cid=Crossan 1995 |lingua=en}}
* {{cita libro |autore1=Adriana Destro |wkautore1=Adriana Destro |autore2=Mauro Pesce |wkautore2=Mauro Pesce |titolo=La morte di Gesù |editore=Rizzoli |anno=2014 |isbn=978-88-17-07429-2 |cid=Destro e Pesce 2014}}
* {{cita libro | autore=Bart Ehrman |wkautore=Bart Ehrman |titolo=E Gesù diventò Dio |editore=Nessun Dogma Editore |anno=2017 |isbn=978-88-98602-36-0 |cid=Ehrman 2017}}
== Voci correlate ==
* [[Deposizione di Gesù]]