Monte Saint Helens: differenze tra le versioni

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[[File:MSH06 aerial crater from north high angle 09-12-06.jpg|left|thumb|Il cratere nel 2006: evidente la crescita del ghiacciaio]]
 
Durante l'inverno 1980-1981, fece la sua comparsa un nuovo ghiacciaio, oggi chiamato Crater e in passato Tulutson. Grazie all'ombra fornita dalle pareti del cratere e alimentato da abbondanti nevicate e ripetute valanghe di neve, esso crebbe rapidamente (4,3 m all'anno di spessore), tanto che nel 2004 copriva circa 0,93&nbsp;km² ed era diviso dalla sommità sul fianco occidentale e orientale. In genere, verso la fine dell'estate, il ghiacciaio si mostra di colore scuro per via della caduta di massi dalle pareti del cratere e cenere dovuti alle eruzioni.<ref name="bru"/><ref name="wal"/><ref name="st"/><ref name="ng"/> A partire dal 2006, il ghiaccio aveva uno spessore medio di 100 m e un massimo di 200, una profondità pari quasi quanto al più vecchio e più grande ghiacciaio Carbon presente sul monte Rainier. Il ghiaccio si originò tutto dopo il 1980, risultando dunque assai giovane da un punto di vista geologico: nonostante la sua poca longevità, il suo volume raggiunge più o meno lo stesso di tutti i ghiacciai precedenti al 1980 messi insieme.<ref name="bru">{{cita pubblicazione|lingua=en|autore=Melinda M. Brugman|autore2=Austin Post|titolo=Effects of volcanism on the glaciers of Mount St. Helens|url=https://pubs.er.usgs.gov/publication/cir850D|anno=1981|accesso=7 luglio 2021}}</ref><ref name="wal">{{cita pubblicazione|lingua=en|titolo=Effects of lava-dome growth on the Crater Glacier of Mount St. Helens|data=gennaio 2008|autore=Joseph Scott Walder|autore2=Steve P.Schilling|autore3=J.W. Vallance|autore4=R. Lahusen|url=https://www.researchgate.net/publication/284329731_Effects_of_lava-dome_growth_on_the_Crater_Glacier_of_Mount_St_Helens}}</ref><ref name="st">{{cita web|lingua=en|accesso=7 luglio 2021|url=https://www.seattletimes.com/seattle-news/environment/nws-restless-volcano-also-holds-the-worlds-newest-glacier/|titolo=Mount St. Helens, still steaming, holds the world's newest glacier|data=4 luglio 2015|sito=[[The Seattle Times]]}}</ref><ref name="ng">{{cita web|lingua=en|url=https://apiwww.nationalgeographic.com/distribution/public/amp/science/article/see-the-eerie-ice-caves-carved-by-mount-st-helens-fiery-breath|accesso=7 luglio 2021|titolo=See the eerie glacier caves carved by Mount St. Helens's fiery breath|autore=Craig Welch|data=18 maggio 2020|sito=[[National Geographic]]}}</ref>
 
Con la recente attività vulcanica iniziata nel 2004, i lati esterni del ghiacciaio sono stati spinti da e verso l'alto per via della formazione di nuove sommità vulcaniche. La superficie del ghiacciaio, un tempo per lo più priva di crepacci, si trasformò in un caotico guazzabuglio di [[cascata di ghiaccio|cascate di ghiaccio]], suggellate da ragguardevoli [[Crepaccio|crepacci]] e [[seracco|seracchi]] causati dal movimento del fondo del cratere.<ref name="VR">{{cita web|lingua=en|url=http://www.fs.fed.us/gpnf/mshnvm/volcano-review/documents/Volcano_Review_2008_Final_lowrez-201.pdf|titolo=Volcano Review|sito=USFS|accesso=8 luglio 2021|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080626134702/http://www.fs.fed.us/gpnf/mshnvm/volcano-review/documents/Volcano_Review_2008_Final_lowrez-201.pdf|urlmorto=sì}}</ref> Le nuove cupole separarono quasi tutto il ghiacciaio del cratere in due tronconi, localizzati rispettivamente a est e a ovest. Nonostante l'attività vulcanica, le estremità del ghiacciaio avanzarono ancora, con un leggero spostamento sul fianco occidentale e un avanzamento più considerevole a ovest. A causa dell'avanzata, i due banchi di acqua solida si unirono a fine maggio 2008, finendo per circondare completamente le sommità.<ref name="VR"/><ref>{{cita web|accesso=7 luglio 2021|url=http://vulcan.wr.usgs.gov/Imgs/Jpg/MSH/MSH08/MSH08_aerial_new_dome_from_north_05-30-08_med.jpg|titolo=Il ghiacciaio visto da nord|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080626134704/http://vulcan.wr.usgs.gov/Imgs/Jpg/MSH/MSH08/MSH08_aerial_new_dome_from_north_05-30-08_med.jpg|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{cita web|accesso=7 luglio 2021|url=http://vulcan.wr.usgs.gov/Imgs/Jpg/MSH/MSH08/MSH08_crater_glacier_arms_touching_05-30-08_med.jpg|titolo=Il ghiacciaio nei pressi del cratere|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080626134705/http://vulcan.wr.usgs.gov/Imgs/Jpg/MSH/MSH08/MSH08_crater_glacier_arms_touching_05-30-08_med.jpg|urlmorto=sì}}</ref> Inoltre, dal 2004, nuovi ghiacciai si sono originati sopra il Crater, forse iniziando a corrodere la roccia sottostante; altre due aree glaciali si rintracciano a nord della parte orientale del Crater.<ref name="ng"/>
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==== 2004-2008 ====
 
[[File:Whaleback, Mount St Helens volcanic crater (February 22 2005).jpg|left|thumb|La caratteristica [[protrusione solida]] detta "Whaleback", atraducibile in italiano come “a dorso di balenabalena”, cometerminologia già utilizzata nell’anticlinale rappresentata dal [[Montello (colle)|Il Montello]] (Italia) nel .

[febbraio 2005] ]]
 
Il magma raggiunse la superficie del vulcano intorno all'11 ottobre 2004, determinando la costruzione di un nuovo duomo di lava sul lato meridionale: la crescita di quest'ultima proseguì per tutto il 2005 e nel 2006. Fecero la loro apparizione diverse [[Protrusione solida|protrusioni solide]], fra cui la "whaleback", che comprendeva intricati alberi di magma solidificato estrusi dalla pressione del magma sottostante. Tuttavia, considerata la loro fragilità, queste guglie non durarono molto e si ruppero poco tempo dopo. Il 2 luglio 2005, la whaleback si frantumò, causando una caduta di massi che propagò cenere e polvere per diverse centinaia di metri in aria.<ref>{{cita web|titolo=La Whaleback prima e dopo (1-2 luglio 2005)|sito=USGS|accesso=7 luglio 2021|url=http://vulcan.wr.usgs.gov/Imgs/Jpg/MSH/MSH05/MSH05_dome_from_sugarbowl_tip_spine_collapse_July2005_med.jpg|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20050903224652/http://vulcan.wr.usgs.gov/Imgs/Jpg/MSH/MSH05/MSH05_dome_from_sugarbowl_tip_spine_collapse_July2005_med.jpg|urlmorto=sì}}</ref>
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La linea degli alberi si attesta in loco a una quota abbastanza bassa, ovvero circa 1.340 m. Una simile anomalia si deve alla frequenza delle eruzioni, in quanto si crede che il limite si possa rintracciare su zone localizzate a un'altitudine maggiore durante i periodi di quiescenza.<ref name="before"/> I prati composti da fiori alpini sono rari.<ref name="before"/>
 
Le [[Capra delle nevi|capre delle nevi]] (''Oreamnos americanus'') abitavano altitudini più elevate del picco, anche se un gran numero di esse perì dopo il 1980.<ref name="opb">{{cita news|url= https://www.opb.org/artsandlife/article/mount-st-helens-washington-mountain-goats/ |titolo=Contare le capre di montagna sul monte St. Helens|nome=Jule|cognome=Gilfillan|editore=Oregon Public Broadcasting|data=30 giugno 2017}}</ref> Tra i grandi mammiferi rintracciabili in zona figurano il [[wapiti di Roosevelt]] (''Cervus canadensis roosevelti''), il [[cervo dalla coda nera]] (''Odocoileus hemionus columbianus''), l'[[Ursus americanus|orso nero americano]] (''Ursus americanus'') e il [[Puma concolor|puma]] (''Puma concolor'').<ref name="before"/>
 
=== Impatto delle eruzioni ===
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=== Colonizzazione europea e sfruttamento dell'area ===
 
[[File:Mount St Helens erupting at night by Paul Kane.jpg|thumb|alt=Dipinto di un vulcano conico in eruzione di notte dal lato.|Dipinto di [[Paul Kane (pittore)|Paul Kane]] intitolato ''Il monte St. Helens in eruzione di notte'' dopo la sua visita in zona nel 1847]]
 
Il primo resoconto autenticato di un testimone oculare non indigeno di un'eruzione vulcanica risale al marzo del 1835 per opera di Meredith Gairdner, quando era al lavoro per la [[Compagnia della Baia di Hudson]] di stanza a [[Fort Vancouver]].<ref>{{cita|Harris (1988)|p. 219}}.</ref> Questi inviò un resoconto all'''Edinburgh New Philosophical Journal'', che pubblicò la sua lettera nel gennaio 1836.<ref>{{cita web|url=https://www.nps.gov/people/meredithgairdner.htm|autore=Jack Nisbet|accesso=7 luglio 2021|titolo=Meredith Gairdner|lingua=en}}</ref> [[James Dwight Dana]] dell'[[Università di Yale]], mentre navigava con la [[spedizione di Wilkes]], scorse il picco quiescente dalla foce del fiume Columbia nel 1841. Un altro membro della spedizione descrisse in seguito le "lave basaltiche alveolari" alla base della montagna.<ref>{{cita web|lingua=en|url=https://volcanoes.usgs.gov/observatories/cvo/Historical/LewisClark/Info/summary_mount_st_helens.shtml|titolo=Mount St. Helens, Washington|sito=USGS|accesso=7 luglio 2021}}</ref>
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Alla fine dell'autunno o all'inizio dell'inverno del 1842, i vicini coloni e missionari europei furono testimoni della cosiddetta Grande Eruzione (''Great Eruption''). In tale occasione, si generarono sorprendenti nubi di cenere e per 15 anni seguirono lievi esplosioni.<ref>{{cita|Harris (1988)|pp. 220-221}}.</ref> Si trattò probabilmente in quell'occasione di un'[[eruzione freatica]] (esplosioni di vapore). Il reverendo Josiah L. Parrish a Champoeg, in Oregon, assistette all'eruzione del St. Helens il 22 novembre 1842. La cenere potrebbe aver allora raggiunto [[The Dalles]],80&nbsp;km a sud-est del vulcano.<ref name="USGS-Description"/>
 
Nell'ottobre del 1843, il futuro governatore della [[California]] [[Peter Hardeman Burnett|Peter H. Burnett]] raccontò una storia apocrifa molto probabilmente descritta da un uomo indigeno che si ustionò gravemente un piede e una gamba nella lava o nella cenere calda mentre era a caccia di cervi. La storia raccontava che l'uomo ferito cercò cure a Fort Vancouver, ma il commissario contemporaneo del forte, Napoleon McGilvery, negò di essere a conoscenza dell'incidente.<ref>{{cita|Harris (1988)|p. 224}}.</ref> Il tenente britannico Henry J. Warre abbozzò con un'illustrazione l'eruzione nel 1845, e due anni dopo il pittore canadese [[Paul Kane (pittore)|Paul Kane]] dipinse con acquerelli la vetta fumante. La fatica di Warre evidenziò l'eruzione di materiale da uno sfiato a circa un terzo della discesa dalla vetta sul lato ovest o nord-ovest della montagna (forse a Goat Rocks), e uno degli schizzi sul campo di Kane mostra il fumo che proveniva quadi dalla stessa posizione.<ref>{{cita|Harris (1988)|pp. 225, 227}}.</ref>
 
Il 17 aprile 1857, il ''Republican'', un giornale di [[Steilacoom]], riferì che "il monte St. Helens, o qualche altro monte a sud, è stato visto[...] fumare".<ref name="har228">{{cita|Harris (1988)|p. 228}}.</ref> La mancanza di uno strato di cenere significativo associato a questo evento indica che si trattava di una piccola eruzione: si trattò della prima attività vulcanica segnalata nel 1854.<ref name="har228"/>
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== Nei media ==
 
Nel 1981 fu girato negli Stati Uniti un film dal titolo ''St. Helens'' (distribuito in Italia con il titolo ''St. Helens, la montagna della paura'' o ''[[Uragano di fuoco]]'') che fornisce un resoconto piuttosto realistico dell'accaduto, sebbene alcune parti siano decisamente romanzate. Immancabile la realistica costante di ogni film del genere catastrofico, ossia l'imprevidenza, la superficialità e l'incredulità delle autorità locali di fronte a un disastro annunciato. La pellicola dipinge anche contrasti interni allo staff di vulcanologi presenti sul posto, di cui non c'è attualmente conferma alcuna.<ref>{{cita web|url=https://www.rottentomatoes.com/m/st_helens|accesso=8 luglio 2021|titolo=St. Helens (1981)|lingua=en}}</ref> La colonna sonora originale del film è stata composta ed eseguita dal gruppo italiano "[[Goblin (gruppo musicale)|Goblin]]".
 
L'eruzione del 1980 ha anche parzialmente ispirato il film ''[[Dante's Peak - La furia della montagna]]'', con [[Pierce Brosnan]]. Tuttavia, il vulcano nel lungometraggio è in realtà inventato, anche se viene esplicitamente detto che si trova nella catena delle Cascate. Inoltre, il vulcanologo interpretato da [[Pierce Brosnan]] alla fine sopravvive all'eruzione, mentre la figura reale a cui si ispira, il vulcanologo [[David Alexander Johnston]], morì durante l'eruzione, trovandosi sul versante ovest della montagna quando questa esplose.<ref>{{cita web|url=https://www.usgs.gov/observatories/cascades-volcano-observatory/legacy-david-a-johnston|lingua=en|titolo=The Legacy of David A. Johnston|sito=USGS|accesso=8 luglio 2021}}</ref>