Lingua protoindoeuropea: differenze tra le versioni

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Col termine '''indoeuropeo''' si designa l'ipotetica protolingua preistorica ricostruita come origine delle parlate diffuse in una consistente parte dell'[[Europa]], dell'[[India]] e dell'[[altopiano iranico]], nonché di alcune regioni dell'[[Anatolia]] e dell'[[Asia centrale]].
 
La '''lingua protoindoeuropea''' (abbreviato PIE dall'inglese Proto Indo European), o '''lingua indoeuropea''' per un uso deprecato, secondo la [[linguistica comparativa]], è la [[protolingua]] da cui discendono tutte le [[lingue indoeuropee]].
L'insieme di popolazioni che parlavano questa protolingua viene indicato complessivamente col nome di '''genti indoeuropee''', o semplicemente '''Indoeuropei'''. Le [[lingue indoeuropee]] costituiscono la prima '''famiglia linguistica''' di cui si è scientificamente studiata l’evoluzione, fino a giungere a una ricostruzione delle forme grammaticali della lingua originaria da cui tutte derivano, ossia appunto l'indoeuropeo. Parallelamente si è tentato di giungere all’identificazione di tratti culturali ancestrali comuni a tutte le stirpi indoeuropee (eventuali tradizioni mitologiche, culturali etc.), nonché sono state formulate ipotesi sulla loro regione di provenienza (la cosiddetta [[questione della Urheimat]] (dal [[Lingua tedesca|tedesco]], "luogo di origine").
 
La [[Ricostruzione (linguistica)|ricostruzione]] plausibile di gran parte del vocabolario e della struttura grammaticale di questa lingua primordiale,<ref>Calvert Watkins, ''Il proto-indoeuropeo'', in ''Le lingue indoeuropee'', a cura di Anna Giacalone Ramat & Paolo Ramat, Bologna, Il Mulino, 1997, pp. 45 s.</ref> a partire dallo studio dei punti in comune e delle differenze sistematiche delle varie lingue indoeuropee, è considerato uno dei grandi traguardi raggiunti dalla linguistica dall'inizio del XIX secolo. La ricostruzione si basa principalmente sulle caratteristiche comuni delle forme grammaticali e sulle [[parole imparentate]]. Un numero elevato di queste parole indica una relazione se il vocabolario da confrontare proviene dal vocabolario di base.
=L’origine della linguistica comparativistica=
 
== Famiglia linguistica indoeuropea ==
L’idea di [[mutamento linguistico]] non era molto chiara agli antichi. Se è vero che adducevano la ''necessità'' e il ''bisogno'' come motivi della nascita di parole nuove (come fa [[Orazio]]: multa renascentur quae iam cecidere, cadentque/ quae nunc sunt in onore vocabula, si volet usus… “Molti vocaboli che già sono caduti rinasceranno/ e cadranno quelli che sono ora in auge, se lo vuole il bisogno”, [[Ars poetica]] vv. 70 e s.), tuttavia, non andavano per lo più oltre l’idea dell’innovazione del lessico, e consideravano gli arcaismi lessicali, sintattici e morfologici dei poeti non altro che ''licentiae'' (esigenze di libertà: le famose “licenze poetiche”) dettate da ragioni di ordine metrico e ritmico.
{{vedi anche|Lingue indoeuropee}}
Appartengono con certezza alla famiglia linguistica indoeuropea diverse [[sottofamiglia linguistica|sottofamiglie linguistiche]] (come branche che si dipartono dal tronco comune, il protoindoeuropeo) a loro volta differenziate in [[Lingua (linguistica)|lingue]] e [[dialetto|dialetti]]:<ref>Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti, ''[https://books.google.it/books?id=_Gb7SqX76DYC&pg=PA27 Origini di storie]'', Feltrinelli Editore, 2000, ISBN 978-88-07-10295-0, p.26.</ref>
 
* le [[lingue anatoliche]], parlate in [[Anatolia]] già nel XIX-XVIII secolo a.C. e oggi estinte; ne fanno parte il [[lingua luvia|luvio]], l'[[lingua ittita|ittita]], il [[lingua palaica|palaico]], e nei secoli IX-V a.C. il [[lingua licia|licio]], il [[lingua lidia|lidio]], il [[lingua caria|cario]]; al ramo anatolico [[Paul Kretschmer]] e [[Vladimir Ivanov Georgiev]] ascrivono anche una delle lingue di substrato egee che hanno influsso sul greco classico attraverso i loro prestiti lessicali (ramo [[egeo-anatolico]])<ref>Per una visione riassuntiva della situazione del substrato anatolico pregreco cfr. Francisco Villar, ''Los indoeuropeos i los origines de Europa'', Madrid, Gredos, 1996, seconda ed., ed. ital. ''Gli indoeuropei e l'origine dell'Europa'', Bologna, il Mulino, 1997, pp. 549 ss. Una descrizione compiuta delle attestazioni dell'egeo-anatolico è in Vladimir Georgiev, ''Vorgriechische Sprachwissenschaft'', voll. I e II, Sofia, 1941-1945. La correlazione fra il ramo egeo-anatolico o pelasgico dell'indoeuropeo e la decifrazione della scrittura [[minoica]] [[lineare A]] è analizzata dallo stesso Vladimir Georgiev in ''Lexique des inscriptions créto-myceniennes'', Sofia, 1955, nonché in ''Les deux langues des inscriptions en [[lineare A|linéaire A]]'', Sofia, 1963. Per l'evoluzione delle teorie di Kretschmer sulle lingue egee pre-greche, cfr. Paul Kretschmer, "Die protindogermanische Schicht", ''Glotta'', 14 (1925), pp. 300-319, nonché, "Die vorgriechische Sprach- und Volksschichten", in ''Glotta'', 28 (1940) 231-278 e ''Glotta'', 30 (1943), pp. 84-218. Una compendiosa trattazione degli adstrati e dei substrati indoeuropei pregreci nell'[[Egeo]] è in Otto Hoffmann, [[Albert Debrunner]], Anton Scherer, ''Geschichte der griechische Sprache'', Berlin, De Gruyter, 1917, quarta ed., ed. ital, ''Storia della lingua greca'', Napoli, Macchiaroli, 1969, vol. I, pp. 16-26. A una forma molto arcaica del ramo anatolico dell'indoeuropeo ha voluto ricondurre anche l'[[etrusco]] F. R Adrados, "Etruscan as an IE Anatolian Language", ''Journal of Indo-europaean Studies'', 17 (1989) pp. 363-383, e "More on Etruscan as an IE-Anatolian Language", ''Kuhns Zeitschrift für vergleichende Sprachforschung'' 107 (1994), pp. 54-76; la parentela fra la lingua etrusca e l'indoeuropeo resta non accettata.</ref>;
Anche sul piano delle parentele linguistiche, né i [[Greci]] né i [[Latini]] andarono molto oltre qualche occasionale intuizione: [[Platone]] ([[Cratilo]] 410 a), notava l’affinità esistente fra parole greche come ''hydor'' e ''kyon'' e i loro corrispondenti in [[frigio]], ma non andò oltre l’idea che esse fossero prestiti. [[Aristotele]], spiegando in termini di trasposizione, sottrazione o scambio di lettere gli arcaismi di [[Omero]] come licenze poetiche, finiva addirittura per far derivare forme arcaiche da forme più recenti delle stesse parole ([[Poetica]] 1458 a), denunciando il fissismo della sua visione del linguaggio.
* i dialetti del [[Lingua greca|greco]], che è la lingua indoeuropea con la maggior continuità storica, dato che un arcaico dialetto greco, il [[Lingua micenea|miceneo]], nelle sue varianti ''normale'' e ''speciale'', è stato scoperto nel [[1953]] da [[Michael Ventris]] nelle tavolette in [[Lineare B]] dei palazzi [[Achei]] dei secc. XVI-XIII a.C.; della famiglia dei dialetti greci fanno parte, in età storica, lo [[Dialetto ionico|ionico]]-[[Dialetto attico|attico]], il [[dialetto dorico|dorico]], l'[[dialetto eolico|eolico]], l'[[arcado-cipriota]], il [[greco di nord-ovest]], il [[Dialetto panfilio|panfilio]]<ref>Per una trattazione organica dei dialetti greci, miceneo compreso, cfr. Hoffmann, Debrunner, Scherer, op. cit. vol I, pp. 31-55, ma vedi anche Henry, M. Hoenigswald, "Greco", in ''Le lingue indoeuropee'' a cura di Giacalone-Ramat, Ramat, cit. pp. 255-288.</ref>;
* il gruppo delle lingue [[Indo-iranico|Indo-iraniche]], comprendenti il ramo Indo-ario (lingue indoeuropee parlate in [[India]]) e l'iranico (lingue indoeuropee dell'[[Iran]]); in età antica è testimoniato dall'[[avestico]] e dal [[sanscrito]] [[Lingua vedica|vedico]]; i dialetti indo-iranici sono attestati nelle loro sedi nel I millennio a.C.; tuttavia, tracce linguistiche inequivocabili della presenza degli indo-arii sono state rinvenute nei documenti delle civiltà mesopotamiche già fra il [[1900 a.C.]] e il [[1300 a.C.]], in concomitanza con il subentrare di dinastie "barbariche" a [[Babilonia (regione storica)|Babilonia]] e fra gli [[Hurriti]]<ref>Sul ramo indo-ario dell'indoeuropeo e la sua storia, cfr. Villar, ''Gli indoeuropei'' cit., pp. 567-587. Si tenga presente che le ''élite'' militari indo-iraniche di [[Mesopotamia]] parlavano dialetti affini al proto-vedico, non un suo antenato diretto. Le attestazioni dell'indo-iranico fuori dell'India e della Persia rimandano sistematicamente all'indiano antico, non al persiano, come attesta Romano Lazzeroni, "Sanscrito", in ''Le lingue indoeuropee'' a cura di Giacalone-Ramat, Ramat cit., p. 123 ss. Per una trattazione organica dell'iranico cfr. invece, Nicholas Sims-Williams, "Le lingue iraniche" in ''Le lingue indoeuropee'' cit. pp. 151-162.</ref>;
* le [[lingue celtiche]] diffuse dal I millennio a.C. nell'Europa [[Oceano Atlantico|atlantica]] dalla [[Spagna]] all'[[Irlanda]] e oggi a rischio di estinzione<ref>Villar, ''Gli indoeuropei'' cit., pp. 443-460; Patrick Sims-Williams "Le lingue celtiche", in ''Le lingue indoeuropee'', a cura di Giacalone-Ramat, Ramat, cit., pp. 374-408.</ref>;
* le [[lingue italiche]], diffuse in origine in [[Italia]] centro-meridionale e nord-orientale e rappresentate, nel I millennio a.C., dall'[[Lingue osco-umbre|osco-umbro]], dal [[Lingua latina|latino]] dal [[Lingua venetica|venetico]] e da altri dialetti minori<ref>Il contesto linguistico italico è assai complesso, per la presenza di componenti linguistiche diversissime sin dagli albori dell'età antica: cfr. Villar, ''Gli indoeuropei'' cit., pp. 473-498; Domenico Silvestri "Le lingue italiche", in ''Le lingue indoeuropee'' a cura di Giacalone-Ramat, Ramat, cit., pp. 349-366; per il latino, cfr. Edoardo Vineis "Latino", ''ibidem'', pp. 289-348; v. inoltre F. Stoltz, [[Anton Debrunner|A. Debrunner]], W. P. Schmid, ''Geschichte der lateinischen Sprache'', Berlin, De Gruyter, 1966, quarta ed. ital. ''Storia della lingua latina'', Bologna, Pàtron, 1993, a cura di E. Vineis e A. Traina.</ref>;
* le [[lingue germaniche]], di cui è certo che già intorno alla metà del I millennio a.C. fossero diffuse in Europa centro-settentrionale, fra il [[Baltico]] e il [[bassopiano sarmatico]]; le loro prime attestazioni scritte risalgono al V secolo d.C.<ref>Villar, ''Gli indoeuropei'' cit., pp. 425-442; Paolo Ramat, "Le lingue germaniche", in ''Le lingue indoeuropee'', a cura di Giacalone-Ramat & Ramat cit., pp. 409-440.</ref>
* l'[[Lingua armena|armeno]], parlato in [[Armenia]] e noto a partire dal V secolo d.C.<ref>Villar, ''Gli indoeuropei'' cit, pp. 539-546; Roberto Ajello, "Armeno", in ''Le lingue indoeuropee'' cit., pp. 225-254.</ref>
* il [[Lingua tocaria|tocario]], nei suoi due dialetti estinti A e B (tocario orientale e tocario occidentale), si è estinto da molto tempo ed è documentato nel [[Turkestan]] [[Cina|cinese]] intorno al [[1000 d.C.]]<ref>Werner Winter, "Tocario", in ''Le lingue indoeuropee'' cit., pp. 181-196; Villar,''Gli indoeuropei'', pp. 589-594.</ref>;
* l'[[Lingua illirica|illirico]], una lingua poco nota e diffusa a suo tempo nei [[Penisola balcanica|Balcani]] occidentali<ref>Szémerenyi, op. cit. p. 31; Vittore Pisani, ''Le lingue dell'Italia antica oltre il latino'', Torino, Rosenberg & Sellier, 1964.</ref>;
* le [[lingue slave]], discese tutte da una protolingua (il [[paleoslavo]]), già lingua liturgica della [[chiesa cristiana ortodossa]] in Europa orientale<ref>Henning Andersen, "Le lingue slave", in ''Le lingue indoeuropee'' cit., pp. 441-480; Villar, pp. 413-425.</ref>;
* le [[lingue baltiche]], comprendenti l'antico prussiano, estinto nel XVIII secolo, nonché due lingue vive, il [[lingua lituana|lituano]] e il [[lingua lettone|lettone]]<ref>Villar, ''Gli indoeuropei'' cit., pp. 401-412; William R. Schmalstieg "Le lingue baltiche" in ''Le lingue indoeuropee'' a cura di Giacalone-Ramat & pp. 507-531.</ref>;
* infine una serie di parlate estinte e poco note, come il [[Lingua frigia|frigio]], il [[lingua tracica|tracio]], il [[Lingua daca|daco-misio]], il [[lingua messapica|messapico]], il [[lingua ligure|ligure]] e i dialetti dei [[Macedoni (popolo antico)|Macedoni]] e dei [[Peoni]]<ref>Szémerenyi, op. cit., pp. 32 s.; Villar, ''Gli indoeuropei'' cit. pp. 531 ss., 379 ss., pp. 389 ss, pp. 465 ss., 395 ss.</ref>; a queste si devono aggiungere le ipotetiche lingue egee morte di substrato indoeuropeo influenti sul Greco antico, ma estranee al ramo egeo-anatolico, fra cui il ''[[pelasgico]]''<ref>Vladimir Georgiev, "Das Pelasgische", ''Proceedings of the Eight International Congress of linguists'', Oslo, 1958, pp. 406-413. Al cosiddetto pelasgico si ricondurrebbero alcune parole del greco antico non spiegabili con l'evoluzione fonetica dei dialetti protogreci: ad es. πύργος "torre" < proto-indoeur. *''bhergh'' "luogo elevato" (cfr. il germanico ''burg''e il celtico ''briga'') o il verbo ἀτεμβω "danneggiare" (cfr. sanscrito ''dabhati'') o la parola τύμβος "tomba" (proto-indoeur. *''dhṃbh'') che è praticamente un doppione del più genuinamente greco τάφος, che ha la stessa etimologia, o ancora ταμίας, che in origine significa "dispensiere, domestico", dalla radice *''dom-'' "casa" (cfr. latino ''domus'', gr. δῶμα). Le caratteristiche del pelasgico sono: la [[legge di Grassmann (linguistica)|legge di Grassmann]] sulle aspirate come in sanscrito e in greco; un'evoluzione delle consonanti simile a quella dell'[[Lingua armena|armeno]]; la [[isoglossa centum-satem|satemizzazione]] delle gutturali; la comparsa di ''u'' davanti alle nasali e liquide di valore sillabico; la confusione delle vocali /a/ e /o/.</ref>, il ''[[greco psi]]''<ref>W. Merlingen, ''Das "Vorgriechische" und die sprachwissenschaflich-voristorischen Grundlagen'', Wien, 1955, ed "Eine ältere Lehnwortschicht im Griechische", in ''Griechische'' I: ''Lautgeschichte'', Wien,1963. Caratteristiche del greco psi sono: una strana [[rotazione consonantica]] per cui le occlusive sorde /p, t, k/ diventano /ps, s, ks/, le sonore si aspirano, per cui ad es. si ha /b/>/pʰ/, le sonore aspirate compaiono come semplici sonore. Al greco psi risalgono per esempio parole come ξάνθος "biondo" (cfr. il latino ''candidus'' e il greco Κάστωρ "[[Castore]]", cioè "Lo splendente", dal proto-indoeur. *''kad'' "rifulgere").</ref> e il ''[[pelastico]]''<ref>M. Budimir, "Zur protoindogermanischen Schicht"7, in ''Actes du deuxième congrès international des linguistes'', Genève, 1933, pp. 182-184. Il pelastico ha caratteristiche affini a quelle delle lingue slave. Esso spiegherebbe parole come σαργός "cervo", da *''kerwos'', *''kṛwos'' (cfr. lat. ''cervus''), attraverso due mutamenti fonetici caratteristici: 1) la satemizzazione; 2) la trasformazione della labiovelare /w/ in velare sonora /g/.</ref>. Si ribadisce che queste ultime lingue non sono dialetti greci: i loro resti testimoniano l'affioramento di lingue indoeuropee totalmente sconosciute per altro verso e caratterizzate da fenomeni propri, diversi in parte da quelli che identificano le altre sottofamiglie dell'indoeuropeo.
 
Le diverse sottofamiglie dell'indoeuropeo sono poi per tradizione raggruppate in due grandi gruppi, divisi dalla cosiddetta [[isoglossa centum-satem]], e distinti in base al trattamento delle consonanti gutturali. Le cosiddette lingue ''centum'' (dal latino ''centum'', "cento") continuano le antiche gutturali palatali come velari, mentre le lingue satem (dall'avestico ''satəm'', "cento") le mutano in consonanti fricative palatali e sibilanti.
Nella [[Roma]] dell’[[età imperiale]], il grammatico [[Festo]] notava la corrispondenza fra l’ ''aspirazione'' iniziale di molte parole greche e la ''sibilante'' con cui cominciavano i termini corrispondenti in latino (''hyle''= ''silva''; ''hex'' = ''sex''; ''heptà'' = ''septem'', etc.): ne ricavò l’idea che il [[latino]] fosse un particolare [[dialetto greco]], affine all’[[eolico]], con cui condivideva la '''legge della baritonesi''' (in base alla quale l’ultima sillaba non è mai accentata).
 
Gli studiosi attribuiscono valore differente al fenomeno della ''satemizzazione'', a seconda dei loro orientamenti. I fautori della cosiddetta [[teoria glottidale]] ritengono ad esempio più pertinente il trattamento delle ipotetiche consonanti [[consonante glottidale|glottidali]] che essi presumono tipiche del proto-indoeuropeo nella sua fase comune, e preferiscono perciò distinguere fra lingue ''taihun'' (dal gotico ''taihun'', "dieci") che perdono la glottidalizzazione mutando le glottidali in consonanti [[consonante sorda|sorde]], e lingue ''decem'' (dal latino ''decem'', "dieci"), che tramutano le glottidali in [[consonante sonora|sonore]].
[[Immagine:Brueghel-tower-of-babel.jpg|thumb|left|200px|''La torre di Babele'' (1563), Pieter Brueghel il Vecchio]]
 
== Esempi di affinità lessicali fra le lingue indoeuropee ==
Le cose non cambiarono molto nel [[Medioevo]] e nel [[Rinascimento]]. L’umanista [[Giuseppe Giusto Scaligero]] (1540-1609) ebbe l’intuizione della '''parentela fra le lingue''', identificando undici '''lingue madri''', fra cui la radice comune del [[germanico]], che lui chiamò '''lingua Gott''' (dal tedesco ''Gott'': Dio), ma si limitò a paragonare il lessico.
Molte affinità lessicali fra le lingue indoeuropee saltano all'occhio, nonostante i mutamenti fonetici verificatisi. Altre sono decisamente controintuitive. Basterà qui fornire qualche esempio:<ref>Szémerenyi, ''Introduzione'' cit., p.249; Watkins, in ''Le lingue indoeuropee'' Giacalone-Ramat, Ramat cit., p. 84; Milizia, ''Le lingue indoeuropee'' cit. p. 34 s.; Villar ''Gli indoeuropei'' cit. p. 319</ref>
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|}
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== Tipologia del proto-indoeuropeo ==
Solo con la fine del [[Settecento]] le cose cominciano a cambiare. Il '''metodo comparativo''' ha il suo precursore in [[Christian Jacob Kraus]] (1753-1807), il quale definisce l’idea di '''tavola comparativa''' delle forme grammaticali delle lingue. Successivamente ([[1781]]) [[Johann Christoph Adelung]] definisce i concetti di ''varietà dialettale'', ''lingua imparentata'', e lingua totalmente differente rispetto a una qualsiasi lingua coinvolta in un esame comparatistico.
Dal punto di vista tipologico, il proto-indoeuropeo nella fase tardo-unitaria era una [[lingua flessiva]] o fusiva, con un alto grado di [[sinteticità]] (quantità di [[Morfema|morfemi]] per parola). La ricostruzione interna permette tuttavia di intravedere una fase di poco più remota, in cui la protolingua mostrava ancora in gran parte l'aspetto di una [[lingua agglutinante]]. Le tendenze che hanno determinato la trasformazione tipologica sembrano ancora in parte attive nella fase più arcaica di molte delle lingue figlie. Fra queste derive strutturali si notano in particolare:
 
* la fusione della [[posposizione]] con il sostantivo, che porta all'impianto di nuovi casi (come nell'[[lingua ittita|ittita]] antico e nel [[lingua tocaria|tocario]], che hanno rispettivamente nove e dieci casi grammaticali, rispetto agli otto di solito riconosciuti comuni a tutta la famiglia linguistica);
Il salto di qualità che portò alla formulazione dell’ipotesi di una lingua madre comune per le lingue antiche d’Europa fu però occasionato da una circostanza storica ben precisa, l’avvicinamento della cultura europea a quella antica indiana, all’epoca della conquista dell’[[India]] da parte dell’[[Inghilterra]]. Nel [[1786]] l’alto magistrato del [[Bengala]] [[Sir William Jones]] (1746-1794) tenne una conferenza, il cui testo fu pubblicato nel [[1788]], nella quale si apprezzava la struttura della [[lingua sanscrita]], avanzando l’ipotesi che il [[latino]], il [[greco]], il [[celtico]], il [[gotico]] e il sanscrito scaturissero “… da una fonte comune che forse non esiste nemmeno più”. Ecco dunque nata l’ipotesi della lingua madre ancestrale di tutte le parlate dell’India e dell’Europa.
* la fusione di forme verbali "ausiliarie" con le radici verbali a formare nuovi tempi o a reintegrare le forme di tempi verbali perduti (come nell'imperfetto [[lingua latina|latino]] e nel [[perfetto]] debole del [[Lingua proto-germanica|germanico]])
* la tendenza a rendere più riconoscibili le desinenze personali tramite l'agglutinazione del verbo con forme pronominali o avverbi o tramite la generalizzazione nell'uso di certe desinenze di facile riconoscibilità, al fine di rendere trasparente e maneggevole la flessione verbale (così, ad esempio, nel [[sanscrito]] la desinenza primaria ''-mi'' si generalizza, per la prima persona, sia nei verbi atematici sia nei verbi tematici: ''as-mi'', "io sono", atematico, e ''tud-ā-mi'', "io percuoto", tematico)
 
== Evoluzione storica ==
[[Immagine:Franz_Bopp.jpg|thumb|120px|[[Franz Bopp]]]]
{{vedi anche|Cronologia della lingua protoindoeuropea}}
{{...|linguistica}}
 
== La grammatica ricostruita del protoindoeuropeo ==
L’ipotesi di Jones cadde però nell’oblio, tanto che l’idea fu riproposta da [[Friedrich Schlegel]] (1772-1829), nel suo libro ''Über die Sprache und Weisheit der Indier'' (Sulla lingua e la saggezza degli Indiani), nel quale per la prima volta si parla di '''grammatica comparativa''' (''vergleichende Grammatik''). Ma solo con [[Franz Bopp]] e il suo storico ''Konjugationssystem'' (Sistema delle coniugazioni), si giunge a una definitiva formulazione dei principi concreti e sistematici dell’ '''analisi linguistico-comparativa''', e all’ingresso del programma enunciato da Jones e Schlegel nell’ambito della [[linguistica]] propriamente detta. Bopp è il primo a fondare le definizioni di Adelung su due indicazioni essenziali: la '''concordanza del materiale linguistico''' e della '''struttura grammaticale'''.
{{vedi anche|Grammatica del protoindoeuropeo}}
Con il confronto tra le [[lingua (linguistica)|lingue]] di attestazione più antica e, in mancanza di queste, tra le lingue moderne, si giunge a ricostruire l'ipotetica lingua da cui esse sarebbero derivate. Di questa lingua si ricostruisce ovviamente tutta la [[grammatica]], comprendente un sistema [[fonologia|fonologico]], [[morfologia (linguistica)|morfologico]], [[sintassi|sintattico]], [[lessico|lessicale]], ecc.
 
=== Fonologia ===
La piena messa a punto delle metodologie della [[linguistica storica]] si ha infine con [[Jakob Grimm]] (1785-1863) e con la sua monumentale ''Deutsche Grammatik'', che pone le basi della [[filologia germanica]] e fornisce strumenti e materiali essenziali alla linguistica indoeuropea.
{{vedi anche|Fonologia della lingua protoindoeuropea}}
Tenendo conto dell'attuale dibattito scientifico fra i linguisti, si ricostruisce oggi per l'indoeuropeo un sistema fonologico così articolato (i punti interrogativi indicano i fonemi la cui esistenza è maggiormente controversa):
 
* vocali brevi: ''*a *e *o<sup> (?)</sup> *i *u''
=Struttura grammaticale e lessico dell’Indoeuropeo=
* vocali lunghe: ''*ā<sup> (?)</sup> *ē<sup> (?)</sup> *ō<sup> (?)</sup> *ī<sup> (?)</sup> *ū<sup> (?)</sup>''
* dittonghi: ''*au *eu *ou *ai *ei *oi''
* semivocali: ''*j /j/'' ''*w /w/''
* nasali e liquide: ''*m /m/-/ɱ/ (se davanti a /f/-/v/) *n /n/ *l /l/ *r /r/-/ʀ/'' (queste ultime possono assumere valore sillabico, assumendo l'articolazione di [[sonante]])
* consonanti fricative dentali: ''*s /s/'' (con l'[[allofono]] sonoro */z/)
* consonanti fricative [[laringale|laringali]]: ''*H1<sup> (?)</sup>'' ([[Fricativa glottidale sorda|fricativa laringale sorda]] */h/) ''*H2<sup> (?)</sup>'' ([[fricativa velare sorda]] */x/) ''*H3<sup> (?)</sup>'' ([[Approssimante labiovelare sonora|fricativa labiovelare con articolazione sonora]] */ɣ~w/)
* consonanti occlusive bilabiali: ''*p /p/ *b /b/<sup> (?)</sup> *bh /β/'' (spesso ha assunto il suono sordo /ɸ/)
* consonanti occlusive alveolari: ''*t /t/ *d /d/ *dh /ð/'' (spesso ha assunto il suono sordo /θ/)
* consonanti occlusive velari: ''*k /k/ *g /g/ *gh /ɣ/'' (spesso ha assunto il suono sordo /x/)
* consonanti occlusive palatali: ''*k´ /c/<sup> (?)</sup> *g´ /ɟ/<sup> (?)</sup> *g´h /ɣ
ģ/<sup> (?)</sup>'' (spesso ha assunto il suono sordo /ç/<sup> (?)</sup>)
* consonanti occlusive labio-velari: ''*kp /k͡p/<sup>w</sup> *gb /ɡ͡b/<sup>w</sup> *gbh /xɸ/<sup>w</sup>''.
 
Il sistema fonologico ricostruito appare però squilibrato per varie ragioni.
==Fonetica dell'indoeuropeo==
 
Si notano infatti, fra gli altri problemi:
===Il vocalismo dell'indoeuropeo===
 
* la relativa rarità di ''*a'' originaria;
Mediante il confronto delle attestazioni più antiche delle lingue indeuropee si evince innanzitutto che la lingua madre possedeva le cinque [[vocali]] fondamentali, brevi e lunghe:<br>
* lo statuto poco chiaro delle vocali lunghe, che alcuni indoeuropeisti riducono universalmente a risultanti di incontri di vocale + laringale o a fenomeni di contrazione e allungamento di compenso;
<center>'''a e i o u; &#257; &#275; &#299; &#333; &#363;'''</center>
* la rarità di ''*b''
* la difficoltà tipologica di un sistema di occlusive in cui sono presenti triplette di consonanti costituite da sorda ("[[consonante tenue]]"), sonora ("[[media (linguistica)|media]]"), sonora aspirata ("[[media aspirata]]"), essendo molto scarse le attestazioni pan-indoeuropee delle sorde aspirate ("[[tenue aspirata|tenui aspirate]]")''*ph *th *kh *k´h *kwh'' (la cui presenza è peraltro ancora oggi sostenuta da [[Oswald Szemerényi]]). Infatti, nelle lingue naturali conosciute là dove esiste una sola serie di occlusive aspirate, queste sono sorde; aspirate sonore si trovano solo in lingue che possiedono anche aspirate sorde.
Accanto a queste vocali, nella lingua madre si riscontra la presenza di una sesta vocale breve, la cosidetta vocale centrale medio-alta o [[schwa]] (il cosiddetto '''schwa indogermanicum'''), o vocale di timbro zero (ə) –lo stesso timbro vocalico della e francese senza accento fonico.
 
In realtà un'interessante teoria proposta da Francisco Villar sostiene che l'indoeuropeo avesse quattro timbri originari: /α/, /e/, /i/, /u/. La /α/ si sarebbe caratterizzata per un'articolazione intermedia fra /a/ ed /o/.
La presenza dello schwa, perduto nelle lingue indoeuropee storicamente note, è attestata indirettamente da esiti vocalici divergenti fra la grande sottofamiglia delle [[lingue kentum]] e quella delle [[lingue satem]] (in particolare delle [[lingue indo-arie]]). Spesso le lingue kentum attestano una ''a'' breve (o altra vocale breve ripresa da altre forme della stessa radice per analogia), dove le lingue satem mostrano una ''i'' breve. Qui di séguito alcuni dei numerosissimi esempi:
 
La questione della rarità di ''*a'' ha indotto il linguista spagnolo [[Francisco Villar]], sulla scorta delle proposte teoriche di [[Francisco Rodríguez Adrados]] a postulare per l'indoeuropeo più arcaico un sistema a quattro vocali (''*a *e *i *u''), con un'articolazione arrotondata della ''*a'' e un'articolazione medio-bassa della ''*e''.
[[sanscrito]]: sthitah; [[ greco]]: statòs; [[latino]]: status (collocato, stato);
sanscrito: adita; greco: édoto; (aoristo, forma di preterito: diede);
sanscrito: pitar-; greco: pàter (caso vocativo); latino: pater. (padre);
 
Più spinosi interrogativi sorgono dall'anomalia tipologica del sistema di occlusive. Una risposta possibile è fornita dalle proposte del linguista americano [[Paul J. Hopper]] e dai linguisti sovietici [[Tamaz Gamkrelidze]] e [[Vjačeslav Vsevolodovič Ivanov|Vjačeslav Ivanov]]{{cn}}, secondo cui le consonanti indoeuropee che tradizionalmente si ricostruiscono come sonore avevano in origine un'articolazione glottidale (rara per le consonanti labiali, il che spiegherebbe fra l'altro la rarità di ''*b''), mentre le consonanti sonore aspirate andrebbero concepite come semplici sonore; l'articolazione aspirata delle sorde e delle sonore sarebbe stata allofonica.
Alla base della divergenza deve esistere una vocale intermedia (breve) che abbia tratti vicini sia all’esito indoario (vocale alta anteriore) sia all’esito kentum (vocale centrale bassa). L’unico [[fonema]] che risponda a tali requisiti è una vocale centrale medioalta, che nelle lingue satem è evoluta in ''i'' e nelle lingue kentum in ''a''. Lo schwa indogermanicum è l’esito dell’indebolimento per [[apofonia]] di una vocale lunga (dō: dare; grado zero: də).
Le forme indoeuropee alla base degli esempi sono verosimilmente le seguenti:
 
Nella presente voce si è deciso di seguire la ricostruzione tradizionale, che {{Senza fonte|sembra rendere conto della maggior parte dei fenomeni.}}
''*stətòs''<br>
''*edəto''<br>
''*pəter-''<br>
 
=== Prosodia e accento ===
Dalle vocali fondamentali l’indoeuropeo formava dittoghi brevi (ai ei oi, au eu ou) e dittonghi lunghi (con la vocale forte ''a'', ''e'', ''o'' al grado allungato), questi ultimi derivanti da contrazioni, specie nelle desinenze di nomi e aggettivi.
Fra le lingue indoeuropee le tipologie di accento sono molteplici:
 
* il ''greco'', il ''vedico'' e il ''lituano'' posseggono un accento musicale a tre [[tono (linguistica)|toni]], e in particolare, l'accento del vedico è indefinitamente libero, quello del greco è libero nei limiti delle ultime tre sedi ([[legge del trisillabismo]]); limitazioni in parte analoghe si hanno in lituano;
==Esiti delle vocali indoeuropee nelle principali sottofamiglie ==
* l'''italico'' ha un accento fisso intensivo sulla prima sillaba; si distingue però il latino, che ben presto abbandona l'accento fisso intensivo originario e ricrea autonomamente un accento musicale a un solo tono, moderatamente libero nei limiti delle ultime tre sedi;
* situazioni simili al proto-italico, cioè un accento fisso intensivo, mostrano anche il ''celtico'' e il ''germanico''<ref>Szémerenyi, pp. 101 ss.</ref>.
 
La prosodia del protoindoeuropeo, per la maggior parte degli studiosi, è quella di una lingua con ''accento musicale'' (cioè percepito come un'elevazione di tono) in cui esiste una sistematica distinzione fra vocali lunghe e brevi, sebbene l'evoluzione linguistica abbia alterato la loro disposizione e diffusione originaria<ref>Sulla presenza di vocali lunghe e vocali brevi nel protoindoeuropeo, v. Watkins, in ''Le lingue indoeuropee'' a cura di Giacalone-Ramat, Ramat, cit. p. 65</ref>. Alcuni studiosi, come ad es. [[Francisco Villar]], ipotizzano che la distinzione fra vocali lunghe e brevi fosse propria solo di alcuni dialetti indoeuropei, e in particolare dell'indoeuropeo tardo, e pongono in secondo piano il problema della natura dell'accento<ref>Villar, ''Gli indoeuropei'' cit., pp. 225 ss.; 264 ss.</ref>. Una teoria particolarmente articolata presenta Oswald Szémerenyi, che sulla base del confronto fra accento greco, vedico e lituano, postula, per il proto-indoeuropeo comune, un accento tritonale, con un tono ascendente (acuto o ''udātta''), un tono discendente (circonflesso) e un tono grave<ref>Szémerenyi, op. cit. pp. 97-109.</ref>. Un elemento certo dell'accento indoeuropeo è la sua assoluta libertà<ref>Villar, ''Gli indoeuropei'' cit. p. 266.</ref>. L'assenza delle cadute di vocali e dei fenomeni di alterazione collegati all'accento intensivo, fa ipotizzare con relativa sicurezza che la protolingua avesse un accento musicale, probabilmente con un unico tono, quello acuto<ref>Voyles, ''Glotta'' 52 (1974), p. 81: "The question is not whether indo-europaean had tone, but whether it was polytonous or monotonous; Indo-europaean may have been monotonous and Greek, Lithuanian polytony may be innovated".</ref>.
Il vocalismo indeouropeo ha esiti disparati nelle principali sottofamiglie. Vedremo qui di seguito i casi fondamentali.
 
=== Morfologia ===
Il '''greco''' mantiene pressoché intatto il sistema vocalico indoeuropeo, con alcune innovazioni, che si innescarono al momento del passaggio dal greco dell'[[età del bronzo]] (attestato dal [[miceneo]] delle tavolette in [[lineare B]], che però mostrano sparse tracce di forme dorizzanti), ai dialetti più tardi.
{{vedi anche|Morfologia del protoindoeuropeo}}
Alcuni fenomeni fonetici di interesse morfologico (morfo-fonologici) accomunano tutte le lingue indoeuropee:
 
* Le radici delle lingue indoeuropee sono generalmente monosillabiche;
Mentre in [[dorico]] le vocali e i dittonghi della lingua madre si conservano immutati (e così anche nei dialetti nord-occidentali), in [[ionico]] e in [[attico]] si è avuto un innalzamento di &#257; in &#275;. L'innovazione era già in atto nella [[Ionia microasiatica]] poco dopo il 1000 a. C.: ce lo attesta la resa M&#275;doi del nome iranico dei [[Medi]] (M&#257;da), con cui gli [[Ioni]], stanziatisi in [[Asia minore]] in séguito al rimescolamento di etnie che pose fine alla [[civiltà micenea]], ebbero i primi contatti indiretti intorno a quel periodo. L'attico (il dialetto di [[Atene]]) conservò l'&#257; indeuropea dopo i suoni e, i, r (alpha puro).
* i morfemi sono costituiti in base a una legge di sonorità crescente, per cui la sonorità dei fonemi che li compongono cresce man mano che si avvicina al nucleo sillabico; per un meccanismo di eufonia, i fonemi consonantici occlusivi si radunano intorno al nucleo vocalico della radice a partire dal punto di articolazione più esterno (ad es. la consonante occlusiva labiale precede la dentale e non viceversa: è perciò possibile ''*pter'' ma non ''*tper''); per la stessa ragione è raro incontrare radici in cui un'occlusiva dentale precede una velare (uno dei pochi esempi è ''*dhghom-'', terra);
* l'indoeuropeo evita la costituzione di radici che si aprono e si chiudono con consonanti occlusive sonore (è possibile ''*teg'' ma non ''*deg'');
* presenza di non meglio definiti "determinativi radicali": alcune radici mostrano doppia forma, con una ''*s-'' iniziale oscillante (la rad. ''teg-'' "coprire", è attestata anche come ''*s-teg-'');
* le radici indoeuropee mutano vocale in base alla loro funzione morfologica ([[apofonia]]): così, a seconda del tempo verbale che va a formare, la rad. ''*-leikw-'', "lasciare", presenta un grado pieno ''*-loikw-'' e un grado zero ''*-likw-'';
* diffusi sono i fenomeni di [[assimilazione consonantica]], in base ai quali due consonanti contigue tendono ad assumere un punto di articolazione simile o identico;
* azione della [[legge di Sievers-Edgerton]], scoperta nel [[gotico]] dal germanista [[Eduard Sievers]] e nelle lingue indo-arie dal sanscritista [[Franklin Edgerton]]: una semivocale ''*j'' o ''*w'' tende a geminarsi in ''*ij'' o ''*uw'' dopo sillaba lunga: così abbiamo ''*pot'''-j'''om'' da ''*poti-'', ma ''*H1egn'''ij'''om'' da ''*H1egni-''.
 
=== Morfonologia ===
L'[[arcado-cipriota]], discendente diretto del dialetto di [[Micene]], chiude in ''u'' le ''o'' brevi finali (''apù'', invece di ''apò''). Ulteriori mutamenti si verificano nei dittonghi ''ei'' e ''ou'', che ricadono molto per tempo in &#275; chiusa e &#333; chiusa (poi &#363;).<br> In [[ario]] si ebbe una forte semplificazione del sistema vocalico, dato che le vocali di timbro ''e'' ed ''o'' implosero in ''a'', dando luogo a un sistema trivocalico, mentre i dittonghi risultanti ai e au si chiudevano in &#275; e &#333; e i dittonghi lunghi &#257;i e &#257;u si abbreviavano in ai e au.
Dal punto di vista tipologico, l'indoeuropeo tardo ricostruito è una [[lingua flessiva]] o fusiva, con un alto grado di [[sinteticità]] (come il vedico, il greco, il latino, il [[Lingua tedesca|tedesco]], il [[Lingua russa|russo]]). Ciò vuol dire che nella protolingua più funzioni morfologiche si addensano nello stesso morfema. Si è già detto però che gli indizi derivanti dalla ricostruzione interna inducono i linguisti a ipotizzare che in una fase molto remota della sua storia, l'indoeuropeo avesse una struttura di [[lingua agglutinante]] (con ogni morfema usato a indicare una e una sola funzione morfologica, come accade oggi in [[Lingua turca|turco]] o in [[Lingua finlandese|finlandese]]).
 
La comparazione sistematica delle morfologie delle antiche lingue indoeuropee permette ai linguisti di ricostituire in maniera abbastanza attendibile l'''identikit'' della flessione del [[Sostantivo|nome]], dell'[[aggettivo]], del [[pronome]] e del [[verbo]] indoeuropei.
Il '''germanico''' attesta una ricaduta di [[o]] breve in ''a'', e una fusione fra &#257; ed &#333; (che in [[alto tedesco antico]] diventa ''uo''). All'interno di questo sistema, il '''gotico''' attua un'ulteriore convergenza fra ''e'' breve ed ''i''. Quanto allo slavo, la ''a'' e la ''o'' brevi confluirono in ''o'', &#257; e &#333; entrambi in &#257;, realizzando un mutamento di segno contrario a quello del germanico, ''i'' e ''u'' brevi si mutarono in vocali ultrabrevi, &#464;e &#468;, mentre &#299; e &#363; divennero ''i'' ed ''y'' (ma in [[lituano]], ramo baltico del [[baltoslavo]], ''a'' ed ''o'' evolvono in ''a'' e &#257; e &#333; in &#333; e ''uo'').
 
=== Parti variabili e invariabili del discorso ===
Una situazione a parte si ha nel [[celtico]], dove il sistema vocalico mostra una diffusa chiusura di &#275; in &#299; (es. r&#299;x, "re" dove il latino ha r&#275;x e il sanscrito r&#257;ja, da un indoeuropeo *r&#275;gs) e una generale alterazione del contesto originario, a causa dell'accento dinamico sulla prima sillaba, che è innovazione delle lingue celtiche, germaniche e italiche.
Le [[parti del discorso]] ricostruibili per l'indoeuropeo non coincidono in tutto e per tutto con la situazione delle lingue figlie:
 
* per quanto attiene alle parti variabili del discorso, si distinguono nella protolingua una morfologia del [[Sostantivo|nome]], dell'[[aggettivo]], del [[pronome]], del [[verbo]], ma manca completamente ogni traccia di [[articolo (grammatica)|articolo]]: frutto di innovazioni più tarde sono infatti gli articoli del greco, di alcune lingue slave antiche, delle [[lingue germaniche]] moderne e delle [[lingue neolatine]];
In '''latino''' il sistema delle vocali lunghe resta inalterato, mentre le vocali brevi subiscono mutazioni o scompaiono a interno di parola, a causa dell'accento dinamico sulla prima sillaba che caratterizzava la lingua di [[Roma]] agli albori della civiltà italica laziale. In particolare: *e diventa ''o'' davanti a suono ''w'' e ai gruppi ''la lo lu'' e dopo ''sw''; *e si chiude in ''i'', davanti al gruppo ''ng'', che provoca anche la chiusura di ''o'' in ''u''. Nella tarda repubblica, inoltre, wo passa a we davanti a rt. Le vocali o ed e preconsonantiche finali si chiudono in i.
* quanto alle parti invariabili, l'indoeuropeo non ha una vera e propria [[preposizione]], piuttosto si affida all'uso dei casi del nome e all'impiego della [[posposizione]] (posposizioni ricostruite sono ad es. '''*em''' e '''*bhi''', "a, in direzione di", nonché '''*ed''', "da"); le particelle che nelle lingue figlie appaiono usate come preposizioni proprie, in indoeuropeo rivestono il ruolo di avverbi di luogo e di tempo, o di posposizioni improprie (è il caso di '''*per-i''' "per, intorno", o '''*eks''', ", fuori da, da"); quanto agli avverbi di modo e alle congiunzioni, la situazione della protolingua non è sempre ricostruibile in modo univoco, dato che l'indoeuropeo sembra essere ricorso diffusamente all'uso avverbiale dei casi [[accusativo]], [[ablativo]], [[locativo]], [[strumentale]] di nomi, aggettivi e pronomi.
 
=== Morfologia nominale ===
== le semivocali e le sonanti==
La morfologia del nome e dell'aggettivo, nelle lingue indoeuropee, mostra una flessione sistematica secondo la nozione del [[Caso (linguistica)|caso]] grammaticale e del [[numero]], e una flessione semi-sistematica secondo il [[Genere (grammatica)|genere]]. Al di là di questo tratto comune, le antiche lingue indoeuropee mostrano un ampio ventaglio di varianti: dai dieci casi del [[lingua tocaria|tocario]], ai cinque casi del greco. I dati linguistici sembrano comprovare che lingue con un minor numero di casi ne avevano di più in fasi precedenti della loro evoluzione (ad es. il [[dialetto miceneo]], variante di greco della tarda età del bronzo, ha sei casi). D'altro canto i dieci casi del tocario, e i nove dell'antico [[lingua ittita|ittita]] sembrano essere il risultato di influssi di vicine lingue non indoeuropee (pressioni di [[adstrato]]). Si ritiene per lo più che la situazione originaria si sia conservata nelle lingue indo-arie, e si suppone che come queste ultime, la protolingua avesse otto casi:
* il [[nominativo]]: caso del [[Soggetto (linguistica)|soggetto]] grammaticale;
* il [[vocativo]]: caso del complemento di vocazione;
* l'[[accusativo]]: caso dell'oggetto e del moto a luogo ([[allativo]])
* il [[genitivo]]: caso del complemento di specificazione
* l'[[ablativo]]: caso dei complementi di moto da luogo, origine, provenienza, separazione
* il [[dativo]]: caso dei complementi di termine e vantaggio
* lo [[strumentale]]-sociativo: caso dei complementi di mezzo, strumento, causa efficiente, compagnia, unione;
* il [[locativo]]: caso indicante lo stato in luogo.
 
L'indoeuropeo conosceva tre generi: il [[maschile]] e il [[femminile]] e il [[Genere (linguistica)#Comune e neutro|neutro]] (quest'ultimo indicante la categoria dell'inanimato); si ricostruiscono, anche se oggi più problematicamente che in passato, tre numeri: il [[singolare]], il [[plurale]] e il [[duale (linguistica)|duale]] (quest'ultimo per indicare le coppie di enti animati e inanimati). Non è implausibile che nell'indoeuropeo i casi fossero ben distinti solo al singolare, o in altre parole, che essi mancassero del tutto di determinazione quanto al numero.
 
La declinazione nominale e aggettivale conosceva, nelle lingue indoeuropee, due varianti:
Per l’indoeuropeo sono diffusamente attestate le [[semivocali]] ''j'' ('''semivocale palatale''', come la ''i'' di ieri) e ''w'' ('''semivocale labiovelare''', come la w inglese). Accanto ad esse, nelle lingue indoeuropee storiche si rinvengono tracce e sopravvivenze di suoni più esotici, le cosiddette [[sonanti]], cioè i suoni ''n'', ''m'', ''l'', ''r'', (e le corrispettive lunghe) usati come nuclei sillabici, cioè come vere e proprie vocali. Nelle lingue europee tali suoni (brevi) si riscontrano in inglese (la ''m'' di ''bottom'', la ''l'' di ''able''); in tedesco (la ''n'' interconsonantica di ''wandernde''), in [[serbocroato]] (la ''r'' di ''Trst'', Trieste) e in [[ceco]] (la ''r'' di ''Brno''). A differenza di quanto accade in molte lingue moderne, l’indeuropeo conosceva sonanti anche in posizione prevocalica.
 
* una flessione ''tematica'', caratterizzata dal fatto che le desinenze dei casi si impiantano su un'originaria ''vocale tematica'' ''*-e-'', che nella flessione appare come ''*-o-'' nei maschili e nei neutri e come ''-a-'' nei femminili, per le pressioni del contesto fonetico;
Ecco qui di seguito alcuni esempi di parole indoeuropee caratterizzate dalla presenza delle sonanti:
* una flessione ''atematica'', propria dei temi in consonante, in ''*-i-'' (salvo alcuni femminili in ''*-iH2''), in ''*-u-'' e in dittongo.
esempi di parole con '''sonanti brevi''':<br>
''*krd'' (cuore) –greco, kardìa; latino cor; gotico, hairto;<br>''*wlkwòs'' (lupo) –sanscrito, vrkah; greco, lykos; latino, lupus; gotico, wulfs; slavo antico vliku;<br>''*tn-u'' (sottile, teso, tenue) –sanscrito, tanu-; greco, prefisso tany- in tany-pteryx (ad ali tese) e tany-thrix (dai capelli sottili); latino, tenuis;<br>''*sm-o'': uno, qualcuno –sanscrito, sama-; greco oyd-amòs (nessuno: letteralmente, non uno); gotico, sums (ma cfr. inglese, some);
 
Qui di seguito forniremo in tabella le sole desinenze generali:
esempi di parole con '''sonanti lunghe''' (rappresentate con ''rr'', ''ll'', ''mm'', ''nn''):
''*gwrrtòs'': grato: sanscrito gūrta-; lituano girtas (“lodato”); latino, grātus (osco, brātom);
''*''gnntòs: nato: sanscrito jātas; latino (g)nātus;<br>*wllnā: lana: sanscrito ūrnā; latino, lana.
 
{| class="wikitable"
Talora l’alternanza fra il gruppo -nə- e la sonante lunga ''nn'' aveva valore distintivo sul piano morfologico:
!
es.: nominativo *anətī (anatra, cfr. latino anas), genitivo e ablativo nntìyās.
! ''Singolare''
|-
!''Nominativo''
|
* '''*-s''' (maschili tematici e atematici; femminili atematici)
* '''*-H2''' (femminili tematici in '''*-aH2''' e '''*-iH2''');
* neutri atematici: nessuna desinenza;
* neutri tematici '''*-m'''
|-
!''Vocativo''
| nessuna desinenza (il vocativo ha il [[tema (morfologia)|tema]] o la [[radice (linguistica)|radice]] puri)
|-
!''Accusativo''
| '''*-m''' (che si sonantizza dopo [[consonante]])
|-
!''Genitivo''
|
* forme atematiche: '''*-es, *-os, *-s'''; *
* forme tematiche '''*-osjo, *-esjo'''
|-
!''Ablativo''
|
* forme atematiche '''*-es, *-os, *-s''';
* forme tematiche '''-*ōd''' nei temi in ''*-o-''
|-
!''Dativo''
| '''*-ei''' (nei nomi di declinazione tematica si contrae con la [[vocale]] [[tema (morfologia)|tematica]])
|-
!''Strumentale''
| '''*-e''' (nei temi di declinazione tematica si contrae con la vocale tematica)
|-
!''Locativo''
| '''*-i'''
|}
 
Per lo ''strumentale singolare'' sono attestati altri [[allomorfo|allomorfi]], verosimilmente [[varianti diacoriche]]: in particolare, ''-*bhi'' (cfr. greco omerico ''îphi'' "con forza", derivante da un ''wî-phi'' [[Dialetto miceneo|miceneo]]), e ''*-mi'' (in genere le desinenze di strumentale, dativo e ablativo con elemento ''*-m-'' prendono il sopravvento su quelle con elemento ''*-bh-'' nelle aree [[baltico|baltica]], [[lingue slave|slava]] e [[lingue germaniche|germanica]]).
===Esiti delle semivocali e delle sonanti originarie nelle diverse sottofamiglie===
 
{| class="wikitable"
----
!
! ''Duale''
|-
!''Nominativo''
| '''*-e''' (maschile e femminile), '''*-i''' per il neutro
|-
!''Vocativo''
| '''*-e''' (maschile e femminile), '''*-i''' per il neutro
|-
!''Accusativo''
| '''*-e''' (maschile e femminile), '''*-i''' per il neutro
|-
!''Genitivo''
| '''*-ous(?)'''
|-
!''Ablativo''
| '''*-bhjoH3''' (variante diacorica: '''-*moH3''')
|-
!''Dativo''
| '''*-bhjoH3;''' (variante diacorica: '''-*moH3''')
|-
!''Strumentale''
| '''*-bhjoH3''' (variante diacorica: '''-*moH3''')
|-
!''Locativo''
| '''*-ou'''
|}
 
{| class="wikitable"
!
! ''Plurale''
|-
!''Nominativo''
|
* '''*-es''' (maschile e femminile);
* '''*-H2''' (nel neutro: nei neutri tematici dà invece luogo ad '''-eH2'''> '''aH2''')
|-
!''Vocativo''
|
* '''*-es''' (maschile e femminile);
* '''*-H2''' (nel neutro: nei neutri tematici dà invece luogo ad '''-eH2'''> '''aH2''')
|-
!''Accusativo''
|maschile e femminile '''*-ns''' (con sonantizzazione dopo consonante finale di radice); '''*-H2''' (nel neutro: nei neutri tematici dà invece luogo ad '''-eH2'''> '''aH2''')
|-
!''Genitivo''
| '''*-om, *ōm'''
|-
!''Ablativo''
| '''*-bh(j)os ''' (variante diacorica '''*-mos''')
|-
!''Dativo''
| '''*-bh(j)os ''' (variante diacorica '''*-mos''')
|-
!''Strumentale''
| '''*-bhis''' (variante diacorica '''*-mis'''), *-oHis nei temi in ''*-o-''
|-
!''Locativo''
| '''*-su''', '''*-oisu''', nei temi in ''*-o-''
|}
 
==== Il consonantismoFlessione dell'indoeuropeoaggettivo ====
La presenza di un [[aggettivo]] sistematicamente identificato come parte del discorso vòlta a contrassegnare sul piano sintattico l'[[attributo (linguistica)|attributo]] e determinate forme del [[complemento predicativo]] sembra essere un tratto peculiare della morfo-sintassi della famiglia linguistica indoeuropea. In diverse lingue dell'area mediterranea non indoeuropea (come ad esempio, nelle [[lingue semitiche]]), gli aggettivi sono spesso assenti, in quanto sostituiti da formazioni verbali o da costruzioni con sostantivi.
 
Gli aggettivi indoeuropei si conformavano in tutto e per tutto alla flessione del nome: si declinavano infatti per genere, numero e caso, come del resto accade nelle lingue classiche, in vedico, in tedesco e nelle [[lingue slave]] (che però hanno diffusamente innovato). Come per i nomi, così per gli aggettivi si distingueva una flessione tematica e una atematica.
 
L'aggettivo indoeuropeo formava i gradi di comparazione tramite inserzione di suffissi appositi nella radice:
Il sistema consonantico dell'indoeuropeo è estremamente articolato. Elencheremo brevemente i suoni che lo compongono in ordine decrescente di sonorità, dalle realizzazioni consonantiche delle sonanti fino alle [[occlusive]], soffermandoci solo su alcuni problemi particolari: la questione delle [[laringali]], il problema delle tenui (consonanti occlusive sorde) aspirate, la '''teoria delle occlusive glottidalizzate'''.<br> La realizzazione consonantica delle '''sonanti nasali''' e '''liquide''' (cioè ''n'', ''m'', ''l'', ''r'') è ampiamente diffusa nell'indoeuropeo, come è del tutto lecito attendersi, e non pone particolari problemi.<br> Le consonanti [[fricative]] nella lingua madre sono minoritarie.
 
* il [[comparativo]] di maggioranza veniva formato con il [[suffisso]] '''*-ison-''' o '''*-ijon-''' (alla base del comparativo latino -ior, della forma greca atematica -ίων, nonché dei comparativi germanici);
=== Le fricative - il problema delle laringali ===
* il [[superlativo]] assoluto e relativo si formava con i suffissi elativi '''*-to-''', '''*-is-to-''', '''-mo-''', '''t-mo''';
* esisteva inoltre un suffisso '''*-tero-''', che indicava la distinzione fra due gruppi (ad esempio ''*dhelu-tero-'': "femminile, non maschile").
 
Qui di séguito alcuni esempi di aggettivi:
L'unica fricativa che inizialmente gli studiosi ascrivevano all'indoeuropeo era la sibilante ''s'', con la sua variante sonora /z/ (es: *sunus, figlio, *mizdhos, compenso). Tuttavia, nel [[1927]] si ebbe la decifrazione dell'[[ittita]] cuneiforme, che, con grande sorpresa degli studiosi si rivelò essere una lingua indoeuropea e inoltre (fatto che suscitò una sorpresa ancora maggiore) possedeva una '''fricativa laringale''' (h) in parole che in altre lingue imparentate mostravano una semplice vocale: es. : ''hantezzis'', primo, rispetto al latino ''anterior''; ''hastai'', osso, rispetto al latino ''os''; radice pahs- proteggere (nutrire), rispetto al latino ''pasco''.
 
'''aggettivi tematici''':
L'idea dell'esistenza nell'indoeuropeo di suoni laringali era stata avanzata dal grande linguista [[Ferdinand De Saussure]], uno dei padri dello [[strutturalismo]]. Saussure aveva proposto di ridurre da cinque a una le vocali dell'indoeuropeo originario, che avrebbe posseduto la sola ''e''; ''i'' ed ''u'' sarebbero derivate da dittonghi ''ei'', ''eu'', per [[apofonia]]; ''a'' ed ''o'' sarebbero venute fuori dalla fusione della ''e'' con quelli che venivano designati come '''coefficienti sonantici''' H1 e H2, A e O, che più tardi si ribattezzarono laringali.
 
* ''*kaikos, *kaikaH2, *kaikom'' "cieco, oscuro" (cfr. [[lingua latina|latino]] ''caecus'', e il [[lingua greca|greco]] καικία "vento del nord dalle nuvole nere")
La teoria dello studioso francese era stata considerata per lungo tempo pura speculazione. L'ittito compariva d'improvviso, con la sua testimonianza, a darle corpo. Le teorie delle laringali fiorirono nella prima metà del [[XX secolo]]. Il linguista polacco [[Kuri&#322;owicz]] postulò l'esistenza di tre laringali H1, H2, H3. [[Martinet]] arrivò a identificarne dieci (!) alcune labializzate (con un elemento labiovelare ''w'') altre no; alcune sonore e altre sorde, alcune velari, altre faringali, altre glottidali (colpo di glottide, in particolare).
* ''*akros *akraH2 *akrom'' "acre"
* ''*newos *newaH2 *newom'' "nuovo, giovane" (cfr. il greco νέος)
* ''*rudhros *rudhraH2 *rudhrom'' "rosso, rubizzo" (latino ''ruber'')
* ''*koilos *koilaH2 *koilom'' "cavo, vuoto" (cfr. il greco κοιλὸς, e il latino ''coelum'', ''coelus'' "cielo" - il grande vuoto)
* ''*elngwhros, *elngwhraH, *elngwhrom'' "leggero" (cfr. il greco ἐλαφρὸς)
 
'''aggettivi atematici''':
In realtà, la testimonianza dell'ittito corrobora l'idea della presenza di '''una sola laringale''', il suono /h/. L'indoeuropeo possiede un'ampia serie di consonanti [[occlusive]] aspirate, e da un punto di vista di tipologie linguistiche ricorrenti, gli idiomi che hanno serie di occlusive aspirate hanno anche la ''h'' (un caso esemplare, il greco antico). Sempre da un punto di vista tipologico, non ci sono sulla faccia della terra molte lingue con dieci laringali. Dunque, in base alle testimonianze concrete e a fondate ragioni, è verosimile che la lingua madre non dovesse avere altro che '''due fricative''': la sibilante sorda ''s'' (con la variante in distribuzione complementare ''z'') e la laringale ''h''.
 
* ''*swaH2dus (>*sweH2dj-) *swaH2dwiH2 *swaH2du'' "soave, dolce" ([[lingua latina|latino]] ''suavis'')
===Le serie di occlusive dell'indoeuropeo===
* ''*brgwhus *brgwhwiH2 *brgwhu'' "breve"
* ''*lgwhus *lgwhwH2 *lgwhu'' "lieve"
* ''*tnus tnwiH2 tnu'' "tenue, lungo"
* ''*mldus *mldwiH2 *mldu'' "molle, morbido"
* ''*oH3kus (*>eH3ku-) oH3kwiH2 *oH3ku'' "veloce" (latino ''ocior ocius'', [[lingua greca|greco]] ὠκὺς)
 
Sono aggettivi atematici con tema in ''-nt'' i [[participio|participi]] [[attivo (linguistica)|attivi]], di cui si registra il [[paradigma]] sotto la [[flessione (linguistica)|flessione]] [[verbo|verbale]].
 
===== Aggettivi numerali =====
Per l'indoeuropeo è attestato invece un ampio sviluppo delle serie di consonanti occlusive.
Una struttura a sé mostrano gli aggettivi numerali, che costituiscono uno degli aspetti più solidi della grammatica ricostruita dell'indoeuropeo.
Di base sono testimoniate, per la lingua madre nella sua fase tarda ('''Spätindogermanisch'''), quattro serie di consonanti occlusive: labiali, dentali, velari, labiovelari; per ognuna di queste serie esistono sorde (tenui)e sonore (medie); sia le sorde, sia le sonore possono essere o meno aspirate.
 
Qui di seguito una ricostruzione dei numerali cardinali da uno a cento in indoeuropeo, in base alle ricostruzioni presenti nell'''Introduzione alla linguistica comparativa'' di O. Szémerenyii, modificate parzialmente in base a un approccio laringalistico:
Se ne ricava il seguente quadro complessivo:
 
'''*sems, *smiH2, *sem 1; *ojos *ojaH2 *ojom, *oinos *oinaH2 *oinom, *oikos *oikaH2 *oikom''' (varianti per "unico, solo");
'''labiali''': p; b; ph; bh;<br>'''dentali''': t; d; th; dh;<br>'''velari''': k; g; kh; gh;<br>'''labiovelari''': kw; gw; kwh; gwh.
 
'''*d(u)wō 2; *(am)bhoH3''' "entrambi";
===Il problema delle tenui aspirate ===
Poco attestate sono le tenui aspirate. Solo il sanscrito presenta un sistema con tenui aspirate, che in [[persiano]] antico divengono fricative sorde (velare, ''x'', come ''ch'' del tedesco ''Bach'', labiodentale ''f'', e interdentale, ''þ'', come ''th'' dell'inglese ''third''). Alcuni studiosi hanno pertanto concluso che le tenui aspirate sono un'innovazione fonetica del ramo indo-iranico, dato che altre lingue sembrano presupporre, per ogni serie consonantica, un sistema a tre membri (ad es. per le dentali il greco ha ''t'', ''d'', ''th'', il germanico ha, a causa della grande [[rotazione consonantica]] ''t'', ''d'', ''þ'', e tutte e due le serie continuerebbero una situazione indoeuropea ''t'', ''d'', ''dh''). Tuttavia un sistema a tre membri (sorda, sonora, sonora aspirata) sembra avere un aspetto squilibrato dal punto di vista tipologico, ed esistono in ogni caso chiari indizi di una presenza delle sorde (o tenui) aspirate anche nella lingua originaria: eccone alcuni esempi:
 
'''*trej-es; *trisres *trih2''' 3;
'''sanscrito''': phalaka: tavola, assicella; '''slavo antico''' polica, verga; '''norreno''' fiol, asse, tavola.<br>
'''sanscrito''': panth&#257;s: via; '''greco''' pàtos, sentiero, e pòntos, mare; '''latino''' pons.<br>
'''sanscrito''': prthuka-: giovane animale; '''armeno''' orth e '''greco''' pòrtis, giovenco.<br>
'''sanscrito''': sphya-: remo anteriore, pala; '''greco''' sphen, cuneo;<br>
'''sanscrito''': &#347;&#257;kh&#257;: ramo: '''armeno''' tshax: ramo; '''lituano''' &#353;akà, ramo.
 
'''*kwettwor-es *kwettusres *kwettwor''' 4;
Questi esempi, in particolare la corrispondenza sanscrito-armeno, ( il caso di ''prthuka- orth'' è emblematico), sono chiaro indizio del fatto che l'indoiranico conserva l'originario sistema quadrimembre di occlusive della protolingua, mentre i sistemi trimembri sono il risultato di una semplificazione.
 
'''*pénkwe''' 5;
===La satemizzazione incompleta e la presenza delle occlusive palatali===
 
'''*(s)weks''' 6;
Le lingue indoeuropee si articolano, in base all'esito delle '''velari originali''' (''k, g, kh, gh'') in due grandi sottogruppi: le '''lingue kentum''' (dalla [[pronuntiatio restituta]] del latino ''centum'', cento), che conservano il tratto velare originario; le '''lingue satem''' (dal persiano antico ''satem'', cento), che trasformano le antiche velari in sibilanti e palatali (processo che è detto '''satemizzazione''').
 
'''*septm''' 7;
Ci si attenderebbe, a partire da questa definizione, che le lingue ''satem'' trasformino sempre la *k indoeuropea in ''s'', la *g in'' j'' o ''z'', etc. Esistono tuttavia numerosi (e ben noti) casi in cui le lingue ''satem'' e le lingue ''kentum'' attestano concordemente la sopravvivenza di una '''gutturale originaria''' (è il fenomeno che i linguisti chiamano '''satemizzazione''' incompleta o parziale). Qui di seguito alcuni esempi:
 
'''*H3oktoH3''' 8;
'''latino''' cruor, sangue (di ferita), '''greco''' kréas, carne '''anglosassone''' hr&#275;aw, '''slavo antico''' kry, '''sanscrito''' '''kravis''', carne sanguinolenta, rimandano tutti a i. e. *kreu-;<br>
'''latino''' iugum, giogo, '''greco''' zygòn, '''sanscrito''' yugam, rinviano a i. e. *yugòm;
in alcuni casi la divergenza di esiti fra radici in cui la gutturale si trova in condizioni fonotattiche affini è evidente: '''latino''' creo, fare, creare; '''sanscrito''' krnoti, fare, creare, dunque i. e. *ker, *kr; ma d'altro canto, '''latino arcaico''' in-clu-tus, rinomato (il cui nome "si sente" in giro), '''greco''', é-kly-on udii, '''sanscrito''' srnoti, udire (con caratteristica satemizzazione), da i. e. *kleu- *klu-.
 
'''*(H1)newn''' 9;
Il fenomeno della satemizzazione si spiega postulando una ulteriore '''serie di occlusive''', le palatali (da non confondersi con le [[affricate]] palatali), indicate convenzionalmente con i simboli *k' *g' *k'h *g'h. Queste occlusive hanno come punto di articolazione non il [[velo palatino]], ma la parte anteriore del palato. Nelle lingue ''kentum'', palatali e velari si sono fuse. Nelle lingue ''satem'' la palatalizzazione delle velari ha portato, per compenso, in séguito a una dinamica di [[catena di trazione]], alla velarizzazione delle palatali.
 
'''*dékm(t)''' 10;
===Aspetto complessivo del sistema consonantico dell'indoeuropeo===
 
'''*(d)wihkomt''' 20;
Il sistema consonantico dell'indoeuropeo è nel complesso così costituito:
 
'''*trihkomt''' 30;
'''nasali''': nasale bilabiale *m; nasale dentale *n;
 
'''*kwettwrkomt''' 40;
'''liquide''': vibrante apicale *r; laterale *l;
 
'''*penkwekomt''' 50;
'''fricative''': dentale sorda, *s (con l'allofono sonoro *z); laringale sorda, *h;
 
'''occlusive*(s)wekskomt''': 60;
 
'''*septmkomt''' 70;
1. serie delle '''bilabiali''', sorda, sonora, sorda aspirata, sonora aspirata: *p,*b,*ph,*bh;<br>
 
'''*H3okteH3komt''' 80;
2. serie delle '''dentali''', sorda, sonora, sorda aspirata, sonora aspirata: *t,*d, *th, *dh;<br>
 
'''*H2newnkomt''' 90;
3. serie delle '''palatali''', sorda, sonora, sorda aspirata, sonora aspirata: *k',*g',*k'h,*g'h;<br>
 
'''*kmtòm''' 100.
4. serie delle '''velari''', sorda, sonora, sorda aspirata, sonora aspirata: *k, *g, *kh, *gh;<br>
 
Per le centinaia è possibile che l'indoeuropeo, come il vedico, ricorresse a tre dinamiche di formazione:
5. serie delle '''labiovelari''', sorda, sonora, sorda aspirata, sonora aspirata: *kw,*gw,*kwh,*gwh.<br>
 
'''1.''' la creazione di un sostantivo neutro a partire da '''*kmtòm''' (dinamica presente anche in gotico): esempio '''*triH2 *kmtaH2 *gwowòm''' "tre centinaia di vacche" seguito, come si può vedere, da un genitivo partitivo;
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'''2.''' la creazione di un aggettivo composto: esempio '''*trkmtōs *trkmtaH2s *trkmtaH2''' (come in vedico, greco e latino e nella maggior parte delle lingue indoeuropee);
==L'origine del sistema di occlusive indoeuropeo e la teoria delle consonanti glottidalizzate o eiettive==
 
'''3.''' la creazione di un composto usato come collettivo e seguito dal genitivo partitivo, esempio '''*trkmtom gwowòm''' (come in vedico e in latino arcaico).
Si è appena visto che le occlusive indoeuropee si presentano in serie quadrimembri(sorda, sonora, sorda aspirata, sonora aspirata). In questo sottosistema apparentemente in equilibrio, si pongono in ogni caso due problemi, la rarità delle sorde o tenui aspirate e la scarsa frequenza del suono *b. Molti hanno fatto sparire dall'indoeuropeo il suono *th (e i suoi corrispondenti velare, bilabiale etc.), considerandolo solo un incontro occasionale di sorda + laringale. Una soluzione originale è venuta da tre studiosi, l'americano Hopper, il russo Ivanov e il georgiano Gamkrelidze (questi ultimi due sono anche autori di un'interessante ipotesi relativa alla patria originaria o Urheimat degli Indoeuropei e hanno partecipato attivamente al dibattito sulle laringali -Gamkrelidze ne postula tre, poi ricadute in ''h'', Ivanov due, non meglio identificate). Per risolvere le aporie poste dall'idea tradizionale del sistema di occlusive della lingua madre, propongono che le sonore indoeuropee derivino da consonanti glottidalizzate, cioè pronunciate occludendo la glottide. Il sistema delle occlusive viene così interamente ridefinito. Si ammette un sistema trimembre con *t e *d, che hanno come variante una forma laringalizzata, *t(h), *d(h), e una glottidale *t'. La struttura acquista ancora più coerenza alla luce della teoria di Ivanov della doppia laringale, se si ammette che una delle due laringali è il suono ''h'' e l'altra è il colpo di glottide, già presente nella teoria a dieci laringali di Martinet: si avrebbe infatti una struttura semplificata con due occlusive, sorda e sonora (es. *t e *d), le loro varianti laringalizzate *t(h) e *d(h) e una realizzazione glottidalizzata dell'occlusiva sorda, con gli ultimi tre suoni (*th, *dh, t') derivanti dalla fusione delle occlusive ordinarie con le due laringali. Successivamente nell'indeuropeo tardo o ''Sp&#259;tindogermanisch'', che molti considerano non una lingua unitaria, ma un [[diasistema]], si verrebbe a creare il campionario di occlusive che abbiamo visto sopra, con la sparizione della laringale glottidale e la sopravvivenza limitata della laringale sorda ''h''. Le varianti laringalizzate darebbero luogo a stabili consonanti aspirate, mentre la coarticolazione fra il suono dell'occlusiva e la glottidalizzazione creerebbe una [[consonante sonora]] (ricordiamo che le consonanti sonore si pronunciano come le corrispondenti sorde più l'attivazione della [[glottide]], cioè delle corde vocali). Tuttavia, dato che la glottidalizzazione è tipologicamente rara e difficoltosa per le consonanti labiali, si determina effettivamente una rarità di *b rispetto alle altre consonanti sonore. Sul piano dell'evoluzione linguistica, nel mutare in [[diacronia]] e [[diacoria]] del diasistema tardo-indoeuropeo si porrebbero, come pronuncie alternative equipollenti, tanto il sistema quadrimembre della ricostruzione tradizionale (poi conservato nel ramo indo-iranico), quanto una serie di varianti di sistemi trimembri già avviati a dar forma al consonantismo tipico da un lato del greco, dall'altro del germanico, nonché ad ulteriori semplificazioni tipiche di altre diramazioni linguistiche dell'Indeuropa.
La teoria delle glottidali oggi riscuote un discreto successo, data la sua capacità di spiegare una serie di fatti di cui il modello tradizionale non riusciva a rendere conto. Tuttavia non è scevra di obbiezioni, ad esempio la collocazione geolinguistica: in [[Europa]] le consonanti glottidalizzate o eiettive sono tipiche del [[Caucaso]]. A tale obbiezione Gamkrelidze ed Ivanov hanno risposto con precisione e competenza, proponendo una soluzione affascinante della questione della patria originaria degli [[Indoeuropei]], il cui centro di irradiazione è posto nei pressi del Caucaso, idea che non esclude affatto la soluzione [[Sarmati|sarmatica]] dei ''kurgan'', proposta in precedenza da Marija Gimbutas, e intesa come fase più tarda ([[calcolitico|calcolitica]] ed [[Eneolitico|eneolitica]], mentre la prima migrazione dal Caucaso sarebbe anteriore all'età dei metalli). In tal modo, all'idea dell'Indeuropeo come diasistema, si collega brillantemente e in modo organico la dissoluzione del problema della ''Urheimat'', postulandosi per gli Indoeuropei una pluralità di "patrie comuni" prima della diaspora (più che un'unica, remota, edenica patria d'origine). Resta però un controargomento alla teoria delle occlusive glottidalizzate assai più forte dell'obbiezione geolinguistica, ed è dato dal fatto che, tipologicamente parlando, i suoni glottidalizzati sono fortemente sordi, e la loro sonorizzazione non è facile da spiegare.
 
Non esiste una formazione univocamente ricostruibile per il numerale 1000. Tuttavia la maggior parte degli studiosi ritiene plausibile che:
 
1. il sanscrito ''sahasram'', l'avestico ''hazahra-'', il greco antico χείλιοι, il latino mille da ''*mi-hi-li'' (dove ''mi'' < '''*smi-H2''', femminile di '''*sem-'''), risalgano a locuzioni come '''*sem (*sm-) *gheslo-m''' o '''*smiH2 *ghesliH2''';
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2. il germanico, il baltico e lo slavo abbiano innovato, creando una nuova forma a partire dal participiale '''*tūsntiH2''' "abbondante".
== '''Esiti delle occlusive originarie''' ==
 
Gli aggettivi numerali ordinali venivano formati per lo più con l'inserzione dei suffissi *''-o-, *-to-, *-mo-''
 
=== Morfologia pronominale ===
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Il pronome indoeuropeo seguiva anch'esso una flessione per genere numero e caso. Per l'indoeuropeo i linguisti ricostruiscono con certezza i pronomi di prima e seconda persona singolare (*'''H1egH-om''', *'''em-''', *'''m-''',"io" e *'''tou''' "tu"), nonché il pronome riflessivo *'''sw-''', riconducibile a una radice dal significato originario di "famiglia, genere".
 
Accanto a questi due pronomi, sono oggetto di ricostruzione abbastanza univoca i temi pronominali dimostrativi '''*so- *to-''' (con significato cataforico) e '''*i-''' ('''*ei-''') (con significato anaforico). Questi temi pronominali costituiscono rispettivamente la declinazione dei dimostrativi '''so saH2 tod''' e '''is iH2 id'''. Da questi temi pronominali si sono ricavati, nelle lingue figlie, pronomi indefiniti e relativi.
 
Sufficiente attendibilità fornisce anche la ricostruzione del pronome interrogativo-indefinito *'''kwis kwid''' ("qualcuno, qualcosa, chi?, che cosa?").
'''L'evoluzione delle velari, la distinzione fra lingue ''kentum'' e lingue ''satem'''''
 
Erano attestati largamente nella protolingua anche i pronomi e aggettivi indefiniti '''*aljos''' ("altro", fra molti) e '''*e-tero-''', '''al-tero-''' ("altro", fra due).
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Non esisteva in indoeuropeo un vero e proprio [[pronome relativo]], a cui probabilmente sopperiva un uso correlativo dell'anaforico '''*is''' e dell'indefinito '''k<sup>w</sup>is''', situazione che è alla base dei differenti sviluppi del ramo italo-celtico (che privilegiò '''*k<sup>w</sup>is''') da un lato, e del ramo greco-indo-iranico (che privilegiò il tema pronominale *'''i-''') dall'altro.
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=La struttura morfologica dell'indoeuropeo=
 
=== Morfologia verbale ===
L'indoeuropeo è classificabile, tipologicamente, come [[lingua flessiva]] o fusiva, alla stregua delle lingue che da esso derivano. Come ogni lingua flessiva, possiede un alto '''grado di sinteticità''', cioè un alto numero di funzioni sintattiche addensate nella stessa parola, in particolare nello stesso '''morfema grammaticale'''. Esamineremo qui in dettaglio la morfologia dell'indoeuropeo tardo, cercando in un secondo momento di analizzare l'origine delle sue strutture grammaticali, là dove sia possibile.
Il verbo indoeuropeo si coniugava in base alle categorie di [[persona (linguistica)|persona]] e numero, ed era ovviamente articolato in modi e tempi; a differenza del verbo delle [[lingue semitiche]], non era sessuato (maschio/femmina), se non nelle forme aggettivali ([[participio]], [[aggettivo verbale]]). Aveva inoltre una coniugazione sintetica (con desinenze proprie) per la [[diatesi]] del [[Diatesi media|medio]]-[[passivo]]. Queste caratteristiche strutturali distintive sono ampiamente attestate nelle antiche lingue indoeuropee sin dal loro stadio più arcaico, e devono pertanto ritenersi proprie della stessa protolingua ricostruita.
 
In concreto, la morfologia verbale dell'indoeuropeo, quale viene ricostruita dai linguisti, presenta le seguenti caratteristiche generali:
 
* la presenza di due coniugazioni: una atematica (più primitiva) e una tematica;
== '''La declinazione -la flessione nominale (sostantivi e aggettivi)''' ==
* la presenza di tre numeri (singolare, duale e plurale);
* la presenza di due forme, l'attivo e il medio (quest'ultimo con funzioni che ricoprono, approssimativamente, quelle del verbo di forma passiva e riflessiva delle lingue moderne);
* quattro modi verbali, l'[[indicativo]], il [[congiuntivo]], l'[[ottativo]], l'[[imperativo]], più un'ampia schiera di formazioni nominali de-erbali fra cui spiccano il [[participio]] e un [[infinito (modo)|infinito]] di ricostruzione dubbia; i modi sono caratterizzati da suffissi specifici: nella coniugazione atematica, l'indicativo e l'imperativo non hanno alcuna caratteristica morfologica, l'ottativo ha il tipico suffisso '''-*(i)jeH1-''', '''*-iH2-''', il congiuntivo assume come suffisso una vocale tematica breve con alternanza fra '''-*e-''' ed '''*-o-''' (quest'ultima davanti a desinenze che iniziano per consonanti nasali o labiali); nella coniugazione tematica, l'indicativo e l'imperativo hanno come caratteristica una vocale tematica breve, con alternanza fra '''-*e-''' ed '''*-o-''' (quest'ultima davanti a desinenze che iniziano per consonanti nasali o labiali), l'ottativo assume il tipico suffisso '''*-o-j- * -o-i-''', il congiuntivo ha una vocale tematica lunga;
* una distinzione sistematica fra temi temporali, ricavati spesso dalla radice verbale tramite l'[[apofonia]]; i temi temporali identificano la qualità dell'azione, l'[[aspetto (linguistica)|aspetto]], ancor prima che la sua collocazione nel [[tempo]]; per l'indoeuropeo si ricostruiscono quattro tempi: il [[presente]], l'imperfetto, l'[[aoristo]] (forma di [[preterito]] affine al [[passato remoto]] delle [[lingue neolatine]]), il [[perfetto]] (indicante uno stato compiuto nel presente, conseguenza di un'azione passata); dubbia, o comunque non chiaramente ricostruibile, è l'esistenza di un piuccheperfetto (indicante uno stato compiuto nel passato, come conseguenza di un'azione passata precedente); è assente una forma univoca di [[futuro]], essendo spesso usati come futuri il presente indicativo, il presente congiuntivo e l'aoristo congiuntivo, o forme di presente con significato [[desiderativo]];
* collegate alla formazione dei tempi sono cinque caratteristiche peculiari del verbo indoeuropeo:
# la distinzione, sia nell'attivo, sia nel medio, fra [[desinenze primarie]] (tipiche del presente indicativo e spesso contrassegnate da una caratteristica '''*-i''') e [[desinenze secondarie]] (tipiche degli altri tempi e dei modi diversi dall'indicativo); una situazione a sé è propria degli imperativi, che hanno desinenze specifiche con affissi in '''-*u e -*ōd''';
# la presenza di un ampio ventaglio di suffissi per le formazioni di presente atematico e tematico;
# l'attestazione di desinenze distinte per il perfetto;
# l'attestazione oscillante dell'aumento, un prefisso '''*e-''' tipico dell'indicativo dei tempi passati (imperfetto, aoristo);
# la presenza, nel perfetto (e in certe forme di aoristo), del raddoppiamento (consistente nella riduplicazione della consonante iniziale del verbo seguita da una '''*-e-'''). La presenza o l'assenza dell'aumento nei tempi passati è probabilmente regolata dalla legge del ''[[Koniugationsreduktionssystem]]'' (sistema di riduzione della coniugazione), identificata per il vedico dal linguista polacco [[Jerzy Kuriłowicz]]: tale legge prescrive che alcuni affissi verbali (come l'aumento o la caratteristica '''*-i''' delle desinenze primarie) siano omessi, nel [[periodo (grammatica)|periodo]], a partire dalla seconda [[Proposizione (linguistica)|proposizione]] di una catena di frasi coordinate.
 
Qui di séguito, in tabella, lo schema delle desinenze generali del verbo indoeuropeo tematico e atematico:
I sistemi di declinazione delle lingue indoeuropee
 
* coniugazione atematica attiva:
Tutte le lingue indoeuropee posseggono le categorie linguistiche sistematiche del [[numero]], del [[genere]] e del [[caso]], che vanno ovviamente ascritte anche alla lingua madre. La maggior parte delle lingue indoeuropee possiede un sistema a tre generi, [[maschile]], [[femminile]] e [[neutro]], quest'ultimo proprio per lo più dei nomi indicanti oggetti inanimati. Solo l'[[ittita]] mostra un sistema a due generi, che oppone un genere comune animato (maschile e femminile)a un genere inanimato, neutro. Molto probabilmente, l'indoeuropeo aveva, nella sua fase più remota, una situazione analoga a quella dell'ittita, dato che la declinazione atematica, più primitiva, non ha distinzioni di generi a livello di desinenze. Tuttavia il femminile è troppo frequentemente attestato nell'Indeuropa, per pensare che l'Ittito, pur distaccatosi precocemente, conservi una situazione estremamente arcaica, o si sia distaccato prima che in altri rami il femminile si formasse. MOlto più verosimilmente, l'ittita ha attuato una semplificazione del sistema trimembre dei generi, che anche per la lingua madre comprendeva le nozioni di maschile, femminile e neutro.
 
{| class="wikitable"
Le lingue indoeuropee mostrano strutture variabili, quanto alla categoria del numero. alcune hanno un singolare e un plurale, altre anche un duale, per indicare coppie di oggetti e persone (ad esempio il gotico, il greco antico, il sanscrito). Tuttavia, anche nelle lingue che non mostrano il duale come categoria sistematica, ne restano, ancora oggi, evidenti relitti, e in altre lingue storicamente documentate (il greco, per esempio), la semplificazione che porta alla graduale scomparsa del duale è ben testimoniata. Se ne deduce, per la lingua madre, un sistema a tre numeri, singolare, duale, plurale, comuni a nomi, aggettivi, pronomi, verbi.
!
! ''Desinenze primarie'' || ''Desinenze secondarie'' || ''Imperativo''
|-
!''I pers. sing.''
| *-mi || *-m || (manca)
|-
!''II pers. sing.''
| *-si || *-s || *-dhi, *-tōd
|-
!''III pers. sing.''
| *-ti || *-t || *-tu, *-tōd
|-
!''I pers. du.''
| *-wes || *-we || (manca)
|-
!''II pers. du.''
| *-tH1es || *-tom || *-tom
|-
!''III pers. du.''
| *-tes || *-taH2m || *-taH2m
|-
!''I pers. plur.''
| *-mes || *-me || (manca)
|-
!''II pers. plur.''
| *-te || *-te || *-te, *-tōd
|-
!''III pers. plur.''
| *-nti || *-nt || *-ntu, *-ntōd
|}
 
=== Sintassi ===
Quanto al sistema dei casi, la situazione delle diverse famiglie è ancora più complessa e articolata. Lingue come il sanscrito o l'[[avestico]] (persiano antico), hanno otto casi ([[nominativo]], [[vocativo]], [[accusativo]], [[genitivo]], [[ablativo]], [[dativo]], [[strumentale]], [[locativo]]); le lingue slave, sette, come, fra le lingue italiche, l'osco (il latino ne ha però solo sei e un settimo caso, il locativo, come nozione semisistematica); il greco miceneo ne ha sei, mentre il greco più tardo solo cinque. Cinque ne hanno anche le lingue germaniche. Tipologicamente parlando, l'evoluzione linguistica si muove nel senso della semplificazione del sistema dei casi: dunque le lingue che hanno meno casi hanno innovato, attuando un '''sincretismo''' di funzioni logiche precedentemente distinte. L'indoeuropeo avrà necessariamente avuto gli otto casi che ritroviamo nel gruppo indoario, nella fase più antica. L'ipotesi di un nono caso, il [[direttivo]], rimane invece controversa e non accettata da gran parte degli studiosi. Quel che importa è che l'indeuropeo mostra la struttura morfosintattica tipica delle [[lingue accusative]] (caratterizzate dall'opposizione nominativo, soggetto-accusativo, oggetto), diversamente da moltre altre famiglie linguistiche ad esso geolinguisticamente vicine in origine (le lingue caucasiche, ad esempio, sono [[lingue ergative]]), anche se varie prove indiziarie interne al sistema morfosintattico della lingua madre sembrerebbero alludere a una fase estremamente remota in cui l'indoeuropeo era un idioma [[ergativo]].
L'indoeuropeo, come le più antiche lingue flessive che ne derivano, sembra essere stato una lingua con ordine sintattico OV (tendenza dell'oggetto a precedere il verbo transitivo nella [[frase]] non marcata).
 
== La metrica indoeuropea ==
Qui di séguito diamo un prospetto delle desinenze generali ricostruite dei casi.
Alcune coincidenze significative fra le diverse forme di [[poesia]] [[epica]] e [[Poesia lirica|lirica]] delle antiche culture di lingua indoeuropea permettono di ricostruire, in modo approssimativo, il panorama del patrimonio poetico (metrica e [[stilistica]]) comune alle tribù indoeuropee nella loro tarda fase unitaria<ref>Le basi metodologiche della comparazione fra forme poetiche sul piano stilistico e metrico sono rinvenibili in Calvert Watkins, ''How to Kill a Dragon –Aspects of Indo-European Poetics'', New York, Oxford University Press, 1995, p. 1-6.</ref>.
 
L'attribuzione al proto-indoeuropeo di un accento musicale e di un'opposizione [[fonema|fonemica]] fra sillabe lunghe e brevi ha una conseguenza precisa sulla metrica della protolingua, che dovette essere di natura quantitativa, cioè basata sulla durata, o quantità della [[sillaba]], secondo quanto stabilito già da [[Antoine Meillet]]<ref>Antoine Mellet, ''Les origines indo-européennes des mètres grecs'', Paris, 1923, pp. 7-11.</ref>, il quale afferma con chiarezza che l'unità di base del [[ritmo]] del [[verso]] proto-indoeuropeo, esattamente come in greco e in vedico, era la sillaba, essendo ogni parola indoeuropea costituita di sillabe lunghe e brevi<ref>Meillet, ''Les origines'', cit. p. 10: "Le rythme des vers indo-européens résultait donc seulement de la succession de syllabes longues et breves: l'unité metrique, en grec ancien et en vedic, est la syllabe".</ref>.
Per il ''singolare'':
 
Il greco e il vedico rivestono particolare importanza nella ricostruzione della metrica indoeuropea per una serie di ragioni:
''Nominativo'': '''*-s''' o nessuna desinenza, o '''*-m''' (neutri col tema in *-o-)
 
* in primo luogo, il greco antico e il vedico presentano meglio conservata la situazione della prosodia proto-indoeuropea comune;
''Vocativo'': nessuna desinenza (il vocativo ha il tema o la radice puri)
* per converso, le lingue celtiche, italiche, germaniche hanno attuato fortissime innovazioni della situazione originaria; presenta innovazioni, sia pur in misura minore, anche il persiano antico (''avestico'' e ''gatico'');
* lo statuto particolare del ramo anatolico, particolarmente arcaico ma anche, per varii aspetti, marginale, ne ridimensiona in gran parte il peso sulla ricostruzione<ref>Meillet, ''Les origines...'' cit., p. 15 ss.; Villar, ''Gli indoeuropei'' cit. p. 177.</ref>.
 
Oltretutto, come osservato a suo tempo da [[Marcello Durante]], il greco e le lingue indo-arie sembrano oggettivamente possedere un patrimonio culturale comune, che ha influito a largo raggio in tutta l'area occupata dalle tribù indoeuropee nella fase tardo-unitaria (fenomeno della ''solidarietà greco-indoiranica'')<ref>Marcello Durante, ''Sulla tradizione della preistoria poetica greca'', ''Parte seconda: risultanze della comparazione indoeuropea'', Roma, ed. dell'Ateneo, 1976, pp. 40-45.</ref>.
''Accusativo'': '''*-m''' (che si sonantizza dopo consonante)
 
Il panorama delle metriche delle antiche lingue indoeuropee risulta in apparenza assai vario. Ad esempio:
''Genitivo'': '''*-es, *-os, *-s'''; '''*-osyo, *-esyo''' nella declinazione dei temi in *-o-
 
* in ''greco'', si assiste alla compresenza di due sistemi in apparenza eterogenei: 1) la ''metrica eolica'', basata su versi di numero di sillabe fisso ([[isosillabismo]]), con una parte libera di una o due sillabe ([[base hermanniana]]) e una parte dal ritmo quantitativo stabilito; 2) la metrica ionica, basata sulla possibilità di sostituire una lunga con due sillabe brevi<ref>Meillet, ''Les origines'' cit. pp. 25 ss.</ref>; l'uso di figure di suono ([[allitterazione]] o [[rima]]), è collegato a contesti particolari<ref>L'uso dell'allitterazione è ad esempio collegato, in Omero, alla necessità di staccare il discorso diretto dalla narrazione, come stabilisce Mario Cantilena, "Sul discorso diretto in Omero", in ''Omero tremila anni dopo'', a cura di Franco Montanari & Paola Ascheri, Roma, Ed. di storia e letteratura, 2002 pp. 21-39.</ref>;
''Ablativo'': '''*-es, *-os, *-s'''; '''&#333;d''' nei temi in *-o-
* in ''vedico'' si ha minor varietà di forme: i versi hanno numero di sillabe fisse (isosillabismo), con una parte libera iniziale e la chiusa con ritmo quantitativo stabilito<ref>Sulla minor varietà di forme della metrica vedica in opposizione a quella greca, cfr. Meillet, ''Les origines'' cit., p. 16.</ref>; anche in vedico, l'uso delle figure di suono è legato a contesti particolari<ref>Meillet, ''Les origines'' cit. p. 15, nota la correlazione fra allitterazione e occasionale [[paronomasia]] o [[figura etimologica]].</ref>;
* in ''latino'', prima dell'importazione della metrica greca, l'unico verso quantitativo strutturato è il [[saturnio]], assai irregolare e caratterizzato da un largo impiego dell'[[allitterazione]] e dell'[[omeoteleuto]]<ref>Sul saturnio cfr. [[Giorgio Pasquali]], ''Preistoria della poesia romana'', Firenze, sansoni, 1936. Per il Pasquali il saturnio nasce dall'aggregazione di un [[dimetro giambico]] catalettico e di un verso [[itifallico]], cioè da versi greci importati e rielaborati in modo originale. L'apporto proprio del latino sono le figure di suono.</ref>; allitterazioni e omeoteleuti caratterizzano anche la prosa ritmica delle formule magiche e giuridiche (''carmen'')<ref>Sul ''carmen'', canto-incantesimo latino arcaico, prima sacrale poi esteso alla formula giuridica, v. Bruno Luiselli, ''Il problema della più antica prosa latina'', Cagliari, Fossataro, 1969, pp. 123-171.</ref>;
* in ''germanico'' i versi, divisi per lo più in due membri da una [[cesura]] e basati sull'allitterazione, hanno un ritmo basato su un numero fisso di sillabe accentate e un numero variabile di sillabe non accentate<ref>Per la [[metrica germanica]] resta ancora fondamentale [[Eduard Sievers]], ''Zur Rhythmik des germanischen Alliterationsverses'', Beitrage zur Geschichte der Deutschen Sprache u. Litteratur, Halle, vol. X (1885).</ref>;
* nelle ''lingue celtiche'' si sviluppa una metrica raffinata, basata sull'isosillabismo e sulla [[rima]], all'interno di strofe e componimenti poetici complessi<ref>Fornisce ampio materiale sulla metrica antico-irlandese, Calvert Watkins, ''Indo-European Metrics and Archaic Irish Verse'', Celtica, 6 (1963), p. 194-249.</ref>.
 
Da questa variegata gamma di situazioni emergono due fenomeni salienti:
''Dativo'': '''*-ei''' (nei temi in *-o- e *-a- si contrae con la vocale tematica)
 
* in tutte le forme metriche attestate nelle varie tipologie di poesia indoeuropea, è evidenziabile la presenza di figure di suono, con la differenza che in alcuni casi (greco, vedico) queste figure di suono sono usate a fini espressivi, mentre in altri casi (latino arcaico, germanico, celtico) sono parte del sistema;
''Strumentale'': '''*-e''' (nei temi in *-o- e *-a- si contrae con la vocale tematica)
* in greco (metri eolici) e in vedico ci sono forme metriche caratterizzate da: 1) isosillabismo; 2) presenza di una base libera; 3) presenza di una clausola o chiusa del verso rigorosamente regolata; 4) impiego dei versi in strutture strofiche (distici come minimo). Nelle lingue celtiche, germaniche e italiche, che non si conformano a questo sistema, si rileva comunque una tendenza molto spiccata alla simmetria e all'isosillabismo<ref>Sui risultati della comparazione fra le varie forme poetiche e strofiche delle antiche forme poetiche indoeuropee cfr. l'ampio materiale raccolto da Watkins, ''How to Kill a Dragon'' cit. pp. 97-134; 197-276.</ref>.
 
La conseguenza di queste semplici osservazioni porta a dedurre che il verso indoeuropeo aveva alcuni caratteri definiti:
''Locativo'': '''*-i'''
 
* era contrassegnato da isosillabismo (versi dello stesso numero di sillabe, da otto in su: ne sono esempi il [[gliconeo]] greco o uno dei quattro versicoli componenti la [[śloka]] sanscrita);
Per lo ''strumentale singolare'' sono attestati altri allomorfi, verosimilmente [[varianti diacoriche]]: in particolare,''' -*bhi''' (cfr. greco omerico ''îphi'', con forza, derivante da un miceneo ''wî-phi''), e '''*-mi''' (in genere le desinenze di strumentale, dativo e ablativo con elemento *-m- prendono il sopravvento su quelle con elemento *-bh- in area baltoslava e germanica).
* nella prima parte era libero, ma aveva struttura rigorosa sul piano quantitativo nella clausola, che in linea di massima poteva avere ritmo [[giambo|giambico]] o [[trocheo|trocaico]] (quest'ultimo aspetto è contestato da chi nega la distinzione fra lunghe e brevi nel proto-indoeuropeo comune);
* era aggregato in [[strofa|strofe]], in cui spesso l'ultimo verso poteva essere caratterizzato da [[catalessi]], cioè da caduta dell'ultima sillaba (i canti indoeuropei, fossero di carattere narrativo o fossero inni agli dèi come i componimenti del ''Rgveda'', avevano forse più spesso la struttura dell'[[ode]] che del [[poema]]);
* era caratterizzato dall'uso espressivo diffuso di [[figure retoriche]] di suono, come l'[[allitterazione]], la [[paronomasia]], la [[paretimologia]], l'[[omeoteleuto]], il [[parallelismo (figura retorica)|parallelismo]], l'[[isocolia]].
 
== La lingua poetica indoeuropea ==
Da quanto abbiamo detto sulle formule più ricorrenti della poesia indoeuropea, "gloria immortale" e "sacra potenza", si può dedurre una constatazione abbastanza semplice: la società tardo-indoeuropea [[Cultura kurgan|kurganica]] esprimeva una poesia di carattere epico, che già riconosceva, come suo valore primario, la ricerca della gloria in quanto unica possibile forma di eternità concessa all'uomo. Ne consegue che il [[poeta]], fra gli [[Protoindoeuropei|indoeuropei]], aveva probabilmente un ruolo particolare. Ne rendono testimonianza il ruolo che agli [[aedo|aedi]] attribuisce la poesia omerica, così come l'articolata complessità di figure di poeti conosciute dal mondo indo-ario.
 
Sul piano delle tematiche dell'ipotetica poesia indoeuropea, è verosimile l'idea che in essa fossero già presenti alcuni nuclei narrativi ricorrenti delle epiche indoeuropee storicamente note, e alcuni miti [[cosmogonia|cosmogonici]] che gli indoeuropei, come del resto i [[semiti]] e altre popolazioni dell'[[Eurasia]], avevano ereditato dalle più antiche culture del [[neolitico]] sin dall'epoca dell'invenzione e dell'assimilazione delle [[tecnologia|tecnologie]] legate alla pratica dell'[[agricoltura]]. Temi come il ritirarsi dell'eroe offeso, che reca disgrazia alla comunità, o il ritorno dell'eroe, che ristabilisce una situazione di equilibrio, o archetipi narrativi come il compianto dell'amico dell'eroe (che si ritrovano per altro anche in epiche non indoeuropee) devono risalire a una fase molto remota.
Per il ''duale'':
 
== Proto-lessico e proto-cultura ==
''Nominativo'': '''*-e''' (maschile e femminile),''' *-i''' '''(*-&#299;?)''' per il neutro
{{vedi anche|Protoindoeuropei|Lingue indoeuropee}}
Lo studio dell'Indoeuropeo come [[protolingua]] ha permesso agli studiosi di collocare nel tempo e nello spazio l'ipotetica [[protocultura]] comune alle varie tribù che parlavano dialetti indoeuropei. Allo stadio attuale degli studi la maggior parte degli indoeuropeisti, secondo l'[[ipotesi kurganica]] basata sulle indagini archeologiche di [[Marija Gimbutas]], tende a porre l'''Urheimat'', o patria originaria, degli Indoeuropei, nella zona compresa fra i Monti [[Urali]] e il [[Mar Nero]], e a indicare nella prima [[età del bronzo]] ([[V millennio a.C.|5000 a.C.]]) il momento della [[preistoria]] dell'[[Eurasia]] in cui si definisce l'identità originaria degli [[Protoindoeuropei|Indoeuropei]], la cui civiltà è per lo più identificata con la [[cultura kurgan]], le grandi sepolture a tumulo diffuse fra il basso [[Danubio]] e le pendici del [[Caucaso]]. Secondo questa teoria, tendenzialmente maggioritaria, gli Indoeuropei si sarebbero poi diffusi in varie ondate, con migrazioni semi-violente o vere e proprie invasioni, sovrapponendosi alle più antiche società neolitiche grazie a tre innovazioni tecnologiche: le armi di [[bronzo]], la [[ruota]] a raggi e la domesticazione del [[cavallo]].
 
Teorie alternative rintracciano il punto di irradiazione degli indoeuropei in altre zone:
''Vocativo'': '''*-e''' (maschile e femminile),''' *-i''' '''(*-&#299;?)''' per il neutro
 
* L'archeologo britannico [[Colin Renfrew]] individua l'''Urheimat'' in [[Anatolia]], e fa coincidere l'espansione indoeuropea con la diffusione dell'[[agricoltura]] nel [[Neolitico]], a partire dall'[[VIII millennio a.C.|8000 a.C.]]; nonostante l'ingegnosità dell'approccio, agli occhi della comunità scientifica il punto di vista di Renfrew non riesce però a spiegare coerentemente la presenza degli Indoeuropei in India;
''Accusativo'': '''*-e''' (maschile e femminile),''' *-i''' '''(*-&#299;?)''' per il neutro
* Il linguista italiano [[Mario Alinei]] ipotizza che gli Indoeuropei fossero presenti nelle loro sedi già alla fine del [[Paleolitico]] Superiore ([[teoria della continuità]]), associandone la diffusione all'arrivo dell'[[Homo sapiens]] in Europa circa 30.000 anni fa; Alinei si spinge a ricondurre al Paleolitico fin troppi aspetti dell'attuale situazione geolinguistica europea: agli occhi degli studiosi tale approccio, nonostante alcuni affascinanti spunti teorici, non appare perciò fondato su prove certe e complica inutilmente il quadro linguistico dell'[[Europa occidentale]], che si spiega molto meglio in virtù di eventi storici assai più recenti e ben documentati;
 
''Genitivo'': '''*-ous(?) *-&#333;s(?)'''
 
''Ablativo'': '''*-bhy&#333;''' (variante diacorica: '''-*m&#333;)'''
 
''Dativo'': '''*-bhy&#333;''' (variante diacorica: '''-*m&#333;)'''
 
''Strumentale'': '''*-bhy&#333;''' (variante diacorica: '''-*m&#333;)'''
 
''Locativo'': '''*-ou'''.
 
 
Per il ''plurale'':
 
''Nominativo'': '''*-es''' (maschile e femminile, spesso si contrae), '''*-ə''' (nel neutro: dà luogo ad '''-*&#257;''' per contrazione, nei temi *-o-)
 
''Vocativo'': '''*-es''' (maschile e femminile, spesso si contrae) '''*-ə''' (nel neutro: dà luogo ad '''-*&#257;''' per contrazione, nei temi *-o-)
 
''Accusativo'': maschile e femminile '''*-ns''' (con sonantizzazione dopo consonante finale di radice); '''*-ə''' (nel neutro: dà luogo ad '''-*&#257;''' per contrazione, nei temi *-o-)
 
''Genitivo'': '''*-om, *&#333;m'''
 
''Ablativo'': '''*-bh(y)os ''' (variante diacorica '''*-mos''')
 
''Dativo'': '''*-bh(y)os ''' (variante diacorica '''*-mos''')
 
''Strumentale'': '''*-bhis''' (variante diacorica '''*-mis'''), *-&#333;is nei temi in *-o-
 
''Locativo'': '''*-su''', '''*-oisu''', nei temi in *-o-.
 
Questo il prospetto generale delle desinenze casuali rinvenibili nell'indoeuropeo comune. L'elenco è comprensivo di allomorfi e varianti diacoriche, per quanto possibile. Passiamo ora a esaminare le varie tipologie di declinazione nominale e aggettivale ricostruibili.
 
 
== La declinazione atematica ==
 
 
 
== La declinazione dei maschili e neutri in '''*-o-''' ==
 
''Maschili''
 
 
Dal confronto fra le diverse lingue indeuropee si ricostruisce facilmente una declinazione originaria di maschili e neutri in *-o-.<Br> Un esempio classico di maschile in *-o- è dato dalla flessione di '''*wlkwòs''', lupo.
Ecco le attestazioni di questa parola in alcune delle principali lingue indoeuropee:
 
1. Situazione del singolare:
 
-per il '''nominativo''', il sanscrito '''vrk-as''', il greco '''lyk-os''', il latino '''lupus''', il lituano '''vilkas''', lo slavo antico '''vl&#464;k&#468;''', il gotico '''wulfs''' sono tutti riconducibili a una forma '''*wlkw-òs''';
 
-per il '''vocativo''' abbiamo: sanscrito '''vrka''', greco '''lyke''', latino '''lupe''', lituano '''vilke''', slavo '''vlice''', gotico '''wulf''', da cui si ricostruisce i. e. '''*wlkw-è''', puro tema senza desinenza con [[apofonia]] al grado normale;
 
-per l''''accusativo''', sscr. '''vrkam''', gr. '''lykon''' (<*'''lykom'''), lat. '''lupum''', lit. '''vilk&#261;''', sl. '''vl&#464;k&#468;''', gotico '''wulf''' si riconducono tutti a '''*wlkw-òm''';
 
-per il '''genitivo''' abbiamo: sscr. '''vrkasya''', gr. omerico '''lykoio''' (cfr. [[miceneo]] '''po-ti-ni-ja da-bu-ri-to-jo'''), got. '''wulfis'''; per il latino, la desinenza '''&#299;''' ha interpretazioni contrastanti, tuttavia nell'[[iscrizione di Satricum]], risalente alla fondazione della Repubblica, si trova un doppio genitivo arcaico in '''-osio''' (''Popliosio Ualesiosio suodales''= ''Publii Valerii sodales'') -inoltre la des. originaria sembra permanere nei genitivi pronominali come '''eius'''; lituano e slavo sembrano invece fondere genitivi e ablativi, dunque non forniscono esempi pertinenti; ne consegue in ogni caso un i. e. '''*wlkw-osyo''', con le varianti '''*wlkw-esyo''', '''*wlkw-eso''', '''*wlkw-oso''';
 
-per l''''ablativo''': sscr. '''vrkad''', latino '''lupo(d)''' (desinenza arcaica), lit. '''vilko''' e sl. '''vlika''' attestano un abl. indeuropeo '''*wlkw-&#333;d'''; il greco e il gotico hanno perso l'ablativo per dinamiche di sincretismo;
 
-per il '''dativo''': sscr. '''vrk&#257;ya''' (che opacizza in parte la desinenza originaria), il greco '''lyk&#333;i''', il latino '''lup&#333;(i)''' (des. arcaica); il lit. '''vilkui''' rimandano a i. e. '''*wlkw-&#333;i''';
 
-per lo '''strumentale''': sscr. '''vrk&#257;''', relitti di strumentale negli avverbi di derivazione pronominale in greco (es. '''t&#333;''': perciò); il lituano '''vilko''' e il got.''' wulfa''' portano tutti a i. e. '''*wlkw-&#333;''';
 
-per il '''locativo''': sscr. '''vrke''', relitti di locativo greco e lat. come '''oikoi''' e '''domi'''; inoltre asl. '''vl&#464;k&#275;''' e lit. '''vilke''', attestano i. e. '''*wlkw-oi;''';
 
 
 
2. la situazione del duale:
 
-Per i tre casi retti del duale ('''nominativo''', '''vocativo''' e '''accusativo''') è attestata in tutte le lingue, o come desinenza sistematica o come forma relitto, *-&#333;: es. sskr. '''vrk&#257;''', gr. '''lyk&#333;''', lit. '''vilku''', e agg. duale relitto latino '''amb&#333;'''; dunque i. e. '''*wlkw-&#333;''';
 
-per i casi obliqui, la testimonianza del greco viene a cadere, dato che la caratteristica des. '''-oin''' è sorta per analogia da altre forme; il '''genitivo''' è attestato in sanscrito, con '''vrk-ay-os''' (infisso '''-ay-''' di derivazione pronominale, des. '''-os''' < '''*ous'''), e slavo antico, '''vliku''', con des. '''-u''', da '''*-ous'''. l'[[avestico]], con v&#299;rayå, sembra rimontare a una forma -'''&#333;s'''; di qui le probabili forme i. e. '''*wlkw-ous''', '''*wlkw-&#333;s''';
 
-per '''ablativo, dativo, strumentale''' valgono le testimonianze delle lingue ''satem'', sanscrito ('''vrk&#257;bhy&#257;m''',) e slavo antico ('''vl&#464;koma'''), attestanti le varianti diacoriche '''-bhy&#333;(m)''' e '''m&#333;''': di qui, verosimilmente, i. e '''*wlkw-o-bhy&#333;(m)''';
 
-una forma di '''locativo''' duale distinta dal genitivo sopravvive solo in avestico, con '''zastay&#333;''' e lituano (avverbi '''pusiau'''. "in due metà" e '''dviejau''', "in coppia"), che rimontano a '''*-ou''': dunque i. e. '''*wlkw-ou'''
 
 
 
3. la situazione del plurale:
 
-per il '''nominativo''' e il '''vocativo''', il sanscrito ha '''vrk&#257;s'''; che fa il paio con il gotico '''wulf&#333;s''', mentre le desinenze delle lingue classiche (greco '''lykoi''', latino '''lup&#299;''', riconducibili a '''*-oi''') e del balto-slavo (lituano '''vilkai''', slavo ant. '''vl&#464;ci'''), attestano una desinenza che, verosimilmente si è estesa dai pronomi agli aggettivi, per poi comparire nei sostantivi; la forma originaria è senz'altro '''*wlkw-&#333;s''', con una desinenza '''-&#333;s''' testimoniata anche per l'italico dall'osco-umbro (es. '''Núvlanús''': "Nolani");
 
-quanto all''''accusativo''', il sanscrito ha '''vrk&#257;s''', facilmente confrontabile con il greco '''lykous''' (in cui il dittongo '''-ous''' sorge da '''-ons''', attestato non in attico, ma in altri dialetti), con il latino '''-&#333;s''', con il got. '''wulfans''', che si riconducono alla forma indoeuropea '''*wlkw-&#333;ns''';
 
-il '''genitivo''' originario si conserva ancorain alcune espressioni vediche (es. '''d&#275;v&#257;n janma''': "stirpe di dèi"), nel greco '''lyk&#333;n''', in alcuni arcaismi latini (es. '''deum'''), nel lituano '''vilk&#371;''', che portano gli studiosi a ricostruire una forma '''*wlkw-&#333;m''';
 
-il '''dativo''' e l''''ablativo''' plurali sono ricostruibili a partire dalle testimonianze dell'indoario, ad es. dal sscr. '''vrk&#257;bhyas''', che rimonta a una desinenza '''*-bhyos''' -conservata dal latino in alcune eccezioni della prima declinazione e in tutti i nomi di terza, quarta e quinta- mentre il balto-slavo (es. lituano '''vilkams''') e il germanico (es., got. '''wulfam''') attestano la tipica variante diacorica '''*-mos'''; probabilmente la forma originaria, per entrambi i casi, era '''*wlkw-òbhyos''';
 
-lo '''strumentale''' plurale è ricostruibile a partire da sscr. '''vrkais''', gr. ant. '''lykois''', passato al dativo per sincretismo, lat. '''lup&#299;s''', lit. '''vilkais''', che discendono tutti da '''*wlkw-&#333;is''';
 
-il '''locativo''' è ricostruibile sulla base di sscr. '''vrkesu''', greco, dial. ionico '''lykoisi''' (des. passata al dativo per sincretismo), lat. '''lup&#299;s''', lit. '''vilkuose''', slavo ant. '''vl&#464;c&#275;x&#468;''': tutte queste desinenze di locativo derivano da un i. e. '''*wlkw-òisu'''.
 
Riassumendo i risultati della ricostruzione, abbiamo dunque il seguente paradigma complessivo per i maschili:
 
''singolare'': nom. '''*wlkw-òs''', voc. '''*wlkw-è''', acc. '''*wlkw-òm''', gen. '''*wlkw-òsyo''', abl. '''*wlkw-&#333;d''', dat. '''*wlkw-&#333;i''', str. '''*wlkw-&#333;''', loc. '''*wlkw-òi''';
 
''duale'': nom. voc. acc. '''*wlkw-&#333;'''; gen. '''*wlkw-&#333;s'''; dat. abl. str. '''*wlkw-ò-bhy&#333;(m)'''; loc.'''*wlkw-òu''';
 
''plurale'': nom. voc., '''*wlkw-&#333;s'''; acc. '''*wlkw-&#333;ns'''; gen. '''*wlkw-&#333;m'''; dat. abl. '''*wlkwòbhyos''', str. '''*wlkw&#333;is''', loc. '''*wlkwoisu'''.
 
 
 
''Neutri''
 
 
Un esempio classico di neutro è invece dato dalla parola '''*yug-òm.''' Qui di séguito la ricostruzione del suo paradigma.
 
In tutte le lingue indeuropee, il neutro ha i casi retti (nominativo, accusativo, vocativo) uguali in tutti e tre i numeri e solo nel nominativo e nel vocativo singolari, e nei tre casi retti del plurale -e del duale, dove esso è meglio conservato- si distingue dal maschile:
 
-per il singolare, i casi retti rimontano a una des. '''*-om''', attestata da: sscr. '''yugam'''; gr. '''zygòn'''; lat. '''yugum''', sl. ant. '''igo''', got. '''juk'''; solo il sanscrito innova nel vocativo, sostituendo all'originaria des. '''*-om''' il puro tema ('''balam''', "forza" nom. e acc., distinto da '''bala''' voc.);
 
-per il plurale, il sscr. '''yug&#257;''', il latino '''juga''' e il gotico '''juka''' attestano direttamente o indirettamente l'antica desinenza '''*-&#257;'''; il gr. ant. ha esteso la desinenza '''-&#462;''', derivante da '''*-ə''', a partire dalla declinazione atematica;
 
-per il duale, solo sscr. '''yug&#275;''' e sl. ant. '''iz&#275;''', attestano la desinenza originaria '''*-oi'''; il greco, avendo preso '''-oi''' dai pronomi come desinenza del nom. e voc. plurale maschile, ha livellato al duale il maschile e il neutro, che mostrano la comune desinenza '''-&#333;'''.
 
Ne consegue che la declinazione di '''*yugòm''' in indeuropeo aveva questo aspetto complessivo:
 
''sing.'' nom. voc. acc. '''*yug-òm''', gen. '''*yug-òsyo''', abl. '''*yug&#333;d''', dat. '''*yug-&#333;i''', str. '''*yug-&#333;''', loc. '''*yug-òi''';
 
''duale.'' nom. voc. acc. '''*yug-òi''', gen. '''*yug-&#333;s''', abl. dat. str. '''*yug-òbhy&#333;(m)''', loc. '''*yug-òu''';
 
''plur.'' nom. voc. acc. '''*yug-&#257;''', gen. '''*yug-&#333;m''', abl. dat. '''*yug-ò-bhyos''', str. '''*yug-&#333;is''', loc. '''*yug-òisu'''.
 
 
==Preistoria della declinazione dei maschili e neutri in -o-==
 
== Femminili in '''*-&#257;''' e '''*-&#299;''' ==
 
 
Estremamente diffusi, nelle lingue indoeuropee, i sostantivi femminili in '''*-&#257;''' e '''*-&#299;'''. Qui di séguito la ricostruzione dei loro paradigmi.
 
Nei femminili in '''*-&#257;''':
 
Per il ''singolare'':
 
-al '''nominativo''', il confronto fra sanscrito (es '''s&#275;n-&#257;''', esercito), greco ('''thé-&#257;''', spettacolo) lituano ('''galv-à''': capo) porta a ricostruire una desinenza '''*-&#257;'''; il latino ('''de-a''') ha innovato, livellando nominativo e vocativo, al pari del gotico ('''gib-a''', dono);
 
-al '''vocativo''' la desinenza era '''*-a''', conservatosi in latino, gotico e lituano ('''gàlva''', '''dea''', '''giba''') e sopravvissuta in greco solo in una classe di maschili, quelli in ''alpha'' impuro del dialetto attico, terminanti in '''-t&#275;s'''; non si tratta di una vera desinenza, ma del puro tema al grado non allungato;
 
-all''''accusativo''' la caratteristica desinenza '''*-&#257;m''' è sopravvissuta in sanscrito ('''s&#275;n-&#257;m''') e in greco (thé-'''-&#257;n'''), abbreviandosi in latino (de-'''am''') e in lituano (galv&#261;), obliterandosi nel germanico, rappresentato sempre dal gotico (nei femminili di questa classe di nomi, i casi retti in gotico sono uguali);
 
-al '''genitivo''' e all''''ablativo''' la desinenza originaria era '''*-&#257;s''', ben attestata in greco (genitivi sincretico, thé'''-&#257;s'''), in latino arcaico (pater famili-'''as'''); in lituano (galv-'''os'''), in gotico (genitivo gib'''-&#333;s'''); il latino ha innovato sia nel genitivo sia nell'ablativo, prendendo a prestito dai maschili col tema in '''-o-''' le desinenze '''-&#257;&#299;''' e '''&#257;d''', che evolvono in età classica nelle caratteristiche '''-ae''' e '''-&#257;'''; il sanscrito '''s&#275;n-ay&#257;s''' innova anch'esso, ma dai temi in '''-&#299;''';
 
 
 
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== Aggettivi e loro gradi di comparazione ==
 
 
 
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== I pronomi ==
 
 
 
 
 
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== I numerali ==
 
 
 
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=Il verbo indoeuropeo=
 
L'originario sistema di coniugazione indoeuropeo ha dato origine a strutture diversissime nelle diverse lingue figlie. Una coniugazione estremamente articolata per modi e tempi (oltre che per persone e numeri) è presentata dal sanscrito e dal greco (che hanno in comune forme di duale largamente attestate per tutti i tempi e i modi). <Br> Il sanscrito, sin dalla fase più arcaica, nota come [[vedico]], mostra forme di coniugazione assai complesse:
 
-in primo luogo, tre diatesi, attiva, media e passiva (distinte chiaramente nel presente e nell'imperfetto, nonché in alcune forme di aoristo);
 
-cinque modi finiti (indicativo, ottativo, imperativo, precativo, ingiuntivo), due indefiniti (participio, e una forma infinitiva in '''-dhyai''', con accanto un ampio ventaglio di nomi astratti deverbali, fra cui le formazioni in '''-tus''', dai cui accusativi verranno le forme di infinito classiche), una forma di aggettivo verbale;
 
-sette tempi (presente, imperfetto, futuro, aoristo, perfetto, piucchepperfetto, condizionale).
 
Parimenti il greco antico ha un sistema di coniugazione alquanto raffinato; in esso compaiono:
 
-tre diatesi (come in sanscrito), chiaramente distinte nell'aoristo e nel futuro;
 
-quattro modi finiti (indicativo, congiuntivo, ottativo, imperativo) e due indefiniti (infinito e participio), più due aggettivi verbali (l'agg. verbale in '''-tòs''', indicante possibilità dell'azione o azione compiuta, l'agg. verbale in '''-tèos''', indicante opportunità o necessità;
 
-sette tempi: presente, imperfetto, futuro, aoristo, perfetto, piucchepperfetto e futuro perfetto.
 
Non dissimile è la situazione del latino, che tuttavia, in contrasto con le opposizioni a tre di numero, diatesi, aspetto, proprie del verbo sanscrito e greco, ha un'impianto di coniugazione basato su opposizioni a due: presente, imperfetto, futuro, per l'azione durativa (''infectum''), perfetto, piucchepperfetto e futuro anteriore per l'azione compiuta (''perfectum''); modo dell'oggettività (indicativo), opposto al modo della soggettività (congiuntivo), con l'imperativo a fare da modo finito "debole", con un minor numero di forme; un'ampia gamma di forme indefinite (infinito, participio, supino, gerundio, gerundivo); due diatesi (attiva e passiva, sotto cui il medio si cela come categoria coperta).
 
Diversamente dalle lingue classiche e dal sanscrito, le lingue germaniche, esemplificate dal gotico, nella fase più antica evidenziano sistemi verbali più semplici:
 
-due diatesi: attiva e passiva;
 
-tre modi finiti: indicativo, congiuntivo e imperativo ( e due indefiniti, infinito e participio)
 
-due tempi: presente e perfetto.
 
Un caso estremo di minimalizzazione del sistema è rappresentato dall'[[ittito]]:
 
-due diatesi (attiva e medio-passiva);
 
-due modi (indicativo e imperativo);
 
-due tempi (presente e passato).
 
A partire da questo largo campionario linguistico, è abbastanza agevole ricostruire il sistema originario della coniugazione della lingua madre.
 
== ''Nozioni e categorie del verbo indoeuropeo'' ==
 
 
In primo luogo ci si deve chiedere se la situazione dell'indoeuropeo sia rispecchiata dai sistemi estremamente articolati del greco e del sanscrito, oppure questi ultimi siano un'innovazione a partire da sistemi più semplici come quello del germanico o dell'ittito. La risposta che ci viene dai dati linguistici in nostro possesso è che l'evoluzione linguistica (specialmente nel ramo ''kentum'') si è mossa in direzione di un sincretismo di forme e di una semplificazione del tutto simili a quelle riscontrate nella declinazione per il sistema dei casi. Una prima domanda da porsi è quali fossero le categorie e le nozioni che caratterizzavano la coniugazione verbale della protolingua.
 
''Una nozione linguistica parzialmente obliterata: l'aspetto''
 
Innanzitutto, il verbo indoeuropeo possedeva una nozione linguistica che in molte parlate indoeuropee ha finito per obliterarsi e sparire: la nozione di [[aspetto verbale]], indicante la qualità dell'azione. L'aspetto ha un ruolo fondamentale nelle lingue slave, che tuttora distinguono sistematicamente, in ogni verbo, almeno un [[aspetto imperfettivo]] (indicante un'azione incompiuta e durativa), da un [[aspetto perfettivo]] (indicante un'azione compiuta).
Altrettanto forte è il ruolo dell'aspetto verbale nel greco antico (ma ampie vestigia se ne conservano ancora oggi, nel greco moderno), il quale distingue sistematicamente tre temi temporali dal marcato carattere aspettuale: il '''presente''' (aspetto durativo), l''''[[aoristo]]''' (aspetto momentaneo), il '''[[perfetto]]''' (aspetto perfettivo, dell'azione compiuta). Nel sanscrito i tre temi temporali del greco sono presenti, ma non conservano appieno la loro connotazione aspettuale. In latino il sistema dell''''infectum''', basato sul tema del presente, è sistematicamente opposto al sistema dell''''infectum''', basato sul tema del perfetto. Manca un aoristo, tuttavia ne esistono diffuse attestazioni indirette (suffisso '''-si''' del perfetto, futuri in '''-s-''', come '''facsit''', derivato da congiuntivo aoristo, nelle [[Leggi delle dodici tavole]]), dunque il verbo latino ha innovato attuando una fusione fra aoristo e perfetto.
 
Ne consegue che per l'indoeuropeo si devono in prima battuta postulare tre ''temi temporali'' (e dunque almeno tre ''tempi fondamentali'') con una forte connotazione aspettuale:
 
-il '''presente''', indicante azione durativa nel presente (es. '''*bher&#333;''', "sto portando");
 
-l''''aoristo''', indicante azione momentanea nel passato, un'azione colta nel momento del suo inizio (aoristo ingressivo), o nell'istante finale del suo compiersi (aoristo egressivo) -es. *('''é)bhugét''', "prese a fuggire"; l'aoristo, essendo un [[tempo storico]], ha probabilmente come caratteristica un prefisso, l''''aumento''', su cui ci soffermeremo fra breve;
 
-il '''perfetto''', indicante lo stato ''presente'' derivante da un'azione passata (es. '''*(é)widòm''', "io vidi, scoprii", da cui '''*wòida''', "so").
 
== ''Il problema dell'aumento nei tempi storici del verbo indeuropeo - categorie, struttura e coniugazione del verbo nella lingua madre'' ==
 
 
''L'opposizione fra tempi principali e tempi storici -l'aumento''
 
In tutte le lingue indoeuropee vige la distinzione, a livello di desinenze verbali, fra [[desinenze primarie]] (tipiche del presente indicativo e dei [[tempi principali]] in genere) [[e desinenze secondarie]] (tipiche, con alcune eccezioni, delle forme di passato, i [[tempi storici]], come l''''imperfetto''' e l''''aoristo''', e dei modi diversi dall'indicativo).
Talune lingue indoeuropee, in particolare le lingue indoarie e i dialetti greci, oltre a distinguere i tempi passati dal presente mediante l'impiego delle desinenze secondarie, aggiungono, come tratto distintivo del passato, un prefisso che si antepone alla radice verbale: il cosiddetto '''aumento sillabico''', rappresentato in sanscrito da una ''a'' e in greco da una ''e'', con la variante, in entrambe le lingue, dell''''aumento temporale''', costituito dall'allungamento della vocale iniziale di radice, nei verbi che appunto cominciano per vocale. La questione della presenza eventuale dell'aumento (sia sillabico, sia temporale) nell'indeuropeo è resa controversa da una serie di dati. In primo luogo, sia in greco sia in sanscrito, l'aumento sembra tipico dell'indicativo nelle forme di preterito che, come l''''aoristo''', posseggono altri modi. Fra le lingue indo-arie il vedico, forma arcaica del sanscrito, e il sanscrito stesso, posseggono una forma modale, nota come [[ingiuntivo]], che si configura in tutto e per tutto come un imperfetto o un aoristo senza aumento, e viene usato, fra l'altro, nelle frasi iussive, per formare un imperativo negativo (ingiuntivo preceduto dalla particella '''m&#257;''', "non", equivalente al greco '''m&#275;'''). Tuttavia l'uso delle forme di ingiuntivo sembra poco chiaro, dato che questa forma modalizzata di imperfetto o di aoristo senza aumento è usata nei contesti e con le funzioni più disparate, specialmente in catene di frasi coordinate, in testa alle quali c'è una proposizione con un verbo meglio caratterizzato, o dalle desinenze primarie o dall'aumento: ecco alcuni esempi del [[Rgveda]]:
 
''Agnis... dad&#257;ti... carat'': Agni (= il fuoco, i. e '''*egnis''', cfr lat. ''ignis'') da... crea (presente ind. seguito da ingiuntivo);
 
''krnu... vidas'': "fa'... crea";
 
''srnava... dh&#257;t'': tu devi ascoltare... e gli deve porre..."
 
Meno chiara ancora è la situazione originaria dei dialetti greci, riguardo all'aumento. Il miceneo non attesta l'aumento in modo sistematico. Tuttavia si deve ricordare che la lingua delle tavolette in [[Lineare B]] è solo una delle varianti diacoriche del greco dell'età del bronzo. In Omero forme con aumento e forme senza aumento sono entrambe presenti, in base ad esigenze ritmiche, ma si deve ricordare che il greco di Omero è una lingua d'arte, che non è stata mai parlata realmente, ed è il frutto di una tradizione orale dalle molte voci e dai molti centri di irradiazione. In età classica l'aumento appare comunque troppo organicamente connesso al sistema di coniugazione del verbo greco, per non essere antico. Una soluzione plausibile, in accordo con i fatti, viene offerta dall'ipotesi della ''Konjunktionsreduktion'': in una sequenza, per lo più breve, di frasi coordinate, alcuni contrassegni verbali (aumento, marca '''-i''' delle desinenze primarie, marca '''-u''' dell'imperativo) possono essere rimpiazzate da forme neutrali, se quegli stessi contrassegni verbali sono stati indicati chiaramente e con precisione all'inizio. In indeuropeo si saranno certamente date sequenze di coordinate di questo tipo:
 
'''*éludhet...*widét''': giunse (aoristo con aumento)... vide (forma ridotta senza aumento dopo la congiunzione coordinante -all'origine dei preteriti omerici senza aumento);
 
'''*éwidet... *bhugét''': vide (aoristo con aumento)... fuggì (forma ridotta senza aumento);
 
'''*wéidetu... *bhéuget''': che egli scorga (imperativo marcato da '''*-u''', cfr. le forme sscr di imp. presente)... fugga (forma ridotta -alla base degli ingiuntivi del sscr.);
 
'''*egnis *did&#333;ti... *kéret''': il fuoco dà (presente marcato da desinenza primaria)... crea (forma ridotta) -la retrotraduzione indoeuropea del primo degli esempi del Rgveda visti sopra.
 
Il fatto che in Omero si diano talora dei casi di coordinazione fra un imperfetto e un presente indicativi, nei quali il presente sembra svolgere il ruolo di forma neutrale, conferma indirettamente l'ipotesi della riduzione dovuta a congiunzione coordinante.
La presenza dell'aumento è inoltre indirettamente attestata in altre aree linguistiche fuori dell'indoario e del greco: un esempio chiaro è fornito da terze persone singolari di forme di preterito anomale in [[antico irlandese]].
 
Se ne deduce, per la lingua madre, un quadro abbastanza articolato, in equilibrio dinamico: '''l'aumento è una caratteristica del passato nell'indeuropeo, ma viene sovente omesso a causa del fenomeno della ''Konjunktionsreduktion''''';
la situazione indoeuropea è conservata in vedico, sistematizzata nell'opposizione fra tempi con aumento e forme di ingiuntivo; nei dialetti greci abbiamo una fluidità di varianti diacoriche (alcuni dialetti mostrano una situazione instabile relativamente all'aumento, altri aboliscono la legge della riduzione da congiunzione e conservano l'aumento in modo sistematico e regolare);
le altre lingue indoeuropee aboliscono l'aumento, attuando un sincretismo dei tempi (germanico), o ristrutturando il sistema verbale attraverso forme perifrastiche, le cui componenti poi si combinano con le radici verbali, a costituire una nuova flessione temporale(latino e dialetti italici).
 
A ulteriore postilla della condizione originaria dell'aumento, si aggiungerà che esso, come in greco, ''era proprio solo dell'indicativo'', l'unico modo che, descrivendo l'azione reale, indicava anche la sua collocazione nel tempo, oltre che il suo aspetto.
 
 
''Altri tempi del verbo indoeuropeo''
 
''1. L'imperfetto''
 
A partire da quanto abbiamo appena detto, si deve dunque postulare, nell'indoeuropeo, la presenza di un tempo passato formato sul tema del presente e perciò indicante un'azione durativa o consuetudinaria o incompiuta: questo tempo è l''''imperfetto''', caratterizzato, come l''''aoristo''', dall'aumento e dalle desinenze secondarie, ma ben distinto da quest'ultimo.
 
''2. Il futuro''
 
Meno chiaro è se l'indoeuropeo avesse un tempo futuro come categoria chiaramente identificata. Quello che è certo è che non tutte le lingue indoeuropee ce l'hanno, e quelle che l'hanno sviluppato mostrano un panorama estremamente vario, che ora esamineremo per sommi capi.
 
-In ''sanscrito'' (con paralleli nell'area baltoslava), è presente un futuro in '''-sya-''': es. '''dasy&#257;mi''', io darò, confrontabile con lituano '''duosiu''' -tale formazione è ricondotta dai linguisti a forme di verbi desiderativi e da alcuni paragonata ai futuri dorici in '''-seo-''', '''-see''', '''-sio''', '''-sie-''';
 
-in ''greco'' abbiamo il caratteristico futuro in '''-so-''', '''-se-''', che ha un parallelo in latino, in forme arcaiche come '''faxo''', farò, '''peccasso''', inciamperò, peccherò -l'uno e l'altro tipo sono riconducibili al congiuntivo dell'aoristo usato con valore desiderativo e prospettivo;
 
-nell'''italico'' in generale, rappresentato bene dal latino classico, abbiamo poi forme con '''-bo-''', ''' -be-''' e forme di futuro con suffisso vocalico in '''a''', '''&#275;'''; i futuri in '''-bo''' (suffisso '''-fo''' in osco-umbro: cfr. '''carefo''', rimarrò senza, mancherò di, e '''pipafo''', berrò) sono riconducibili a congiuntivi presenti di un verbo come '''*fuo''' (r. indeuropea '''*bhewə''', '''*bhew-''', '''bh&#363;''', essere) usati con valore potenziale-prospettivo come ausiliari di locativi di nomi astratti derivati da radici verbali: '''laudabo''' deriverebbe da '''*laud&#257;i *bhew&#333;''', inteso nel senso di "posso essere sul punto di lodare"; i futuri in '''-am''' sono palesemente antichi congiuntivi usati con valore desiderativo prospettivo; un antico congiuntivo è anche il futuro anomalo di '''sum''', '''ero''', derivato da '''*es&#333;'''; l'uso del latino di adoperare i congiuntivi come futuri è ben attestato ancora in età storica, nel latino volgare e tardo, tanto che questa deriva linguistica è ripresa perfino in età umanistica da un attento cultore e imitatore rinascimentale della classicità come [[Giovanni Pontano]], il quale, nella metà del '400, riprende l'uso plautino del congiuntivo presente impiegato col valore di futuro; il latino ha inoltre antichi futuri in ''-so'', a cui si accompagnano forme di congiuntivo in '''-sim''', che sono poi antichi ottativi aoristi;
 
-in ''antico irlandese'' esiste un futuro derivato da forme desiderative, es. '''genaid''', ferirò, paragonato con riscontro positivi con i desiderativi sanscriti in '''-s'''.
 
Da questo panorama alquanto articolato si ricava un semplice assunto: ''verosimilmente l'indeuropeo non aveva un tempo futuro come categoria a sé''. Il ramo ''satem'' ha innovato, creando la forma in '''*-sy-''', e forse questa innovazione si è trasmessa in epoche preistoriche alle parlate di alcune tribù che poi, venute nei Balcani, dettero origine alle stirpi e ai dialetti greci. Il latino, con le sue molteplici forme di futuro, mostra un vero e proprio esempio di ''bricolage'' morfologico, che ci indica a chiare lettere come il suo futuro non sia originario. Probabilmente sono le lingue ''kentum'' a fornire uno specchio fedele della situazione della lingua madre: alla mancanza di un tempo futuro l'indeuropeo sopperiva in varie maniere, a seconda delle diverse sfumature che si dava all'azione verbale:
 
a) servendosi del presente come futuro (vivo ancora oggi in tutte le lingue indoeuropee come deriva del parlato colloquiale), ''inteso come continuazione futura di un'azione durativa che parte dal presente'', situazione che è attestata dall'impiego, in greco antico, di alcuni presenti come futuri (es. '''eimì''': io vado, e io andrò; '''màkhomai''', io combatto e io combatterò);
 
b) con l'uso del congiuntivo presente e aoristo con valore prospettivo;
 
c) con l'uso di vere e proprie, autonome formazioni di presente desiderative, le quali già di per sé tendevano in origine a essere usate indifferentemente sia come futuri sia come presenti.
 
 
3.''Il perfetto''
 
Ben attestata in tutta l'Indeuropa è invece la presenza del perfetto, che in alcune aree linguistiche (il germanico, ad esempio) è alla base dell'unica forma di [[preterito]] conservata. Per ricostruire la ''struttura morfologica'' del perfetto originario dell'indoeuropeo gli studiosi prendono come base soprattutto i perfetti forti e fortissimi del greco e del sanscrito; il germanico e il baltoslavo e in parte il latino (e in genere l'area italica) forniscono fondamentali dati a rincalzo del panorama che si ricava dal confronto fra l'indo-ario e il greco.
 
 
 
 
 
 
 
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Oltre al tentativo di identificare la ''Urheimat'', gli archeologi e i linguisti (fra cui spiccano, in [[Italia]], [[Enrico Campanile]], [[Paolo Ramat]] e [[Anna Giacalone Ramat]]) hanno cercato di ricostruire, per quanto possibile, i tratti comuni alla civiltà indoeuropea. Il lessico della protolingua e le somiglianze antropologiche delle varie tribù permettono di individuare con sufficiente sicurezza alcuni aspetti originari comuni:
 
* la protolingua riflette una cultura della prima Età del Bronzo (tardo-eneolitica e proto-calcolitica), dato che le uniche sostanze metalliche note ai primi Indoeuropei sembrano essere state il rame e la sua lega con lo stagno, entrambe indicate dalla radice alla base della parola latina ''aes'', "bronzo", appunto;
* dal punto di vista dell'organizzazione della [[famiglia]], gli Indoeuropei sembrano essere caratterizzati da un forte [[patriarcato (antropologia)|patriarcato]] virilocale; marcate convergenze etnologiche e mitografiche fra popolazioni indoeuropee di età storica e l'usanza di seppellire nei ''Kurgan'', con il principe morto, le sue mogli e concubine, induce gli antropologi a pensare che fra gli Indoeuropei si praticasse il sacrificio della vedova; sembra inoltre che nella società delle tribù indoeuropee la schiavitù fosse in origine prettamente femminile;
* la struttura sociale indoeuropea sembra essere trifunzionale, articolata cioè in sacerdoti, guerrieri e produttori; tale tripartizione di funzioni venne ipotizzata, per gli Indoeuropei, da [[George Dumézil]]; essa appare tipica di ogni società che mostri qualche primitiva forma di specializzazione;
* alla testa della tribù indoeuropea è in genere un *''regs'', un re con funzioni sacrali, che può essere affiancato da un capo militare o può coincidere con esso; figure di capi-clan sottoposti al *''regs'' sono il *''wikpotis'' (signore del *''woikos'' o clan tribale) e il *''demspotis'' (signore della casa, o ''paterfamilias'');
* un ruolo a parte, nella società indoeuropea, aveva il [[poeta]], cantore orale che come artefice della parola appare dotato altresì di poteri magici ed evocativi, sciamanici;
* la [[religione]] degli Indoeuropei rifletteva la loro società: era infatti dominata da figure di divinità maschili associate ai fenomeni celesti, per quanto non manchino del tutto le dee; una figura divina comune ricostruita con abbastanza sicurezza è *''Dyeus'', il sacerdotale dio Cielo; a *''Dyeus'' si affiancava probabilmente, come moglie, una Madre Terra (*''Dhghōm maH2tēr''), un guerriero dio delle tempeste *''Perkwunos'', e infine un pacifico dio organizzatore delle attività produttive del popolo, *''H2aryomen''; altre figure divine, accanto a queste, sono: il dio delle acque *''Neptonos'', la dea puledra *"H1ekwonaH2" la dea delle acque profonde *''Danu-'', i due gemelli celesti "Figli di *''Dyeus''", la loro sorella e sposa, la "Figlia del Sole", la dea *''H2ausos'' (l'Aurora), il dio della luna *''Menot'' e infine la dea infera *''Kelu-'';
* si è tentato di ricostruire alcune pratiche di culto ancestrali, con qualche risultato attendibile: sicuramente il cavallo, animale centrale nell'economia e nella guerra indoeuropea, era al centro di pratiche religiose e sacrifici. Usanze e miti persistenti, comuni a regioni dell'Indoeuropa molto lontane nel tempo e nello spazio, come l'[[Irlanda]] medievale e l'[[Arcadia]], fanno pensare che l'elezione del re sacro culminasse {{Senza fonte|con l'accoppiamento del prescelto con una cavalla rappresentante una dea locale}}; ruoli importanti, come [[totem]], avevano anche il [[Gallus gallus domesticus|gallo]], l'[[aquila]], il [[Bos taurus|toro]];
* la convergenza fra la poesia epica dei [[Greci]], dei [[Celti]] e degli [[Indo-arii]] permette di individuare alcuni temi e valori comuni, e in particolare: 1) il motivo della "nobile gloria" e della "gloria immortale", come molla per il compimento di imprese eroiche; 2) la presenza di miti originari come il duello fra il dio delle tempeste *''Perkwunos'' e un mostruoso [[drago]], o il rapimento della bella Figlia del Sole, che viene liberata e riscattata dai suoi due fratelli e sposi, i "Figli di *''Dyeus''".
Studi completi e approfonditi della religiosità e dei miti degli Indoeuropei, nonché della loro struttura narrativa sono stati recentemente messi a punto da [[Calvert Watkins]] e [[Martin Litchfield West]].
 
== Diverse ipotesi sull'origine e sulla relazione con altre lingue ==
Sebbene la teoria esposta sia generalmente accettata nella comunità scientifica, da più parti ed in più momenti sono state avanzate critiche o riformulazioni in contesti più vasti della teoria dell'Indoeuropeo.
 
=== L'ipotesi della lega linguistica indoeuropea ===
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Secondo [[Vittore Pisani]], l'ultima fase della comunità indoeuropea deve essere interpretata come ''[[lega linguistica]]'', in cui si distingue chiaramente la componente fondamentale del [[lingua sanscrita|protosanscrito]].
 
Sebbene un simile punto di vista abbia aspetti di plausibilità, si comprende bene che questa proposta non fa che spostare la questione dall'Indoeuropeo al "protosanscrito" (secondo Pisani). In tale prospettiva alcune somiglianze tra le [[lingue indoeuropee]] si potrebbero in parte spiegare anche come contatti secondari, ossia condivisioni di tratti linguistici tra [[lingua (linguistica)|lingue]] [[geografia|geograficamente]] vicine. È chiaro che in tal caso alcuni dei tratti che normalmente si fanno risalire ad un proto-indoeuropeo potrebbero invece risultare miraggi di ricostruzione, essendosi diffusi in alcune lingue della lega linguistica in un'epoca in cui queste erano differenziate e separate. Naturalmente questa interpretazione può spiegare alcuni aspetti, ma risulta essenzialmente limitata dalla semplice constatazione che normalmente solo il [[lessico]] viene scambiato con una certa facilità, mentre più difficilmente lo stesso accade con gli elementi [[morfologia (linguistica)|morfologici]].
=Il problema della Urheimat=
 
Oggi l'ipotesi della lega linguistica è abbandonata dalla più parte degli studiosi, i quali sono convinti che l'indoeuropeo, specie nelle fasi più tarde, si presentasse come un [[diasistema]], cioè un insieme di [[dialetto|dialetti]] caratterizzati da intelligibilità reciproca, ma ricco di varianti locali (un po' come i dialetti delle varie aree linguistiche [[lingue romanze|neolatine]]).
Il modello tradizionale dell'[[invasione calcolitica]] -- quella di [[Marija Gimbutas]] --identifica gli Indoerupei ancora indivisi con un popolo di pastori guerrieri a cavallo, rappresentanti delle [[culture delle Asce da Combattimento]] del [[calcolitico]]: la [[civiltà dei kurgan]] (da una parola russa di origine turco-tatara che significa 'tumulo funerario').
 
=== Le lingue del Vecchio Mondo nell'ottica delle superfamiglie ===
Teorie più recenti ma non provate, come quella del [[Renfrew]], sostituiscono l'invasione guerriera dell'Europa del calcolitico con un'invasione pacifica all'inizio del [[neolitico]], da parte dei primi coltivatori, e fa poi coincidere il processo di diffusione dell'[[agricoltura]] con il processo di diffusione delle lingue indoeuropee. In Europa come altrove infatti, le coltivazioni arrivano dalla culla dell'agricoltura -- l'area detta della [[Mezzaluna Fertile]], nel [[Medio Oriente]] ([[Mesopotamia]]) -- ed ha il suo primo focolaio europeo nei [[Balcani]].
{{Vedi anche|Nostratico|Teoria della continuità}}
Si deve ricordare uno studio apprezzabile da un punto di vista [[archeologia|archeologico]] e [[cronologia|cronologico]] che si basa sulle parentele tra le [[famiglia linguistica|famiglie linguistiche]] del [[Vecchio Mondo]], portato avanti dalle teorie rivali della [[superfamiglia (linguistica)|superfamiglia]] [[Lingue nostratiche|Nostratica]] e della superfamiglia [[Lingue eurasiatiche|Eurasiatica]].
 
Nella prospettiva di tali teorie, l'Indoeuropeo (forse insieme all'[[Lingue ugrofinniche|Ugrofinnico]]) si sarebbe staccato dal corpo principale della superfamiglia (Nostratica o Euroasiatica, a seconda della teoria) in un momento che alcune teorie fanno risalire alla fine del [[Neolitico]] ([[Colin Renfrew]]), altre invece al [[Paleolitico]] superiore, probabilmente prima della glaciazione [[Würm (glaciazione)|Würm]] ([[Mario Alinei]], [[Franco Cavazza (glottologo)|Franco Cavazza]] e assertori delle teorie della [[Teoria della continuità|continuità paleolitica]]).
Qualunque sia l'origine del popolo indoeuropeo è sicuro che da esso siano derivate le lingue latina, greca, celtica, iraniana, germanica, indo-aria e quasi tutte le moderne lingue europee, a parte il [[basco]], le [[lingue ugrofinniche]] e le [[lingue caucasiche]].
 
Alla remota fase del distacco dal nostratico (o dall'eurasiatico), qualunque datazione si proponga per essa, si dovrebbero far risalire le più antiche e genuine somiglianze tra Indoeuropeo, nella sua interezza, e le famiglie sorelle, non escludendo naturalmente fenomeni successivi di convergenza linguistica (quali i [[prestito linguistico|prestiti]]).
=La dimensione culturale degli indoeuropei=
 
Nell'ottica di alcune di queste ipotesi, quindi, viene in parte ridiscussa l'ipotesi dell{{'}}''[[Urheimat]]'' così come delineata finora.
 
== Antiche proposte di famiglie comprendenti l'Indoeuropeo ==
==La figura del poeta fra gli indoeuropei - La metrica e la poesia dell'indoeuropeo==
{{Vedi anche|Doppio strato dell'indoeuropeo}}
Può essere utile, al fine di cercare di comprendere la complessità del problema delle somiglianze tra Indoeuropeo e altre famiglie linguistiche, avere una panoramica delle ipotesi, più o meno ragionevoli, proposte in letteratura.
 
=== Teorie quasi-nostratiche ===
===La figura del poeta e i suoi collegamenti con la sfera del sacro fra gli indoeuropei===
Sempre nella prospettiva della [[superfamiglia (linguistica)|superfamiglia]] preistorica, non si può non osservare che l'[[lingue ugrofinniche|Ugro-Finnico]] è, tra le altre [[famiglia linguistica|famiglie linguistiche]], quella che sembra presentare il maggior numero di somiglianze sistematiche con l'Indoeuropeo: di qui l'ipotesi dell{{'}}''Indo-uralico'' di [[Björn Collinder]] e [[Holger Pedersen]], antesignana del [[Nostratico]].
 
Si vuole ricordare anche il tentativo di Pedersen, [[Bruno Meriggi]] e [[Luigi Heilmann]] con l'ipotesi dell{{'}}''Indo-Semita'', dove la macro-famiglia verrebbe formata dall'Indoeuropeo e dal solo ramo [[lingue semitiche|semitico]] dell'[[Afro-asiatico]]. Tentativi simili furono proposti precedentemente da [[Hermann Möller]] (appoggiandosi anche all'ipotetica presenza delle [[laringale|laringali]]), [[Albert Cuny]], e indipendentemente da [[Graziadio Isaia Ascoli|Ascoli]].
 
=== L'Indoeuropeo lingua creola? ===
In qualche modo affine alla proposta dell'Indo-Uralico (e non del tutto incompatibile con essa), è la proposta del [[doppio strato dell'indoeuropeo|doppio strato per l'antico Indoeuropeo]], con la quale si proponeva l'Indoeuropeo come frutto di un'antica [[lingua creola|creolizzazione]] tra una lingua ugrofinnica e una lingua di tipo [[lingue caucasiche|Caucasico Settentrionale]], il che spiegherebbe, tra l'altro, l'apparente [[ergatività]] dell'antico Indoeuropeo (ipotesi di [[Christianus Cornelius Uhlenbeck|Uhlenbeck]], [[1935]]). Un'ipotesi affine è stata recentemente riproposta da F. Kortlandt.
 
Analoghe proposte furono avanzate anche da [[Nikolaj Sergeevič Trubeckoj|Trubeckoj]] e Tovar, che considerarono la possibilità di includervi anche contributi semitici.
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=== Proposte alternative ed eterodosse ===
===Ipotesi sulla metrica della poesia indoeuropea===
Infine diversi sono stati i tentativi, più o meno apprezzabili, di collegare l'Indoeuropeo con:
* il [[lingua sumera|Sumero]] (l'ipotesi proposta da [[Autran]] negli [[anni 1920]] si basa esclusivamente su alcune somiglianze [[lessico|lessicali]] come: sumero ''agar'' "campo", [[lingua latina|latino]] ''ager''; sumero ''buru'' "frutto", latino ''frux''; sumero ''dam'' "sposa", [[lingua greca|greco]] δάμαρ e così via);
* l'[[Lingua ainu|Ainu]] (tra le somiglianze: ainu ''tu'' "due", indoeuropeo ''*dwō''; ainu ''-wa'' e ''-awa'' [[suffisso|suffissi]] di [[participio]], indoeuropeo ''*wes- / wos- / us-'' suffisso di participio passato; ainu ''tan'' "questo", indoeuropeo ''*to''; ainu ''ku'' "io", indoeuropeo ''*egō''; ainu ''un'' "noi", indoeuropeo ''*ns''. Complessivamente le somiglianze sono state portate a più di 450 da [[Naert]]) con il [[lingua coreana|Coreano]];
* l'[[Lingua eschimese|Eschimese]];
* il [[lingua cinese|Cinese]] (ipotesi di Jensen: per avere un'idea delle motivazioni, si veda [[lingua tocaria]]);
* l'[[lingua etrusca|Etrusco]] (ipotesi di [[Francisco Rodríguez Adrados|Adrados]], ma non gode di consenso<ref>{{Cita libro|titolo =Gli Etruschi. La scrittura, la lingua, la società |autore =Vincenzo Bellelli, Enrico Benelli |wkautore = |curatore = |traduttore = |illustratore = |altri = |url = |via = |editore =Carocci editore |città =Roma |anno =2018|lingua=it |annooriginale = |volume = |opera = |edizione = |capitolo = |url_capitolo = |p = |pp = |posizione = |ISBN =|LCCN = |DOI = |OCLC = |id = |cid =|citazione = |accesso = |urlarchivio = |dataarchivio = |urlmorto = }}</ref>);
* il [[lingua berbera|Berbero]] e l'[[lingua egizia|Egiziano antico]];
* il [[Lingue cartveliche|cartvelico]] ([[lingue caucasiche]] meridionali);
* le [[lingue caucasiche]] occidentali (ipotesi del [[Proto-pontico]] di [[Colarusso]], [[1997]]).
 
=== Conclusioni ===
Le forme metriche della poesia (in particolare della poesia epica, ma non solo) presso le diverse popolazioni indoeuropee sono naturalmente le più varie, come c'è da aspettarsi. Sembrerebbe dunque impossibile, a prima vista, giungere a ricostruire quale forma abbia mai effettivamente avuto un'ipotetica poesia epica e teogonica indoeuropea. Alcune teorie in merito sono state tuttavia proposte dagli studiosi, e non sembrano affatto prive di elementi persuasivi a loro favore.
Come si può notare, le teorie sull'origine dell'indoeuropeo e sulla sua ricostruzione ed evoluzione costituiscono un capitolo assai complesso della storia degli studi linguistici. L'inventario [[fonetica|fonetico]] e i [[paradigma|paradigmi]] qui presentati, conformi come sono a una ricostruzione tradizionale e "neogrammatica" in parte riveduta e ampliata, non riscuotono essi stessi un consenso unanime presso tutti i linguisti.
 
Di fronte a questo ''mare magnum'' di ipotesi e constatazioni di somiglianze più o meno fondate, si capisce facilmente come, in [[linguistica]], ci sia stata la volontà di perfezionare la strumentazione analitica allo scopo di poter fornire un quadro complessivo il più possibile coerente con i dati.
Le basi di partenza di tali ipotesi sono, ancora una volta, il greco e il vedico (la forma più arcaica del sanscrito). Il greco e il vedico, unitamente al lituano, ci forniscono già di per se stessi le basi per la ricostruzione della prosodia dell'indoeuropeo, il quale pare abbia posseduto un accento musicale, assolutamente libero (non libero solo nelle ultime tre sillabe come in greco e in latino, o nelle ultime quattro, come il sanscrito della grammatica di Panhini), caratterizzato da tre toni: uno ascendente (acuto), uno discendente (corrispondente al circonflesso del greco), uno grave.
 
== Note ==
Sempre il greco e il vedico ci forniscono un indizio su che tipo di ritmo possa aver impiegato la poesia delle popolazioni che parlavano le varianti diacoriche del tardo indoeuropeo flessivo, all'inizio dell'età del bronzo.
<references/>
 
== Bibliografia ==
Sia la metrica del greco antico, sia la metrica del vedico, fondano i loro ritmi sull'alternanza di sillabe lunghe e brevi, non sull'alternanza di sillabe accentate e non accentate. Questa metrica quantitativa è comune anche al latino classico (sia l'antichissimo [[saturnio]], sia gli altri metri latini, tutti in vario modo mutuati dal greco, sono quantitativi). Tuttavia il latino più arcaico (quello del [[carme saliare]] e di altri testi tipici della religiosità primeva del mondo romano-italico) e altre lingue indoeuropee (ad esempio il germanico) non hanno una metrica quantitativa, bensì una metrica accentativa (basata sull'alternanza di sillabe accentate e non accentate), basata su membri ritmici con numero di accenti fissi, numero di sillabe non accentate variabile, parallelismi, e soprattutto figure di suono (allitterazioni, assonanze, consonanze, quando non vere e proprie rime). La domanda che si pone è, chiaramente, quale delle due situazioni rifletta meglio lo statuto originario della poesia indoeuropea, considerando che, a rendere intricato il quadro, interferiscono anche fattori di natura più astrattamente tipologica, relativi a certe forme di comunicazione, poste a metà strada fra poesia e formularità magico-rituale.
; Bibliografia italiana
* {{cita libro|Enrico|Campanile|Introduzione alla lingua e alla cultura degli Indoeuropei|2005|Il Mulino||coautori=Comrie Bernard, Watkins Calvert|isbn=88-15-10763-0}}
* Marija Gimbutas ''[http://www.url.it/donnestoria/testi/creta/marija.htm Il linguaggio della Dea] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080222234227/http://www.url.it/donnestoria/testi/creta/marija.htm |data=22 febbraio 2008 }}: mito e culto della Dea madre nell'Europa neolitica'', (1989); introduzione di Joseph Campbell; traduzione di [[Nicola Crocetti]] di ''The Language of the Goddess''.
* {{cita libro|Paolo|Milizia|Le lingue indoeuropee|2002|Carocci|isbn=88-430-2330-6}}
* {{cita libro|Moreno|Morani|Lineamenti di linguistica indeuropea|Roma |2007|Aracne|isbn=978-88-548-1275-8}}
* {{cita libro|Vittore|Pisani|Le lingue indoeuropee|1979|Paideia|ed=3|isbn=88-394-0027-3}}
* {{cita libro|Colin|Renfrew |Archeologia e linguaggio|1999|Laterza|ed=2|isbn=88-420-3487-8}}
* {{cita libro|Oswald|Szemerényi |Introduzione alla linguistica indoeuropea|2003|Unicopli|Milano|isbn=88-400-0008-9}}
* {{cita libro|Francisco|Villar|Gli indoeuropei e le origini dell'Europa|1997|Il Mulino|Bologna|isbn=88-15-05708-0}}
 
; Bibliografia internazionale
Procedendo con ordine, si dovrà argomentare che la metrica del greco e del vedico è figlia del sistema tritonale dell'accento indoeuropeo originario; la metrica del latino dei secoli settimo e sesto a. C. è figlia dell'accento fisso sulla prima sillaba, espiratorio, del latino arcaico, che è un'innovazione, rispetto all'indeuropeo originario. Questo accento fisso, espiratorio o dinamico, sulla prima sillaba, è tipico anche del germanico. Dato pertanto che le metriche basate sull'isocolia (parallelismo dei membri ritmici, delle frasi ritmate) e sull'accento sono figlie di una prosodia non originaria, ma innovativa, devono essere considerate in prima battuta anch'esse non originarie, ma figlie dell'innovazione prosodica tipica del germanico e della fase arcaica dell'italico. Necessaria conseguenza è che la metrica originaria dei canti epici indeuropei oralmente tramandati è stata senz'altro quantitativa.
 
* {{cita libro|James|Clackson|Indo-European Linguistics. An Introduction|2007|Cambridge University Press|Cambridge|isbn=0-521-65313-4}}
La letteratura greca, sin dall'ottavo-settimo secolo avanti Cristo, mostra un ventaglio di forme metriche estremamente ricco e variegato. Complessivamente, la versificazione quantitativa del greco antico segue due vie: quella dei [[metri ionici]], così chiamati perché associati per tradizione alla poesia epica, all'elegia, al teatro -generi non cantati, ma recitativi, caratterizzati da dialetto ionico e attico e associati culturalmente al mondo ionico, Ionia Microasiatica in particolare-, e caratterizzati dalla possibilità di sostituire, all'interno del verso, una sillaba lunga con due sillabe brevi e viceversa, due sillabe brevi con una lunga (e questo fa sì che i versi ionici non abbiano mai lo stesso numero di sillabe, ma siano caratterizzati da una pronunciata oscillazione sillabica, mentre quello che resta fisso è lo spazio ritmico di durata del verso); quella dei [[metri eolici]], tipici della lirica cantata ''a solo'' (melica monodica) e collegati culturalmente, e linguisticamente, al mondo eolico -Tessaglia, Beozia, isola di Lesbo, Troade, in Asia Minore. I versi eolici erano caratterizzati da elementi distintivi totalmente opposti a quelli dei metri ionici: mentre i metri ionici variano per numero di sillabe, i versi eolici si contraddistinguono per un rigoroso [[isosillabismo]]; inoltre è tipico dei versi eolici l'accostamento, all'interno di ogni singolo verso o membro ritmico, di una parte quantitativamente del tutto libera (in genere le due sillabe iniziali, che possono essere indifferentemente lunghe o brevi) detta [[base hermanniana]] accanto a una parte di ritmo quantitativamente definito in modo rigoroso.
* {{cita libro|Benjamin W.|Fortson|Indo-European Language and Culture. An Introduction|2010|Blackwell|Malden|ed=2|isbn=1-4051-0316-7}}
* {{cita libro|Ernst|Kausen|Die indogermanischen Sprachen. Von der Vorgeschichte bis zur Gegenwart|2012|Helmut Buske Verlag|Hamburg|isbn=978-3-87548-612-4}}
* Winfred P. Lehmann: ''Theoretical Bases of Indo-European Linguistics.'' Routledge, London 1996, ISBN 0-415-13850-7. )
* [[André Martinet]], ''Des steppes aux océans - L'indo-européen et les "Indo-européens"'', Paris, Payot, 1986, ed. ital. ''L'indoeuropeo. Lingue, popoli e culture'', Laterza, Bari, 1987, p.&nbsp;4.
* {{cita libro|curatore1 =J. P. Mallory |curatore2 =D. Q. Adams |titolo =The Oxford Introduction to Proto-Indo-European and the Proto-Indo-European World|città =New York| editore = Oxford University Press|anno = 2006}}
* {{cita libro|Michael|Meier-Brügger|Indo-European Linguistics|2003|de Gruyter|Berlin/New York|isbn=3-11-017433-2}}
 
== Voci correlate ==
La metrica vedica e sanscrita, anch'essa quantitativa e anch'essa ricca di forme complesse (come quella greca) mostra essenzialmente versi caratterizzati da isosillabismo, in cui le prime sillabe (in genere le prime quattro) sono quantitativamente libere, mentre la seconda parte del verso è scandita da un ritmo estremamente rigoroso sul piano quantitativo. In poche parole, lo stesso fenomeno che si riscontra in greco, nei cosiddetti versi eolici.
* [[Protoindoeuropei]]
* [[Popoli indoeuropei]]
* [[Fonologia della lingua protoindoeuropea]]
* [[Morfologia della lingua protoindoeuropea]]
* [[Radici protoindoeuropee]]
* [[Lingue indoeuropee]]
* [[Encyclopedia of Indo-European Culture]]
* [[Eurial]]
* [[Indogermanisches etymologisches Wörterbuch]]
* [[Europa Antica]]
* [[Ipotesi kurganica]]
* [[Marija Gimbutas]]
* [[Colin Renfrew]]
 
== Collegamenti esterni ==
La deduzione che da questi dati empirici ricavò il grande filologo classico italiano [[Giorgio Pasquali]] fu la seguente: i poeti greci di stirpe eolica e i poeti epici indo-arii non ebbero alcun contatto diretto in età storica, né alcuna, sia pur minima, interferenza culturale è postulabile fra India e Grecia prima che Medi e Persiani stabilissero in qualche modo un canale di comunicazione stabile fra il Mediterraneo e la valle dell'Indo. Le ''chandas'' vediche e sanscrite sono più antiche dell'Impero Persiano e Medo. Dunque gli aspetti tipologici che la metrica vedica e quella greca hanno in comune possono essersi solo trasmessi a partire da un archetipo di versificazione originaria, che caratterizzava la lingua madre. ''Tale versificazione originaria si basava sulla tendenza all'isocolia, quando non all'isosillabismo, e sull'accostamento di una base ritmica quantitativamente libera di un numero x di sillabe (da una a quattro, probabilmente) a una sequenza ritmicamente meglio definita.''
* {{cita web|url=http://www.koeblergerhard.de/idgwbhin.html|titolo =Gerhard Köbler - Indogermanisches Wörterbuch }} (Vorwort - Indogermanische Grammatik)
* {{cita web|url=http://pielexicon.hum.helsinki.fi/|titolo=Proto-Indo-European Lexicon}}
* {{cita web|url=https://www.researchgate.net/publication/273312232_The_Indo-European_Homeland_from_Linguistic_and_Archaeological_Perspectives|autore |autore=David Anthony|autore2=Don Ringe|titolo=The Indo-European Homeland from Linguistic and Archaeological Perspectives}}
 
{{Lingue indoeuropee}}
==Voci correlate==
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*[[Famiglie linguistiche]]
*[[Lingue indoeuropee]]
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