Piero Martinetti: differenze tra le versioni
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=== Studi ===
Dopo aver frequentato il [[Liceo classico Carlo Botta]] di [[Ivrea]], si iscrisse all'[[Università degli Studi di Torino]], dove ebbe come insegnanti [[Giuseppe Allievo]], [[Romualdo Bobba]], [[Pasquale D'Ercole]]<ref>«Ebbe molta influenza sulla scelta che Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di Filosofia, fu suo professore, ma non un Maestro. [...] Scrisse di lui Martinetti: "Era un uomo; quando andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, mi disse di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non c'è nulla. Le mie idee erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su tutti gli altri punti. Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue convinzioni"»: {{cita|Paviolo 2003|p. 121}}.</ref>, [[Giovanni Flechia]]<ref>«che morì proprio durante l'iter scolastico di Martinetti ma che ebbe con lui, forse per la comune origine canavesana, un particolare rapporto»: {{cita|Paviolo 2003|p. 20}}.</ref> e [[Arturo Graf]]<ref>«Di una reale affinità tra Martinetti e i suoi maestri torinesi si può parlare forse solo in un caso: quello di Arturo Graf, del cui dualismo e pessimismo si può trovare qualche traccia nel pensiero del Nostro e alla cui poesia, piena di dolente (e a tratti cupa) riflessività filosofica, Martinetti tornerà anche negli anni maturi, come a una sorgente di ispirazione e conforto spirituale. Più documentata è l'influenza sul giovane Martinetti di un'altra singolare figura di poeta-filosofo: quel [[Pietro Ceretti]] da Intra (noto anche con lo pseudonimo poetico di Alessandro Goreni e con quello di Theophilo Eleuthero), alla cui postuma riscoperta si adoperarono intensamente Pasquale D'Ercole e Vittore Alemanni, nell'ultimo decennio del secolo scorso e ai primi del nostro»: {{cita|Vigorelli 1998|pp. 46-47}}.</ref>. Si laureò in filosofia nel [[1893]] all'età di 21 anni<ref>«Nel breve verbale relativo all'esame di laurea (qui il laureando è indicato come Pietro Martinetti) si dice semplicemente che "il Candidato ha sostenuto durante quaranta minuti innanzi alla commissione la disputa prescritta, sopra la dissertazione da lui presentata e sopra le tesi annesse alla medesima; e ha sostenuto anche la prova pratica assegnatagli dalla Commissione"»: {{cita|Paviolo 2003|p. 20}}.</ref>, con una tesi su "''Il Sistema [[Sāṃkhya]] Studio sulla [[filosofia indiana]]"''<ref>La tesi ottenne la votazione di 99/110: «Il lavoro di tesi non ebbe, come noto, il riconoscimento che meritava - anche a motivo di certe resistenze accademiche nel settore filologico della Università di Torino - e forse per questo il giovane studioso sentì il bisogno di attingere direttamente alle fonti dell'erudizione tedesca, fuori dal chiuso ambiente provinciale. Del resto l'intento di Martinetti era più filosofico che filologico, e la prima suggestione a interessarsi del Samkhya poté venirgli, piuttosto che dalle lezioni di Flechia, dalla conversazione con Pasquale D'Ercole, docente di Filosofia teoretica [...] Proprio del Samkhya D'Ercole si era interessato alcuni anni
Dopo la laurea Martinetti si recò, per due semestri, presso l'[[Università di Lipsia]]<ref>"Ma è antefatto significativo, giacché lascia intravedere ancora una volta, questa volta sotto il rispetto particolare dei primi contatti di Martinetti coi testi di A. Spir, l'importanza della permanenza a [[Lipsia]] (1894-1895) nella formazione filosofica di Martinetti. Nella Lipsia conosciuta da Martinetti sopravviveva [[Moritz Wilhelm Drobisch|Drobitsch]], l'antico maestro [[Johann Friedrich Herbart|herbartiano]] di Spir e dalla Lipsia di Martinetti si diffondevano le edizioni di A. Spir entro il moto allora nascente in Germania dell'interesse per la filosofia sua." Franco Alessio, introduzione a Piero Martinetti, ''Il pensiero di Africano Spir'', Torino, Albert Meynier, 1990, p. IV-V.</ref>, dove poté venire a conoscenza del fondamentale studio di Richard Garbe sulla filosofia [[Sāṃkhya]] da poco pubblicato<ref>Richard Garbe, ''Die Samkhya-Philosophie, eine Darstellung des indischen Rationalismus nach der Quellen'', Leipzig, H. Haessel, 1894.</ref>. Si può dunque "ipotizzare che tra gli scopi del viaggio vi fosse anzitutto quello di approfondire gli studi indianistici, iniziati a Torino con Giovanni Flechia e Pasquale D'Ercole."<ref>{{cita|Vigorelli 1998|p. 32, nota 4}}.</ref><ref>La passione - oltre alla profonda conoscenza - per la cultura indiana, emerge con tutta evidenza nella "Nota introduttiva" al celebre romanzo di [[Hermann Hesse|H. Hesse]] ''[[Siddharta (romanzo)|Siddharta]]'', firmata inizialmente da [[Massimo Mila|M. Mila]], ma da quest'ultimo attribuita, a partire dall'edizione [[Adelphi]] del 1981, in massima parte ai suggerimenti di P. Martinetti, pervenutigli per il tramite di un suo allievo. {{Cita web|titolo=Massimo Mila da Siddarta a Siddhartha – tradurre|autore=Franca Ortu|url= https://rivistatradurre.it/massimo-mila-da-siddharta-a-siddhartha/|accesso=16 aprile 2024}}</ref>
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=== Il ritiro ===
In seguito a questo suo rifiuto, Martinetti venne messo in pensione d'autorità<ref>«Ella già saprà certamente che io, in seguito all'affare del negato giuramento, sono stato collocato a riposo. Non appartengo quindi più all'Università di Milano e non posso più esserle utile che indirettamente»: Lettera n. 116, Piero Martinetti a [[Carlo Emilio Gadda]], 17 marzo 1932, in: {{cita|Lettere 2011|p. 114}}.</ref>, e dal [[1932]] fino alla morte si dedicò unicamente agli studi personali di filosofia<ref>«del resto io sono perfettamente sereno come chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi sarà discaro poter d'ora innanzi applicare tutto il mio tempo ai miei studi, cioè agli studi veramente miei, fatti per mè, per la mia personalità e la mia vita»: Lettera n. 110, Piero Martinetti a [[Vittorio Enzo Alfieri]], 4 gennaio 1932, in: {{cita|Lettere 2011|p. 109}}.</ref>, ritirandosi nella villa di [[Spineto (Castellamonte)|Spineto]], frazione di [[Castellamonte]], vicino al suo paese di nascita.<ref>Sulla cui porta fece mettere un'indicazione che diceva: "Piero Martinetti - agricoltore": {{cita|Paviolo 2003|p. 68}}.</ref> In questo lasso di tempo tradusse i suoi classici preferiti ([[Immanuel Kant|Kant]], [[Arthur Schopenhauer|Schopenhauer]]), studiò approfonditamente [[Baruch Spinoza|Spinoza]] e ultimò la trilogia (iniziata con la ''Introduzione alla [[metafisica]]'' e continuata nel 1928 con ''La libertà'') scrivendo ''Gesù Cristo e il Cristianesimo'' (1934); ''Il Vangelo'' è del 1936; ''Ragione e fede'' venne completato nel 1942. Martinetti propose come suoi successori [[Adelchi Baratono]] per l'insegnamento della filosofia e [[Antonio Banfi]] per l'insegnamento della [[Storia della filosofia occidentale|Storia della Filosofia]] all'[[Università degli Studi di Milano]]<ref>«Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi. In questo senso ho scritto, "richiesto da Castiglioni stesso", che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la St.[oria] d.[ella] F.[ilosofia]»: Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi Baratono, 21 dicembre 1931, in: {{cita|Lettere 2011|pp. 107-108}}.</ref>.
===L'antifascismo di Martinetti===
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