Diga del Vajont: differenze tra le versioni

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La '''diga del Vajont''' (pronuncia: {{IPA|/vaˈjɔnt/|it}}<ref>{{Dipi|Vajont}}</ref>) è una [[diga]] [[Italia|italiana]], situata in [[Erto e Casso]], nella [[provincia di Pordenone]], lungo il corso del [[Vajont (torrente)|torrente Vajont]].
 
La '''diga del Vajont''' (pronuncia: Vaiònt, {{IPA|/vaˈjɔnt/|it}}<ref>{{Dipi|Vajont}}</ref>) è una [[diga]] [[Italia|italiana]], situata in [[Erto e Casso]], nella [[provincia di Pordenone]], lungo il corso del [[Vajont (torrente)|torrente Vajont]].
Progettata dal 1926 al 1959 dall'[[ingegnere]] [[Carlo Semenza]], e costruita tra il 1957 e il 1960, lega il suo nome al [[disastro del Vajont]], avvenuto la sera del 9 ottobre 1963. Da allora non è stata più utilizzata per la produzione di energia elettrica.<ref>Vito Antonio Di Cagno, presidente dell'Enel, lo espresse in un telegramma alla Società Adriatica di Elettricità, trasmesso il 19 ottobre 1963, e riportato nell'opera ''Il Grande Vajont'' (p. 371): «Immane frana monte Toch [sic] et riempimento parte essenziale invaso idroelettrico Vajont rivela mancanza delle qualità essenziali della intera opera at fini elettrici. Enel fa pertanto la più ampia riserva esercizio tutti diritti et azioni derivanti circostanze situazioni et fatti sopra denunciati».</ref>
 
Progettata dal 1926 al 1959 dall'[[ingegnere]] [[Carlo Semenza]], con inizio degli scavi d'imposta nel 1957 e costruita tra il 19571958 e il 1960, lega il suo nome al [[disastro del Vajont]], avvenuto la sera del 9 ottobre 1963. Da allora non è stata più utilizzata per la produzione di energia elettrica.<ref>Vito Antonio Di Cagno, presidente dell'Enel, lo espresse in un telegramma alla Società Adriatica di Elettricità, trasmesso il 19 ottobre 1963, e riportato nell'opera ''Il Grande Vajont'' (p. 371): «Immane frana monte Toch [sic] et riempimento parte essenziale invaso idroelettrico Vajont rivela mancanza delle qualità essenziali della intera opera at fini elettrici. Enel fa pertanto la più ampia riserva esercizio tutti diritti et azioni derivanti circostanze situazioni et fatti sopra denunciati».</ref>
 
== Descrizione ==
[[File:Medaglia celebrativa costruzione diga del Vajont. Proprietà di Simone Aime.jpg|thumb|Medaglia celebrativa costruzione diga del Vajont]]
Di [[Diga#Dighe ad arco|tipo a doppio arco]], lo sbarramento è alto 261,60&nbsp;m e nel 2021, a oltre 60 anni dalla costruzione, è ancora l'ottava diga più alta del mondo (la sesta ad arco), con un volume di {{formatnum:360000}}&nbsp;m³ e con un [[Bacino artificiale|bacino]] di 168,715 milioni di metri cubi. All'epoca della sua costruzione (1957-1960) era la diga più alta al mondo. Fu superata dalla [[Grande Dixence]] nel 1961.
[[File:Medaglia celebrativa della costruzione della diga del Vajont. Proprietà di Simone Aime.jpg|thumb|Medaglia celebrativa della costruzione della diga del Vajont]]
Di [[Diga#Dighe ad arco|tipo a doppio arco]], costruita dall'impresa G.Torno & C. S.p.A. di Castano Primo (MI), lo sbarramento è alto {{M|261,.60&nbsp;|u=m}} e nel 2021, a oltre 60 anni dalla costruzione, è ancora l'ottava diga più alta del mondo (la sesta ad arco), con un volume di {{formatnum:M|360000|u=m³}}&nbsp;m³ e con un [[Bacino artificiale|bacino]] di 168,715 milioni di metri cubi. All'epoca della sua costruzione (1957-1960) era la diga più alta al mondo. Fu superata dalla [[Grande Dixence]] nel 1961.
 
Lo scopo della diga era di fungere da serbatoio idrico di regolazione stagionale per le acque del fiume [[Piave]], del torrente [[Maè]] e del torrente [[Boite]], che precedentemente andavano direttamente al [[Lago di Val Gallina|bacino della Val Gallina]], che alimentava la grande [[Centrale idroelettrica di Soverzene|centrale di Soverzene]]. Le acque, sottratte al loro corso naturale, venivano così incanalate dalla [[diga di Pieve di Cadore]] ([[Piave|fiume Piave]]), da quella di Pontesei (torrente [[Maè]]) e da quella di [[Valle di Cadore]] ([[Boite|torrente Boite]]) al bacino del Vajont tramite chilometri di tubazioni in [[cemento armato vibrato]] e spettacolari [[Ponte-tubo|ponti-tubo]].
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In questo contesto, la prima ipotesi di un progetto di massima per lo sfruttamento delle acque del torrente Vajont venne redatta dall'[[Ingegneria|ingegnere]] [[Carlo Semenza]] nel 1926. La diga era prevista alla stretta del ponte di [[Erto e Casso|Casso]] (un tempo esistente a est dell'attuale zona artigianale ai piedi del bivio per Casso) e prevedeva una centrale a Dogna. La scelta era figlia di una raccomandazione del Prof. Hug, che aveva sconsigliato l'alternativa più a valle, all'altezza del ponte del Colomber (dove il manufatto venne in seguito effettivamente costruito).
 
Nel 1929 venne presentata la domanda di concessione per la realizzazione di un progetto di diga al ponte di Casso (massimo invaso a quota {{M|656 [[|u=m s.l.m.]]slm}}) con allegata la relazione di Hug del 1926. Gli studi geologici sulla valle interessata dal nuovo invaso proseguirono e nel 1930 il [[Geologia|geologo]] [[Giorgio Dal Piaz]] presentò una relazione inerente all'assenza di franamenti importanti lungo le sponde del bacino tra la zona di Pineda (a est) e il ponte di Casso (a ovest).
 
Nel 1937 venne presentato un nuovo progetto, con spostamento della diga più a ovest presso il ponte del Colomber all'altezza del punto in cui la strada che da Longarone saliva a Erto valicava la forra sul torrente Vajont passando dalla sponda sinistra a quella destra della valle. Il massimo invaso era previsto a quota {{M|660 [[|u=m s.l.m.]]slm}}; a esso era allegata una relazione geologica a firma di Dal Piaz, sostanzialmente combaciante con quella del 1930, che estendeva la validità delle sue affermazioni fino alla nuova posizione della diga. Va sottolineato tuttavia che in una sua precedente relazione del 1928 Dal Piaz si era sempre opposto allo sbarramento della valle presso il ponte di Casso, in quanto riteneva la roccia di imposta della diga in quel punto poco adatta, per cui il manufatto non avrebbe potuto essere più alto di cinquanta metri dalla base del torrente.
 
== Il progetto del "Grande Vajont" ==
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Era stato dunque concepito un grande sistema di vasi comunicanti, con piccoli dislivelli tra di loro, sfruttati da piccole centrali (Pontesei, Colomber per il Vajont e Gardona) e tutti confluenti nella centrale principale di Soverzene (da {{M|220|ul=MW}}, al suo tempo la più grande d'Europa). La profonda gola del torrente Vajont, che nasce dalle [[Prealpi Carniche]] e sfocia nel fiume [[Piave]] costeggiando il [[Monte Toc]], tra la [[provincia di Belluno]] e la [[provincia di Pordenone]], istituita successivamente (nel 1968), sembrava essere il luogo più adatto alla costruzione della diga a doppio arco che risultò essere la più alta del mondo.
 
La domanda per una diga nella valle del Vajont alta fino a quota {{M|667 |u=m s.l.m.slm}} e sbarramento presso il Colomber fu presentata nel 1940. Vi era allegata una relazione di Dal Piaz identica a quella del 1937.
 
Al termine della [[seconda guerra mondiale]], i progetti sul Vajont vennero ripresi. La concessione definitiva venne accordata con D.P.R. nr. 729 del 21 marzo 1948; il progetto iniziale prevedeva una [[diga]] a doppio arco alta {{M|202 [[Metro|u=m]]}} con un [[invaso]] di 58,2 milioni di metri cubi. Sempre nel 1948, cominciò a svilupparsi l'idea di poter innalzare il coronamento della diga fino a {{M|679 [[|u=m s.l.m.]]slm}} appieno le caratteristiche geologiche del calcare del Vajont, che caratterizzava il punto di innesto della diga nei fianchi della valle.
 
== La strada per Longarone e la Valcellina ==
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Pesanti 118 tonnellate ciascuno, furono poi fatti ruotare sui perni delle cerniere, verso valle tramite delle corde d'acciaio fino ad unirsi. Una volta completato il varo, la fase di fissaggio delle due semi-arcate non terminò con l'accostamento dei due verticil si resero infatti necessari altri importanti accorgimenti. Infatti, tra le due arcate era stato gettato in chiave un blocco di fissaggio in [[Cemento#Cemento alluminoso o cemento fuso|cemento alluminoso]] di 30x30x18 cm che serviva a sopportare la compressione che corrispondeva alla spinta delle arcate e delle traverse, in attesa della maturazione del getto definitivo. Il blocco di fissaggio doveva impedire inoltre l'oscillazione dei semiarchi fino alla definitiva saldatura degli stessi.
 
Il varo dei due semiarchi avvenne il 30 settembre 1956. Terminata questa fase, la struttura ad arco-trave doveva essere completata dall'inserimento di pilastrini che avrebbero sorretto l'impalcato del piano stradale. Questi pilastrini erano a sezione tonda, con diametro di {{M|40&nbsp;|u=cm}} ed un'altezza che variava in rapporto alla loro posizione. I pilastrini più lontani dalla chiave erano rafforzati da una travatura che li vincolava tra loro.
 
L'impalcato era costituito da piastre di {{M|5|x|4,.90|ul=m}} con spessore di {{M|18|ul=cm}} e da travi longitudinali e trasversali che si auto scaricavano direttamente sui pilastrini.
 
Due mesi dopo, nel novembre 1956, avvenne il collaudo. Il ponte era lungo 70 metri, largo 6,50 metri e con una luce di 55,2 metri, una sede stradale dalla pendenza del 2,5%. Qui la strada, superato il ponte in sponda destra con una serie di brevi gallerie, un tornante, e un'altra serie di gallerie, con dei finestroni aperti sulla forra, giungeva all'innesto con l'ingresso della strada carrabile sul coronamento della diga. Proseguendo verso Erto, dopo aver attraversato altre due gallerie, la strada si congiungeva alla originaria, che saliva dal Colomber. Realizzata la variante stradale con il nuovo ponte, fu possibile installare il cantiere per la costruzione della diga.
 
== I lavori della diga ==
[[File:Da sinistra a destra Vittorio Cini, Carlo Semenza, Mario Mainardis e Antonio Rossi.jpg|destra|miniatura|Da sinistra, [[Vittorio Cini]], [[Carlo Semenza]], Mario Mainardis ed Antonio Rossi alla chiesetta di S. Antonio al Colomber il 23 luglio 1953.]]
[[File:1959. Il Geologo Giorgio Dal Piaz al cantiere diga del Vajont. Foto ditta Torno S.p.A.jpg|thumb|1959. Il Geologo Giorgio Dal Piaz al cantiere diga del Vajont. Foto ditta Torno S.p.A.]]
Dopo la seconda guerra mondiale il progetto Vajont, fortemente voluto dalla SADE, azienda elettrica privata di proprietà del conte [[Giuseppe Volpi|Giuseppe Volpi di Misurata]], già presidente della confederazione degli industriali e [[ministro delle finanze]] sotto il [[fascismo]], inizia a prendere forma e viene presentato per l'approvazione del [[genio civile]].
 
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Il progetto ottenne la completa approvazione ministeriale il 17 luglio 1957.
 
In seguito il progetto fu modificato: la diga avrebbe raggiunto l'altezza di {{M|261,.60 |u=m}}, 60 metri in più rispetto al progetto originario, con un invaso utile di 150 milioni di metri cubi (il progetto originario ne prevedeva invece 58). L'invaso della diga fu a tutti gli effetti maggiore di quanto mai previsto.
 
Il costo della costruzione della diga fu sostenuto grazie anche a un contributo del 45% delle spese, erogato all'epoca della progettazione, dal governo.<ref name="Vajont_la_valle_scomparsa">{{cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/10/08/vajont-la-valle-scomparsa.html|titolo=Vajont la valle scomparsa|autore=[[Giorgio Bocca]]|sito=la Repubblica.it|data=8 ottobre 2003|accesso=9 febbraio 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131019215436/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/10/08/vajont-la-valle-scomparsa.html|dataarchivio=19 ottobre 2013|urlmorto=no}}</ref>
 
== Descrizione della diga ==
La diga è una struttura in calcestruzzo ad arco a doppia curvatura, o « a cupola », lievemente asimmetrica.
 
La «cupola» propriamente detta poggia su un « pulvino » di fondazione in calcestruzzo, gettato lungo tutta l'imposta. Un giunto perimetrale continuo (e definitivo) è pertanto realizzato lungo l'imposta stessa. Altri due tipi di giunti sono realizzati nella struttura: una serie di giunti di lavoro, temporanei, subverticali in ragione di uno ogni {{M|12 |u=m}}; tre giunti sub-orizzontali a diverse quote, permanenti, per suddividere la cupola in quattro parti.
 
* Altezza: {{M|261,.60 |u=m}}
* Quota alla base: {{M|463,.90 |u=m s.l.m.slm}}
* Quota del piano stradale: {{M|725,.5 |u=m s.l.m.slm}}
* Spessore alla base: {{M|22,.11 |u=m}}
* Spessore in sommità: {{M|2,.92 |u=m}}
 
=== ScaviGli scavi ===
Gli scavi furono effettuati quasi completamente nell'estate del 1957 e nel 1958 fino al mese di agosto.
 
Il volume totale degli scavi fu di circa {{formatnum:M|400000}}&nbsp;|u=}}. Il materiale che cadeva sulla fondazione della diga ([[smarino]]) veniva trasportato con autocarri, ed attraverso una apposita galleria veniva depositato in una discarica creata lungo il letto del torrente. Tutto il materiale scavato disposto a valle della diga, veniva trattenuto da una briglia alta {{M|22 |u=m}} costruita allo sbocco del torrente Vajont, nel Piave.
 
Impresa esecutrici dei lavori: ditte De Pra di Belluno, e Monti di Auronzo di Cadore.
 
=== Calcestruzzo ===
I getti, cominciati nell'agosto del 1958, alla fine della stagione lavorativa del 1959 avevano raggiunto 298 mila {{M|298000|u=}}, mentre vennero ultimati nel settembre 1960.
 
Il calcestruzzo era preparato con {{M|250&nbsp;|u=kg}} di cemento ferrico pozzolanico fornito dalla cementeria dell'[[Italcementi]] di [[Vittorio Veneto]] dalle seguenti caratteristiche: {{M|160&nbsp;|u=kg}} di clinker e {{M|90&nbsp;|u=kg}} di pozzolana; il calore di idratazione a 28 giorni è {{M|60 |u=cal/gr}}; il contenuto [[alluminato tricalcico]] del [[clinker]] è nullo; il contenuto di silicato tricalcico ca. 55%. La resistenza a compressione del calcestruzzo a 90 giorni era in media di {{M|420&nbsp;|u=kg/cm²}}.
 
Fino alla quota di {{M|671,.50&nbsp;|u=m slm}}, il calcestruzzo venne disposto in strati da {{M|60&nbsp;|u=cm}} per un'altezza di {{M|2,.40&nbsp;|u=m}} ogni 72 ore.
 
Ciascuna ripresa venne resa scabra mediante doppio «lavaggio» con aria ed acqua in pressione e fu munita di cordolo in materiale plastico a {{M|20&nbsp;|u=cm}} dal paramento a monte. Prima dell'inizio del getto venne posto in opera uno strato di 1–2&nbsp;{{M|1|–|2|u=cm}} di malta. Dalla quota 671,50, e cioè per gli ultimi {{M|50&nbsp;|u=m}} di diga, si eseguivano tre strati da {{M|50&nbsp;|u=cm}} nelle 72 ore, in modo da ridurre e la velocità del calcestruzzo il ritmo di getto in relazione agli strapiombi verso valle della diga, data la doppia curvatura. Il calcestruzzo, trasportato sui conci con benne da {{M|4&nbsp;|u=}}, era spianato con un piccolo trattore cingolato, e costipato con vibratori a siluro, dalla lunghezza {{M|90&nbsp;|u=cm}}, diametro {{M|125&nbsp;|u=mm}}. Attraverso delle serpentine disposte ogni {{M|2,.40&nbsp;|u=m}}, impiegando l'acqua del serbatoio dei Pieve di Cadore, il calcestruzzo era raffreddato fino ad uno spessore della diga di {{M|12,.50&nbsp;|u=m}}, corrispondente all'altezza di 156,1 metri (quota 620). Al di sopra di questo livello, il raffreddamento era naturale, anche se molto lento.
 
La ghiaia e sabbia, si estraevano da una cava sulla sponda del Piave, con elementi compresi fra 0,06, e {{M|100&nbsp;|u=mm}} suddivisi in 6 classi (2 classi di sabbia lavata, 4 tipi di ghiaia). Un'ardita funivia, lunga {{M|1200&nbsp;|u=m}} e con un dislivello di circa {{M|340&nbsp;|u=m}}, trasportava gli aggregati in sponda destra, nell'impianto di betonaggio.
 
Impresa esecutrice dei lavori di getto del calcestruzzo: Giuseppe Torno & C. S.p.A di Milano.
 
=== GiuntiI giunti ===
I giunti realizzati sono di tre tipi:
 
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* giunti di lavoro (temporanei): sono subverticali, mediamente uno ogni 12 metri;
* giunti suborizzontali: per dividere la struttura in 4 parti, e dove necessario, in corrispondenza all'origine di nuovi giunti verticali;
* giunti di lavoro: nascono sempre da un cunicolo orizzontale in modo da evitare il prolungarsi della fessura nella zona sottostante; a questo scopo sono anche disposte speciali armature metalliche. Il cunicolo veniva poi chiuso verso monte con apposito tampone prefabbricato. I dispositivi di tenuta dei giunti, erano costituiti da un nastro di resina sintetica situato a 40 o 21 centimetri (a seconda della quota) dal paramento di monte e da un lamierino di rame a {{M|20&nbsp;|u=cm}} dal precedente. I giunti erano chiusi verso valle con cordoli di materiale plastico aventi lo scopo di contenere la boiacca delle iniezioni.
 
=== Impermeabilizzazione ===
L'insieme dei lavori di iniezioni, comprendeva uno schermo impermeabilizzante profondo {{M|85&nbsp;|u=m}} sotto al piano di fondazione e largo da {{M|150&nbsp;|u=m}} alla base a {{M|60&nbsp;|u=m}} in sommità, lungo le due sponde con una superficie totale di {{formatnum:M|80000}}&nbsp;|u=}}.
 
Inoltre un complesso di iniezioni di consolidamento e di cucitura lungo le due imposte per una profondità da 15 a {{M|30&nbsp;|u=m}}. Ogni {{M|5&nbsp;|u=m}} di altezza veniva determinata, con metodo geosismico, la velocità di propagazione delle onde elastiche, prima e dopo le iniezioni di consolidamento. La miscela normalmente usata era costituita da {{M|50&nbsp;|u=kg}} di cemento, {{M|1&nbsp;|u=kg}} di bentonite e 100 litri d'acqua. Impresa esecutrice dei lavori: Consonda-Icos di Milano.
 
=== Strumentazione di controllo ===
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Il controllo dell'impianto del Vajont, che era inserito nel complesso sistema degli impianti del Piave, era affidato a due "servizi"; ciascuno di questi, che con proprio personale e strutture operative aveva compiti e responsabilità distinte, faceva riferimento alla rispettiva direzione di Venezia. (Vedi schema)
 
* Il '''Servizio Costruzioni Idrauliche (S.C.I.)'''. Il compito del SCI era quello di progettare e costruire gli impianti idroelettrici: dighe, condotte, centrali e altre opere annesse. Direttore del SCI era l'ingegnere [[Carlo Semenza]] e come vice l'ingegnere [[Alberico Biadene]] il quale, dopo la morte di Semenza (30 ottobre 1961), ne diventerà il direttore.
* Il '''Servizio Idroelettrico (S.I.)'''. Il compito del SI, diretto dall'ingegnere Quirino Sabbadini, era la gestione operativa dei vari impianti idroelettrici dislocati in quasi tutto il [[Triveneto]].
 
Gli impianti del Piave appartenevano all'Esercizio Idroelettrico Veneto Orientale ''(E.I.V.O.),'' una struttura con sede a Nove di Vittorio Veneto (TV) diretta dall'Ing. Oreste Sestini che, per la loro gestione si avvaleva del ''Reparto Operativo di Soverzene'' diretto dal p.i. Armando Bertotti.<ref name=":4">{{cita libro|autore=|nome=Luigi|cognome=Rivis|titolo=VAJONT quello che conosco perché allora ero un addetto ai lavori e quello raccontato da altri|dataoriginale=giugno 2018|editore=Momenti AICS Belluno|pp=72-76|citazione=|ISBN=978-88-907546-6-1}}</ref>
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Quando le opere dell'impianto del Vajont erano oramai completate, solo una sua parte era passata come gestione al SI perché l'impianto ancora in fase di collaudo. La gestione era quindi affidata al Reparto di Soverzene, dove si trova [[Centrale idroelettrica di Soverzene|l'omonima centrale idroelettrica]], mentre il resto era rimasto sotto la responsabilità del SCI il cui personale, diretto dall'ingegnere [[Mario Pancini]] era composto quasi tutto da periti edili e da geometri. Fra questi ultimi c'era [[Giancarlo Rittmeyer]] che, qualche settimana prima della tragedia era stato provvisoriamente rimandato al Vajont per contribuire a seguire l'evolversi della frana.
 
Le decisioni che riguardavano le variazioni del livello dell'acqua nel serbatoio venivano prese dalla direzione del SCI (Biadene) e trasmesse per via gerarchica con lettera o con fonogramma al Reparto di Soverzene, perché provvedesse ada eseguirle. Questo veniva fatto regolando sia l'acqua in entrata nel lago (ada eccezione della naturale proveniente dal torrente Vajont e dal suo bacino imbrifero, che era variabile in funzione della stagione e ovviamente non regolabile) chesia quella in uscita verso la centrale di Soverzene o attraverso i vari scarichi della diga.
 
== Disastro del Vajont ==
{{vedi anche|Disastro del Vajont}}
Il disastro del Vajont si verificò il 9 ottobre 1963 alle ore 22:39, quando una frana si staccò dal [[monte Toc]] scendendo alla velocità di 100 chilometri orari e precipitò nel bacino provocando un'onda che superò la diga e distrusse il paese di [[Longarone]] causando {{formatnum:2000}} vittime. La variazione della pressione dell'acqua sul versante del monte Toc fu la causa del disastro.<ref>{{cita web |url=http://www.longarone.net/page.php?pageid=SB2SX00P|titolo=La tragedia del Vajont|editore=Rete civica di Longarone|accesso=14 dicembre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110526042458/http://www.longarone.net/page.php?pageid=SB2SX00P|dataarchivio=26 maggio 2011|urlmorto=no}}</ref>
 
La diga resse all'impatto e alle sollecitazioni che furono quasi dieci volte superiori a quelle prevedibili durante il normale esercizio, dimostrazione quindi della professionalità di chi aveva progettato e realizzato l'opera. Grazie al lavoro svolto dall'ISMES (Istituto Sperimentale Modelli e Strutture) di Bergamo, su un modello alto 7,6 metri in scala 1:35 con 176 martinetti idraulici, si simulava la spinta idrostatica dell'acqua nella diga e sulle imposte. I risultati delle varie prove permisero di verificare per simulazione, in modo preciso, la resistenza della diga a vari sforzi di sollecitazione, fino alla rottura del modello. Tuttavia l'onda provocata dalla frana la scavalcò riversandosi nella [[valle del Piave]].
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== Bibliografia ==
=== Testi di approfondimento ===
*Davide Serpagli, ''Vajont la Cronistoria'', Youcanprint, 2024, ISBN 979-1222708195
* {{cita pubblicazione|titolo=La diga del Vajont|autore=Dott. Ing. [[Carlo Semenza]]|rivista=[[L'Industria Italiana del Cemento]]|volume=anno XXXI|numero=12|editore=AITEC|città=Roma|anno=1961|mese=dicembre|pp=603-614|ISSN=0019-7637}}
 
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[[Categoria:Energia idroelettrica]]
[[Categoria:Disastro del Vajont]]
[[Categoria:Erto e Casso]]