Eraclito: differenze tra le versioni

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|Nome = Eraclito di Efeso
|Cognome =
|PreData = pronuncia alla greca ''Eràclito'' {{IPA|/e'raklitoeˈraklito/}}, alla latina invece ''Eraclìto'' {{IPA|/era'klitoeraˈklito/}}<ref>{{Dipi|Eraclito}}</ref><ref>{{DOP|id=1022647}}</ref><ref>[http://www.corriere.it/Rubriche/Scioglilingua/2005/15luglio.shtml Rubrica Scioglilingua] del ''[[Corriere della Sera]]''</ref>; {{lang-grc|Ἡράκλειτος|Hērákleitos}}, "gloria di [[Era (divinità)|Era]]"<ref>Il nome "Eraclito" (''Herákleitos'') ha lo stesso significato di quello di [[Eracle]], cfr. ''[https://web.archive.org/web/20131224105906/http://www.experiencefestival.com/herakleitos Meaning of Herakleitos]'', in quanto ''Herákles'' è una forma contratta o ipocoristica del nome ''Herákleitos'', composto da ''Hera'' (Era, la dea moglie di [[Zeus]]) e ''kleitos'' ("gloria").</ref> o {{polytonic|Ἡράκλειτος ὁ Ἐφέσιος}}, ''Hērákleitos ho Ephésios'', "Eraclito di Efeso"
|Sesso = M
|LuogoNascita = Efeso
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Della vita di Eraclito si hanno pochissime notizie,<ref>Secondo quanto riportato da Diogene Laerzio ci sarebbero stati cinque Eracliti (''Vite dei filosofi'', IX 17). Secondo la traduzione di Giovanni Reale: «Ci furono cinque Eraclito: il primo è questo del quale ho parlato; il secondo è un poeta lirico, a cui è dovuto l'inno ''Dei dodici dèi''; il terzo è un [[poeta]] [[elegia]]co di [[Alicarnasso]], rivolgendosi al quale Callimaco compose questa poesia: "Mi annunziò un tale... allunga la mano". Il quarto fu uno di [[Lesbo]], che scrisse una ''Storia della [[Macedonia (regione storica)|Macedonia]]''; il quinto fu uno che mescola il serio e il faceto, che prima di fare questo era stato suonatore di [[cetra (antichità classica)|cetra]]» (da ''I presocratici. Prima traduzione integrale...'', ed. cit., p. 363).</ref> mentre della sua opera filosofica sono sopravvissuti, attraverso testimonianze, soltanto pochi frammenti.
 
Nacque in una famiglia [[aristocrazia|aristocratica]]<ref name=ers />; il padre, dal nome incerto (le fonti riportano vari possibili nomi: Bautore, Blosone,<ref>[[Diogene Laerzio]], ''Vite dei filosofi'', IX 1.</ref> Blysone<ref>[[Clemente Alessandrino]], ''Stromata'', I 65.</ref>, Erachione, Erachino<ref>[[Suida]]</ref>, Eraconte<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 1, Secondo traduzione di Giovanni Reale in ''I presocratici. Prima traduzione integrale...'', ed. cit., p. 317</ref> o Eraconto<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 1, Secondo la traduzione di Gabriele Giannantoni in ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti'', p.179.</ref> che, invece, a quanto presentato da Giannantoni si suppose essere il nome del nonno<ref name=ers>«Per un panorama completo dei problemi e delle discussioni moderne su Eraclito, cfr. ZELLER-MONDOLFO, ''La filosofia dei Greci'', cit. I 4. Riguardo alla famiglia di Eraclito, a parte l'incertezza del nome del padre (Blosone e Blisone [cfr. A 3 e 18 A 7]; Eraconte si è supposto essere il nome del nonno), si sa che era di nobile origine e che al suo capo spettava il titolo di βασιλεύς (cfr. A 2): il che può valere a spiegare l'atteggiamento [[Aristocrazia|aristocratico]] di Eraclito e la sua violenta polemica contro il governo [[Democrazia|democratico]] che si instaurò ad Efeso intorno al [[478 a.C.|478]].» (''I Presocratici. Testimonianze e frammenti'', Gabriele Giannantoni, ed. cit., p.179, nota 1)</ref>), era un discendente di Androclo, il fondatore di Efeso, e possedeva mezzo stadio di terra e una coppia di buoi.

Nonostante discendesse da una famiglia di nobile origine, ad Eraclito non interessava né la fama né il potere né la ricchezza; infatti, nonostante in quanto primogenito avesse diritto al titolo onorifico di ''[[basileus]]''<ref name=ers /> (che in greco significava re ed era la massima autorità sacerdotale), rinunciò a esso in favore del fratello minore<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 6.</ref>.
[[File:Heraclitus b 4 compressed.jpg|upright|left|thumb|Busto di filosofo greco, talvolta identificato con Eraclito ([[Roma]], [[Musei capitolini]])]]
 
Quando il [[Impero achemenide|re di Persia]] [[Dario I di Persia|Dario]], dopo aver letto il suo libro ''[[Sulla natura (Eraclito)|Sulla natura]]'', lo invitò a corte promettendogli grandi onori<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 13.</ref>, Eraclito rifiutò la sua proposta, rispondendogli che, mentre "tutti quelli che vivono sulla terra sono condannati a restare lontani dalla verità a causa della loro miserabile follia" (che per Eraclito consiste nel "placare l'insaziabilità dei sensi" e nell'ambizione al potere), lui invece è immune dal desiderio e rifugge ogni privilegio, fonte d'invidia, restando a casa sua e accontentandosi di quel poco che ha. Per il suo distacco dai beni materiali e il disprezzo per il potere e per la ricchezza, Eraclito non piaceva molto agli Efesini, che erano esattamente l'opposto; per questo venne criticato dagli Efesini quando riuscì a convincere il tiranno [[Melancoma]] ad abdicare e ad andare a vivere nei boschi, ad aperto contatto con la natura<ref>Clemente Alessandrino, ''Stromata'', 1, 65.</ref>. Visse in solitudine nel [[Tempio di Artemide (Efeso)|tempio di Artemide]] ove, stando a quanto dice [[Diogene Laerzio]], depose il suo libro, «avendo deciso intenzionalmente, secondo alcuni, di scriverlo in forma oscura, affinché ad esso si accostassero quelli che ne avessero la capacità e affinché non fosse dispregiato per il fatto di essere alla portata del volgo»<ref name=era>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 6. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>. Mentre [[Teofrasto]] sostiene che, a causa del temperamento [[Melanconia|melanconico]] di Eraclito, esso non fu mai portato a termine e fu scritto in modo discontinuo<ref>«Teofrasto sostiene che, a causa del suo temperamento melanconico, egli compose il suo scritto per un verso senza portarlo a termine e per l'altro in modo discontinuo». Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 6. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>. Il testo sempre a quanto presentato da Diogene Laerzio «godette di una tale fama che alcuni se ne fecero seguaci e furono chiamati Eraclitei»<ref name=qua>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 4. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>. La deposizione del libro nel tempio conferma peraltro il suo temperamento aristocratico, essendo un gesto volto a proteggerlo dalla massa degli umani.<ref>[http://www.filosofico.net/eracli.html Eraclito su ''filosofico.net''].</ref> Vivendo per lo più isolato, Eraclito trascorse gli ultimi anni prima della morte sui monti, cibandosi di sole piante, adottando una dieta strettamente [[vegetariana]].<ref>[[Indro Montanelli]], ''Storia dei Greci'', capitolo XI, Eraclito, BUR, 2010 (prima ed. 1959)</ref>
 
Durante l'eremitaggio sui monti, si ammalò di [[idropisia]] e quindi «tornò in città e, in forma di enigma, chiese ai medici se fossero capaci di far sì che dall'inondazione venisse la siccità; e poiché quelli non lo comprendevano, si seppellì in una stalla sotto il calore dello [[sterco]] animale, sperando che l'umore evaporasse». Da qui si raccontano cinque versioni leggermente diverse. Nella prima, «non avendone, neppure così, alcun giovamento, morì dopo essere vissuto sessant'anni.»<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 3. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>. [[Ermippo di Smirne|Ermippo]] presenta invece «ch'egli chiese ai medici se qualcuno fosse capace di essiccare l'umore vuotando gli intestini; alla loro risposta negativa, si distese al sole e ordinò ai ragazzi di ricoprirlo di sterco animale. Stando così disteso, il secondo giorno morì e fu seppellito nella piazza»<ref name="qua"/>. Mentre [[Neante di Cizico]] «dice che era rimasto lì non essendo più riuscito a staccarsi lo sterco di dosso, e che, divenuto irriconoscibile per la deformazione, fu divorato dai cani»<ref name=qua />. È possibile che la causa di morte di Eraclito sia stata proprio l'annegamento nello sterco di mucca<ref>[[Focus (periodico 1992)|Focus]], ''Morte e immortalità n° 41'', p. 64.</ref><ref>Francesco Rende, ''Come la filosofia può salvarti la vita'', 2013, [https://books.google.it/books?id=BSe1hV_U6ykC&pg=PP16&lpg=PP16&dq=eraclito+annegamento&source=bl&ots=gkp39jdz_l&sig=rU9a51WlHpKLkWGbsBVuVwAiyJQ&hl=it&sa=X&ei=whW3UrvzK4PpygOY94HADQ&ved=0CHEQ6AEwCQ#v=onepage&q=eraclito%20annegamento&f=false estratto]</ref>, anche se «[[Aristone di Ceo|Aristone]] nell'opera ''Su Eraclito'' dice che era guarito dall'idropisia e che era morto per un'altra malattia; questo lo afferma anche [[Ippoboto]]»<ref>Diogene Laerzio, ''Vite dei filosofi'', IX 5. Tratto da ''I Presocratici. Testimonianze e frammenti''</ref>.
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=== I migliori e i più ===
[[File:Busto di c.d. eraclito, da villa papiri ercolano, copia romana da orig. del III sec ac., MANN 01.JPG|thumb|upright=0.8|Uno dei busti ritrovati nella [[Villa dei Papiri]] a Ercolano, identificato dapprima come Eraclito, solo più recentemente con [[Empedocle]].<ref>«In tempi più recenti, è stata avanzata l'ipotesi che si tratti di Empedocle di Agrigento (492-432 a.C.). Tale proposta trova conforto sia nella notizia di Diogene Laerzio in merito alla folta chioma del personaggio sia alla specifica collocazione del bronzo all'interno della villa dove faceva ''pendant'' con il bronzo raffigurante Pitagora (inv. 5607), che fu suo maestro» ([http://cir.campania.beniculturali.it/museoarcheologiconazionale/percorso/nel-museo/P_RA26/RIT_RA380/scheda_view ''Museo archeologico Nazionale di Napoli''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160806072044/http://cir.campania.beniculturali.it/museoarcheologiconazionale/percorso/nel-museo/P_RA26/RIT_RA380/scheda_view# |data=6 agosto 2016 }}).</ref>]]
 
{{Citazione| Rispetto a tutte le altre una sola cosa preferiscono i migliori: la gloria eterna rispetto alle cose caduche; i più invece pensano solo a saziarsi come bestie | Clemente Alessandrino, ''[[Clemente alessandrino#.22Miscellanea.22 .28Stromateis.29|Stromateis]]'' (Miscellanea)<ref>In Diels-Kranz 29. Da ''I presocratici. Testimonianze e frammenti'', ed. cit., p. 202, traduzione di Gabriele Giannantoni. Nella traduzione di [[Giovanni Reale]]: «Gli uomini migliori preferiscono una sola cosa a tutte le altre, ossia la gloria eterna alle cose mortali; i più, invece, amano saziarsi come le bestie». In ''I presocratici. Prima traduzione integrale...'', ed. cit., p. 349.</ref> | αἰρεῦνται γὰρ ἓν ἀντὶ ἁπάντων οἱ ἄριστοι, κλέος ἀέναον θνητῶν' οἱ δὲ πολλοὶ κεκόρηνται ὅκωσπερ κτήνεα | lingua=GRC}}