Alberico Biadene: differenze tra le versioni
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|Attività2 = alpinista
|Nazionalità = italiano
|Immagine = Ing. Alberico Biadene (1969).jpg
|Didascalia = Alberico Biadene in tribunale il 17 dicembre 1969, che ascolta la lettura della sentenza
}}
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=== L'alpinismo ===
Il suo sport era lo [[sci]]<ref name=biadene/><ref name=italy/> ed era amico dell'ambiente di lavoro nella città capoluogo, [[Belluno]], degli alpinisti agordini [[Attilio Tissi]] e Giovanni Andrich,<ref name=franco>Alberto M. Franco, ''La via della montagna: evoluzione del significato della scalata nelle Dolomiti, palestra dell'alpinismo mondiale'', Antilia, 2002, pp. 80-81.</ref> nonché il letterato della compagnia.<ref name=angelotissi>{{cita web|url=http://www.angeloelli.it/alpinisti/file/Biadene.html|titolo=Biadene|accesso=10 aprile 2020}}</ref> Il 24 agosto 1926, nel [[gruppo del Sassolungo]], in coppia con Giovanni Galanti, insieme a Umberto Banchieri e un esule armeno, [[Ohannés Gurekian]], che possedeva una buona esperienza di montagna, compì la rinomata ascensione alla [[Punta delle Cinque Dita]] (m 2996) per la via del camino Schmitt e della variante Dimai, ritornando in vetta ai Denti di Satanasso quattro giorni dopo. Biadene e Galanti furono [[Gregario|gregari]] e testimoni oculari della salita che Gurekian e Banchieri compirono il 27 agosto, scalando la parete sud-est dei Lastei d'Agnèr per i famosi "Piombi".<ref>{{cita web|url=http://www.gurekian.com/ohannes/Montagne_di_marca.pdf|titolo=Uno dei pionieri del moderno alpinismo nelle alpi orientali|accesso=28 novembre 2019}}</ref>
Nel 1930, dopo che aveva trovato l'occasione per risvegliare in loro una passione latente, era quindi soprattutto Biadene che aveva fatto venire lo stimolo alla frequentazione della montagna per Tissi e Andrich, in una sezione del [[Club Alpino Italiano|CAI]] tutt'altro che attiva. In [[Agordo]] si volevano allora festeggiare le nozze imminenti tra il principe [[Umberto II di Savoia|Umberto di Savoia]] e [[Maria José del Belgio]]. Qualcuno aveva proposto di dedicare alla principessa una delle [[Pale di San Lucano]], che con la vetta dell'[[Monte Agner|Agner]] costituivano lo sfondo dell'amena cittadina, proprio perché figlia del re alpinista [[Alberto I del Belgio|Alberto I]], ma qualche altro, più oculato, aveva osservato che battezzare una cima senza nemmeno averla salita, a maggior ragione se a scalarla fossero poi stati dei forestieri, sarebbe stato come fare una dedica su un libro bianco che magari avrebbe scritto un altro. Fu l'occasione per rinverdire le schiere alpinistiche locali. Tissi, Andrich, Biadene e Gurekian programmarono la scalata, ma per motivi vari gli ultimi due, al momento buono, si trovarono nelle condizioni di non poter far parte della [[cordata]].<ref name=franco/>
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Vista la velocità in aumento della frana, il 26 settembre, si fece prendere dal panico e decise di abbassare il livello del lago sotto quota 700, il limite di sicurezza definito dalle prove sul modellino di Nove di [[Vittorio Veneto]], prima che la montagna vi crollasse dentro. Si rese conto perfettamente della situazione, anche se ne ignorava la portata, ma intervenne soltanto trentasei ore prima del [[Disastro del Vajont|disastro]], cercando di far avvertire gli ertani per provvedere allo sgombero del paese.<ref name=sopravvissutivajont/>
La mattina del 9 ottobre, vista la giustificabile situazione, mandò una lettera al suo vice Pancini, ordinandogli di rientrare dalle ferie
Nel tardo pomeriggio, alle 17.50, riuscì a telefonare al [[geologo]] [[Francesco Penta]], che era a [[Roma]], per comunicargli che le velocità del movimento della frana erano aumentate, e che riteneva necessaria una sua visita. Penta rispose che gli era impossibile, ma aveva disposto che sarebbe andato il suo assistente, Franco Esu, raccomandandogli calma e di "non medicarci la testa prima di essercela rotta".<ref>Reberschak, pp. 429-430.</ref>
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