Grammatica araba: differenze tra le versioni
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* Quanto ad alcune delle difficoltà principali dell'arabo, una delle prime è la lettura, siccome i diacritici che indicano in particolare le vocali brevi e la geminazione/raddoppio/tensificazione consonantica (e.g. pala VS palla) sono spesso omessi. La lettura corretta si impara se si conosce bene e si sa riconoscere a vista lo "scheletro" consonantico della parola, che a sua volta deriva dalla radice lessicale. Pertanto, è bene concentrarsi su questo scheletro durante lo studio.
* L'apprendimento del vocabolario, eccetto per i prestiti derivati da lingue già note, ha una sua difficoltà nella misura in cui l'arabo è una lingua semitica e non neo-romanza o simili: è una famiglia a sé, a cui appartiene pure l'ebraico. Ma la memorizzazione del vocabolario è aiutata dall'esistenza della derivazione lessicale da una radice: ogni parola si può ricondurre a una radice e viceversa, ogni radice si può consultare e approfondire. Ciò non si applica con lingue che attingono a piene mani dall'arabo, e.g. il persiano, l'urdu e in parte lo swahili.
* I verbi al presente hanno una vocale tematica che cambia in modo casuale e ogni verbo ha la sua: i vocabolari ben fatti, accanto alla forma base/di dizionario del verbo, inseriscono la terza persona singolare maschile del presente indicativo, che ha questa vocale tematica. Essa va imparata a memoria, come anche un'eventuale [[preposizione]] collegata a priori a un verbo, quando si studia un verbo.
* I numeri sono dotati di un complesso sistema di accordi con i nomi a cui si riferiscono, ragion per cui si possono studiare direttamente collegati a un nome declinato nei tre casi.
* Infine, i vocaboli arabi sono pieni di plurali irregolari con pattern precisi ma che si applicano in modo casuale. Un buon vocabolario indica sempre i plurali irregolari. Questi ultimi si imparano a memoria insieme al singolare, che è la forma base nel vocabolario.
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* il genitivo, che segue la stessa regola di scrittura, finisce in -i breve (nel femminile si sentirà -/ati/);
* l’accusativo finisce infine in -a breve (nel femminile si sentirà -/ata/). L’accordo con
Nella declinazione diptota che riguarda i nomi di persona (sia maschili che femminili), i nomi di città che iniziano senza articolo 'al, gli aggettivi con il pattern 'af3al (per esempio, i comparativi di maggioranza come kabiir > <u>'akbar</u>, grande > più grande/maggiore), le parole che hanno il plurale fratto secondo lo schema mafaa3il (il singolare resta triptoto), gli aggettivi di colore e difetti fisici al singolare e alcune parole fisse, il nominativo è sempre -u breve, mentre il genitivo e accusativo convergono in -a breve. Una parola fissa con declinazione diptota molto diffusa è nabiyy (profeta), mentre tre parole che hanno il plurale fratto secondo lo schema/pattern "mafaa3il" sono rasaa'il (lettere), masaajid (moschee) e 'akaarim (nobili). Se i nomi con declinazione diptota fanno parte dell'idafa(t), cioè fanno parte del complemento di specificazione (anche con il suffisso del possessivo), diventano triptoti. Un contro-esempio di nome di città che inizia con 'al è proprio "il Cairo", la capitale dell'Egitto ('al-Qaahiratu/a/i). Quanto agli aggettivi con il pattern 'af3al, tre esempi sono 'aḥmar, 'asġar, 'aʿraj (rosso, piccolo, zoppo).
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L’arabo ha due articoli, uno determinativo e l’altro indeterminativo. Il primo ha un'unica forma invariabile in grafia (in pronuncia, è soggetto ad alcune assimilazioni), mentre il secondo non esiste in arabo ma si rende con un suffisso che cambia in base ai tre casi.
L’articolo determinativo è ‘al, invariabile in genere e numero. La hamza/stacco glottale/colpo di glottide e la vocale breve cadono se precedute da un'altra vocale (e.g. in frasi come “Lo studente e la studentessa”). Lo stacco glottale si sente se tutta la frase inizia con l'articolo determinativo e, nella romanizzazione, l'apostrofo e la "a" si scrivono solo in questo caso, cioè in cui si sente per intero l'articolo. Il suono “l” si assimila se seguito da una consonante solare (tipicamente, un suono dentale) e culmina in una geminazione/tensificazione; resta /l/ invece se seguito da una consonante lunare (il loro nome deriva da una [[mnemotecnica]]: الشمس, القمر > il sole, la luna > ‘aš-šams, ‘al-qamar. L’assimilazione si rende pure in romanizzazione. Per dare un esempio di inciso con romanizzazione con l'articolo 'al sentito per intero e con caduta di stacco glottale e vocale, tale per cui la 'alif diventa waṣla(t) e si sente la geminazione, è الطالب والطالبة, 'aṭ-ṭaalibu wa-ṭ-ṭaalibatu. Non solo si rende la geminazione in romanizzazione, ma spariscono la "a" e l'apostrofo e l'articolo è separato dal nome con un hyphen/trattino. Quest'ultimo si usa pure in altri tre casi: per separare di solito i pronomi personali suffisso dalla parola a cui sono attaccati, per separare le preposizioni dal nome a cui si riferiscono e per separare il prefisso del futuro dalla radice verbale. Un altro esempio di articolo 'al che si sente per intero è contenuto nel celebre saluto "Ciao!" (la pace su di voi), السلام عليكم 'as-salaamu ʿalay-kum.
L’articolo indeterminativo, per dare un contorno di indeterminazione al nome (e.g. Uno studente VS lo studente) e per rendere il nome del predicato nelle frasi nominali/con il verbo essere (e.g. Io sono uno studente, io non sono uno studente, io sono stanco), si ottiene con un suffisso e cambia in base ai tre casi. Per logica, la sua declinazione è triptota: i nomi propri di persona e toponimi non possono essere indeterminati (quindi, come eccezione, non si userà mai in frasi come “Io sono Ayman”). Il processo con cui si ottiene l’indeterminazione viene detto “nunazione” perché il nome, con questi suffissi, finisce con il suono nasale /n/. Ognuna delle tre uscite ha un diacritico specifico. Al caso nominativo, l’articolo indeterminativo si rende con il suffisso -un, con vocale breve (invece, se è un nome determinato, si usa l’articolo determinativo e il suffisso -u breve). Al genitivo, si ottiene con -in. All’accusativo, si ottiene con -an (in più si scrive una alif subito dopo che è muta). La terminazione -an non si usa solo all’accusativo, ma anche in quasi tutti gli avverbi e nel nome del predicato in frasi nominali negative. In sintesi, per ottenere l’indeterminazione basta aggiungere un suono -n ai tre casi in declinazione triptota. Se le parole sono femminili, come grafia e pronuncia la nunazione segue le regole appena spiegate (si sentirà sempre /atun, atin, atan/). Un esempio al nominativo è الطالب > طالب, ‘aṭ-ṭaalibu > ṭaalibun, lo studente > uno studente.
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