Assedio di Capua (211 a.C.): differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Utilizzo {{formatnum:}} o {{M}} |
Nessun oggetto della modifica |
||
(Una versione intermedia di un altro utente non mostrate) | |||
Riga 20:
{{Campagnabox Seconda guerra punica}}
L{{'}}'''assedio di Capua''' si svolse a più riprese negli anni [[212 a.C.|212]]-[[211 a.C.]] da parte dei Romani nei confronti dei Campani, alleati di [[Annibale]]. Le forze romane erano comandate da due [[Console (storia romana)|consoli]], [[Quinto Fulvio Flacco (console 237 a.C.)|Quinto Fulvio Flacco]] e [[Appio Claudio Pulcro (console 212 a.C.)|Appio Claudio Pulcro]].<ref>{{cita|Periochae|25.7}}.</ref> I [[Civiltà romana|Romani]], inizialmente sconfitti, riuscirono a ritirarsi in buon ordine. Annibale poté così temporaneamente rompere il blocco romano intorno a [[Capua (città antica)|Capua]]. Una vittoria temporanea per i Cartaginesi che non poterono però evitare la caduta della città, posta nuovamente sotto assedio l'anno seguente.
==Contesto storico==
Riga 69:
[[File:Shepherd-vicinity of Naples.jpg|left|thumb|upright=1.4|Il golfo di Napoli e la vicina Cuma (in alto a sinistra) che fu [[battaglia di Cuma (215 a.C.)|presa d'assedio da Annibale]]]]
Frattanto i Campani presero l'iniziativa di ridurre in loro potere la città di [[Cuma]], sollecitando dapprima i Cumani ad abbandonare l'alleanza con i Romani, e poiché che non riuscirono a sortire alcun effetto, provarono ad impadronirsene con l'inganno.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 35.2}}.</ref> A Tiberio Gracco venne inviata un'ambasceria, dove il console veniva informato di ciò che i Campani stavano tramando nei confronti dei Cumani e che, tre giorni più tardi, avrebbero dovuto recarsi presso ''Hamas (o [[Hamae]])'' ad incontrare il senato e l'esercito riunito campano. Gracco allora consigliò ai Cumani di raccogliere più provviste possibili all'interno della città e di rimanervi. Egli intanto mosse l'[[Esercito romano della media repubblica|intero esercito]] verso ''Hamas'' (che distava {{formatnum:3000}} [[Passo (unità di lunghezza)|passi]], pari a circa 4,5 [[Chilometro|km]]) il giorno prima della celebrazione del sacrificio.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 35.10-12}}.</ref> La [[battaglia di Cuma (215 a.C.)|battaglia che ne seguì]] volse a favore dei Romani e dei Cumani. Furono infatti uccisi più di {{formatnum:2000}} Campani, oltre al loro stesso condottiero, [[Mario Alfio]].<ref name="LivioXXIII35.19">{{cita|Livio|XXIII, 35.19}}.</ref> Le perdite romane furono invece meno di 100. Gracco, una volta impadronitosi dell'accampamento nemico, si affrettò a ritirarsi dentro le mura di Cuma, per timore che [[Annibale]] potesse raggiungerlo rapidamente, essendo lo stesso posizionato sul [[Monte Tifata]], a nord-est di [[Capua (città antica)|Capua]].<ref name="LivioXXIII36.1">{{cita|Livio|XXIII, 36.1}}.</ref>
Il giorno seguente, il condottiero cartaginese tornò a Cuma con tutte le [[Armi d'assedio (storia romana)|macchine]] e pose la città sotto assedio.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 36.7}}.</ref> Neppure [[Quinto Fabio Massimo Verrucoso]], che aveva il ''[[castrum]]'' presso ''[[Cales]]'', aveva osato attraversare il Volturno, intento a prendere di nuovo gli auspici, dove gli aruspici rispondevano che non era facile placare l'ira degli dèi.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 36.8-10}}.</ref> Sempronio, riuscendo a resistere e contrattaccando,<ref>{{cita|Livio|XXIII, 37.1-6}}.</ref> costrinse Annibale a togliere l'assedio e far ritorno al Monte Tifata.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 37.7-9}}.</ref>
Riga 242:
Intanto i nobili avevano abbandonato l'amministrazione pubblica. Neppure nel Foro cittadino o in altro luogo pubblico, si poteva incontrare alcuno dei principali cittadini. Essi se ne stavano rinchiusi nelle proprie abitazioni ad attendere il giorno del crollo della patria. L'amministrazione era rimasta nelle mani dei capi del presidio cartaginese, Bostare ed Annone, i quali scrissero una lettera ad Annibale, nella quale con tono aspro condannavano il suo comportamento, per aver consegnato ai Romani, non solo Capua, ma anche la guarnigione cartaginese, esponendola ad ogni sorta di tortura.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 12.7-11}}.</ref>
La lettera però venne intercettata dai Romani, dopo che era stata consegnata ad un numida che, professandosi anch'egli disertore, come tanti del suo popolo, era riuscito ad accedere al campo romano. Scoperto l'inganno, oltre settanta Numidi, insieme al gruppo di nuovi disertori, vennero massacrati a nerbate. Con le mani tagliate furono ricondotti a Capua. La vista di un supplizio tanto crudele portò la disperazione tra i Campani.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 12.12-19}}.</ref> Vibio Virrio, il propugnatore della diserzione dall'alleanza romana, non volendo attendere la resa della città e la propria
{{citazione|Non vedrò Appio Claudio o Q.Fulvio insolenti e arroganti per la loro vittoria, né sarò trascinato in catene attraverso la città di Roma come spettacolo del [loro] [[trionfo]], per poi morire in un carcere oppure, legato ad un palo, con la schiena lacerata dalle vergate, porgere il collo alla scure romana. Non voglio vedere l'incendio e la distruzione della mia patria, né assisterò agli stupri delle madri, delle giovani o dei nobili fanciulli di Capua.|{{cita|Livio|XXVI, 13.15}}.}}
Egli propose a tutti coloro che, tra i maggiorenti, ne avessero intenzione, di darsi la morte prima di vedere tanti orrori. Predispose un banchetto e dopo essersi saziato con cibo e vino, ad ognuno venne distribuita una tazza contenente del veleno.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 13.18}}.</ref>
|