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{{nota disambigua||Quaestiones}}
Le '''''quaestiones''''' erano esercitazioni [[scolastica (filosofia)|scolastiche]] della [[filosofia medievale]] con le quali i professori testavanomettevano alla prova la preparazione degli [[studente|studenti]] su problemi [[teologia|teologici]] o riguardanti le [[categoria (filosofia)|categorie]] del [[diritto romano]].<ref name=Schönberger>Rolf Schönberger, [https://books.google.it/books?id=2-5KEawi7YMC&pg=PA47#v=onepage&q&f=false ''La scolastica medievale: cenni per una definizione'', pag. 47], Milano, Vita e Pensiero, 1997.</ref>
 
Tali questioni, più che domande, erano un modo di procedere logicamente a partire da un'[[aporia]] o una [[contraddizione]] all'interno di un argomento.<ref name=Schönberger/> Secondo Bernhard Geyer, la ''quaestio'' era «la forma caratteristica in cui la Scolastica pensa ed espone ciò che pensa»,<ref name=Geyer>B. Geyer, ''Der Begriff der scholastischen Theologie'', Bonn, Schroeder, 1926, pag. 113.</ref> trattandosi del «prodotto più caratteristico del pensiero medioevale».<ref name=Geyer/>
 
==Metodo pedagogico==
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Il [[professore]] presentava un ''casus'' (''lectio''), molto spesso preso direttamente dalla [[realtà]], con il quale la classe si doveva cimentare dando fondo alle proprie conoscenze sul diritto romano. La ''quaestio'' si apriva con la presentazione della controversia, poi seguita dalle argomentazioni (''[[disputatio]]'') a favore dell'una o dell'altra parte.
 
Qui iniziava la fase dialettica, in cui gli studenti facevano le loro osservazioni basate sul diritto romano sotto la supervisione del professore (''magister''). Quest'ultimo presentava infine la ''solutio'', ovvero la soluzione più giusta del caso, o almeno quella che riteneva tale.
 
In ogni caso, egli non si limitava a dare ragione o torto ai gruppi contrapposti di studenti, ma semmai delimitava l'ambito di validità delle tesi che entrambe le fazioni potevano ritenere valide in senso assoluto.{{#tag:ref|Questo procedimento del ''magister'', che lo portava riconoscere una parte di verità in entrambi i contendenti, veniva denominato ''delimitatio magistralis''.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Mosè Cometta|titolo=Educazione: tra Peitó e Bía|rivista=Alia|volume=1|numero=2|pp=31-40|data=febbraio 2018|oclc=9523846923|formato=PDF|lingua=en|issn=2014-203X |url=https://doaj.org/article/d587ca8d409d40e68ddba3c3e32e4e84}}</ref>}}
== Uso ==
Queste ''quaestiones'', di frequente, venivano raccolte in [[manuale|manuali]] che venivano usati da altri professori, ma anche da [[Avvocato|avvocati]] che, in questi, ricercavano soluzioni per i loro casi. Ne sono un esempio le ''[[Questiones disputatae de veritate]]''.
 
== Uso ==
San [[Tommaso d'Aquino]], mostrando un pieno rispetto per i propri allievi, svolgeva il ruolo di maestro dirimente (''magister determinans''). Al ''[[magister]]'' era riconosciuta l'autorità della cultura e la sua superiore [[autorevolezza]]; questi non si limitava a dare ragione o torto ad uno dei due gruppi di studenti che partecipavano alla disputa, bensì sosteneva che una parte di verità risiedeva in entrambi i contendenti e che doveva essere limitato l'ambito di validità delle loro tesi che i gruppi tendevano a ritenere valide in senso generale. Gli allievi erano guidati, secondo la [[maieutica]], verso l'espressione piena della propria sensibilità rispetto alla verità.<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Mosè|cognome=Cometta|data=2018-02-01|titolo=Educazione: tra Peitó e Bía|rivista=Alia|volume=1|numero=2|pp=31–40|lingua=en|accesso=2024-11-14|url=https://doaj.org/article/d587ca8d409d40e68ddba3c3e32e4e84}}</ref>
QuesteLe ''quaestiones'', di frequente, venivano raccolte in [[manuale|manuali]] che venivano usati da altri professori, ma anche da [[Avvocato|avvocati]] che, in questi,essi ricercavano soluzioni per i loro casi. Ne sono un esempio le ''[[Questiones disputatae de veritate]]''.
 
==Note==
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* {{Collegamenti esterni}}
 
{{portale|Antica Roma|diritto|filosofia|Medioevo}}
 
[[Categoria:Diritto romano]]