Assedio di Benevento: differenze tra le versioni
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== Contesto storico ==
Nel 661, alla morte del re longobardo [[Ariperto I]], scoppiò una [[guerra di successione]] tra i suoi figli [[Godeperto]] e [[Pertarito]], della quale approfittò il duca di Benevento, [[Grimoaldo]], per usurpare con successo il trono nel 662: Godeperto fu ucciso proditoriamente dallo stesso Grimoaldo durante un incontro,<ref>{{cita|Paolo Diacono|IV, 53}}.</ref> mentre Pertarito scampò successivamente alla stessa sorte riparando presso i [[Franchi]] di [[Neustria]].<ref>{{cita|Paolo Diacono|V, 2}}.</ref> Grimoaldo, non appena asceso al trono longobardo, nominò suo figlio [[Romualdo I di Benevento|Romualdo]] duca di Benevento. Dopo aver remunerato con larghi doni l'esercito beneventano per averlo aiutato a impadronirsi del trono, lo rimandò nelle proprie terre, trattenendo nella ''Langobardia Maior'' solo alcuni dei suoi fedeli beneventani ai quali furono assegnate ampie proprietà in [[Val Padana]].<ref>{{cita|Paolo Diacono|V, 1}}.</ref>
Nel frattempo, probabilmente nel 662, il basileus Costante II lasciò Costantinopoli con l'intenzione di non farvi più ritorno. La moglie e i figli rimasero nella capitale perché il [[Senato bizantino|Senato]] e la corte si erano opposti alla loro partenza. La cronaca di [[Teofane Confessore]], che data la partenza da Costantinopoli al suo ventesimo anno di regno (660-661), sostiene che l'imperatore intendesse stabilirsi in Italia per riportare a Roma la capitale dell'impero,<ref>{{cita|Teofane Confessore|AM 6153}}.</ref> ma aggiunge che influì sulla decisione anche la forte impopolarità del sovrano a Costantinopoli, dovuta non solo alle pesanti pene inflitte agli oppositori del [[monotelismo]] (segnatamente [[Papa Martino I]] e [[Massimo il Confessore]]) ma anche al fratricidio commesso poco tempo prima.<ref>{{cita|Teofane Confessore|AM 6160}}.</ref> Nel 660 Costante II aveva mandato a morte il proprio fratello Teodosio accusandolo di alto tradimento. Il fratricidio contribuì a rendere l'imperatore estremamente impopolare tanto da venire insultato dalla popolazione con l'epiteto di [[Caino]].<ref name=Ostrogorsky107>{{cita|Ostrogorsky|p. 107}}.</ref> Fonti ancora posteriori, come la Cronaca di [[Giorgio Cedreno]], condiscono la narrazione con degli elementi romanzati di dubbia attendibilità come gli incubi notturni di Costante II che, per i sensi di colpa, avrebbe sognato più volte il defunto fratello che lo tormentava. Non bisogna comunque dimenticare l'ostilità di tali fonti nei confronti di Costante II, sostenitore del monotelismo.
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Secondo Paolo Diacono, prima di intraprendere la spedizione contro il [[ducato di Benevento]], Costante consultò un eremita (che si diceva avesse la capacità di prevedere il futuro). Lo interrogò sull'esito della spedizione. Dopo una notte di preghiere, l'eremita rispose in questo modo:
{{Citazione|La gente dei longobardi non può essere vinta da nessuno, perché una regina, venuta da altri paesi, ha costruito nel loro territorio una basilica al beato Giovanni Battista, e perciò lo stesso beato Giovanni intercede continuamente a favore di quel popolo. Ma verrà un tempo quando tale santuario non sarà più tenuto in onore, e allora quella gente perirà.|lingua=la|Paolo Diacono, ''Historia Langobardorum'', Libro V, Capitolo 6|"Gens Langobardorum superari modo ab aliquo non potest, quia regina quaedam ex alia provincia veniens basilicam beati Iohannis baptistae in Langobardorum finibus construxit, et propter hoc ipse beatus Iohannes pro Langobardorum gente continue intercedit. Veniet autem tempus, quando ipsum oraculum habebitur despectui, et tunc gens ipsa peribit".}}
Nonostante la predizione sfavorevole, Costante decise di tentare lo stesso l'impresa. La ''[[Historia Langobardorum]]'' di Paolo Diacono riferisce che durante la marcia su Benevento le truppe di Costante II espugnarono quasi tutte le città lungo il tragitto, radendo al suolo la città di [[Lucera]], ma non riuscendo a prendere [[Acerenza]].<ref name=PaoloDiaconoV7>{{cita|Paolo Diacono|V, 7}}.</ref> Il ''Chronicon'' di [[Romualdo Salernitano]] aggiunge che espugnò e rase al suolo anche [[Ordona|Ortona]], Ecana (odierna [[Troia (Italia)|Troia]]) e altre città della Puglia.<ref>{{cita|Romualdo Salernitano|p. 157}}.</ref> Le ricostruzioni moderne ritengono che l'esercito di Costante, valutabile tra i {{formatnum:10000}} e i {{formatnum:20000}} uomini, seguì la [[via Appia]] fino a [[Venosa]] per poi deviare sulla [[via Traiana]].<ref>{{cita|Cosentino|pp. 62-63}}.</ref>
Nello stesso anno il [[regno longobardo]] dovette fronteggiare un'ulteriore invasione, da parte dei Franchi di Neustria. Secondo alcune congetture la coincidenza temporale tra i due attacchi, quello bizantino da sud e quello franco da nord, non sarebbe casuale ma riconducibile a una presunta alleanza tra Costante II e i Franchi, volta a tenere impegnati i Longobardi su due fronti.<ref>{{cita|Ravegnani 2004|pp. 114-115}}.</ref> Altre ricostruzioni non fanno alcuna menzione alla presunta alleanza tra Franchi e Bizantini ma sostengono che i Franchi di Neustria avessero invaso la ''[[Langobardia Maior]]'' nel tentativo di ristabilire sul trono longobardo Pertarito, rifugiatosi presso di loro dopo essere stato spodestato.<ref>{{cita|Jarnut|p. 58}}.</ref>
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Fu così che Costante II cominciò l'assedio della città di [[Benevento]]. La principale fonte per l'assedio è la ''[[Historia Langobardorum]]'' di [[Paolo Diacono]]. Lo studioso Riccardo Maisano, sulla base delle «tracce evidenti di rielaborazioni orali e abbellimenti leggendari», esclude che Paolo Diacono abbia usato una fonte scritta anteriore per scrivere il resoconto dell'assedio.<ref>{{cita|Maisano|p. 149}}.</ref> Anche le altre fonti, tutte dipendenti da Paolo Diacono, presentano «tracce dell'influsso esercitato da leggende popolari longobarde».<ref name=Maisano148/> Tra queste vi è da menzionare la ''Vita Barbati episcopi Beneventani'', la cui parte agiografica relativa al contributo del futuro vescovo di Benevento al fallimento dell'assedio altro non è che «una fantasiosa e tardiva rielaborazione del materiale contenuto in alcuni inni in onore del Santo».<ref>{{cita|Maisano|p. 143}}.</ref>
Il duca di Benevento [[Romualdo I di Benevento|Romualdo]] non aveva forze sufficienti per fronteggiare l'aggressione bizantina e inviò il suo ''nutricius'' (precettore) Sesualdo dal padre [[Grimoaldo]], re dei [[Longobardi]], per chiedergli aiuto contro i Bizantini. Secondo il racconto di Paolo Diacono, il re Grimoaldo mosse prontamente con il suo esercito alla volta di Benevento non appena ricevuta la richiesta di soccorso del figlio,<ref name=PaoloDiaconoV7/> ma alcune ricostruzioni moderne ritengono che l'incursione dei Franchi fosse ancora in corso, per cui Grimoaldo dovette dare la priorità alla sconfitta degli invasori provenienti d'oltralpe al soccorso del figlio.<ref>{{cita|Ravegnani 2004|p. 114}}.</ref> Una volta sconfitti i Franchi nelle vicinanze di Asti,<ref>{{cita|Paolo Diacono|V, 5}}.</ref> il re affidò momentaneamente il governo della ''[[Langobardia Maior]]'' al duca del Friuli [[Lupo del Friuli|Lupo]] e marciò su Benevento.<ref>{{cita|Paolo Diacono|V, 17}}.</ref>
Lungo la via si verificarono numerose diserzioni da parte di coloro che «si restituirono alle proprie case dicendo che, siccome aveva spogliato il palazzo, perciò se n’andava a Benevento per non più ritornare» (''ad propria remearunt, dicentes, quia expoliasset palatium et iam non reversurus repeteret Beneventum'').<ref name=PaoloDiaconoV7/> Inoltre, non è da escludere che durante la marcia l'esercito di Grimoaldo fosse stato ostacolato dalle truppe esarcali, nel vano tentativo di sbarrargli il passo e impedirgli di soccorrere Benevento: un indizio in tal senso è un passo della ''Historia Langobardorum'' di Paolo Diacono in cui viene riferito che il re longobardo, al ritorno al nord dalle operazioni militari contro i Bizantini, condusse una spedizione punitiva su [[Forlimpopoli]], «i cittadini della quale, nel suo passaggio per Benevento, gli avevano recati non pochi travagli, ed avevano maltrattati più volte i messi di lui, che andavano e tornavano da quella città» (''cuius cives eidem adversa quaedam intulerant Beneventum proficiscenti missosque illius euntes et redeuntes a Benevento saepius laeserant'').<ref>{{cita|Paolo Diacono|V, 27}}.</ref><ref>{{cita|Ravegnani 2011|p. 78}}.</ref>
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Secondo la ''Vita Barbati episcopi Beneventani'', l'assedio durò a lungo e gli assediati, pur opponendo valida resistenza sotto la guida di Romualdo, erano ormai allo stremo delle forze. Il duca beneventano avrebbe allora arringato le truppe sostenendo che fosse preferibile morire in battaglia piuttosto che cadere vivi nelle mani dei Greci, e incoraggiandole a uscire all'unisono dalle porte della città per trovare una gloriosa morte in battaglia.<ref>{{cita|''Vita Barbati episcopi Beneventani''|5}}.</ref> Il futuro vescovo di Benevento, [[Barbato di Benevento|San Barbato]], sarebbe intervenuto in questo frangente, opponendosi alla decisione del re, e pronunciando un lungo sermone contro l'[[idolatria]]. Secondo la ''Vita Barbati episcopi Beneventani'', all'epoca dell'assedio i Longobardi di Benevento, nonostante fossero già formalmente cristiani, perseveravano nella pratica di alcuni culti idolatratici di origine pagana, e fu Barbato, sostenendo che l'assedio fosse da interpretare come punizione divina per il persistere del [[paganesimo]] in città, a convincere il duca Romualdo ad abbandonarli. Secondo l'agiografia di Barbato, grazie alla conversione definitiva dei Longobardi di Benevento da un arianesimo ancora profondamente paganeggiante al cattolicesimo, l'assedio fallì.
Paolo Diacono, invece, non menziona per niente il coinvolgimento di Barbato e attribuisce il fallimento ad altri motivi. Secondo la ''Historia Langobardorum'', Sesualdo, sulla via del ritorno, venne intercettato dai Bizantini, che vennero così a conoscenza della notizia dell'arrivo di Grimoaldo; intimorito da ciò Costante II, dopo essersi consultato con i suoi, decise di trattare con Romualdo per una tregua.<ref name=PaoloDiaconoV7/> La corretta successione cronologica degli eventi successivi è incerta. Il racconto incongruente di Paolo Diacono sostiene che Costante II firmò una pace con Romualdo ottenendo come ostaggio la sorella del duca, Gisa, e che fece poi condurre Sesualdo sotto le mura della città, dopo avergli ordinato, pena la morte, di mentire al proprio duca dicendogli che Grimoaldo non sarebbe arrivato con i rinforzi; Sesualdo però disubbidì all'ordine bizantino e riferì la verità a Romualdo:
{{Citazione|Sta saldo e pieno di fiducia, o signore mio Romoaldo, e non essere angustiato, perché tuo padre sarà presto qui a darti aiuto: devi sapere, infatti, che questa notte egli sosta presso il fiume Sangro con un forte esercito. Ti prego solo di avere misericordia per mia moglie e i miei figli, perché questa perfida gente non mi lascerà in vita|lingua=la|Paolo Diacono, ''Historia Langobardorum'', Libro V, Capitolo 7|"Constans esto, domine Romuald, et habens fiduciam noli turbari, quia tuus genitor citius tibi auxilium praebiturus aderit. Nam scias, eum hac nocte iuxta Sangrum fluvium cum valido exercitu manere. Tantum obsecro, ut misericordiam exhibeas cum mea uxore et filiis, quia gens ista perfida me vivere non sinebit".}}
Sesualdo pagò ciò con la morte: per ordine di Costante II venne decapitato e la sua testa catapultata in città da una [[petriera]]. Il racconto di Paolo Diacono presenta, tuttavia, evidenti incongruenze. Secondo [[Ludovico Antonio Muratori]]:
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[[Categoria:Battaglie che coinvolgono l'Impero bizantino]]
[[Categoria:Guerra nel 663]]
[[Categoria:Storia di Benevento]]
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