Papa Leone I: differenze tra le versioni
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{{Papa della Chiesa cattolica
|nome = Papa Leone I
|immagine = Herrera
|didascalia = ''Il papa San Leone I Magno'' di [[Francisco Herrera il Giovane]], [[XVII secolo]], [[Museo del Prado]]
|titolo = 45º papa della Chiesa cattolica
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}}
{{Santo
|nome = San Leone Magno
|note = Papa e Dottore della Chiesa
|immagine = 45-St.Leo I.jpg
|nato = [[Toscana]], [[390]] circa
|morto = [[Roma]], 10 novembre [[461]]
|venerato da = Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
|ricorrenza = * 10 novembre e 11 aprile: [[messa tridentina]], [[Chiesa cattolica]]
* 18 febbraio: [[Chiese ortodosse orientali]]
|attributi = abiti pontificali, triregno, croce astile
|patrono di
}}
{{Bio
|Nome = Leone I
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|ForzaOrdinamento = Leone 01
|Sesso = M
|LuogoNascita =
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = [[390]] circa
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}}
Il pontificato di Leone
== Biografia ==
=== Leone ===
Secondo il ''[[Liber
Suo padre si chiamava Quintianus. Le prime evidenze storiche certe su Leone lo individuano come [[diacono]] della Chiesa romana sotto papa Celestino I e poi sotto il [[papa Sisto III]].
Durante questo periodo, comunque, era già noto al di fuori di Roma e aveva delle relazioni con la Gallia, poiché [[Giovanni Cassiano]] nel 430 o nel 431 scrisse, dietro suo suggerimento, ''De Incarnatione Domini contra Nestorium''<ref>[[Jacques-Paul Migne]], P.L., L, 9 sqq.</ref>, usando come prefazione una lettera di dedica a Leone. Intorno a questo periodo, [[Cirillo di Alessandria]] si appellò a Roma contro la posizione del patriarca Giovenale di Gerusalemme sulla giurisdizione [[patriarcato (cristianesimo)|patriarcale]] della [[Palestina]]. In base a un'affermazione di Leone riportata in due scritti successivi<ref>Ep. cxvi, ed. [[Pietro Ballerini|Ballerini]], I, 1212; II, 1528</ref> non è però chiaro se le lettere di Cirillo fossero inviate a lui quale diacono romano, o al [[papa Celestino I|papa]].
Verso la fine del pontificato di Sisto III, Leone fu inviato in Gallia dall'imperatore Valentiniano III per ricomporre una disputa e far riconciliare [[Flavio Ezio]], il comandante militare della [[provincia]], e il [[prefetto del pretorio]], [[Cecina Decio Aginazio Albino (console 444)|Cecina Decio Aginazio Albino]]: l'incarico è un'evidente prova della grande fiducia riposta nell'intelligente e capace diacono dalla corte imperiale.
Alla morte di Sisto III (19 agosto 440) Leone si trovava ancora in [[Gallia]], e fu acclamato all'unanimità dal popolo e dal clero come suo successore. Fu [[Ordine sacro|consacrato]] appena rientrato a Roma, il 29 settembre. Avrebbe guidato la Chiesa romana per i successivi ventun
=== Zelo per l'ortodossia ===
L'intento principale di Leone era quello di sostenere l'unità della Chiesa. Non molto dopo la sua elevazione alla cattedra di Pietro
[[File:Leo - Sermones, adi XXI di maggio MCCCCLXXXV - 2397763 S.jpg|thumb|''Sermones'']]
Leone intraprese una lotta ancora più grande contro il [[
In questo periodo nella città di Roma vennero convertiti ed ammessi alla confessione un certo numero di manichei; coloro che si rifiutavano di abiurare, in ossequio agli editti imperiali, furono banditi. Il 30 gennaio 444 il papa inviò una lettera a tutti i vescovi italiani, alla quale allegò i documenti dei procedimenti istruiti nei confronti dei manichei romani. In questa lettera li esortava a rimanere vigili e a denunciare qualsiasi manicheo<ref>Ep. VII.</ref>. Il 19 giugno 445 l'imperatore [[Valentiniano III]], probabilmente su insistenza del papa, emise un editto in cui stabiliva sette punizioni per i manichei<ref>''Epist. Leonis'', ed. Ballerini, I, 626; ep. VIII ''inter Leon. ep.''.</ref>.
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=== Il primato della sede di Roma ===
Eletto a cinquant'anni, fu un papa particolarmente giovane per l'epoca. La disorganizzatissima condizione ecclesiastica di alcuni paesi obbligò relazioni più strette tra quegli episcopati e Roma per una migliore promozione della vita ecclesiastica. Leone, con questo obiettivo bene in vista, decise di utilizzare il vicariato papale dei [[Arcidiocesi di Arles|vescovi di Arles]] per la provincia di Gallia per creare un centro di aggregazione dell'episcopato gallico in stretta comunione con Roma. Patroclo di [[Arles]] (morto nel 426) aveva ricevuto dal [[papa Zosimo]] il riconoscimento del [[primate (ecclesiastico)|primato]] sulla Chiesa di Gallia, e tale primato venne poi fortemente rivendicato dal suo successore Ilario di Arles, che entrò in conflitto con Leone. Ilario si avvalse eccessivamente della sua autorità sulle altre [[provincia ecclesiastica|province ecclesiastiche]], ed affermò che tutti i vescovi avrebbero dovuto essere consacrati da lui, invece che dal loro [[metropolita]].
Quando, per esempio, fu resa pubblica la lamentela che Celidonio, [[Arcidiocesi di Besançon|vescovo di Besançon]], era stato consacrato in violazione del canone (si diceva che, come laico, avesse sposato una vedova e, come pubblico ufficiale, avesse dato il suo assenso ad una sentenza di morte), Ilario lo depose, e consacrò Importuno quale suo successore. Celidonio si recò di persona a Roma e si appellò al Papa. Contemporaneamente Ilario, come se la sede interessata fosse stata vacante, consacrò un altro vescovo per prendere il posto di un certo Projectus che era malato e che, a sua volta, si appellò al Papa contro le azioni del vescovo di Arles. Ilario fu chiamato a Roma per giustificarsi di fronte ad un sinodo (circa 445); poiché le lagnanze portate contro Celidonio non poterono essere provate, Leone lo reinsediò nella sua sede. E anche Projectus ricevette nuovamente la sua diocesi. Ilario tornò ad Arles prima che il sinodo finisse, ma il papa lo privò della giurisdizione sulle altre province galliche e dei diritti metropolitani sulla [[Arcidiocesi di Lione|provincia di Vienne]], lasciandogli solo la diocesi di Arles.
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=== Leone e la disciplina ===
[[File:Leo I. Leo Magnus. Leone I. Leone Magno, santo e papa (XLVII).jpg|thumb|Papa Leone I]]
Nella concezione leonina dei doveri di pastore supremo, occupava una posizione preminente la conservazione della stretta disciplina ecclesiastica. Ciò era particolarmente importante in un periodo in cui le continue [[Invasioni barbariche|devastazioni dei barbari]] portavano disordini in tutti gli aspetti della vita e le regole della moralità venivano seriamente violate. Leone usò la massima energia nel mantenimento di questa disciplina, insistette sull'esatta osservanza dei precetti ecclesiastici e non esitò a rimproverare, quando necessario, i vescovi. Lettere (ep. XVII) relative a questa ed altre questioni vennero inviate ai vari vescovi dell'Impero d'Occidente: ai vescovi delle province italiane (epp. IV, XIX, CLXVI e CLXVIII), ed a quelli di Sicilia che avevano tollerato alcune derive dalla Liturgia romana nell'amministrazione del [[Battesimo]] (ep. XVI e XVII) ed ai quali comandò di inviare dei delegati presso un sinodo romano per verificare la corretta pratica. Un decreto disciplinare molto importante fu inviato anche al vescovo [[Rustico di Narbona]] (ep. CLXVII). A causa del dominio dei [[Vandali]] nel [[Mauretania Caesariensis|nord Africa latino]], la posizione della Chiesa in quei territori era divenuta del tutto sconosciuta.
Leone vi inviò il presbitero romano Potenzio per informarsi sulla sua esatta condizione, ed inviare un rapporto a Roma. Alla sua ricezione il papa inviò all'episcopato della provincia una lettera con istruzioni particolareggiate sulla soluzione di numerose questioni ecclesiastiche e disciplinari (ep. XII). Leone spedì anche una lettera a [[Dioscoro di Alessandria]] (21 luglio 445), il successore di [[San Cirillo di Alessandria|Cirillo]] al [[Patriarcato di Alessandria]], insistendo che la pratica ecclesiastica della sua sede doveva seguire quella di Roma, poiché [[Marco (evangelista)|Marco]], il discepolo di Pietro e fondatore della Chiesa alessandrina, non poteva avere altra tradizione che quella del "principe degli apostoli", ed esortandolo quindi alla severa osservanza dei canoni e della disciplina della Chiesa romana (ep. IX).
Ma fu soprattutto nelle sue prese di posizione sulla confusione [[Cristologia|cristologica]], che in seguito avrebbero agitato così profondamente la Cristianità Orientale, che Leone si rivelò un saggio, colto
Dopo la scomunica da parte di [[Flaviano di Costantinopoli|Flaviano]], [[Patriarcato di Costantinopoli|Patriarca di Costantinopoli]], a causa delle sue concezioni e delle sue predicazioni monofisite, il monaco Eutiche si appellò al papa il quale, dopo aver esaminato il nocciolo della disputa, inviò una lettera dogmatica a Flaviano (ep. XXVIII, ''Tomus ad Flavianum''), esponendo concisamente e confermando la dottrina dell'[[Incarnazione]] e dell'unione della natura divina ed umana nella Persona unica di Cristo. Il [[monofisismo]], infatti, assumendo una dottrina praticamente inversa all'[[arianesimo]], tendeva a sottolineare con tanta forza la natura divina del Cristo, da giungere quasi a non riconoscere più quella umana<ref>C. Rendina, cit., pag. 110.</ref>.
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A febbraio del 450 l'imperatore d'Occidente Valentiniano III e sua madre [[Galla Placidia]] compirono un pellegrinaggio a Roma, e Leone approfittò dell'occasione per supplicarli di intervenire presso Teodosio II al fine di convocare un [[Concilio di Calcedonia|nuovo concilio]] che, morto Teodosio nel luglio di quell'anno, si tenne a [[Calcedonia]] nel 451, sotto il nuovo imperatore [[Marciano (imperatore)|Marciano]]. Il concilio accettò solennemente l'epistola dogmatica che Leone aveva inviato a Flaviano (morto nel frattempo in esilio) e che non era stata letta nell'occasione precedente, quale espressione della Fede cattolica sulla Persona di Cristo. Furono abrogate le leggi che Teodosio II aveva promulgato sulle risultanze del concilio precedente, Eutiche fu esiliato e il papa confermò le delibere del nuovo Concilio<ref>C. Rendina, cit., pp. 110 e seg.</ref>. Leone, in seguito, inviò a Ravennio (ep. LXVII), per comunicarlo anche ai vescovi di Gallia, la sua lettera a [[Flaviano di Costantinopoli]] sull'[[Incarnazione]]. Ravennio, allora, convocò un sinodo nel quale si riunirono quarantaquattro vescovi. Nella loro lettera sinodale del 451 questi ultimi affermarono di accettare la lettera del papa quale simbolo di fede (ep. XXIX ''inter ep. Leonis''). Nella sua risposta Leone parlò ancora della condanna di [[Nestorio]] (ep. CII).
Dopo aver eliminato il canone che elevava il Patriarcato di Costantinopoli al secondo posto dopo la Sede di Roma, diminuendo i privilegi degli antichi patriarchi
=== Gli affari italiani ===
[[File:Leoattila-Raphael.jpg|thumb|upright=1.4|''[[Incontro di Leone Magno con Attila]]''<br />[[Raffaello Sanzio|Raffaello]] (1513, [[Stanza di Eliodoro]])]]
[[File:Governolo-Lapide Papa Leone I.JPG|upright=1.4|thumb|Lapide del XVII secolo dedicata a
Nel 452, su richiesta dell'imperatore, Leone fece parte dell'ambasceria composta dal [[Console (storia romana)|console]] [[Gennadio Avieno]] e dal prefetto [[Trigezio]], che si recò in Italia settentrionale ad incontrare [[Attila]] nel tentativo di dissuaderlo dal procedere nella sua avanzata contro Roma. L'evento avvenne presumibilmente a
<br />Esistono due resoconti coevi agli avvenimenti: uno fu scritto da [[Prospero d'Aquitania]] (390 ca. - 463 ca.) e l'altro dal vescovo Idazio (''Chronicon''); secondo Prospero, Attila si ritirò perché fu impressionato dalla figura di Leone, anche se [[Giordano (storico)|Giordano]] fornisce altre motivazioni e gli storici moderni ritengono sopravvalutato, per motivi agiografici, il ruolo svolto da Leone nella vicenda.<ref>Gillett, Andrew, ''Envoys and Political Communication in the Late Antique West, 411-533'', Cambridge University Press, 2003, ISBN 0-521-81349-2, pp. 114-115, 200.</ref> Non si può comunque escludere che il papa sia riuscito a convincere Attila con il pagamento di un forte tributo, mentre una tradizione vuole che il superstizioso re barbaro fosse in parte trattenuto nell'impresa dal timore della morte che aveva colto [[Alarico I]], re dei [[Visigoti]], subito dopo il [[sacco di Roma (410)|sacco di Roma]].<ref>C. Rendina, cit., p. 112.</ref><ref>E. Gibbon, ''Decadenza e caduta dell'impero romano'', cap. XXXV.</ref>
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Leone era anche molto solerte nel far costruire e restaurare chiese: fece costruire una [[Basilica (architettura cristiana)|basilica]] sulla tomba del [[papa Cornelio]] sulla [[Via Appia]]; fece ricostruire il tetto della basilica di San Paolo fuori le mura, che era stato distrutto da un fulmine, e fece iniziare altre opere di miglioramento nella basilica stessa. Inoltre, persuase l'imperatrice Galla Placidia, come si evince dall'iscrizione, a fare mettere in opera il grande mosaico dell'[[Arco di Trionfo]] che si è conservato. Leone fece anche restaurare l'[[antica basilica di San Pietro in Vaticano]], costruita da [[Costantino I]]. Durante il suo pontificato la ricca e pia aristocratica romana [[Demetriade (nobile)|Demetriade]] eresse sulla sua proprietà, al III miglio della via Latina, una basilica in onore di [[Santo Stefano (martire)|santo Stefano]]. Sempre allo stesso periodo, ma soprattutto per volontà dell'imperatrice Eudossia, venne eretta la basilica Eudossiana (ora [[basilica di San Pietro in Vincoli]]).
Leone non fu meno attivo nell'elevazione spirituale delle [[Congregazione|congregazioni romane]], e i suoi [[Sermones (Leone Magno)|sermoni]], dei quali sono conservati ben 96, sono straordinari per la loro profondità, chiarezza di dizione ed elevatezza di stile. I primi cinque, che furono declamati nei vari anniversari della sua consacrazione, manifestavano l'alta concezione della dignità del suo ufficio, così come la completa convinzione del primato del vescovo di Roma, dimostrata in maniera così chiara e decisiva dalla sua opera di pastore supremo. Delle sue lettere, che sono di grande importanza per la storia della
=== Morte e sepoltura ===
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