Vincenzo Monti: differenze tra le versioni
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Il modello della ''Bassvilliana'', scritta in terzine e in terza rima, è certamente [[Dante Alighieri|dantesco]], ma non manca l'influenza, a livello schematico, della ''Messiade'' di [[Friedrich Gottlieb Klopstock|Klopstock]], che in quegli anni aveva anche pensato di tradurre dal francese (essendo privo di conoscenze del tedesco).<ref>Bevilacqua, p. 46</ref> Nel nostro «lungo e sproporzionato poema»,<ref>Arturo Pompeati, ''Vincenzo Monti'', Bologna, Zanichelli, 1928</ref> un angelo preleva a Roma l'anima del Bassville appena spirato e la porta in terra di Francia, mostrandole i disastri causati dalla Rivoluzione, e provocandone un pianto dirotto alla vista dell'uccisione di [[Luigi XVI]] (21 gennaio 1793).
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Vengono attaccati gli illuministi più famosi, le cui ombre appaiono come avversari ([[Voltaire]], [[Diderot]], [[Rousseau]], [[d'Holbach]], [[Pierre Bayle|Bayle]]...) mentre il re, raffigurato come un santo martire, concede il perdono a Basseville. Il poema piacque al mondo cattolico [[Reazione (politica)|reazionario]] e [[Controrivoluzione|controrivoluzionario]]. Monti tuttavia, probabilmente già dubbioso e incline a cambiare il proprio pensiero (come avrebbe fatto appena due anni dopo), si fermò al quarto Canto, e passò alla composizione di un'opera più incline ai suoi favoleggiamenti mitici, ''La Musogonia'' (1793-1797, in ottave), lasciata anch'essa a metà e foriera di spunti per le opere non lontane di [[Manzoni]] (''Urania'') e [[Ugo Foscolo|Foscolo]] (''Le Grazie'').
Indicativa è la chiusa del poema, modificata più volte, indirizzata prima a [[Francesco II d'Asburgo-Lorena|Francesco II d'Austria]] e poi a [[Napoleone]], cui si chiede di intercedere per l'Italia. Monti non ebbe mai tentennamenti nel proprio attaccamento alla patria, anche se si volse a diversi "protettori" a seconda dei momenti storici.[[File:Marmont.jpg|thumb|left|upright=0.7|Il Maresciallo Auguste de Marmont]]
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Quando Napoleone riprese il controllo della Cisalpina, Monti si lasciò andare ad una canzonetta entusiasta, preludio a un prossimo ritorno in Italia e sincero giubilo per le sorti dell'amata patria: si tratta di ''Per la liberazione dell'Italia'', uno dei suoi componimenti più popolari.
Dopo la [[battaglia di Marengo]], del 14 giugno [[1800]] Monti si vide infine premiato, e Napoleone ne fece il proprio aedo, il proprio poeta di corte, assegnandogli anche la [[Cattedra (università)|cattedra]] di Eloquenza presso l'[[Università degli Studi di Pavia]], che il 25 giugno 1800 fece riaprire dopo la chiusura imposta dagli Austro-Russi. Monti inizierà l'insegnamento solo nel 1802, in quanto decise di rimanere ancora qualche mese in Francia, dove completò l'ultima tragedia, il ''Caio Gracco'', e dove terminò la traduzione de ''La pucelle d'Orléans'' di [[Voltaire]].
==== All'Università di Pavia ====
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I migliori risultati poetici del Monti sono in realtà costituiti dalle traduzioni, laddove non è frenato dall'esigenza di celebrare o adulare smodatamente, sicché può liberamente mettere in mostra il suo talento dialettico e formale, la sua eleganza compositiva: tra il 1798 e 1799, in una fase di profondo distacco dal suo passato papalino, cura la traduzione in ottave dell'irriverente poema satirico di [[Voltaire]] ''[[La Pulzella d'Orléans (poema)|La Pucelle d'Orléans]]'', sulle vicende di [[Giovanna d'Arco]], in chiave sorprendentemente comica e piena di ritmo (il lavoro sarà poi pubblicato postumo nel 1878).
Un'altra prova di virtuosismo è costituita dalla versione delle ''Satire'' di [[Persio]] (1803), ma è la traduzione dell{{'}}''[[Iliade]]'' in endecasillabi sciolti, terminata e pubblicata nel 1810, il suo vero capolavoro. [[File:Aulus Persius Flaccus.jpeg|thumb|left|upright=0.7|Tradusse anche le ''Satire'' di [[Persio]], qui ritratto]]
Sin dai primi anni il testo fu per Monti un'ossessione, e già molto tempo addietro, tra il [[1788]] e il [[1790]], aveva fatto una traduzione di alcuni canti.<ref>Leone Vicchi, ''Vincenzo Monti. Le lettere e la politica in Italia dal 1750 al 1830. (Decennio 1781-1790)'', Faenza, P. Conti, 1883, p. 506.</ref> Originariamente, aveva adottato l'ottava, che utilizzò per recitare i canti I e VIII in Arcadia,<ref>Muscetta, cit., p.XXVIII</ref> ma nel [[1806]] optò definitivamente per l'endecasillabo sciolto,<ref>Veneri, p.101</ref> in cui, come detto, fu eseguita la traduzione completa.
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Dopo la sconfitta di Napoleone, Monti non si fece scrupoli nel dedicare pari lodi al nuovo sovrano, l'imperatore d'[[Impero austriaco|Austria]] e Re del [[Regno Lombardo-Veneto|Lombardo-Veneto]] [[Francesco I d'Austria|Francesco I]], e ne fu ricompensato conservando il ruolo di poeta di corte, anche se gli zecchini annui si ridussero a 1200. Ci fu tuttavia minore entusiasmo, e tutto ciò che partorì furono due azioni drammatiche rappresentate alla [[Teatro alla Scala|Scala]], rispettivamente il 15 maggio [[1815]] e il 6 gennaio [[1816]], intitolate ''Il mistico omaggio'' e ''Il ritorno di Astrea''.
Il Monti di questi anni rivendica il merito di una "riforma" letteraria intervenuta nel ventennio tra la ''Bassvilliana'' e la sua traduzione dell{{'}}''Iliade'', passando per la ''Mascheroniana''; una ripresa dello studio dei classici, e di [[Dante]]. Lo afferma in una lettera del 1815, rispondendo all'invito di scrivere lui una prefazione alla ''[[Biblioteca Italiana]]'', periodico voluto dall'[[Impero d'Austria|Austria]].
Nella lettera dice anche che due ostacoli lo disturbano: la parte scientifica, per la quale ha bisogno che "altri gli forniscano il materiale", e il suo riconoscersi come personaggio fondamentale per la letteratura di allora, e quindi la prospettiva di ritrovarsi a parlare di sé stesso nella prefazione (non volendosi dare meriti altrui ma nemmeno omettere ciò di cui si crede meritevole). Importante è la parola "Riforma", che veniva utilizzata in origine per il [[Neoclassicismo]]; ma Monti fa partire questa riforma dal 1793 (il Neoclassicismo nasce secondo [[Giosuè Carducci|Carducci]] con la [[Trattato di Aquisgrana (1748)|pace di Aquisgrana]] nel [[1748]] e per gli studiosi più recenti con le scoperte di [[Scavi di Pompei|Pompei]] e gli scritti di [[Winckelmann]]) e la fa concludere al più tardi nel 1812; la descrive come riforma esclusivamente letteraria e quindi in niente debitrice a Winckelmann, alle arti, all'[[archeologia]].
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{{Citazione|La mattina del 13 a sette ore e qualche minuto il Monti mandò senz'affanno un facile sospiro, e chinò lievemente la testa; tutti stavano immoti e tacevano: un grido della figlia ruppe quel tetro silenzio. Vincenzo Monti era passato.}}
La sua tomba è nel [[cimitero monumentale della Certosa di Ferrara]]. Anche se non fu nativo di Ferrara riposa della cella dei ferraresi illustri.<ref>{{cita web|url=https://www.certosadiferrara.it/02-le-sette-arti/|titolo=La Certosa di Ferrara|lingua=|accesso=11 maggio 2024}}</ref> Nella cripta della [[Chiesa di San Gregorio Magno (Milano)|chiesa di San Gregorio Magno]] è custodita la lapide funebre (insieme a quella di altri personaggi illustri) che era posta sul muro di cinta del cimitero oggi non più esistente. Il cuore si trova invece nella [[Biblioteca Ariostea]] di [[Ferrara]].
La [[Casa Monti|casa natale]] di [[Alfonsine]], in [[Romagna]], è divenuta un [[casa museo|museo]].<ref>{{Cita web|url=http://www.casemuseoromagna.it/index.php?id=7|titolo=La Casa Museo di Vincenzo Monti|editore=Coordinamento Case Museo dei Poeti e degli Scrittori di Romagna|accesso=2024-08-01|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230621105458/http://www.casemuseoromagna.it/index.php?id=7|urlmorto=no}}</ref>
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In seguito, all'interno di una critica spesso discorde, si sono levate, a lode convinta del poeta, le voci di [[Niccolò Tommaseo|Tommaseo]] (che definì "immortali" i ''Pensieri d'amore''<ref>Niccolò Tommaseo, ''Dizionario Estetico'', Firenze, Le Monnier, p.692; «I brevi sciolti, amorosi, di dodici o venti versi, che nel fervore della passione sfuggirono al Monti, resteranno, io credo, immortali»</ref>
) e di [[Giosuè Carducci]], che apprezzò in particolar modo i temi classicheggianti e il linguaggio arcadico. Carducci curò, tra il 1858 e il 1885, varie edizioni delle poesie montiane, e sul suo esempio lo studioso reggiano [[Alfonso Bertoldi]], allievo di Carducci all'[[Università di Bologna|Ateneo bolognese]], diede alla luce, anche in collaborazione con [[Giuseppe Mazzatinti]], due edizioni delle poesie e una, monumentale e completa, dell{{'}}''Epistolario'', comprendente lettere scritte tra il 1771 e il 1828.<ref>Alfonso Bertoldi e Giuseppe Mazzatinti (a cura di), ''Lettere inedite e sparse di Vincenzo Monti'', Vol I: 1771-1807, L. Roux e c., Torino - Roma 1893; Vol. II: 1808-1828, Roux Frassati e c., Torino 1896; Alfonso Bertoldi (a cura di), ''Epistolario di Vincenzo Monti'', Firenze, Sansoni, sei volumi tra 1928 e 1931</ref> Bertoldi fu il primo a restituirci nella loro interezza i carteggi del poeta. Inoltre, con la cura propria della critica [[positivista]], diede notizie molto precise sulle varie opere, anteponendo a ciascuna un cappello introduttivo in cui, oltre all'occasione che aveva generato il componimento specifico, forniva un breve quadro della situazione storica.<ref>Vedere la presentazione di Bruno Maier in Vincenzo Monti, ''Poesie'' (a cura di A.Bertoldi), Firenze, Sansoni, 1957</ref> Il lavoro bertoldiano è stato il modello degli studi del secolo successivo.<ref>[[Bruno Maier]], in op.cit.</ref> Si è vista una particolare fioritura delle opere critiche negli anni a cavallo del 1930, per celebrare il centenario della morte di Monti.
[[File:Abbondio Sangiorgio (1798-1879) Busto di Vincenzo Monti (1833) di trequarti.jpg|thumb|[[Abbondio Sangiorgio]], Busto di Vincenzo Monti (1833)]]
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== Collegamenti esterni ==
* Edizione Nazionale delle Opere di Vincenzo Monti - https://www.vincenzomonti.org/<nowiki/>{{Collegamenti esterni}}
* {{Treccani|vincenzo-monti_(Enciclopedia-Dantesca)|MONTI, Vincenzo|autore=Febo Allevi}}
* {{Treccani|vincenzo-monti_(Enciclopedia-dell'Italiano)|MONTI, Vincenzo|autore=Maria Maddalena Lombardi}}
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