Massacro di Amritsar: differenze tra le versioni

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== Conseguenze ==
Seguirono due mesi di ferree [[legge marziale|leggi marziali]] in tutto il Punjab con violenze e umilianti disposizioni contro gli indiani non appartenenti all'amministrazione.
 
L'accaduto, che s'inseriva nelle tensioni provocate in India dal rifiuto britannico di rispettare le promesse di riforme e autonomia fatte nel corso della prima guerra mondiale, portò l'opinione pubblica indiana su posizioni più marcatamente indipendentiste.
 
Pochi giorni dopo il massacro, il '''Sarbarah''' (il gestore nominato dal governo britannico) del '''Darbar Sahib''' (il Tempio d'Oro) di Amritsar, '''Sardar Arur Singh''', onorò il Generale Dyer conferendogli un '''siropa''' (una sciarpa o veste d'onore) nominandolo simbolicamente '''"Sikh Onorario"''' (altre fonti parlano di una spada o di una miniatura del ''kirpan'') ringraziandolo per aver presumibilmente "salvato" il Punjab da una rivolta. Tuttavia, la stragrande maggioranza della comunità Sikh fu '''inorridita''' e '''offesa''' dal massacro, poiché molti Sikh si trovavano tra le vittime innocenti riunite per la festa Sikh di Baisakhi; l'onore dato a Dyer fu percepito come un '''tradimento sacrilego''' e un oltraggio.<ref>{{Cita pubblicazione|cognome=Free Documentary - History|data=2025-03-04|titolo=Jallianwala Bagh: The Massacre That Shook the British Empire {{!}} Free Documentary History|accesso=2025-09-25|url=https://www.youtube.com/watch?v=BC4wneVEYfc}}</ref>
Alcuni, come i dirigenti religiosi [[sikh]] di Amritsar, che offrirono una medaglia a Dyer, o la stessa [[Annie Besant]], appoggiarono l'operato di Dyer, temendo l'estendersi all'India di una rivoluzione sociale. Altri invece ritennero giunto il momento di passare a movimenti di massa politici e sindacali per imporre al governo coloniale un reale mutamento di rotta. Per il movimento nazionalista indiano, e per quello gandhiano in particolare, il massacro di Amritsar segnò un cruciale punto di svolta.<ref>{{cita news|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/10/19/anche-india-tradisce-elisabetta.html|titolo=Anche l'India tradisce Elisabetta|autore=[[Bernardo Valli]]|pubblicazione=la Repubblica|data=19 ottobre 1997|p=1}}</ref>
 
[[Annie Besant]] tramite il giornale New India di cui era editrice dette grande copertura al massacro chiedendo l'immediata revoca delle misure repressive e l'avvio di un'indagine.
 
Alcuni, come i dirigenti religiosi [[sikh]] di Amritsar, che offrirono una medaglia a Dyer, o la stessa [[Annie Besant]], appoggiarono l'operato di Dyer, temendo l'estendersi all'India di una rivoluzione sociale. Altri invece ritennero giunto il momento di passare a movimenti di massa politici e sindacali per imporre al governo coloniale un reale mutamento di rotta. Per il movimento nazionalista indiano, e per quello gandhiano in particolare, il massacro di Amritsar segnò un cruciale punto di svolta.<ref>{{cita news|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/10/19/anche-india-tradisce-elisabetta.html|titolo=Anche l'India tradisce Elisabetta|autore=[[Bernardo Valli]]|pubblicazione=la Repubblica|data=19 ottobre 1997|p=1}}</ref>
 
Dyer venne fatto dimettere dal suo incarico dal tenente generale Sir Havelock Hudson, che gli disse che era stato sollevato dal suo comando. Più tardi gli fu detto dal comandante in capo dell'India, il generale Sir Charles Monro, di dimettersi ufficialmente.
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