Diomede: differenze tra le versioni
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Diomede passò la giovinezza ad allenarsi nell'arte della guerra insieme ai sei figli degli altri comandanti morti a [[Tebe (città greca antica)|Tebe]], nel desiderio di vendicare la morte del padre, di ridare il trono a suo nonno e di far trionfare così la giustizia. Una volta adulti, Diomede e i suoi compagni furono i sette [[Epigoni]]: indissero la seconda guerra contro Tebe e la vinsero. Durante la guerra però morì il [[Re di Argo#Lignaggio di Biante|Re di Argo]].
=== Re di Argo ===
Quando [[Elena (mitologia)|Elena]], la figlia di [[Zeus]] e [[Leda]], raggiunse l'età da marito, la sua bellezza attirò al palazzo del suo patrigno [[Tindaro]] re e principi di tutta la Grecia che pretesero la sua mano, in cambio di ricchi doni.
Giovane e bello, Diomede, insieme ad altri principi della Grecia, si presentò al palazzo di Tindaro per chiedere Elena in moglie.
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====Diomede e Glauco====
[[File:Jacques-Louis David - The Combat of Diomedes,1776 - Google Art Project.jpg|thumb|''Il combattimento di Diomede'', [[Jacques-Louis David]], [[1776]], [[Albertina (Vienna)|Albertina]], [[Vienna]]]]
Diomede non era
{{citazione|"Sei dunque un ospite antico per me da parte di padre; il divino [[Oineo (figlio di Portaone)|Oineo]] accolse un tempo il nobile [[Bellerofonte]] nella sua reggia e lo trattenne per venti giorni; si scambiarono l’un l’altro doni ospitali, bellissimi; Oineo offrì una cintura di porpora, splendida, Bellerofonte una coppa d’oro a due manici: l’ho lasciata nella mia casa quando sono partito. Non ricordo [[Tideo]] perché ero ancora bambino quando mi lasciò per andare a Tebe dove l'esercito acheo fu distrutto. Io sono dunque per te ospite e amico in [[Argolide]] e tu in Licia, se mai io vi giunga. Non incrociamo le lance tra noi, anche se siamo in battaglia; sono molti i Troiani e gli illustri alleati che io posso uccidere se un dio me li manda davanti o se li raggiungo io stesso; e molti sono gli Achei che tu puoi abbattere. Scambiamoci invece le armi perché sappiano anche costoro che siamo ospiti per tradizione antica e questo è il nostro vanto." Dopo aver così parlato balzarono entrambi dai carri, si strinsero la mano, si giurarono fede. Ma Zeus figlio di Crono tolse il senno a Glauco che scambiò le sue armi d’oro con quelle di bronzo del figlio di Tideo: il valore di cento buoi contro quello di nove<ref name="ar">Questo paragone del valore rispetto al bestiame ci fa capire come non fosse presente un sistema di commercio basato sulla moneta, ma fosse in vigore il baratto. Libro VI, 119-236.</ref>.|[[Omero]], ''[[Iliade]]'', canto VI, vv. 215-236}}
▲Diomede non era però solo furia e impeto: egli diede nel pieno della lotta un'altissima prova di lealtà e di spirito cavalleresco: fu poco prima di intraprendere il duello con [[Glauco (figlio di Ippoloco)|Glauco]], il nobile di [[Licia]], che si batteva a fianco dei Troiani. È questo uno degli episodi più toccanti dell'Iliade: dopo aver chiesto al nemico il suo nome, Diomede si rese conto che l'uomo che aveva di fronte era legato da un antico vincolo di amicizia e di ospitalità con la propria famiglia. Gettò allora la spada a terra e i due nemici, anziché scontrarsi, si strinsero la mano e si scambiarono le armi, secondo consuetudine. Glauco, preso dall'entusiasmo del gesto e noncurante del loro valore, scambiò le sue armi d'oro con armi di bronzo, pari al valore di cento buoi per nove buoi<ref name="ar" />.
====Diomede e Ulisse====
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== Diomede nella ''Commedia'' di Dante Alighieri ==
[[File:Inf. 26 Priamo della Quercia .jpg|thumb|Particolare di una miniatura della [[Divina Commedia]] in cui [[Dante]] e [[Virgilio]] incontrano [[Ulisse]] e Diomede tra i cattivi consiglieri, [[Priamo della Quercia]] ([[XV secolo]])]]
{{citazione|Rispuose a me: "Là dentro si martira<br>Ulisse e Dïomede, e così insieme<br>a la vendetta vanno come a l'ira;<br>e dentro da la lor fiamma si geme<br>l'agguato del caval che fé la porta<br>onde uscì de' Romani il gentil seme.<br>Piangevisi entro l'arte per che, morta,<br>Deïdamìa ancor si duol d'Achille,<br>e del Palladio pena vi si porta".|[[Dante]], [[Inferno - Canto ventiseiesimo]], vv. 55-63}}
[[Dante Alighieri]] ([[Inferno - Canto ventiseiesimo]]) colloca Diomede nell'VIII [[bolgia]] dell'VIII [[cerchio]], quella dei consiglieri fraudolenti, che in vita agirono con inganno e di nascosto; la loro pena nell'[[inferno]] sarà quindi quella di essere celati dalle fiamme alla vista altrui. Egli infatti si trova avvolto in una fiamma a due capi insieme a [[Ulisse]], poiché proprio con lui andò nottetempo a rubare il [[Palladio (mitologia)|Palladio]], la statua di [[Atena]] protettrice della città di Troia.
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