Giovanni Testori: differenze tra le versioni
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|  →Gli anni Settanta:  imm | Nessun oggetto della modifica Etichette: Modifica visuale Modifica da mobile Modifica da web per mobile | ||
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| Riga 12: |Attività2 = giornalista |Attività3 = poeta |AttivitàAltre = , [[critico d'arte |Epoca = 1900 |Nazionalità = italiano Riga 38: === Gli anni Quaranta === Nel 1943, durante il secondo anno di studi al Politecnico, è costretto a sfollare per alcuni mesi con la famiglia nella grande casa di Sormano, in [[ Accanto a interventi di diverso tenore sull’arte contemporanea, articoli e monografie (''Manzù. Erbe'', 1942; ''Henri Matisse. 25 disegni'', 1943), appaiono anche i primi significativi scritti dedicati ad artisti rinascimentali, da ''Debiti e crediti di Dosso Dossi'' («Architrave», Bologna, II, 4-5, febbraio-marzo, p. 3) a un ''Discorso sulle mani di Leonardo'' («Pattuglia», I, 7 maggio 1942), all{{'}}''Introduzione a Grünewald'' («Architrave», II, 7, maggio 1942), pittore tra i suoi prediletti e di cui tornerà a occuparsi nel 1972, firmando il testo di presentazione de ''L’opera completa di Grünewald'' nei «Classici dell’arte» Rizzoli. Riga 132: Il 10 settembre 1975 esce il primo articolo di Giovanni Testori sul «Corriere della Sera», una recensione della mostra su ''[[Bernardino Luini]]. Sacro e profano nella pittura lombarda del primo ’500'' aperta nell’agosto precedente al Palazzo Verbania di Luino. È l’inizio di una lunga collaborazione con la testata milanese, in un primo momento con articoli in recensione di mostre e libri, poi anche con commenti su diversi fatti di cronaca e cultura. Interventi sempre di forte impatto, etico e morale, sull’opinione pubblica, che designano gli articoli di Testori quali successori ideali degli ‘scritti corsari’ di Pasolini, morto nel novembre 1975. Il primo articolo ad attirare l’attenzione della stampa è ''La cultura marxista non ha il suo latino'' (4 settembre 1977), un’energica risposta a un fondo di [[Giorgio Napolitano]] (''Intellettuali e progetto'', sulla prima pagina dell’«Unità» del 28 agosto 1977) in cui Le polemiche scatenano un dibattito a cui partecipano, tra gli altri, [[Franco Ferrarotti]], [[Lucio Lombardo Radice]], [[Alberto Abruzzese]] e lo stesso Napolitano. Lo scrittore risponde con un altro articolo (''Quanta gente indignata con me'', sul «Corriere della Sera» del 17 settembre 1977) esplosivo, anche nella prosa, traboccante di acida ironia per le reazioni al suo scritto: «Quali prefiche, quali vestali, quali amazzoni, quali Norme (o come altrimenti chiamarle?) principiarono fin dal mattino a urlare per entro i telefoni (no non a me che non uso frequentarle; bensì a qualche povero amico): “Hai visto?”; “Cosa”; “Ma è impazzito”, “impazzito come?”: “Impazzito! Ti dico che è impazzito!”. L’amico (più d’uno, in verità) stringeva spaurito il telefono tra le dita: “Mi vuoi capire o non vuoi capire? Ha fatto il loro gioco...”: “Il gioco? E quale gioco?”: “Il gioco della destra, anzi della reazione!”». | |||