Pensiero di Hegel: differenze tra le versioni

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[[Immagine:Hegel.jpg|200px|thumb|right{{torna a|Georg Wilhelm Friedrich Hegel]]}}
[[File:Hegel portrait by Schlesinger 1831.jpg|thumb|Georg Wilhelm Friedrich Hegel]]
{{Vedi anche|Fenomenologia dello spirito}}
 
La '''filosofia di Georg Wilhelm Friedrich Hegel''' rappresenta una delle linee di pensiero più profonde e complesse<ref>Francesco Coniglione, Michele Lenoci, Giovanni Mari, Gaspare Polizzi, ''Manuale di base di storia della filosofia. Autori, indirizzi, problemi'', Firenze University Press, 2009, p.140</ref>
==Cenni biografici==
della [[Storia della filosofia occidentale|tradizione occidentale]]. Partendo dal lavoro dei suoi predecessori nell'[[idealismo]] ([[Johann Gottlieb Fichte|Fichte]] e [[Friedrich Schelling|Schelling]]) e con influenze e suggestioni di altri sistemi di pensiero (come [[Immanuel Kant]]), sviluppò una filosofia innovativa, profonda e articolata. La sua visione [[storicismo|storicista]] e [[idealismo|idealista]] della [[realtà]] nel suo complesso ha rivoluzionato il pensiero europeo, gettando le basi della [[filosofia continentale]] e del [[marxismo]] successivi.
{{Vedi anche|Georg Wilhelm Friedrich Hegel}}
 
Hegel sviluppò un quadro teorico completo come non veniva sviluppato dall'epoca di [[Platone]] e [[Aristotele]], un "sistema"<ref>''Sapere.it'' alla voce ''Sistema hegeliano''</ref> (idealismo assoluto), studiando il rapporto tra [[mente]] e [[natura]], [[soggetto (filosofia)|soggetto]] e [[Oggetto (filosofia)|oggetto]] della [[conoscenza]] e della [[psicologia]]; e tenendo conto nella sua prospettiva dello [[Stato]], della [[storia]], dell'[[arte]], della [[religione]] e della [[filosofia]]. In particolare, ha sviluppato un [[concetto]] di mente o [[spirito (filosofia)|spirito]], manifestatosi in una serie di contraddizioni e di opposizioni e, in ultima analisi, pervenendo ad una filosofia della totalità. Esempi di contraddizioni che vengono superate nel suo sistema filosofico sono quelle tra natura e [[libertà]] o tra [[immanenza]] e [[trascendenza]]. Le pagine che ricercano tali soluzioni sono spesso di una complessità tale da lasciare incerti sull'interpretazione più corretta.
[[Georg Wilhelm Friedrich Hegel]] ([[Stoccarda]], [[27 agosto]] [[1770]] – [[Berlino]], [[14 novembre]] [[1831]]) è stato uno dei massimi filosofi di tutti i tempi.<br/>
Compiuti gli studi classici a [[Stoccarda]], si iscrisse all'Università di [[Tubinga]], dove strinse amicizia con il filosofo [[Friedrich Schelling]]. Terminati gli studi di [[filosofia]], Hegel lavorò come precettore privato. Nel [[1801]] si trasferì a [[Jena]], dove terminò uno dei suoi capolavori: la complessa ''[[Fenomenologia dello spirito]]'' ([[1807]]).
Nel [[1817]] pubblicò un'esposizione completa e sistematica della sua filosofia, l'''[[Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio]]''. Nel [[1818]] gli venne offerta la cattedra di filosofia che era stata di [[Johann Fichte]] all'Università di [[Berlino]], dove rimase fino alla morte, avvenuta nel [[1831]] a causa di una epidemia di [[colera]].
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Da Hegel, sia accogliendo le sue proposizioni che rifiutandole, si sviluppa gran parte della filosofia moderna, dagli sviluppi successivi della [[Romanticismo#Il Romanticismo nella filosofia|filosofia romantica]] all'[[hegelismo]] e al [[neohegelismo]] di [[Benedetto Croce]] e [[Giovanni Gentile]], da [[Karl Marx]] a [[Arthur Schopenhauer]], e a [[Friedrich Nietzsche]].
== Scritti teologici giovanili ==
 
==Nascita e sviluppo del sistema==
Nel periodo trascorso a [[Berna]] e a [[Francoforte sul Meno|Francoforte]], dal [[1794]] al [[1800]], Hegel redasse i saggi, pubblicati postumi col titolo di ''[[Scritti teologici giovanili]]''.
Compiuti gli studi classici a [[Stoccarda]], [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]] si iscrisse all'[[Università di Tubinga]], dove strinse amicizia con [[Friedrich Hölderlin]] e [[Friedrich Schelling]], suoi compagni di stanza all'università. Terminati gli studi di [[filosofia]] lavorò come precettore privato. Nel [[1801]] si trasferì a [[Jena]], dove terminò il primo dei suoi capolavori: la complessa ''[[Fenomenologia dello spirito]]'' ([[1807]]).
 
Nel [[1817]] pubblicò un'esposizione completa e sistematica della sua filosofia, l'''[[Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio]]''. Nel [[1818]] gli venne offerta la cattedra di filosofia che era stata di [[Johann Fichte]] all'[[Humboldt-Universität zu Berlin|Università di Berlino]], dove rimase fino alla morte, avvenuta nel [[1831]] a causa di un'epidemia di [[colera]].
Nello scritto ''[[Religione popolare e cristianesimo]]'' ([[1794]]), [[religione]] popolare (''Volksreligion'') è la religione che Hegel definisce [[soggettività|soggettiva]] perché ''impegna la [[fantasia]] e il cuore'' della singola persona ed è insieme ''pubblica'', perché s'identifica con i costumi e le istituzioni di un popolo, come avveniva nella religione della ''[[polis]]'' greca. La città - Stato [[Grecia|greca]], secondo Hegel, che riprende motivi di [[Hölderlin]], [[Schiller]] e [[Lessing]], è una comunità organica di persone le quali sono, in modo concreto (''concretum'', cresciuto insieme), cittadini e religiosi insieme, ove si realizza la ''vera libertà'' che esclude sia le forme oppressive della comunità sull'individuo che l'indipendenza di ogni individuo dalla comunità; vera libertà è la possibilità di realizzare la propria volontà nella realtà politica, sociale e religiosa della comunità alla quale si appartiene.
=== Scritti teologici giovanili ===
Nel periodo trascorso a [[Berna]] e a [[Francoforte sul Meno|Francoforte]], dal [[1794]] al [[1800]], Hegel redasse i saggi pubblicati postumi nel 1907 a cura di Herman Nohl col titolo di ''[[Scritti teologici giovanili]]''.<ref>''[[Theologische Jugendschriften]]''; questi scritti sono ora raccolti nei primi due volumi dell'edizione critica delle opere di Hegel: ''Frühe Schriften I'', (1989) e ''Frühe Schriften II'', (2014), Hamburg, Meiner. Traduzione italiana in ''Scritti giovanili'', a cura di E. Mirri, Guida, Napoli 2015.</ref>
 
Nello scritto ''[[Religione popolare e cristianesimo]]'' ([[1794]]), la [[religione]] popolare (''Volksreligion'') è quella che Hegel definisce [[soggettività|soggettiva]] perché ''impegna la [[Immaginazione|fantasia]] e il cuore'' della singola persona ed è insieme ''pubblica'', perché s'identifica con i costumi e le istituzioni di un popolo, come avveniva nella religione della ''[[polis]]'' greca. La città - Stato [[Grecia|greca]], secondo Hegel, che riprende motivi di [[Friedrich Hölderlin|Hölderlin]], [[Friedrich Schiller|Schiller]] e [[Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]], è una comunità organica di persone le quali sono, in modo concreto (''concretum'', cresciuto insieme), cittadini e religiosi insieme, ove si realizza la ''vera libertà'' che esclude sia le forme oppressive della comunità sull'individuo che l'indipendenza di ogni individuo dalla comunità; vera libertà è la possibilità di realizzare la propria volontà nella realtà politica, sociale e religiosa della comunità alla quale si appartiene.
Il [[cristianesimo]] è invece una religione ''privata'' e ''soggettiva'', vissuta cioè, in quanto privata, in un rapporto personale tra l'individuo e Dio, ma è anche oggettiva, ossia fondata sugli scritti testamentari e su dogmi ed è tutelata e prescritta da un ceto particolare, separato dal resto dei cittadini, il clero. Le società dove domina religiosamente il cristianesimo sono comunità non organiche di persone le quali sono in modo astratto, (''abstractum'', tirato fuori), cioè ''separatamente'', cittadini e religiosi.
 
Il [[Cristianesimo]] è invece una religione ''privata'' e ''oggettiva'', vissuta cioè, in quanto privata, in un rapporto personale tra l'individuo e Dio, ma è anche oggettiva, ossia fondata sugli scritti testamentari e su dogmi ed è tutelata e prescritta da un ceto particolare, separato dal resto dei cittadini, il clero. Le società dove domina religiosamente il cristianesimo sono comunità non organiche di persone le quali sono in modo astratto, (''abstractum'', tirato fuori), cioè ''separatamente'', cittadini e religiosi.
Nella ''[[Vita di Gesù]]'' ([[1795]]) Hegel ne espone la biografia - senza riferimenti all'[[incarnazione]], ai [[miracolo|miracoli]], alla sua divinità e alla [[resurrezione]] - e l'insegnamento, considerato equivalente alla legge morale [[Kant|kantiana]], sulla scorta della ''[[Religione entro i limiti della sola ragione]]'' di [[Kant]]. Gesù ha essenzialmente insegnato l'imperativo categorico kantiano: «''Fate che valga per voi quel che volete che valga come legge universale fra gli uomini''».
 
Nella ''[[La vita di Gesù]]'' ([[1795]]) Hegel ne espone la biografia - senza riferimenti all'[[incarnazione]], ai [[miracolo|miracoli]], alla sua divinità e alla [[resurrezione]] - e l'insegnamento, considerato equivalente alla legge morale [[Immanuel Kant|kantiana]], sulla scorta della ''[[La religione entro i limiti della semplice ragione|Religione entro i limiti della sola ragione]]'' di Kant. Hegel ha sostenuto che ''"Gesù ha essenzialmente insegnato l'[[imperativo categorico|imperativo categorico kantiano]]"'': «''Fate che valga per voi quel che volete che valga come legge universale fra gli uomini''».<ref>«Così Hegel produce una costante traduzione delle parole di Gesù in altrettante espressioni kantiane così come del filosofo di Königsberg tende a riproporre il tessuto concettuale e teoretico in merito alla dottrina dell'etica e della religione.» (in [http://www.filosofico.net/hegelvitagesuuuuuue4.htm ''Guida allo studio della Vita di Gesù'' di Hegel. A cura di Maurizio Pancaldi ]</ref><ref>«Hegel arriva ad attribuire a Gesù la stessa formulazione dell'imperativo categorico kantiano: "Agite secondo una massima tale che, ciò che voi volete che valga come legge universale fra gli uomini, valga anche per voi».</ref>
Ne ''[[La positività della religione cristiana]]'' ([[1796]]) Hegel rintraccia nell'ambiente e nella cultura [[ebreo|ebraica]], incapace di cogliere la spiritualità dell'[[etica]] cristiana, legata com'è all'esteriorità del [[forma]]lismo [[fariseo|farisaico]], la causa dell'involuzione della religione naturale in una religione positiva, ossia tradotta in [[dogma|dogmi]], perché fondata sulla [[rivelazione]] divina e sulla struttura autoritaria della [[Chiesa]].
 
Ne ''[[La positività della religione cristiana]]'' ([[1796]]) Hegel rintraccia nell'ambiente e nella cultura [[ebreo|ebraica]], incapace di cogliere la spiritualità dell'[[etica]] cristiana, legata com'è all'esteriorità del formalismo [[fariseo|farisaico]], la causa dell'involuzione della religione naturale in una religione positiva, ossia tradotta in [[dogma|dogmi]], perché fondata sulla [[rivelazione]] divina e sulla struttura autoritaria della [[Chiesa (comunità)|Chiesa]].
Ebreo che si rivolge a ebrei, Gesù è costretto a presentarsi come [[Messia]], a fondare il cristianesimo sulla rivelazione di Dio, a operare miracoli, a istituire un [[sacerdozio]] che ne conservi l'insegnamento, negando la libertà di pensiero: in questo modo la ragione diviene ''passiva'' e non ''legislativa''.
 
Ebreo che si rivolge agli ebrei, Gesù è costretto a presentarsi come [[Messia]], a fondare il cristianesimo sulla rivelazione di Dio, a operare miracoli, a istituire un [[sacerdozio]] che ne conservi l'insegnamento, negando la libertà di pensiero: in questo modo la ragione diviene ''passiva'' e non ''legislativa''.
Se nel popolo ebreo a predominare è lo spirito di ''separatezza'' – in quanto popolo eletto opposto agli altri popoli, che vive in una natura che si contrappone ostilmente all'uomo, diversamente da quello greco - il popolo ebreo è un popolo infelice, che non vivendo l'armonia di una religione popolare vive una ''coscienza infelice'', caratterizzata dalla ''separazione'' tra sé e Dio.
 
Se nel popolo ebraico a predominare è lo spirito di ''separatezza'' – in quanto popolo eletto opposto agli altri popoli, che vive in una natura che si contrappone ostilmente all'uomo, diversamente da quello greco - il popolo ebreo è un popolo infelice, che non vivendo l'armonia di una religione popolare vive una [[coscienza infelice]], caratterizzata dall'[[alienazione]], dalla ''separazione'' tra sé e Dio.
 
Ma [[Cristo]] si è anche contrapposto al [[kantismo]] e all'[[ebraismo]], predicando non tanto il rispetto della [[legge]], ma l'''[[amore]]''. Smentendo quanto sostenuto negli scritti precedenti - del resto non destinati alla pubblicazione - ne ''[[Lo spirito del cristianesimo e il suo destino]]'' ([[1799]]) Hegel afferma la superiorità della legge [[morale]] di [[Gesù]] sulla legge kantiana del dovere, vista come un'[[etica]] ebraica interiorizzata. L'amore è superiore al dovere perché "nell'amore viene meno ogni pensiero di dovere", il comportamento che ha per base l'amore non è più uniformato all'ubbidienza a una [[legge]]. Come l'incarnazione di Cristo è il congiungimento di umano e divino, di naturale e [[soprannaturale]], così l'amore è la conciliazione di ciò che è separato, è l'unità degli uomini ottenuta non ''naturalmente'' ma dopo l'esperienza della separazione.
 
L'ultimo degli scritti teologici è il ''[[Frammento di sistema]]'' ([[1800]]), composto avendo presente i ''Discorsi'' di [[Friedrich Schleiermacher]], nei quali la religione è il sentimento di compenetrazione di [[finito]] e [[infinito (filosofia)|infinito]], unione mistica di umano e divino. Ma qui il finito e l'infinito sono intesi come termini assolutamente separati, distinti, senza alcuna relazione tra loro; tuttavia il finito, in quanto vita, "ha in sé la possibilità d'innalzarsi alla vita infinita", ha la possibilità di confluire, mediante la ragione che realizza ''dialetticamente'' l'unità dei due distinti ''momenti'', nell'infinità della vita divina, oltre ogni distinzione e riflessione. Nel ''Frammento di sistema'' sono già introdotti alcuni termini che diverranno centrali nella filosofia hegeliana: finito, infinito, momento, [[dialettica]], [[intelletto]], [[ragione]], [[spirito (filosofia)|spirito]].
 
===Dalla religione popolare all' Assoluto===
 
Stranamente in [[Hegel]] assistiamo a un processo inverso a quello che ha caratterizzato il percorso del pensiero in [[Fichte]] e [[Friedrich Schelling|Schelling]]: questi iniziano da problematiche filosofiche e arrivano a soluzioni religiose. In Hegel avviene l'opposto e questo non per una [[conversione religiosa|conversione]] a rovescio, dalla [[religione]] alla [[filosofia]], ma perché egli trova un [[concetto]] di filosofia nuovo capace anche di risolvere i problemi religiosi.
 
Nell'ambiente [[università|accademico]] di [[Tubinga]], dove opera il giovane Hegel , c'è una corrente legata alla [[tradizione]] filosofica religiosa: il cosiddetto "indirizzo [[soprannaturale]]" che tende a difendere la religione naturale.
È in questo filone religioso che Hegel pensa si debba procedere a un rinnovamento [[cultura]]le e politico per l'umanità e in particolare per il popolo tedesco, tramite una nuova religione popolare che realizzi un'armonia tra le religioni razionali (soggettive) e quelle positive, [[rivelazione|rivelate]] (oggettive). Questa nuova religione unirà nell'uomo ragione e [[sensibilità (filosofia)|sensibilità]] e lo avvierà alla [[felicità]]. Tramite essa poi si supererà quella [[scissione (psicologia)|scissione]] tra il [[cittadino]] e lo [[Stato]] e tra il [[fede]]le e la [[Chiesa]] che segna la crisi del popolo tedesco. Questa nuova religione porterà al rinnovamento [[morale]] e politico della [[Germania]].
[[ImmagineFile:Hegel Jena.svg|center|450px]]
 
Una religione popolare e priva di [[dogma|dogmi]] era quella dell'[[Ellade]] antica dove il [[sacerdote]] svolgeva anche una [[funzione]] pubblica. Il cittadino greco si identificava nella vita dello stato e della chiesa.
Con l'avvento del [[Cristianesimo]] [[ecclesia]]sticoecclesiastico e [[dogma]]tico si è verificata invece la separazione dell'individuo dalla vita politica e religiosa. Questo non accadeva con la religione predicata da [[Gesù]] che era fondata sull’unitàsull'unità degli aspetti razionali e sensibili dell'uomo , ed era quindi più vicina al mondo [[Grecia|greco]], capace di godere della [[natura]] e di vivere la vita religiosa in comunanza con quella [[politica]]. Il mondo greco quindi espressione di quella totalità-unione che si è persa con la morte di Cristo.
 
QuestoQuesta perdita è avvenutoavvenuta per il [[legge|legalismo]] (la [[legge]] di [[Mosè]]) dell’ambientedell'ambiente [[giudaGiudaismo|giudaico]]ico dove si è sviluppata la dottrina cristiana che ha trasformato questa religione in senso ecclesiastico e dogmatico operando una scissione tra l’individuol'individuo e la totalità. La sottomissione alla legge mosaica o a quella dei dominatori che tenevano in [[schiavitù]] il popolo d'[[Israele]], ha causato il passaggio dalla [[fede]] morale e spontanea a, alla fede nell'[[autorità]].
 
Si deve al popolo ebraico infatti questa scissione tra l’uomol'uomo e [[Dio]]. Nella loro antica [[storia]] l'origine di questa separazione è' stata l’esperienzal'esperienza del [[diluvio universale]] che ha portato gli [[ebreo|ebrei]] a concepire una natura ostile da cui poteva salvarli solo il loro potente Dio [[trascendente]] e lontano da loro: il Dio di Mosè che ha dato loro le tavole dei [[comandamentocomandamenti]]. L’uomoL'uomo e la natura sono niente, Dio è tutto. Quindi per gli ebrei la natura è nemica, e diversi e ostili sono gli altri uomini, poiché essi soli sono il popolo eletto che non deve confondere l’unicol'unico Dio con gli dei di altri popoli.
 
Occorre quindi una nuova religione in grado di conciliare con l’l'[[amore]] la vita politica con quella religiosa, l’l'[[umanitàHomo sapiens|umano]] col [[Dio|divino]]. Con l’amorel'amore, unendo il [[finito]] con l’l'[[infinito (filosofia)|infinito]], il [[Soggetto (filosofia)|soggetto]] fa tutt'uno con l'[[Oggetto (filosofia)|oggetto]], l'umano si riconcilia con il divino, così che noi abbiamo la possibilità di cogliere la totalità, l’l'[[Assoluto]], unione di finito ed infinito.
[[ImmagineFile:Hegel Jena2.svg|center|450px]]
 
====La definizione dell'Assoluto====
Se ogni [[definizione]] è una [[relativismo|relativizzazione]], pretendere di definire l'Assoluto comporta necessariamente includere nella sua "definizione" ciò che non può rimanere escluso da lui, poiché esso è una totalità onnicomprensiva che non può avere nulla fuori di sé. Quindi si dovrà definire l'Assoluto come
*''[[unione]]'' di finito e infinito, ma anche come
*''non unione'' e cioè ''[[opposizione (filosofia)|opposizione]]'' di finito ed infinito.
 
Afferma a proposito Hegel, che ''per essere infinito deve anche essere finito'', ossia deve includere la finitezza al suo interno.
 
Ed è proprio l'opposizione, la negazione, l'[[antitesi]], la caratteristica [[essenza|essenziale]] dello sviluppo [[dialettica|dialettico]] della realtà: l'opposizione è la molla della [[vita]], l'elemento dell'infinito [[progresso (filosofia)|progresso]]. Questo allora vuol dire che l'Assoluto come opposizione coincide con la realtà-opposizione, l'Assoluto è [[immanenza|immanente]] alla realtà, èassomiglia ilal [[Spinoza|Deus sive Natura]] di [[Baruch Spinoza|Spinoza]], ma in realtà per Spinoza quella di Dio e Natura era una coincidenza che si dà da sola, senza bisogno di interazioni tra presunte tesi e antitesi.
 
Ecco spiegata la presunta [[conversione]] a rovescio: la problematica religiosa ha portato Hegel a scoprire un nuovo [[concetto]] filosofico tramite il quale la [[filosofia]] potrà raggiungere l'Assoluto.<ref>''Plotino ed Hegel'': la dialettica, movimento di pensiero ed essere.''
L'Assoluto di Hegel è l'Uno di [[Plotino]] in senso rovesciato. Hegel stesso noterà che come il [[sistema]] di Plotino conclude la filosofia greca, quello di Hegel conclude la filosofia moderna, affermando gli stessi concetti ma portandoli su un piano [[immanenza|immanente]], con un maggiore dettaglio e ad un livello massimo di consapevolezza.
 
Mentre l'[[Uno (filosofia)|Uno]] di Plotino restava collocato su un piano [[misticismo|mistico]] e [[trascendente]], a partire dal quale generava il [[divenire]] e si disperdeva nella molteplicità senza una ragione apparente, l'Assoluto hegeliano entra lui stesso nel divenire per rendere ragione di sé. L'Uno viene identificato così con la [[molteplicità]] stessa, la quale attraverso successivi passaggi giunge alla fine a diventare consapevole di sé e a riconoscersi nell'Assoluto.
 
La prospettiva plotiniana risulta dunque capovolta: in Plotino, la consapevolezza che l'Uno ha di sé è posta all'origine, e si affievolisce man mano che esso si disperde nel molteplice; in Hegel, invece, l'Uno si trova all'inizio disperso nel molteplice, e prenderà coscienza di sé solo alla fine acquistando concretezza nel suo percorso attraverso il mondo.
 
In tal modo però Hegel sovverte la logica di [[principio di non contraddizione|non-contraddizione]], facendo coincidere l'Uno col suo contrario, cioè con la molteplicità stessa. L'Assoluto hegeliano è l'Uno-Tutto, è una realtà che non trascende gli enti finiti, ma è ad essi immanente. È il nodo dell'albero delle [[essenza (filosofia)|essenze]] [[Platone|platoniche]], collocate non più al vertice, ma identificate con la [[dialettica]] stessa del pensiero e dell'essere.
 
Pensando all'Assoluto si finisce inevitabilmente (per necessità filosofica) per parlare di essere e non-essere. Analogamente, dalla posizione dell'Assoluto nasce l'antitesi fra essere e non-essere. Questi due termini originariamente contrapposti e inconciliabili vengono ora fatti coincidere. Il successivo passo di sintesi trova così un punto di arrivo nel divenire. Il primo passaggio della filosofia è quindi il movimento Assoluto--->essereAssoluto→essere/non-essere--->divenireessere→divenire. Segue: divenire---->nascita→nascita/morte-->entemorte→ente. In Hegel certezza e verità tornano a coincidere, così come pensiero ed essere, ma in forma mediata.
 
Le tesi, antitesi e sintesi si trovano sia nel pensiero di chiunque parli dell'Assoluto, sia in particolare nella prima manifestazione di questi concetti nella [[storia]] del [[filosofia|pensiero filosofico]], che nell'essere.
 
Finché si parla di entità percepibili con la nostra mente soltanto, è chiaro che una dialettica del pensiero corrisponde anche una dialettica dell'essere, perché l'unico essere di cui si può parlare è la nostra mente, il pensiero stesso. Meno ovvio è quando si parla di enti sensibili, in cui l'antitesi e la sintesi non sono solo chiare alla mente e al pensiero, ma devono anche esserlo all'essere percepito dai sensi</ref>
 
=== La critica dellealle filosofie precedenti ===
==== La critica agli illuministi ====
Appare immediata la contrapposizione sussistente fra Hegel e gli [[Illuminismo|Illuministi]]: mentre Hegel crede nell'identità fra ragione e realtà, gli illuministi assumono la ragione come unico giudice della realtà, ragione finita e parziale. E mentre per Hegel la ragione è una costante della [[Storia]] ed ogni periodo storico va ben valutato, per gli illuministi la ragione è presente solo in determinate epoche storiche, contrapponendo le età illuminate alle epoche buie.
 
==== La critica a Kant ====
Hegel, come già i pre-romantici e i [[romanticismo|romantici]], critica [[Immanuel Kant|Kant]] per il suo [[dualismo]], ovvero per la contrapposizione fra [[fenomeno]] e [[noumeno]]. In questo modo Kant dimostra di non avere la concezione dell'Assoluto che implica il superamento tra finito ed infinito nell'Assoluto. In secondo luogo, Hegel critica l'intento di Kant di volere realizzare una filosofia del finito, vale a dire la sua missione di rintracciare soltanto l'esistenza delle ''colonne d'Ercole'' della conoscenza umana<ref>''Critica della ragion pura'', A 395.</ref>, cioè della Ragione oltre la quale c'è l'inconoscibilità razionale della metafisica. Ma se Kant si propone di criticare la Ragione ancor prima di conoscerla, egli non farà altro che tentare di imparare a nuotare, prima ancora di buttarsi in acqua. La ragione invece può cogliere l'Assoluto. Bisogna restituire al popolo tedesco la metafisica. «Un popolo senza metafisica è come un tempio senza santuario»<ref>Hegel, ''Scienza della logica'', Prefazione alla prima edizione</ref>.
 
Muove quindi la critica al Criticismo: nella Prefazione alla ''Filosofia del Diritto'', afferma che criticare è facile, la mentalità superficiale critica sempre, Kant vede solo il negativo che è solo un momento -l'antitesi- e una parte della realtà, invece bisogna considerare la realtà nella sua totalità: il vero è l'intero.
 
Per Hegel Kant ha ridotto la conoscenza filosofica a una mera indagine sulle forme -gli strumenti e le capacità soggettive del conoscere- vuota di contenuto. Kant intende questa operazione come opportuna prima di addentrarsi nella conoscenza di Dio, anima e mondo, che sarebbero una vana fatica se prima si dimostrasse che sono inconoscibili. Secondo Hegel, invece, è impossibile e una vana fatica il discorso formale sul metodo fatto a priori del contenuto, perché la filosofia coincide con il suo oggetto, e riesce a conoscere gli strumenti solo dopoché sta già conoscendo l'oggetto e li astrae da questo, non è come altri campi del sapere in cui mi posso interrogare sul metodo prima di entrare nel merito.
 
{{Citazione|«In questa rinuncia della ragione a se stessa il concetto della verità va perduto. La ragione viene ristretta a conoscere soltanto una verità soggettiva, soltanto l’apparenza [il fenomeno di Kant] soltanto qualcosa cui la natura dell’oggetto stesso non corrisponda. Il sapere è tornato ad esser l’opinione.<ref>Hegel, ''Scienza della logica'', Introduzione</ref>}}
 
La filosofia di Kant ha affermato l'inconoscibilità dell'Incondizionato/infinito, e ridotto la conoscenza delle cose finite, l'anima e il mondo, alla sola manifestazione sensibile, nell'impossibilità anche per questi di conoscere la cosa in sé e per sé; perdendosi in un vuoto discorso sulle forme del sapere.
 
Hegel critica in particolare la filosofia morale e la filosofia del diritto di Kant, che concepiscono solo astrattamente i rapporti tra l'individuo e lo Stato<ref>''Enciclopedia Italiana Treccani'' alla voce "eticità"</ref>.
 
==== La critica ai Romantici ====
Il rapporto fra Hegel e i Romantici è abbastanza complesso. Pur vivendo nel medesimo periodo storico, bisogna ricordare che Hegel non è un [[romanticismo|romantico]], bensì un [[idealismo|idealista]]. Nei Romantici è il [[sentimento]], la [[fede]], l'[[intuizione]], che Hegel definisce come «romantiche fantasticherie», a primeggiare su qualunque altra facoltà umana. È la Ragione il principio primo del pensiero e della realtà. Inoltre Hegel critica l'atteggiamento individualistico dei romantici, che chiudendosi narcisisticamente in sé stessi, perdono ogni contatto con il mondo.
 
Tuttavia è inevitabile riscontrare in Hegel la partecipazione a questo particolare momento storico, rintracciabile specialmente nell'anelare all'[[infinito (filosofia)|infinito]]. Si potrebbe pertanto dire che Hegel, più che essere separato dai Romantici, è piuttosto un momento a sé particolare di quel periodo.
 
==== La critica a Fichte ====
Si è detto che la filosofia di [[Fichte]] è paragonabile a una [[semiretta]], di cui si conosce il punto di inizio, ma di cui non è possibile intravedere la fine.<ref>Giovanni Giovannini, ''Questionario di filosofia da Kant all'esistenzialismo'', Edizioni Remo Sandron, 2000.</ref><ref>Giuseppe Colombo, ''La filosofia come soteriologia: l'avventura spirituale e intellettuale di Piero Martinetti'', Vita e Pensiero, 2005, p.521</ref> Hegel critica Fichte in due punti: Fichte, pur tentando, non risolve affatto il dualismo, poiché assume l'''oggetto'' come semplice ostacolo, comunque separato, come finzione voluta dall'Io, per esercitare la sua assoluta [[libertà]]. L'assoluto è visto semplicemente come un ideale da raggiungere, una meta che però non si realizza mai. In Fichte dunque c'è la concezione dell'Assoluto come opposizione di finito ed infinito ma manca l'unione perché questo corre lungo la retta non raggiungendo mai il Non-Io che sempre gli si ripropone davanti. L'assoluto di Fichte è un "cattivo infinito".<ref>''Scienza della logica'', Libro I. La dottrina dell'essere, Sezione 1, Qualità. Capitolo II, L'essere determinato.</ref>
 
==== La critica a Schelling ====
Nella filosofia di [[Friedrich Schelling|Schelling]], invece, l'Assoluto è correttamente indicato come unione di finito ed infinito che vive nell'[[arte]], ma manca la caratteristica dell'opposizione poiché per questa occorre che i due elementi dell'opposizione siano distinti, mentre in Schelling costituiscono un'unità indifferenziata.
Schelling pone l'assoluto in modo a-dialettico, come un'unità astratta priva di concretezza, perciò Hegel afferma che il suo concetto dell'Assoluto è paragonabile ad una ''notte in cui tutte le vacche sono nere''<ref name="Hegelprefazione">Hegel, ''Fenomenologia dello Spirito, Prefazione''</ref>. Qui vale la figura del cerchio dove come nell'unità indifferenziata ogni punto si confonde con il precedente. Un'altra critica è rivolta all'intuizionismo schellinghiano; ossia la pretesa che la coscienza possa immediatamente innalzarsi al sapere attraverso quello che Hegel definisce "il colpo di pistola" dell'intuizione<ref name="Hegelprefazione" />.
 
====La critica a Jacobi====
Nel saggio ''[[Fede e sapere]]'', pubblicato nel [[1802]] sul "Giornale critico della filosofia", diretto insieme con Schelling, Hegel critica, oltre Kant e Fichte, anche [[Friedrich Heinrich Jacobi|Jacobi]] il cui [[fideismo]] esprime la dottrina del sapere immediato, senza le mediazioni razionali, facendo un ''salto'' dal [[Soggetto (filosofia)|soggetto]] all'[[Oggetto (filosofia)|oggetto]] senza cogliere la razionalità che, superando metodicamente l'opposizione tra soggetto e oggetto, perviene allo stesso risultato. Nell'''Enciclopedia'' scriverà che «'' [...] la filosofia del sapere immediato va così oltre nelle sue [[astrazione (filosofia)|astrazioni]] che vuole la determinazione dell'[[esistenza]] inseparabilmente congiunta, non solo col pensiero di Dio, ma anche con le rappresentazioni del mio corpo e delle cose esterne...la differenza tra l'affermazione del sapere immediato e la filosofia si riduce a questo...che si contrappone al filosofare.''»<ref>''Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio'', Parte prima: ''La scienza della logica'', § 64.</ref> E altrove, ironicamente, scriverà che il ''salto mortale'' di Jacobi<ref>Jacobi usa questa espressione in un dialogo con Lessing riportato nelle ''Lettere sulla dottrina di Spinoza a Mosè Mendelssohn'' (1785).</ref> dall'uomo a Dio è mortale... solo per la filosofia. Ricorrere alla [[fede]] implica necessariamente l'esclusione della filosofia.
 
== Ideale e reale ==
Secondo Hegel la libertà individuale non esiste e tutto è determinato nello [[spirito (filosofia)|Spirito]] e dallo Spirito, che è anche [[Ragione]], [[Essere]] e [[Idea]] e, insieme, il Dio di [[Platone]], quello di [[Plotino]], di [[Proclo]] e di [[Baruch Spinoza|Spinoza]], [[panteismo|panteistico]] e [[panenteismo|panenteistico]]. Il Dio di Hegel è necessità assoluta che si fa identità assoluta. Nell'''Enciclopedia delle scienze filosofiche'' scrive:
 
§149. Quindi la necessità è "in sé" un'unica essenza identica "con sé".
 
§150. Ciò che è necessario è "in sé" relazione assoluta. Nella sua processualità la relazione si nega e si supera [''Aufhebung''] in assoluta identità.
 
"Il tutto è l'essenza che viene a compimento mediante il suo sviluppo, di esso si può dire che è essenzialmente risultato, che esso è alla fine quello che in realtà è."<ref>In Pietro Piovani, ''Indagini di storia della filosofia: incontri e confronti'', Liguori Editore Srl, 2006. p.105</ref>
 
=== Monismo assoluto materiale e spirituale ===
Sin dagli scritti teologici giovanili Hegel si oppone energicamente al cosiddetto "principio del nord", a quella separazione tra ideale e reale che era tipica del [[Kantismo#Kant e il kantismo|kantismo]] e che non lasciava spazio alla conoscenza del Reale, inteso questo come l'Intero dal quale la [[Ragione]] traeva il suo senso e il suo perché. Per Hegel il presupposto della verità della conoscenza è un [[monismo]] assoluto di forme spirituali che si evolvono e si assolutizzano in un'unicità diveniente continua, dove il materiale e lo spirituale sono indistinguibili e connessi in un continuo superamento di "momenti" necessari del divenire storico per mezzo di una [[fenomenologia]] dove ciò che è posto trova la sua negazione e poi il suo superamento in una nuova figura (o appunto "fenomeno").
 
Si tratta di un processo [[finalismo|teleologico]] necessario, che già nel 1807 veniva presentato così:
 
{{citazione|Il rapporto del quale si è qui sopra discusso, dell'organico con la natura degli elementi, non esprime l'essenza dell'organico stesso; questa essenza è invece contenuta nel ''concetto finalistico''. Invero a questa coscienza osservativa quel concetto non è l'essenza propria dell'organico; anzi, a quella coscienza medesima il concetto cade fuori dell'essenza, e quindi è poi soltanto quell'estrinseco rapporto ''teleologico''. Solamente, l'organico come testé fu determinato è esso stesso proprio il fine reale; infatti, poiché l'organico "conserva se stesso" pur nel rapporto ad Altro, esso viene appunto ad essere quella naturale essenza in cui la natura si riflette nel concetto, e in cui i momenti di causa e di effetto, di attivo e di passivo, che nella necessità sono posti l'uno di fronte all'altro, vengono contratti in unità.<ref>Hegel, ''Fenomenologia dello spirito'', La Nuova Italia, Firenze 1973, vol.I, pp.216-217</ref> }}
 
=== La separazione tra ideale e reale ad opera della religione ===
La separazione tra ideale e reale, tra cielo e terra, ebbe luogo, secondo il filosofo tedesco, con l'avvento del pensiero ebraico e con il successivo pensiero cristiano. La religione cristiana, derivata da quella ebraica, aveva staccato il senso della propria vita dalla vita stessa, ponendolo al di sopra della terra, in un dio lontano posto in cielo. Dio non apparteneva più all'intima natura delle cose, com'era, per esempio, presso gli antichi Greci, ma veniva scisso dal [[mondo]]; l'uomo così, lasciato al suo destino, viveva in uno stato, per così dire, di minorità dal quale, attraverso il senso del peccato e l'insoddisfazione per la propria esistenza, sentiva il bisogno di ricongiungersi con il senso vero delle cose. Con il cristianesimo era nato perciò quel senso di frustrazione e di pena, di infelicità concettuale nella "scissione", che per millesettecento anni aveva impedito di capire il vero senso dello Spirito.
 
=== La "coscienza infelice" ===
Hegel definisce tale stato di [[scissione (psicologia)|scissione]] o [[alienazione]] "[[Coscienza infelice]]". Quest'ultima è una situazione necessaria che serve all'uomo per ricercare quel senso dell'armonia perduta, per creare in lui la consapevolezza della propria esperienza tragica, la quale si risolve nell'aspirare alla riconciliazione finale con Dio, in una sorta d'armonia dinamica, con lo stesso significato che ne aveva dato [[Platone]] nel [[Sofista]], quando si trovò a definire la [[Dialettica]] come rapporto dell'unità con la molteplicità. Questo fenomeno pregresso della storia dell'uomo è così descritto da Hegel:
 
{{citazione|Questa coscienza infelice ''scissa entro se stessa'' è così costituita che, essendo tale contraddizione della sua essenza ''una'' coscienza, la sua prima coscienza deve sempre avere insieme anche l'altra. In tal modo, mentre essa ritiene di aver conseguito la vittoria e la quiete dell'unità, deve immediatamente venire cacciata da ciascuna delle due coscienze.<ref>Hegel, ''Fenomenologia dello spirito'', cit. vol.I, p.174</ref>}}
 
L'atteggiamento di Hegel si pone allora come una negazione del cristianesimo ma anche come suo assorbimento nel procedere storico. L<nowiki>'</nowiki>''Aufhebung'' (il Superamento) è possibile se, come dice più avanti con la fusione dell'effettualità reale con l'[[autocoscienza]]:
 
{{citazione|Tale coscienza deve pertanto innalzare all'assoluto divenir-uno il rapporto inizialmente esteriore verso quell'intrasmutabile figurato, come fosse un'effettualità estranea. Il movimento nel quale la coscienza inessenziale si adopera a raggiungere questo esser-uno è un triplice movimento, secondo la triplice relazione che essa assumerà in rapporto al suo al di là che ha forma e figura: in primo luogo come ''coscienza pura'', poi come ''essenza singola'', comportantesi verso la ''effettualità'' come appetito e lavoro, e in terzo luogo come ''coscienza del suo essere-per-sé''.<ref>Hegel, ''Fenomenologia dello spirito'', cit. vol.I, pp.178-179</ref>}}
 
È sulla base di questa nuova visione dell'Assoluto che si possono intendere le critiche di Hegel alle filosofie precedenti di [[Kant]], [[Fichte]] e [[Friedrich Schelling|Schelling]]. Nei confronti di Schelling, Hegel lamenta, a partire dalla ''[[Fenomenologia dello spirito]]'', l'assenza della prospettiva metodologica della dialettica. Per quanto concerne la conoscenza del Reale, che per Schelling si risolveva nella indifferenziata sinossi di ideale e reale, è "la notte in cui tutte le vacche sono nere", come commenta Hegel nella prefazione della sua opera.
 
Proprio in virtù di questo attacco alle filosofie precedenti La ''Fenomenologia dello spirito'' cerca di spiegare la storia del pensiero, attraverso un [[divenire]], nel tempo e nelle epoche, dell'esperienza della coscienza, che Hegel intese come sottotitolo alla sua opera e che meglio inquadra il suo testo. L'opera descrive i tre momenti che, nella storia, hanno caratterizzato la cultura umana e che si ripetono continuamente nella vita di ciascun individuo, con l'intento di dimostrare, laddove ce ne fosse bisogno, la contemporaneità del modello astratto e del modello concreto, affinché, attraverso i fatti della storia, possa dispiegarsi, rendendo conto di sé, il divenire dello [[Spirito (filosofia)|Spirito]].
=== La critica agli illuministi ===
* La prima posizione che lo Spirito ha assunto nella storia è quella dello stato ingenuo dell'armonia originaria, rappresentata dai Greci, dove le forze del dio erano presenti nella natura stessa delle cose, un aspetto del pensiero che contraddistingueva anche le religioni più primitive ([[animismo]]).
Appare immediata la contrapposizione sussistente fra Hegel e gli [[Illuminismo|Illuministi]]: mentre il primo, crede nell'identità fra ragione e realtà, i secondi assumono la ragione come unico giudice della realtà. E mentre per Hegel la ragione è una costante della [[Storia]], per gli illuministi la ragione è presente solo in determinate epoche storiche, contrapponendo le età illuminate alle epoche buie.
* Il secondo momento è quello della scissione dal dio, introdotto dalla religioni [[Abramo|abramitiche]]; Dio si manifesta all'uomo, ma, attraverso il peccato originale, opera la scissione; l'uomo, come un angelo caduto, sperimenta l'angoscia e il dolore nella Valle di lacrime che il [[Padre]] celeste ha posto per lui: è il Medioevo, l'età che precede la modernità fino a [[Kant]].
* Il terzo momento è scandito dall'avvento della Ragione, lo Spirito si eleva ad una consapevolezza compiuta, conscio della tristezza della scissione, vuole riconciliarsi con il mondo, diventa così Autocoscienza, la presenza attiva di uno Spirito nel mondo che si riconcilia con il mondo stesso, è, dunque, lo Spirito infinito, non più rappresentato dalla [[Sostanza (filosofia)|sostanza]] che è posta staticamente al di sotto delle cose, ricoperte dalla loro apparenza [[fenomeno|fenomenica]]. La realtà è [[Soggetto (filosofia)|Soggetto]], attività e automovimento.
 
Non sono le cose che procedono dall'Assoluto, ma l'Assoluto è questo stesso procedere. Da ciò se ne deduce che per Hegel la [[Realtà]] è infinita, è un [[Soggetto (filosofia)|Soggetto]] che tiene i fili della storia e che parla attraverso i suoi uomini, quegli uomini che la storia l'hanno sempre fatta in prima persona, che come strumenti nelle mani di questo ineluttabile essere supremo, ne operano il naturale svolgimento. Cosicché le vicende del mondo non sono estranee alla [[storia]] dello [[Spirito (filosofia)|Spirito]] perché la storia del mondo è la storia stessa di Dio, è la storia dell'avvento dello Spirito, del realizzarsi della [[Ragione]].
=== La critica a Kant ===
=== La ''Fenomenologia dello Spirito'' ===
Hegel, come già i pre-romantici e i [[romanticismo|romantici]], critica [[Kant]] per il suo [[dualismo]], ovvero per la contrapposizione fra [[fenomeno]] e [[noumeno]]. In questo modo Kant dimostra di non avere la concezione dell'Assoluto che implica il superamento tra finito ed infinito nell'Assoluto. In secondo luogo, Hegel critica l'intento di Kant di volere realizzare una filosofia del finito, vale a dire la sua missione di rintracciare soltanto l'esistenza delle ''colonne d'Ercole'' della conoscenza umana, cioè della Ragione oltre la quale c'è l'inconoscibilità razionale della metafisica. Ma se Kant si propone di criticare la Ragione ancor prima di conoscerla, egli non farà altro che tentare di imparare a nuotare, prima ancora di buttarsi in acqua. La ragione invece può cogliere l'Assoluto. Bisogna restituire al popolo tedesco la metafisica. «Un popolo senza metafisica è come un tempio senza santuario».
{{vedi anche|Fenomenologia dello spirito}}
Hegel sviluppa il tema della risoluzione del finito nell'[[infinito (filosofia)|infinito]] nella Fenomenologia dello Spirito (laddove fenomenologia significa ''Scienza di ciò che appare''). La fenomenologia è la ''storia romanzata'' dello Spirito (Geist) che si ripercorre a partire dalla forme più semplici della coscienza individuale; potremmo dire che la ''Fenomenologia'' sia il ricongiungersi dell'universale con sé stesso, attraversando il concreto: in pratica è come se nella dottrina hegeliana esistessero due piani separati che s'intersecano e sovrappongono quando l'Assoluto s'incarna nello Spirito soggettivo.
[[File:Fenomenologia.svg|300px|centro]]
*Il primo percorso è quello della coscienza individuale verso il possesso dell'Assoluto ed è questa la strada indicata nella ''Fenomenologia''.
*Il secondo cammino è quello dell'Assoluto che attraverso gli stadi dialettici dello sviluppo logico di [[Idea]] (con la corrispondente dottrina della Logica) - [[Natura]] (studiata dalla Filosofia della Natura) - [[Spirito (filosofia)|Spirito]] (descritto nella Filosofia dello Spirito) si manifesta come Spirito soggettivo nell'individuo e, da questo punto coincidendo con la prima via giunge, passando attraverso lo Spirito oggettivo, su se stesso, gonfio di realtà, come Spirito assoluto.
 
Hegel riproporrà infine l'intero percorso, sia quello individuale che quello dello stesso Assoluto, nella ''[[Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio]]''.
=== La critica ai Romantici ===
Il rapporto fra Hegel e i romantici è abbastanza complesso. Pur vivendo nel medesimo periodo storico, bisogna ricordare che Hegel non è un [[romanticismo|romantico]], bensì un'[[idealismo|idealista]]. Nei Romantici è il [[sentimento]], la [[fede]], l' [[intuizione ]], che Hegel definisce come «romantiche fantasticherie», a primeggiare su qualunque altra facoltà umana. È la Ragione il principio primo del pensiero e della realtà. I Romantici narcisisticamente si chiudono in sé stessi, perdono ogni contatto con il mondo.
 
===Dall'individuo all'Assoluto===
Tuttavia è inevitabile riscontrare in Hegel la partecipazione a questo particolare momento storico, riscontrabile specialmente nell'anelare all'[[infinito]]. Si potrebbe pertanto dire che Hegel, più che essere separato dai Romantici, è piuttosto un momento a sé particolare di quel periodo.
Il farsi dinamico dell'Assoluto, ovvero il divenire, il continuo cambiamento della realtà, avviene attraverso tre momenti dialettici fondamentali:
*idea in sé (tesi), che può essere identificata con il Dio prima della creazione dell'entità finita (il mondo), o, per meglio dire, quando il mondo è solo un programma ed è presente soltanto l'ossatura razionale del finito;
*idea fuori di sé (antitesi), è la Natura, cioè l'estrinsecazione o l'alienazione dell'Idea nelle realtà spazio-temporali del mondo;
*idea in sé e per sé (sintesi), che ritorna in sé, cioè lo Spirito, ovvero l'idea che ritorna al suo stadio iniziale, gonfia di concretezza, dopo il passaggio attraverso la Natura.
Queste tre fasi non devono essere intese in senso cronologico, ma solo in senso ideale: infatti lo Spirito è eterno sia come l'idea, sia come il suo opposto, la Natura.
A questi tre momenti, corrispondono tre diverse branche della filosofia hegeliana:
*La logica, suddivisa a sua volta in dottrina dell'essere, dottrina dell'essenza e dottrina del concetto;
*La filosofia della natura, ripartita in meccanica, fisica e organica;
*La filosofia dello spirito, che studia lo spirito soggettivo, oggettivo e assoluto.
 
La manifestazione dell'Assoluto, la sua discesa nel mondo è rappresentata nella Fenomenologia, che secondo il primo progetto dell'autore doveva essere un'introduzione alla Logica: la coscienza umana, partendo dallo stadio della conoscenza empirica, si evolve gradualmente al sapere scientifico.
=== La critica a Fichte ===
Con l'ampliarsi della materia trattata, il testo si trasformò in un'esposizione dell'intero sistema: da qui le confusioni e le oscurità che caratterizzano l'opera.
Si è detto che la filosofia di [[Fichte]] è paragonabile a una [[semiretta]], di cui si conosce il punto di inizio, ma di cui non è possibile intravedere la fine. Hegel accusa Fichte in due punti: Fichte, pur tentando, non risolve affatto il dualismo, poiché assume l'''oggetto'' come semplice ostacolo, comunque separato, come finzione voluta dall'Io, per esercitare la sua assoluta [[libertà]]. L'assoluto è visto semplicemente come un ideale da raggiungere, una meta che però non si realizza mai. In Ficthe dunque c'è la concezione dell'Assoluto come opposizione di finito ed infinito ma manca l'unione perché questo corre lungo la retta non raggiungendo mai il non io che sempre gli si ripropone davanti.
La Fenomenologia è un'indagine, non solo della coscienza teoretica, ma anche della coscienza morale, sociale, politica e religiosa.
 
La Coscienza individuale ripercorre tutte le tappe dello Spirito Assoluto, e dopo molti travagli, viene ad identificarsi con esso. Da ciò prende l'avvio una delle più famose [[figura (teologia)|figure]]<ref>Espediente [[retorica|retorico]] utilizzato da Hegel per esporre tramite descrizioni [[metafora|metaforiche]] le sue concezioni filosofiche. Qualcosa di simile era già avvenuto con l'uso del [[mito]] nella filosofia [[Platone|platonica]].</ref> della ''Fenomenologia dello Spirito'', vale a dire quella della ''Coscienza infelice''<ref>«Questa coscienza infelice scissa entro se stessa è così costituita che, essendo tale contraddizione della sua essenza una coscienza, la sua prima coscienza deve sempre avere insieme anche l'altra. In tal modo, mentre essa ritiene di aver conseguito la vittoria e la quiete dell'unità, deve immediatamente venire cacciata da ciascuna delle due coscienze» (g.F.W. Hegel, ''Fenomenologia dello spirito'' vol. I; 1973, p. 174)</ref> cioè quella coscienza che non sa di essere tutta la [[realtà]], e che pertanto viene dilaniata da opposizioni interne che riesce a superare solo comprendendo di essere il tutto. Inconsapevole di essere tutta la Realtà, versa in uno stato di scissione con l'Intero, sperimentando le lacerazioni, le opposizioni, i conflitti che si possono risolvere soltanto con la certezza che, su ogni singola realtà, questa stessa coscienza vi potrà scorgere la sua piena realizzazione come [[Ragione]], ritrovando la piena armonia con l'[[Assoluto]].
=== La critica a Schelling ===
Nella filosofia di [[Schelling]], invece, l'Assoluto è correttamente indicato come unione di finito ed infinito che vive nell'[[arte]] ma manca la caratteristica dell'opposizione poiché per questa occorre che i due elementi dell'opposizione siano distinti mentre invece in Schelling costituiscono un'unità indifferenziata. Questo concetto dell'Assoluto è paragonabile ad una ''notte in cui tutte le vacche sono nere''. Qui vale la figura del cerchio dove come nell'unità indifferenziata ogni punto si confonde con il precedente.
 
Sono quattro i momenti dello sviluppo fenomenologico: la [[coscienza (filosofia)|coscienza]], l'[[autocoscienza]], la [[ragione]] e lo [[spirito (filosofia)|spirito]].
===La critica a Jacobi===
Nel saggio ''Fede e sapere'', pubblicato nel [[1802]] sul "Giornale critico della filosofia", diretto insieme con Schelling, Hegel critica, oltre Kant e Fichte, anche [[Friedrich Heinrich Jacobi|Jacobi]] il cui [[fideismo]] esprime la dottrina del sapere immediato,senza le mediazioni razionali, facendo un ''salto'' dal [[Soggetto (filosofia)|soggetto]] all'[[Oggetto (filosofia)|oggetto]] senza cogliere la razionalità che, superando metodicamente l'opposizione tra soggetto e oggetto, perviene allo stesso risultato. Nell'''Enciclopedia'' scriverà che «''...la filosofia del sapere immediato va così oltre nelle sue [[astrazione|astrazioni]] che vuole la determinazione dell'[[esistenza]] inseparabilmente congiunta, non solo col pensiero di Dio, ma anche con le rappresentazioni del mio corpo e delle cose esterne...la differenza tra l'affermazione del sapere immediato e la filosofia si riduce a questo...che si contrappone al filosofare.''» E altrove, ironicamente, scriverà che il ''salto mortale'' di Jacobi dall'uomo a Dio è mortale...solo per la filosofia. Ricorrere alla [[fede]] implica necessariamente l'esclusione della filosofia.
 
== I capisaldi del sistema hegeliano ==
Per comprendere al meglio il pensiero di Hegel, è necessario chiarire innanzituttonuovamente i punti fondamentali della sua dottrina che sono tre: ''La realtà come Spirito Infinito (o Finito per Infinito)'', ''Identità di Razionalità (o Ragione) e Realtà'' e infine ''Il Compito della Filosofia (o funzione giustificatrice della Filosofia)''.<ref>[http://www.filosofico.net/hegel76.htm Diego Fusaro, ''Filosofico net'']</ref>
 
===La realtà come Spirito infinito===
 
Per Hegel è fondamentale superare le opposizioni e le scissioni della mente (ad esempio fenomeno/noumeno kantiano oppure Essere immutabile di Parmenide/Essere in divenire di Eraclito).
La realtà non è [[sostanza (filosofia)|sostanza]] ma Soggetto, Spirito. Il soggetto inteso come attività, processo,automovimento: un'acquisizione moderna questa resa possibile ad Hegel dalla scoperta [[kant]]iana dell' "io penso" (l' ''appercezione [[trascendentale]]''). La realtà dunque è Spirito infinito non è più rappresentata dalla sostanza [[statica]]mente al di sotto delle cose ricoperte dalla loro apparenza [[fenomeno|fenomenica]]. La realtà è soggetto, attività, automovimento. Non sono le cose che procedono dall'Assoluto ma l'Assoluto è questo stesso procedere.
Il fine di Hegel (e di conseguenza della sua filosofia) è quello di costruire una totalità unificata, che chiamerà Spirito Assoluto, superando questa armonia scissa e, pertanto, il compito della filosofia sarà quello di costruire questo Assoluto al fine di superare le opposizioni e le scissioni.
Lo stesso Hegel dice: "l'interesse della Ragione è raggiungere una sintesi unificata", cioè l'unione tra in sé (Tesi) e per sé (Antitesi).
 
La conflittualità che per prima cosa Hegel deve risolvere è la dualità Finito/Infinito.
Cosicché le vicende del mondo non sono estranee alla [[storia]] dello [[Spirito]]. La storia del mondo è la storia stessa di Dio, è la storia dell'avvento dello Spirito, del realizzarsi della [[ragione]].
Egli non vuole né ridurre l'infinito ad una molteplicità di finito né considerare il finito come molteplicità dell'infinito. Hegel, dunque, deve mettere sullo stesso piano Finito e Infinito insieme, sostenendo che ''il mondo non è altro che la manifestazione e realizzazione dell'infinito''.<ref>Gianluigi Pasquale, ''La ragione della storia'', Bollati Boringhieri, p. 20 e sgg.</ref>
Il finito, costituito dalle sue parti finite, esiste solo e unicamente in funzione dell'Infinito. Ciò significa che una parte di finito presa singolarmente per Hegel non esiste.
Per comprendere a fondo questo concetto hegeliano, è necessario rifarsi alla concezione romantica (di impronta schellinghiana) della Natura, intesa come Organismo vitale. Essa, infatti, è costituita da parti, le quali singolarmente non esistono, ma insieme formano il Tutto (Il Tutto al di sopra della Parte). Questa concezione che risale al pensiero [[Baruch Spinoza|spinoziano]], sarà in seguito definita come "[[olismo]]". In particolare il sistema filosofico hegeliano è stato chiamato "Monismo Panteistico Dinamico"<ref>''Enciclopedia filosofica: Conrad-Martius'', C. Sansoni, 1967, p. 20</ref>.
 
In questo senso Hegel si avvicina in parte al concetto di Sostanza già presente in Spinoza, salvo che l'Assoluto è Soggetto dinamico in divenire, Pensiero di Pensiero (Aristotele).
=== Identità fra ragione e realtà ===
La realtà, dunque, non è [[sostanza (filosofia)|sostanza]] ma Soggetto, Spirito. Il soggetto inteso come attività, processo, automovimento, rappresenta un'acquisizione moderna resa possibile ad Hegel dalla scoperta di [[Immanuel Kant|Kant]] dell'"io penso" (l<nowiki>'</nowiki>''appercezione [[trascendentale]]''). La realtà dunque è Spirito infinito e non è più rappresentata dalla sostanza [[statica]]mente al di sotto delle cose ricoperte dalla loro apparenza [[fenomeno|fenomenica]]. La realtà è soggetto, attività, automovimento. Non sono le cose che procedono dall'Assoluto ma l'Assoluto è questo stesso procedere.
<center>''Ciò che è razionale, è reale; ciò che è reale , è razionale''. </center>
 
Cosicché le vicende del mondo non sono estranee alla [[storia]] dello [[Spirito (filosofia)|Spirito]]. La storia del mondo è la storia stessa di Dio, è la storia dell'avvento dello Spirito, del realizzarsi della [[ragione]].<ref>Luigi Gandini, ''In dialogo con la Filosofia'', vol. II, Edizioni Lulu, 2010, ''passim''</ref>
La [[ragione]], a differenza di quanto affermava [[Kant]], non è semplicemente uno strumento della mente umana, bensì un principio metafisico, che diviene e si sviluppa nel mondo.La razionalità dunque non è pura [[astrazione]],è presente nel mondo come insieme delle leggi che lo regolano(infatti il mondo non è una realtà [[caos|caotica]], un susseguirsi disordinato di eventi, bensì è dominato da un'ordine razionale). La realtà ha una sua struttura razionale("inconsapevole o alienata" nella Natura e "consapevole" nell'uomo).Se un'azione avviene, ci dev'essere un'altra azione che l'ha causata, dunque esiste un'affinità, o meglio una identità fra ''essere'' e ''dover essere'', dunque un evento che non è necessario non si realizza.
 
=== Identità fra ragione e realtà ===
*Con la prima parte della formula ("''ciò che è razionale è reale''"), Hegel vuole dire che ciò che è ragionevole diventa realtà, si attua in forme concrete. Un ideale razionale prima o poi si realizza. E se non si realizza, vuol dire che non è razionale. Quindi, secondo Hegel, gli ideali e i programmi politici che non si sono mai tradotti in atto, si sono dimostrati, proprio per questo, irrazionali e senza alcun valore, delle vane [[fantasia|fantasie]] di esaltati. Per sapere se un [[programma]] o un'[[ideologia]] è giusta, è razionale, bisogna vedere se si attua concretamente nella [[storia]]. <ref>Questa prima parte della formula riprende evidentemente la conclusione cartesiana del ''cogito ergo sum'' per il quale è veramente razionale ciò che trova la sua corrispondenza nella realtà</ref>
 
<div align="center">{{Citazione|''Ciò che è razionale, è reale; e ciò che è reale, è razionale''.<ref>Georg Wilhelm Friedrich Hegel, ''Lineamenti di filosofia del diritto'', Bompiani, Milano 2006, p. 59.</ref>}} </div>
*La seconda parte della formula ("''ciò che è reale è razionale''") dice che in tutto ciò che è reale (nella natura e nella storia) si può rintracciare un'intrinseca razionalità. La realtà, cioè l'insieme dei fenomeni naturali e degli eventi storici, non è una materia [[caos|caotica]], caratterizzata dal [[caso]], ma ha un suo sviluppo [[logica|logico]], poiché è il manifestarsi di una struttura razionale (l'Idea, o Ragione), che è inconsapevole nella natura e consapevole nell'uomo.Tutto ciò che esiste ''deve'' poter essere compreso''. Non esiste veramente nulla che la nostra ragione non sia in grado di capire.
 
La [[ragione]] (Vernunft), per Hegel non è esclusivamente un mezzo legato alla mente umana, ma come [[intelletto]] (Verstand), è un principio metafisico. La razionalità dunque non è pura [[astrazione (filosofia)|astrazione]], ma può essere trovata nel mondo come un raggruppamento delle leggi che lo regolano (infatti il mondo non è una realtà caotica, un susseguirsi disordinato di eventi, bensì è dominato da un ordine razionale).
====Reale ed esistente====
 
*Con la prima parte della formula ("''ciò che è razionale è reale''"), Hegel vuole dire che ciò che è ragionevole diventa realtà, si attua in forme concrete. Un ideale razionale prima o poi si realizza. E se non si realizza, vuol dire che non è razionale. Quindi, secondo Hegel, gli ideali e i programmi politici che non si sono mai tradotti in atto, si sono dimostrati, proprio per questo, irrazionali e senza alcun valore, delle vane [[fantasia (filosofia)|fantasie]] di esaltati. Per sapere se un programma politico o un'[[ideologia]] è giusta, è razionale, bisogna vedere se si attua concretamente nella [[storia]].<ref>Questa prima parte della formula riprende evidentemente la conclusione cartesiana del ''cogito ergo sum'' per il quale è veramente razionale ciò che trova la sua corrispondenza nella realtà</ref>
Con l'affermazione suddetta della complementarietà fra reale e razionale, Hegel non vuole comunque sostenere che tutto ciò che accade è da considerarsi razionale (e quindi ne­cessario e giusto) nei minimi particolari. È vero che il reale è razionale, cioè perfettamente necessario, ma non è vero che tutto ciò che esiste in un determinato momento è da considerarsi reale. Hegel, infatti, distingue fra ''reale'' ed ''[[esistenza|esistente]]''. Solo gli aspetti più profondi e universali dell'esistenza sono reali e quin­di razionali. Invece, le manifestazioni particolari dell'esistenza (ciò che è contingente e inessenziale) non sono veramente reali. Ad esempio, sul piano [[politica|politico]], veramente reali non sono i [[sentimento|sentimenti]] e le [[passione|passioni]] degli [[individuo|individui]], ma sono reali e razionali le [[istituzione|i­stituzioni]] e soprattutto lo [[Stato]]. Analogamente, sul piano naturale, veramente reale non è il singolo fenomeno, come, per esempio, l'iridescenza dell'[[arcobaleno]], ma lo sono ben più le [[fisica|leggi fisiche]] che lo determinano.
*La seconda parte della formula ("''ciò che è reale è razionale''") dice che in tutto ciò che è reale (nella natura e nella storia) si può rintracciare un'intrinseca razionalità. La realtà, cioè l'insieme dei fenomeni naturali e degli eventi storici, non è una materia caotica, caratterizzata dal [[Caso (circostanza)|caso]], ma ha un suo sviluppo [[logica|logico]], poiché è il manifestarsi di una struttura razionale (l'Idea, o Ragione), che è inconsapevole nella natura e consapevole nell'uomo. Tutto ciò che esiste ''deve'' poter essere compreso. Non esiste veramente nulla che la nostra ragione non sia in grado di capire. Pertanto, il manifestarsi di un'azione reale è rintracciabile nella sola Ragione, origine e procedimento del reale stesso.<ref>Diego Fusaro, ''op.cit.'', ''ibidem''</ref>
Allora la [[logica]], che studia i processi del pensiero, troverà la sua corrispondenza nella [[metafisica]], che studia i processi della realtà. Una delle colpe di Kant è stata quella di avere privato con il [[criticismo]] il popolo tedesco della metafisica, ma un popolo senza metafisica è come «un tempio senza santuario». Bisogna restituire alla speculazione la metafisica identificandola con la logica.
 
===Reale ed esistente===
Reale non è dunque per Hegel, il partico­lare, l'[[individuo]], ma l'universale.
Con questa affermazione, Hegel non vuole comunque sostenere che tutto ciò che accade è da considerarsi razionale (e quindi necessario e giusto) nei minimi particolari. È vero che il reale è razionale, cioè perfettamente necessario, ma non è vero che tutto ciò che esiste in un determinato momento è da considerarsi reale. Hegel, infatti, distingue fra ''reale'' ed ''[[esistenza|esistente]]''. Solo gli aspetti più profondi e universali dell'esistenza sono reali e quindi razionali. Invece, le manifestazioni particolari dell'esistenza (ciò che è contingente e inessenziale) non sono veramente reali. Ad esempio, sul piano [[politica|politico]], veramente reali non sono i [[sentimento|sentimenti]] e le [[passione (sentimento)|passioni]] degli [[individuo|individui]], ma sono reali e razionali le [[istituzione|istituzioni]] e soprattutto lo [[Stato]]. Analogamente, sul piano naturale, veramente reale non è il singolo fenomeno, come, per esempio, l'iridescenza dell'[[arcobaleno]], ma lo sono ben più le [[fisica|leggi fisiche]] che lo determinano.
 
Reale non è, dunque, per Hegel, il particolare, l'[[individuo]], ma l'universale.
==== Funzione giustificatrice della filosofia ====
 
=== Funzione giustificatrice della filosofia ===
Una volta appurato che la realtà è ragione, e che tutto ciò che avviene è razionale, si tratta di stabilire qual è il compito della [[filosofia]]. Hegel lo riscontra nel semplice ''prendere atto della realtà'' quale essa è. La filosofia non deve prefiggersi di trasformare la realtà, come dirà [[Marx]]. La filosofia, essendo la più alta e compiuta manifestazione dell'Assoluto, non può essere presente in ogni stadio del pensiero umano, ma solo alla fine del percorso, quando la realtà è già compiuta e non vi è più nulla da trasformare. Ecco dunque che la filosofia altro non deve se non ''giustificare''.
 
Una volta appurato che la realtà è ragione e di conseguenza idea, e che tutto ciò che avviene è razionale, si tratta di stabilire quale sia il compito della [[filosofia]]. Hegel lo riscontra nel semplice ''prendere atto della realtà'' quale essa sia. La filosofia non deve prefiggersi di trasformare la realtà, come dirà [[Marx]]. La filosofia, essendo la più alta e compiuta manifestazione dell'Assoluto, non può essere presente in ogni stadio del pensiero umano, ma solo alla fine del percorso, quando la realtà è già compiuta e non vi è più nulla da trasformare. Si tratta di rendere sistematico e organico il processo descrittivo di "ricapitolazione"<ref>Anna Giannatiempo Quinzi, ''Il "cominciamento in Hegel"''. Edizioni di Storia e Letteratura, 1983 pag. 210 e sgg.</ref>. Ecco dunque che la filosofia altro non deve se non ''giustificare''.<ref>Ubaldo Nicola, ''Antologia di filosofia. Atlante illustrato del pensiero'', Giunti Editore, 2003 p.355 e sgg.</ref>
Ad ogni modo, anche se si ammette l'esistenza dell'[[accidente|accidentale]] nella natura e nella storia, la trama [[essenza (filosofia)|essenziale]] del mondo, gli aspetti che con­tano nell'[[universo]], restano, per Hegel, razionali e necessari. E se il reale è razionale, per Hegel la [[filosofia]] deve sostanzialmente accettare la realtà presente, senza contrapporre ad essa degli [[ideale|ideali]] alternativi (poiché la realtà, sostanzialmente, è già come deve essere). Compito della filosofia è prendere atto della realtà storica e giustificarla con la ragione.
 
Ad ogni modo, anche se si ammette l'esistenza dell'[[Accidente (filosofia)|accidentale]] nella natura e nella storia, la trama [[essenza (filosofia)|essenziale]] del mondo, gli aspetti che contano nell'[[universo]], restano, per Hegel, razionali e necessari. E se il reale è razionale, per Hegel la [[filosofia]] deve sostanzialmente accettare la realtà presente, senza contrapporre ad essa degli ideali alternativi (poiché la realtà, sostanzialmente, è già come deve essere). Compito della filosofia è prendere atto della realtà storica e giustificarla con la ragione.
In par­ticolare, la filosofia del [[diritto]] deve mostrare la razionalità, e cioè la positività, dell'epoca attuale e delle sue istituzioni politiche, per esempio dello Stato.
Hegel afferma che ''«la filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero»''. La filosofia non può superare la propria età, non può prevedere il futuro; non dev'essere promotrice di progresso, non deve annunciare nuove epoche. La filosofia cerca, invece, di comprendere il presente, e di dimostrarne, con la riflessione, l'intrinseca necessità.
 
In particolare, la filosofia del [[diritto]] deve mostrare la razionalità, e cioè la positività, dell'epoca attuale e delle sue istituzioni politiche, per esempio dello Stato.
La filosofia non ha il compito di trasformare la società, di determinarla o guidarla, ma di spiegarla.
Hegel afferma che ''«la filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero»''. La filosofia non può superare la propria età, non può prevedere il futuro; non dev'essere promotrice di progresso, non deve annunciare nuove epoche. La filosofia cerca, invece, di comprendere il presente, e di dimostrarne, con la riflessione, l'intrinseca necessità.
La filosofia, però, può spiegare la realtà solo al termine del suo processo di realizzazione. Infatti, un periodo storico può essere pienamente compreso solo al termine del suo sviluppo, quando ha espresso tutte le sue potenzialità.
 
La filosofia non ha il compito di trasformare la società, di determinarla o guidarla, ma di spiegarla.
Hegel sostiene che la filosofia è simile all'uccello sacro a [[Minerva]] (la [[civetta]]) che inizia il suo volo solo al [[crepuscolo]], quando il sole è già tramontato. Hegel, con questa metafora, vuole dire che la filosofia sorge quando una civiltà ha ormai compiuto il suo processo di formazione e si avvia al suo declino. Così, al tramonto degli stati [[Ionia|ionici]] nell'[[Asia Minore]] sor­ge la filosofia ionica. Con la decadenza di Atene nasce la filosofia di Platone e di Aristotele. A Roma la filosofia si diffonde solo al tramonto della [[Repubblica Romana|repubblica]] e col regime [[dittatura|dittatoriale]] degli [[imperatore|imperatori]], ecc.
La filosofia, però, può spiegare la realtà solo al termine del suo processo di realizzazione. Infatti, un periodo storico può essere pienamente compreso solo al termine del suo sviluppo, quando ha espresso tutte le sue potenzialità.
 
Hegel sostiene che la filosofia è simile alla Nottola di Minerva<ref>Hegel, Prefazione ai ''Lineamenti di filosofia del diritto''</ref> (una specie di [[Athene noctua|civetta]], uccello sacro alla dea [[Minerva]] ([[Atena]]), la quale nasce dal cervello di Giove e rappresenta la sapienza) che inizia il suo volo solo al [[crepuscolo]], quando il sole è già tramontato. Hegel, con questa metafora, vuole dire che la filosofia sorge quando una civiltà ha ormai compiuto il suo processo di formazione e si avvia al suo declino. Così, al tramonto degli stati [[Ionia|ionici]] nell'[[Asia Minore]] sorge la filosofia ionica. Con la decadenza di Atene nasce la filosofia di Platone e di Aristotele. A Roma la filosofia si diffonde solo al tramonto della [[Repubblica Romana|repubblica]] e col regime [[dittatura|dittatoriale]] degli [[imperatore|imperatori]], ecc.
 
=== La dialettica ===
L'Assoluto, per Hegel, è fondamentalmente il [[divenire]]. La legge che regola tale divenire - e cioè la legge dell'Assoluto - è la ''dialettica''.<ref>Ubaldo Nicola, ''op.cit.'', p.358 e sgg.</ref> La dialettica è in primo luogo la [[legge]] della [[razionalità]], cioè il principio universale che fissa i rapporti fra i [[concetto|concetti]] opposti del pensiero. Ma la dialettica è anche la legge della [[realtà]], cioè chiave stessa dell'[[universo]], dato che la realtà (la [[natura]] e il mondo umano della [[storia]]) è una manifestazione della razionalità. La dialettica è una proprietà dei pensieri e una proprietà delle cose. Anche il mondo, in ogni sua parte, nella natura e nella storia, porta le tracce di questa legge.
 
Il concetto di dialettica, nella tradizione filosofica, ha ricevuto significati diversi. Per [[Immanuel Kant|Kant]], dialettica è l'attività della ragione che si dibatte in insanabili contraddizioni quando abbandona il terreno dell'[[esperienza]]. Per [[Johann Gottlieb Fichte|Fichte]] dialettico è lo sviluppo dell'Io che procede attraverso tre momenti: uno positivo (tesi), uno negativo di opposizione (antitesi), e uno di conciliazione degli opposti tramite limitazione (sintesi).
 
Hegel riprende la concezione triadica fichtiana secondo cui i rapporti fra i concetti si articolano in tre momenti (tesi, antitesi e sintesi). Questi termini, però non compaiono in Hegel<ref>«Terry Pinkard ha definito il "''perdurante mito''" "''di un sistema hegeliano consistente in un bizzarro triumvirato formale, composto da Tesi, Antitesi e Sintesi (termini che Hegel non usa mai e che equivocano completamente il suo pensiero)''". Il mito risale al filosofo tedesco Heinrich Moritz Chalybäus (1796-1862) che nelle sue non molto note opere propose un’interpretazione divulgativa della dialettica hegeliana (fondamentalmente, i tre momenti della logicità chiariti da Hegel nei §§ 79-82 dell’''Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio'') destinata a un grande successo» (in Alessandro Bellan, ''Un mito sulla Scienza della logica'', ''Prismi&nbsp;– Pensieri filosofici'', 2009)</ref><ref>Il testo di Chalybäus a cui si riferisce Pinkard è ''Historische Entwicklung der spekulativen Philosophie von Kant bis Hegel'', Dresden-Leipzig (1837), p. 367 della quarta edizione (1848).</ref>, che preferisce i termini di natura ontologica (e di estrazione teologica): in sé (an sich), per sé (für sich), e in sé e per sé (an sich und für sich). È pertanto un linguaggio un po' più complesso che nell'[[Enciclopedia delle scienze filosofiche]] è così spiegato:
Hegel riprende la concezione triadica fichtiana secondo cui i rapporti fra i concetti si articolano in tre momenti (tesi, antitesi e sintesi). Questi termini, però, Hegel li usa poche volte, preferendo un linguaggio un po' più complesso:
*il 1°º momento è definito intellettivo astratto, o l'idea in sé (studiata dalla logica)
*il 2°º momento è definito razionale negativo o dialettico, o l'idea fuori di sé (studiata dalla filosofia della natura)
*il 3°º momento è definito razionale positivo o speculativo., o l'idea in sé e per sé (studiata dalla filosofia dello spirito)
 
====Il momento intellettivo astratto====
Il 1°º momento ''intellettivo astratto'' consiste nel considerare i concetti opposti del pensiero come del tutto distinti e separati gli uni dagli altri. Questo modo di pensare i concetti opposti, come sussistenti di per sé e senza influenze reciproche (il bene distinto dal male, la vita dalla morte, ecc.), è opera dell'[[intelletto]] (Verstand), che si lascia guidare dal principio di identità e di [[principio di non-contraddizione|non contraddizione]], secondo cui ogni cosa è uguale a se stessa ed è assolutamente diversa dalle altre.
 
Per l'intelletto (Verstand), ad esempio, il bene è bene e basta, e per esistere non ha bisogno che di se stesso, la vita è vita e basta, ecc. Si tenga presente che per Hegel l'intelletto è la facoltà del dividere, del classificare, che separa e irrigidisce i concetti. La ragione (Vernunft), invece, è la facoltà che li mette in movimento e ne coglie l'unità.
 
L'intelletto è il [[astrazioneAstrazione (filosofia)|pensiero astratto]], la ragione è il pensiero concreto.
 
====Il momento razionale negativo====
Nel 2°º momento ''razionale negativo o dialettico'', interviene appunto la ragione, che mette in evidenza i limiti dell'intelletto: infatti la ragione dimostra che ogni concetto, per essere compreso, non dev'essere isolato da tutti gli altri, ma, al contrario, va messo in relazione con la sua negazione, col suo opposto e l'opposizione per Hegel è la molla della realtà: il bene, per essere compreso, va messo in relazione collcon l'esperienza concreta del male, ecc.
 
Infatti, il bene è tale solo in rapporto al male: chi non conosce il male non conosce nemmeno il bene. Per spiegare ciò che una cosa è bisogna chiarire ciò che essa non è. Secondo Hegel, se isoliamo totalmente un concetto dal suo opposto, questo concetto perde di significato e addirittura si confonde e si rovescia nel suo opposto.
====Il momento razionale positivo====
Nel 3° momento, ''razionale positivo o speculativo'', la ragione si rende conto che ogni coppia di idee opposte si trova sempre contenuta in un'altra idea superiore che ne rappresenta la sintesi, ossia la loro correlazione. L'idea del vendere è l'opposto di quella del comprare, ma l'una non può sussistere senza l'altra, ed entrambe sono contenute nell'idea del [[commercio]] (sintesi) che le mette in correlazione.
Il terzo momento è detto anche della ''negazione della negazione'', giacché in esso gli opposti vengono negati nella loro negatività (cioè nella loro separazione) e affermati nella loro unità in un concetto superiore. Il terzo momento è detto anche del ''superamento'', parola italiana che traduce il tedesco ''Aufhebung'', che, in realtà, ha due significati: 1° togliere via, 2° conservare. Infatti nel terzo momento gli opposti sono tolti dal loro isolamento e conservati nella loro unità.
 
===Il momento razionale positivo===
Ma la sintesi, a sua volta, diviene tesi di una successiva [[triade]], e così via. In tal modo lo spirito passa da sintesi particolari a sintesi sempre più vaste. Ad esempio, il mercato è solo una delle componenti di una sintesi più vasta, la società, e questa di una sintesi ancora più ampia, lo Stato, ecc.
Nel 3º momento, ''razionale positivo o speculativo'', la ragione si rende conto che ogni coppia di idee opposte si trova sempre contenuta in un'altra idea superiore che ne rappresenta la sintesi, ossia la loro correlazione. L'idea del vendere è l'opposto di quella del comprare, ma l'una non può sussistere senza l'altra, ed entrambe sono contenute nell'idea del [[commercio]] (sintesi) che le mette in correlazione.
 
Il terzo momento è detto anche della ''negazione della negazione'', giacché in esso gli opposti vengono negati nella loro negatività (cioè nella loro separazione) e affermati nella loro unità in un concetto superiore. Il terzo momento è detto anche del ''superamento'', parola italiana che traduce il sostantivo tedesco "Aufhebung", dal verbo [[Aufheben]]. Questo in realtà, ha tre significati etimologici: 1º "togliere" (auf), 2º "sollevare/raccogliere", 3º "conservare superando" (hebung). Infatti nel terzo momento gli opposti sono tolti dal loro isolamento e conservati nella loro unità per il superamento.
Il processo dialettico per Hegel non è, però, a sintesi aperta, ma a sintesi chiusa. Se il processo fosse aperto, cioè se non si concludesse mai, l'Assoluto non avrebbe mai il pieno possesso di se stesso. Di conseguenza, Hegel opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, cioè per una dialettica che ha un ben preciso punto di arrivo (lo Spirito Assoluto). Pertanto, solo la sintesi finale è propriamente il Vero. La Verità definitiva si comprende solo alla fine del processo dialettico, quando ne abbiamo percorso tutte le articolazioni.
 
Ma la sintesi, a sua volta, diviene tesi di una successiva triade, e così via. In tal modo lo spirito passa da sintesi particolari a sintesi sempre più vaste. Ad esempio, il mercato è solo una delle componenti di una sintesi più vasta, la società, e questa di una sintesi ancora più ampia, lo Stato, ecc.
 
Il processo dialettico per Hegel non è, però, a sintesi aperta, ma a sintesi chiusa. Se il processo fosse aperto, cioè se non si concludesse mai, l'Assoluto non avrebbe mai il pieno possesso di se stesso. Di conseguenza, Hegel opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, cioè per una dialettica che ha un ben preciso punto di arrivo (lo Spirito Assoluto). Pertanto, solo la sintesi finale è propriamente il Vero. La Verità definitiva si comprende solo alla fine del processo dialettico, quando ne abbiamo percorso tutte le articolazioni.
 
===La logica hegeliana e quella aristotelica===
 
[[File:Dialettica hegeliana.png|upright=1.4|thumb|Mentre la logica classica partiva da un punto A del tutto ''a priori'' rispetto all'esito del ragionamento (B), nella dialettica hegeliana il flusso logico che va da A a B, dove questo antiteticamente contraddice ma non annulla (''[[aufheben]]''), spinge ad arricchire la tesi iniziale in una sintesi onnicomprensiva (C).<ref>Nel formulare la sua ''Logica'', Hegel respingeva come irrazionale qualsiasi forma di trascendenza o di concetto ''a priori'' che non potesse essere a sua volta dimostrato, e costruì pertanto una dialettica a spirale dove ogni princìpio iniziale trovi giustificazione, su un piano immanente, alla fine del percorso dimostrativo, in una sintesi che è l'avvio di un ulteriore circolo. Gli studi condotti da [[Kurt Gödel|Gödel]] nel XX secolo hanno tuttavia dimostrato l'inconsistenza logica dei ragionamenti circolari, in cui si presume che la verità del sistema possa venire dimostrata dall'interno del sistema stesso (cfr. ''[[Teoremi di incompletezza di Gödel|Teoremi di incompletezza]]'').</ref>]]
La logica [[dialettica]] di Hegel è diversa dalla logica [[Aristotele|aristotelica]]. Questa aveva per suoi princìpi fondamentali il [[Aristotele|principio di identità]] e quello di non contraddizione, secondo cui gli opposti non possono mai stare insieme. Invece, per Hegel il reale è proprio un insieme (una sintesi) di opposti. La logica aristotelica, dunque, non serve; o, per meglio dire, è la logica dell'[[intelletto]], non della ragione.
La logica [[dialettica]] di Hegel è diversa dalla logica [[Aristotele|aristotelica]]<ref>{{Cita web |url=http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/In_229.htm |titolo=''EMSF Rai'', Leo Lugarini, ''Introduzione alla scienza della logica di Hegel'' |accesso=19 dicembre 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20151222083242/http://www.emsf.rai.it/dati/interviste/In_229.htm |dataarchivio=22 dicembre 2015 |urlmorto=sì }}</ref> Questa aveva per suoi princìpi fondamentali il principio di identità e quello di non contraddizione, secondo cui gli opposti non possono mai stare insieme. Invece, per Hegel il reale è proprio un insieme (una sintesi) di opposti. La logica aristotelica, dunque, non serve; o, per meglio dire, è la logica dell'[[intelletto]], non della ragione.
 
Una volta trasferita dal mondo dei concetti a quello della natura e della storia, la dialettica si svolge logicamente. I vari momenti (tesi, antitesi e sintesi) si succedono logicamente gli uni agli altri. Sennonché Hegel pensa che anche nella [[natura]] e nella [[storia]] la sintesi sia sempre il solo momento concreto, mentre tesi e antitesi restano astratti una volta superati. La sintesi è il solo momento concreto perché costituisce il fine che guida lo sviluppo dialettico dei due momenti precedenti che ne costituiscono i passi intermedi e che esistono solo in funzione di essa.
 
La sintesi è [[cronologia|cronologicamente]] ultima ma [[logica]]mente prima. Tutto in modo coerente a ciò che diceva Aristotele, per il quale ciò che è primo al pensiero è ultimo nell'essere, e viceversa.
 
Per esempio, nello sviluppo di una pianta dal seme (tesi), al fiore (antitesi), al frutto (sintesi), è il frutto che guida lo sviluppo dell'organismo e che costituisce il fine verso cui il seme e il fiore tendono. Anche nella realtà naturale e storica lo sviluppo avviene per negazioni: il seme per diventare fiore deve morire, negarsi, ma anche il fiore per diventare frutto (sintesi) deve morire. Analogamente, il bambino diviene adolescente solo se come bambino muore, e l'adolescente diventa adulto negando se stesso. Ogni negazione è un'ulteriore determinazione. Il fiore nega la realtà del seme ma dà senso alla vita del seme, traduce la sua fine in una vita ulteriore e più progredita.
 
La concezione dialettica del mondo elaborata da Hegel è fondamentalmente [[ottimismo|ottimistica]]: infatti anche il momento dell'opposizione (dell'antitesi) è benefico. La vita e la storia dell'uomo sono indubbiamente caratterizzate da drammi, fratture, contrasti e contraddizioni; tuttavia tali fratture sono necessarie, altrimenti la vita e la storia stesse verrebbero del tutto meno. Se il seme non “morisse” in quanto seme, non si trasformerebbe in fiore e non ci sarebbe sviluppo. Il negativo è l'ostacolo su cui si esercita la [[libertà]] dell'uomo e il [[progresso (filosofia)|progresso]] dell'umanità.
 
Il divenire dell'identità viene rappresentato da Hegel con esempi e in termini più generali, con una notazione letterale, tipica del rigore matematico. Aristotele, fondatore della logica, era solito a sua volta rappresentare i concetti di logica con delle lettere, e con tale simbologia enunciava le proprietà riflessiva, simmetrica e transitiva degli enti.
 
L'identità dell'identico e del diverso permea tutta la matematica e le scienze. <br />
Hegel mostra non solo la valenza di quelle proprietà, ma che una qualunque identità del tipo "A = B", non è mai un'identità statica, ma un'identità dinamica, che diviene nel tempo (tesi: A = A; antitesi: B != A, B= (!A); sintesi: A = (!A)).
Nella Fenomenologia dello Spirito, Hegel esemplifica che quando scriviamo "A = B" stiamo affermando un'identità dell'identico e del diverso: con due lettere "A" e "B" indichiamo due enti-idee diversi (in quanto due) e allo stesso tempo uguali, a meno di ammettere che "A" e "B" sono semplicemente parole vuote di significato, due nomi per la stessa realtà e che ogni uguaglianza è una [[tautologia]] inutile all'essere e al limite al pensiero, vale a dire un io che diviene cosciente che due parole che credeva differenti in realtà sono sinonimi per la stessa realtà. <br />
L'identità "A = B" non è la presa di coscienza di una realtà statica, preesistente e persistente a chi la scopre, che porta a accorgersi in un secondo momento che le realtà fisiche sottostanti a due parole "A" e "B", magari non simili a prima vista, sono le stesse. <br />
L'identità "A = B" è un processo dinamico in cui le parole "A" e "B" sono sinonimi intercambiabili ''soltanto nel momento di sintesi'', per tornare poi a divergere e contrapporsi. Nel primo caso, dopo questa presa di coscienza, la persona è libera di impoverire il suo linguaggio e il suo pensiero, usando solo uno dei due termini che sono intanto equivalenti, e dimenticando l'altro; né è libera di cancellare il percorso che ha portato a notare l'identità, perché tale insieme di passaggi non è una mera costruzione mentale, è un divenire dell'essere: non si deve perdere la dialettica, se non si vuole perdere l'oggetto
 
Hegel mostra non solo la valenza di quelle proprietà, ma che una qualunque identità del tipo "A = B", non è mai un'identità statica, ma un'identità dinamica, che diviene nel tempo (tesi: A = A; antitesi: B'= A, B= (A'); sintesi: A = (A')). Indicando i due termini dell'eguaglianza non con un'unica lettera A, ma con due "A" e "B", è implicita una differenza fra i due termini, che resta ''[[aufheben]]'' come tolta nella sintesi, in cui "A" è identico al suo diverso "A'". La sintesi è logicamente prima perché rappresenta alla coscienza anche i due successivi momenti dell'identità riflessiva, e della manifestazione e della contrapposizione col diverso al proprio interno ("B" è anche uguale ad "A").
 
==L'ultimo Hegel==
Nella visione dialettica della realtà di Hegel, il male, l'antitesi, il negativo, la tragicità della vita sono sempre risolti dalla positività della sintesi finale ottenuta tramite la ragione, che nega la negazione e quindi riafferma il bene a un grado più elevato.
 
Andando oltre la [[teodicea]] di [[Leibniz]], secondo Hegel il male presente in ogni aspetto dell'esistenza, il [[pantragismo]], rientra nell'[[ottimismo]] dialettico in cui la negatività viene conservata e superata dalla sintesi della razionalità, il [[panlogismo]].
 
Invece nel pensiero dell'ultimo Hegel sorge una drastica dissociazione da questo processo dialettico che, mediante il ''logico'', neutralizzerebbe il ''tragico'' rendendolo giustificabile e quindi giusto ([[pangiustificazionismo]]).
 
Infatti, nella famosa sezione dedicata all'"[[astuzia della Ragione]]" (''List der Vernunft''), nella "Introduzione" alle ''[[Lezioni sulla filosofia della storia]]'' ([[1837]]), Hegel distingue
* l'[[alienazione#Hegel|alienazione]] (''Entäusserung'') dello Spirito assoluto, che è riconciliabile (''Versöhnung'') con se stesso, e
* l'[[estraniazione]] (''Entfremdung'') dello spirito soggettivo e personale, il quale invece non ne può ricavare alcuna consolazione e conforto.
 
L'ottimistica visione esistenziale svanisce davanti alla constatazione del persistere della [[coscienza infelice]] nelle singole [[Soggetto (filosofia)|soggettività]] in preda dell'Assoluto, vittime passive d'un [[fatalismo]] storico che sfrutta gli individui per il suo presunto progresso [[provvidenza|provvidenziale]].<ref>[[Paul Ricœur]], ''Il male. Una sfida alla filosofia e alla teologia'', ed. or. 1986, trad. it. Brescia, Morcelliana, 1993, pp. 35-38. ISBN 8837215207; ISBN 9788837215200.</ref> Così Hegel finisce col sostenere che «La storia non è il terreno della felicità. I periodi di felicità sono in essa pagine vuote»<ref>(''Lezioni sulla filosofia della storia'', Introduzione generale, II, 2 a - L'individualità) [https://archive.is/20121124144839/dizionari.corriere.it/dizionario-citazioni/S/storia.shtml ''citazione''] su dizionari.corriere.it.</ref> e con il parlare di ''[Geschichte als] Schlachtbank'', del «[banco da] mattatoio della storia».<ref>''Lezioni sulla filosofia della storia'', p. 57 ss. Cfr. [http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaH/Hegel_01.htm ampio stralcio] su filosofico.net.</ref>
 
==Note==
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==Bibliografia==
===Opere maggiori di Hegel con relativa traduzione italiana===
* ''Scritti teologici giovanili'', a cura di Edoardo Mirri, Napoli, Guida, 1972 (traduzione dell'edizione curata da Herman Nohl nel 1907).
* ''[[Fenomenologia dello spirito]]'', a c. di E. De Negri, Firenze, [[1933]], numerose riedizioni.
* ''Scritti giovanili'', a cura di Edoardo Mirri, Napoli-Salerno, Orthotes, 2015 (traduzione dei primi due volumi dell'edizione critica (Gesammelte Werke) delle Opere di Hegel).
* ''[[La scienza della logica]]'', a c. di A. Moni, Bari, [[1924]], numerose riedizioni.
* ''[[EnciclopediaPrimi dellescritti scienze filosofiche in compendiocritici]]'', a c. di B.Remo CroceBodei, BariMilano, Mursia, [[19071971]], numerose riedizioni.
* ''[[LineamentiFilosofia di filosofiadello delspirito dirittojenese]]'', a c. di F.Giuseppe MessineoCantillo, Bari, [[1913]], nuova edizione a c. di A. PlebeLaterza, [[19541984]], numerose riedizioni.
* ''[[Fenomenologia dello spirito]]'', a c. di [[Enrico De Negri]], Firenze, La Nuova Italia, [[1933]].
* ''[[Introduzione alla storia della filosofia]]'' ([[1818]])
* ''Fenomenologia dello spirito'', testo a fronte, trad. di Vincenzo Cicero, Milano, Bompiani, [[1995]].
* ''Fenomenologia dello spirito'', a c. di Gianluca Garelli, Torino, Einaudi, [[2008]].
* ''[[La scienza della logica]]'', a c. di A. Moni, Bari, Laterza, [[1924]].
* ''[[Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio]]'', a c. di B. Croce, Bari, Laterza, [[1907]].
* ''[[Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1830)]]'', a c. di Vincenzo Cicero, Milano, Bompiani, [[2000]].
* ''[[Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio]]'', con le aggiunte a cura di L. von Henning, K. L. Michelet e L. Boumann, Torino, UTET, 1981-2002 (tre volumi).
* ''[[Lineamenti di filosofia del diritto]]'', a c. di Giuliano Marini, Bari, Laterza, 1987 (nuova edizione riveduta 1999.
* ''[[Lineamenti di filosofia del diritto]]'', a c. di Vincenzo Cicero, Milano, Rusconi, [[1996]].
* ''[[Estetica]]'' a cura di Nicolao Merker, traduzione dal tedesco di N. Merker e Nicola Vaccaro, Milano, Feltrinelli, [[1963]].
* ''[[Lezioni sulla filosofia della religione]]'', a c. di Elisa Oberti e Gaetano Borruso, Bologna, Zanichelli, [[1974]].
* ''[[Lezioni sulla filosofia della storia]]'', a c. di Guido Calogero e Corrado Fatta, Firenze, La Nuova Italia, 1941-1963, 4 vol.
* ''[[Lezioni sulla storia della filosofia]]'', a c. di E. Codignola e G. Sanna, Firenze, La Nuova Italia, 1930-1944, 4 vol.
 
=== Saggi su Hegel ===
*AA. VV., ''Interpretazioni hegeliane'', Firenze, La Nuova Italia, 1980.
 
*Emiliano Alessandroni, ''Potenza ed eclissi di un sistema. Hegel e i fondamenti della trasformazione'', Mimesis, Milano 2016.
*Benedetto Croce, ''Saggio sullo Hegel'', Bibliopolis, Napoli,[[2006]]
*[[Giuseppe Bedeschi]], ''Hegel'', Laterza, [[Bari]] [[1993]].
*Karl Lowith, ''Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria nel pensiero del secolo XIX'', Torino, Einaudi, [[1949]]
*[[Ernst Bloch]], ''Soggetto - oggetto. Commento a Hegel'', Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1975.
*Giorgy Lukàcs, ''Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica'', Einaudi, [[1960]]
*Jean[[Remo WahlBodei]], ''LaSistema coscienzaed infeliceepoca nella filosofia diin Hegel'', Milano,Il ILIMulino, [[1971]] Bologna 1975.
*[[Claudio Cesa]] (a cura di), ''Guida a Hegel'', Laterza, Roma-Bari 2004.
*Jean Hyppolite, ''Genesi e struttura della Fenomenologia dello Spirito di Hegel'', Firenze, La nuova Italia, [[1972]]
*[[Benedetto Croce]], ''Saggio sullo Hegel'', Bibliopolis, Napoli, 2006.
*Ernst Bloch, ''Soggetto - oggetto. Commento a Hegel'', Il Mulino, Bologna, Il Mulino, [[1975]]
*[[Gianfranco Dalmasso]], ''Hegel probabilmente'', Jaca Book, Milano, 2015.
*AA. VV., ''Interpretazioni hegeliane'', Firenze, La Nuova Italia, [[1980]]
*Alexandre[[Enrico KojèveDe Negri]], ''Introduzione alla letturaInterpretazione di Hegel''., MilanoFirenze, AdelphiSansoni, [[1996]]1943.
*[[Cornelio Fabro]], ''La prima riforma della dialettica hegeliana'', Editrice del Verbo Incarnato, Segni (RM) 2004.
*Martin Heidegger, "Il concetto Hegeliano di esperienza", in "Sentieri interrotti", La nuova italia, Milano 1999.
*[[Martin Heidegger]], "HegelIl econcetto ihegeliano grecidi esperienza", in "Segnavia"''[[Sentieri interrotti]]'', AdelphiLa nuova Italia, Milano 20021999.
*Martin Heidegger, "''La fenomenologia dello spirito di Hegel"'', Guida, Napoli 2000.
*Martin Heidegger, "Colloquio sulla dialettica", in "''Archivio di filosofia"'', LXVIII, /2000, /1-3.
*Martin Heidegger, "Hegel e i greci", in ''[[Segnavia (Heidegger)|Segnavia]]'', Adelphi, Milano 2002.
*Remo Bodei, "Sistema ed epoca in Hegel", Il Mulino, Bologna 1975.
*[[Dieter Henrich]], ''Hegel im Kontext'', Suhrkamp, Frankfurt a.M., 1981.
*AAVV, "La logica di Hegel e la storia della filosofia", Edizioni AV, Cagliari 1996.
*[[Sidney Hook]], "Da Hegel a Marx", Sansoni, Firenze, 1972.
*Cesa, Claudio (a cura di) - "Guida a Hegel", Laterza, Roma-Bari 2004.
*Vittorio Hösle, ''Il sistema di Hegel: l'idealismo della soggettività e il problema della intersoggettività'', Napoli, La Scuola di Pitagora, 2012.
*Fabro, Cornelio - "La prima riforma della dialettica hegeliana", Editrice del Verbo Incarnato, Segni (RM) 2004.
*[[Jean Hyppolite]], ''Genesi e struttura della Fenomenologia dello Spirito di Hegel'', Firenze, La nuova Italia, 1972.
*Henrich, Dieter - "Hegel im Kontext", Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1981
*[[Alexandre Kojève]], ''Introduzione alla lettura di Hegel''. Milano, Adelphi, 1996.
*Lugarini, Leo - "Hegel. Dal mondo storico alla filosofia", Guerini e associati, Napoli 2000.
* [[Domenico Losurdo]], ''Hegel e la libertà dei moderni'', Roma, Editori Riuniti, 1972.
*Vitiello, Vincenzo - "Dialettica e ermeneutica", Guida, Napoli 1976.
* Domenico Losurdo, ''Hegel. Questione nazionale, restaurazione. Presupposti e sviluppi di una battaglia politica'', Università degli Studi, Urbino 1983.
*Bedeschi, Giuseppe - "Hegel", Laterza, [[Bari]] [[1993]].
* Domenico Losurdo, ''Tra Hegel e Bismarck. La rivoluzione del 1848 e la crisi della cultura tedesca'', Editori Riuniti, Roma 1983.
* Domenico Losurdo, ''La catastrofe della Germania e l'immagine di Hegel'', Guerini, Milano 1987.
* Domenico Losurdo, ''Hegel, Marx e la tradizione liberale. Libertà, uguaglianza, Stato'', Editori Riuniti, Roma 1988.
*Domenico Losurdo, ''L'ipocondria dell'impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi,'' Milella, Lecce 2001.
*[[Karl Löwith]], ''Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria nel pensiero del secolo XIX'', Torino, Einaudi, 1949.
* Leo Lugarini, ''Orizzonti hegeliani di comprensione dell'essere. Una rilettura della scienza della logica'', Guerini e Associati, 1998.
* Leo Lugarini, ''Hegel. Dal mondo storico alla filosofia'', Guerini e associati, Napoli 2000.
*[[György Lukács]], ''Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica'', Einaudi, 1960.
* Alexander Magee, ''Hegel e la tradizione ermetica'', Edizioni Meditarrenee, 2013.
* ̪[[Herbert Marcuse]], ''Ragione e rivoluzione: Hegel e il sorgere della teoria sociale'', Il Mulino, Bologna, 1997.
* Arturo Massolo, ''Logica hegeliana e filosofia contemporanea'', Giunti Marzocco, Firenze 1967.
* [[Costanzo Preve]], ''Hegel Marx Heidegger'', C.R.T., Pistoia 1999.
* Costanzo Preve, ''Hegel antiutilitarista'', Settimo Sigillo, Roma 2007.
* Michael Quante, ''La realtà dello spirito: studi su Hegel'', Milano Franco Angeli, 2016.
* [[Luigi Ruggiu]], ''Lo spirito è tempo''. Saggi su Hegel, Milano, Mimesis, 2013.
* Herbert Schnädelbach, ''Hegel'', Bologna, Il Mulino, 2002.
* Livio Sichirollo, ''Ritratto di Hegel'', Manifestolibri, Roma 1996.
* Livio Sichirollo, ''Hegel e la tradizione'', Guerini e Associati, Napoli 2002.
* [[Vincenzo Vitiello]], ''Dialettica e ermeneutica'', Guida, Napoli 1976.
* [[Jean Wahl]], ''La coscienza infelice nella filosofia di Hegel'', Milano, ILI, 1971.
 
==Voci correlate==
*[[Il pensiero di Hegel]]
*[[Idealismo tedesco]]
*[[Fenomenologia dello spirito]]
*[[La vita di Gesù]]
*[[Scienza della logica]]
*[[Uno (filosofia)]]
 
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