Giotto: differenze tra le versioni

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=== Origini ===
[[File:GiottoPierre2.jpg|miniatura|sinistra|Targa sulla casa natale di Giotto a Vespignano]]
Giotto nacqueNacque a Colle di Vespignano, un borgo situato nella valle del [[Mugello]] (oggi una [[Frazione (geografia)|frazione]] del [[Città metropolitana di Firenze|comune fiorentino]] chiamato [[Vicchio]]), con ogni probabilità nel [[1267]],<ref>Pur non essendoci pervenuta una qualche forma di documentazione che ne attesti inequivocabilmente la data di nascita, l'anno è nondimeno desumibile da una verseggiatura del poeta [[Antonio Pucci (poeta)|Antonio Pucci]] sulla ''Cronica'' di [[Giovanni Villani]], da ritenersi a parer degli esperti piuttosto attendibile. Un'ipotesi alternativa, per quanto abbastanza minoritaria tra gli studiosi, ne colloca i natali nel [[1276]], assecondando la cronologia che, nella seconda metà del [[XVI secolo]], offrì il [[Vasari]] nella sua biografia dedicata all'artista, la quale però sarebbe da ritenere inattendibile qualora si dia per assodato il fatto che Giotto era almeno ventenne attorno al [[1290]], quando dipinse le sue prime opere.</ref> in una famiglia di piccoli possidenti terrieri (Bondone era appunto il padre)<ref>{{cita web|url=http://www.storiadellarte.com/biografie/giotto/vitagiotto.htm|titolo=Giotto|accesso=23 febbraio 2016}}</ref> che, come tante altre famiglie toscane del secolo, si trasferì solo in seguito a [[Firenze]]. Secondo la tradizione letteraria, finora non confermata dai documenti, Giotto era stato affidato dai genitori alla bottega di [[Cimabue]]. Il suo nome era forse un [[ipocoristico]] di [[Ambrogio]] (da Ambrogiotto), o [[Angelo (nome)|Angelo]] (Angiolotto), [[Paride (nome)|Parisio]] (Parigiotto),<ref name=B139>{{cita|Brandi|p. 139}}.</ref> [[Ruggero (nome)|Ruggero]] (Ruggerotto),<ref>{{cita|Brandi|p. 309}}.</ref> o ancora da [[Biagio]] (Biagiotto),<ref>{{cita|Brandi|p. 139|citazione=A cui si è aggiunta la proposta di Gioseffi che fosse Biagio, in seguito a un documento di Santa Maria del Fiore, in cui si parla di un ''Blaxio Angeli, vocato Giotto''}}.</ref> senza escludere l'ipotesi che [[Giotto (nome)|Giotto]] possa essere stato un nome autonomo.<ref name=B139/>
 
I primi anni del pittore sono stati oggetto di credenze quasi leggendarie fin da quando egli era in vita. [[Giorgio Vasari]] racconta che Giotto fosse capace di disegnare una perfetta circonferenza senza bisogno del compasso, la famosa "O" di Giotto. Si narra inoltre che [[Cimabue]] avesse scoperto la bravura di Giotto mentre disegnava delle pecore con del carbone su un sasso, aneddoto riportato da [[Lorenzo Ghiberti]] e da [[Giorgio Vasari]]. Altrettanto leggendario è l'episodio di uno scherzo fatto da Giotto a Cimabue dipingendo su una tavola una mosca: essa sarebbe stata così realistica che Cimabue tornando a lavorare sulla tavola avrebbe cercato di scacciarla. Le novelle raccontano verosimilmente soprattutto la grande capacità tecnica e la naturalezza dell'arte di Giotto.
 
Giotto si sposò verso il [[1287]] con Ciuta (Ricevuta) di Lapo del Pela. La coppia ebbe quattro figlie e quattro figli, dei quali uno, Francesco, divenne a sua volta pittore. Giotto s'adoperò perché un altro dei suoi figli, di nome anch'egli Francesco, divenisse priore della chiesa di San Martino a Vespignano, oltre che suo procuratore in [[Mugello]], dove allargò le proprietà terriere della famiglia. Dette poi in sposa ben tre delle sue figlie a uomini nei dintorni del Colle Mugellano, segno inequivocabile di una sua fortissima "mugellanità" e dei profondi legami mantenuti dal pittore per tutta la vita col suo territorio d'origine. Recenti studi indicano come una dalle sue prime opere sia il frammento della [[Madonna di Borgo San Lorenzo|Madonna]] conservato proprio in Mugello nella Pieve di [[Borgo San Lorenzo]], databile intorno al 1290. La prima volta che Giotto venne ufficialmente nominato è in un documento recante la data 1309, nel quale si registra che Palmerino di Guido restituisce ad [[1290Assisi]] un prestito a nome suo e del pittore.
La prima volta che Giotto venne ufficialmente nominato è in un documento recante la data [[1309]], nel quale si registra che Palmerino di Guido restituisce ad [[Assisi]] un prestito a nome suo e del pittore.
 
Giotto aveva aperto una bottega dove era circondato da alunni; si occupava soprattutto di progettare le opere e di impostare le composizioni più importanti mentre agli alunni lasciava quelle secondarie.
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=== La ''Madonna di San Giorgio alla Costa'' ===
{{vedi anche|Madonna di San Giorgio alla Costa}}
Secondo altri studiosi la prima tavola dipinta indipendentemente da Giotto in ordine cronologico è invece la ''[[Madonna di San Giorgio alla Costa|Madonna col Bambino]]'' di [[chiesa di San Giorgio alla Costa|San Giorgio alla Costa]] ([[Firenze]], oggi al [[Museo diocesano di Santo Stefano al Ponte]]), che potrebbe essere anteriore agli affreschi di Assisi. Per altri, invece, si tratterebbe di un'opera successiva al cantiere di Assisi ede anche al ''[[Crocifisso di Santa Maria Novella]]''.
 
Tornando alla ''Madonna di San Giorgio'', l'opera mostra una solida resa della volumetria dei personaggi le cui attitudini sono più naturali che in passato. Il trono è inserito in una prospettiva centrale, formando quasi una "nicchia" architettonica, che suggerisce il senso della profondità.
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[[File:Maestro d'Isacco, assisi.jpg|min|[[Maestro d'Isacco]], ''[[Esaù respinto da Isacco]]'']]
 
La [[Basilica di San Francesco]] era stata completata nel [[1253]] quale sede centrale dell'ordine e luogo di sepoltura del [[san Francesco d'Assisi|fondatore]]. L'inizio preciso dei lavori di decorazione ad affresco delle pareti interne rimane a tutt'oggi un mistero, a causa della distruzione degli antichi archivi avvenuta nel [[XIX secolo]]; ada ogni modo si può ragionevolmente ipotizzare che risalga a poco dopo la metà del [[XIII secolo]] nel caso della [[Basilica inferiore]] e agli anni [[1288]]-[[1292]] nel caso della [[Basilica superiore]].
 
È ancora molto dibattuto se Giotto sia intervenuto o meno per la decorazione a fresco della [[Basilica superiore]]. Molti studiosi ritengono certo l'intervento di Giotto dalle ''Storie di Isacco'' fino a quasi tutto il ciclo della ''Vita di san Francesco''. A tal proposito si sono espressi favorevolmente [[Luciano Bellosi]] (1985), [[Miklós Boskovits]] (2000), [[Angelo Tartuferi]] (2004) e [[Serena Romano]] (2008). Di diverso avviso sono altri studiosi che ritengono molto più probabile l'intervento di un pittore di scuola romana, come ad esempio [[Pietro Cavallini]]. In tal senso si sono espressi Richard Offner (1939), Millard Meiss (1960), Alastair Smart (1971), [[Federico Zeri]] (1997) e [[Bruno Zanardi]] (1997).
 
Secondo la prima corrente di pensiero, Giotto avrebbe coordinato, in un arco di tempo di circa due anni compreso tra il 1290 e 1292 circa, un complesso stuolo di artisti che avrebbero dato impronte diverse al ciclo pur sotto una visione unitaria. Giotto si sarebbe allontanato dal cantiere assisiate prima di dipingere la prima e le ultime tre scene del ciclo (le ultime quattro ada essere state dipinte) che sarebbero attribuibili al [[Maestro di Santa Cecilia]].
 
Secondo la seconda ipotesi, invece, l'entrata in scena di Giotto sarebbe da rinviare al [[1297]] circa, quando vennero realizzati parte degli affreschi della [[Cappella di San Nicola (Assisi)|Cappella di San Nicola]] nella [[Basilica inferiore]], con l{{'}}''Annunciazione'' sulla parete d'ingresso e le due scene dei ''Miracoli post mortem di San Francesco'' e della ''Morte e Resurrezione del Fanciullo di Suessa'', che mostrerebbero evidenti affinità tecniche ed esecutive con la [[Cappella degli Scrovegni]] e si differenzierebbero dal ciclo francescano.
 
==== Le ''Storie di Isacco'' ====
I primi affreschi nella [[Basilica superiore di San Francesco d'Assisi|ChiesaBasilica Superioresuperiore]] vennero realizzati nel transetto da [[Maestro Oltremontano|pittori oltremontani]] e poi dalla bottega di [[Cimabue]], dove probabilmente doveva trovarsi anche il giovane Giotto (1288-1292 circa). L'intervento diretto di Giotto è stato insistentemente ravvisato da molti studiosi in due scene nella parte alta della navata destra con le ''Storie di Isacco'' (''[[Benedizione di Isacco a Giacobbe]]'' eed ''[[Esaù respinto da Isacco]]'' che si trovano nella terza [[campata]] all'altezza della finestra). Il pittore di queste due scene aveva una particolare predisposizione alla resa volumetrica dei corpi, tramite un accentuato chiaroscuro, ed era capace di ambientare le proprie scene in un ambiente architettonico fittizio, disegnato secondo una [[prospettiva]] ede uno [[scorcio]] laterale.<ref>Studi matematico-prospettici erano tra le attività speculative che [[Witelo]], scienziato presente a Viterbo, alla corte pontificia dopo la metà del XIII secolo, aveva appreso dalla scienza araba.</ref> Diversa è anche la tecnica usata: per la prima volta si usò l'[[affresco]] ''a giornate'', anziché ''a pontate''.
 
==== Le ''Storie di san Francesco'' ====
{{vedi anche|Storie di san Francesco}}
[[File:Giotto - Legend of St Francis - -04- - Miracle of the Crucifix.jpg|min|sinistra|''[[Preghiera in San Damiano]]'']]
Secondo la teoria della paternità di Giotto di questi affreschi, Giotto avrebbe affrescato la fascia inferiore della navata con le ventotto ''Storie di san Francesco'' segnando una svolta nella pittura occidentale. Il ciclo francescano illustra puntualmente il testo della ''Legenda'' compilata da [[san Bonaventura]] e da lui dichiarata unico testo ufficiale di riferimento per la biografia francescana. Sotto ada ogni scena compare una didascalia descrittiva tratta dai diversi capitoli della ''Legenda'' via via illustrati.
 
Questo ciclo è da molti considerato l'inizio della modernità e del ''dipingere latino''. La tradizione iconografica sacra, infatti, poggiava sulla tradizione pittorica bizantina e quindi su un repertorio iconografico codificato nei secoli; il soggetto attuale (un santo moderno) e un repertorio di episodi straordinari (solo per fare un esempio: nessuno mai, prima di [[san Francesco]], aveva ricevuto le [[stigmate]]) fecero sì che il pittore negli affreschi dovesse creare ''ex novo'' modelli e figure, attingendo solo in parte ai modelli di pittori che si erano già cimentati in episodi francescani su tavola (come [[Bonaventura Berlinghieri]] o il [[Maestro del San Francesco Bardi]]). Accanto a ciò va registrato il nuovo corso degli studi biblici (portati avanti proprio dai teologi [[Ordine francescano|francescani]] e [[domenicani]]) che prediligeva la lettura dei testi nel loro senso letterale (senza troppi [[simbolo|simbolismi]] e rimandi [[allegorici]]) desiderando condurre il fedele ada un incontro il più possibile vivo ede immedesimativo con il testo sacro. Ciò favorì la scelta di rappresentazioni in abiti moderni e che sottolineassero l'espressione del vissuto.
 
=== La ''Croce di Santa Maria Novella'' ===
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[[File:Giotto. the-crucifix-1290-1300 Florence, Santa Maria Novella.jpg|min|''[[Crocifisso di Santa Maria Novella]]'' (1290-1300)]]
 
Il primo capolavoro fiorentino è il grande ''[[Crocifisso di Santa Maria Novella]]'', citato come opera giottesca in un documento del [[1312]] da tale Ricuccio di Puccio del Mugnaio e anche da [[Lorenzo Ghiberti|Ghiberti]], ma probabilmente databile attorno al [[1290]] contemporaneo, quindi, alle ''Storie di San Francesco'' della [[Basilica superiore di San Francesco d'Assisi|Basilica superiore]].<ref>Da segnalare che comunque per la critica di matrice anglosassone, l'opera non apparterrebbe a Giotto, ma ad unaa un'anonima figura che Offner denominò "Santa Maria Novella Master" (R. Offner, ''Giotto non-Giotto'', 1939).</ref>
 
È il primo soggetto che Giotto affronta in maniera rivoluzionaria, in contrasto con l'iconografia ormai canonizzata da [[Giunta Pisano]] del ''Christus patiens'' inarcato sinuosamente a sinistra (per l'osservatore). Giotto invece dipinse il corpo morto in maniera verticale, con le gambe piegate che ne fanno intuire tutto il peso. La forma non più nobilitata dai consueti stilemi divenne così assolutamente umana e popolare.
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=== Primo viaggio a Roma ===
Fino al [[1300]] c'è un vuoto di alcuni anni nella produzione di Giotto. [[Ferdinando Leopoldo Del Migliore]] menziona nel [[XVII secolo]] che Giotto lavorò a [[Roma]] ai tempi di [[Papapapa Bonifacio VIII]], pontefice dal [[1295]] al [[1303]]. Il ''Liber Benefactorum'' della [[Basilica di San Pietro in Vaticano]], una fonte pressoché contemporanea del tempo, attesta che Giotto compose il mosaico della ''Navicella'', opera più volte spostata e restaurata ede oggi collocata nel portico della Basilica. Anche se la fonte non cita la data, la somiglianza di stile del mosaico della ''Navicella'' con i due tondi con busti di angeli conservati oggi nelle [[Grotte Vaticane]] e in [[Chiesa di San Pietro Ispano|San Pietro Ispano]] a [[Boville Ernica]] permette di datare l'opera a fine Duecento, sia perché i due tondi hanno le caratteristiche della scuola romana di fine Duecento, sia perché la fonte del Torrigio ([[1618]]) colloca i tondi al [[1298]].
 
Quindi può darsi che Giotto abbia lavorato a [[Roma]] fino al [[1300]] circa, anno del Giubileo, esperienza della quale non rimangono altre tracce significative e per questo non è possibile ancora giudicare la sua influenza sui pittori romani o, al contrario, quanto il suo stile venne influenzato dalla [[Scuola romana di pittura|scuola romana]].
 
=== Rientro a Firenze ===
Da documenti catastali del [[1301]] e [[1304]] si conoscono le sue proprietà in [[Firenze]], che erano cospicue e per questo si ipotizza che, all'incirca verso i trent'anni, Giotto fosse già a capo di una bottega capace di ovviare alle più prestigiose commissioni del tempo.
 
In questo periodo dipinse il ''[[Polittico di Badia]]'' ([[Galleria degli Uffizi]]) e, in virtù della fama diffusa in tutta l'Italia, venne chiamato a lavorare a [[Rimini]] e [[Padova]].
 
=== Rimini ===
[[File:Giotto di Bondone 084.jpg|min|verticale|sinistra|Il [[crocifisso di Rimini]].]]
 
L'attività riminese del maestro fiorentino dovrebbe attestarsi intorno al [[1299]]; ciò è suggerito da una miniatura di [[Neri da Rimini]] conservata alla [[Fondazione Cini]] di [[Venezia]] (inv. 2030), firmata e datata [[1300]], che nella figura del ''Cristo Benedicente'' mostra una evidentissima similitudine col Redentore raffigurato nella Cimasa originale della croce (ritrovata da [[Federico Zeri]] nel [[1957]] nella collezione Jeckyll di [[Londra]] - non si hanno notizie dei terminali laterali raffiguranti i dolenti). Essa viene ricordata in fonti scritte contemporanee ed è testimoniata dalla precoce fioritura di una scuola riminese, chiaramente ispirata all'esempio giottesco.<ref>{{Cita libro |autore=Luciano Bellosi |titolo=Giotto |città=Milano |editore=Scala |anno=2004 |collana=I Grandi maestri dell'Arte |isbn=978-88-8117-007-4}}</ref>
 
A [[Rimini]], come ad Assisi, lavorò in un contesto [[Ordine francescano|francescano]], nella chiesa già di san Francesco, oggi nota come [[Tempio Malatestiano]], dove dipinse un ciclo di affreschi perduto, mentre resta ancora nell'abside la ''[[Crocifisso di Rimini|Croce]]''.
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L'autografia della Croce è attualmente condivisa da tutti gli studiosi.
 
In miglior stato di conservazione rispetto al precedente crocifisso di [[Santa Maria Novella]], è già orientato verso le interpretazioni più mature di Giotto, ma ancora vicino ada opere come il Polittico della Badia, oggi agli [[Galleria degli Uffizi|Uffizi]] e ritrovato nel [[Convento di Santa Croce (Firenze)|convento di Santa Croce]] a [[Firenze]].
 
Il soggiorno di Rimini è importante soprattutto per l'influenza esercitata sulla locale scuola pittorica e [[miniatoria]] detta appunto [[scuola riminese]], che ebbe tra i maggiori esponenti [[Giovanni da Rimini|Giovanni]], [[Giuliano da Rimini|Giuliano]] e [[Pietro da Rimini]].
 
=== Padova ===
La documentazione relativa alla costruzione e consacrazione della [[Cappella degli Scrovegni]] a Padova, interamente affrescata da Giotto, permettono di stabilire con certezza che Giotto fu a Padova tra il [[1303]] e il [[1305]]. Per la loro importanza e influenza nella pittura murale del tempo, questi affreschi nel 2021 sono stati dichiarati [[Patrimonio UNESCO]] come parte di ''Padova Urbs Picta'', ovvero dei [[Cicli di affreschi del XIV secolo a Padova]].<ref>{{cita web|url=https://www.padovaurbspicta.org/|titolo=“Padova Urbs Picta”|accesso=15 agosto 2021}}</ref>
 
Del soggiorno padovano sono perduti gli affreschi del [[Palazzo della Ragione (Padova)|Palazzo della Ragione]] e gran parte degli affreschi della [[Basilica di Sant'Antonio di Padova|Basilica di Sant'Antonio]]. Di quest'ultimi rimangono solo alcuni busti di sante nella Cappella delle Benedizioni e alcune scene nella Sala Capitolare (''Stigmate di San Francesco'', ''Martirio di Francescani a Ceuta'', ''Crocifissione'' e ''Teste di Profeti'').
 
Gli affreschi perduti del [[Palazzo della Ragione (Padova)|Palazzo della Ragione]], commissionati molto probabilmente da [[Pietro d'Abano]], sono citati in un libello del [[1340]], la ''Visio Aegidii Regis Patavi'' del notaio Giovanni da Nono, che li descrive con toni entusiastici, testimoniando che il soggetto astrologico del ciclo era tratto da un testo molto diffuso nel [[XIV secolo]], il ''Lucidator'', che spiegava i temperamenti umani in funzione degli influssi degli astri. Padova era al tempo un centro universitario culturalmente molto fervido, luogo d'incontro e di confronto tra umanisti e scienziati e Giotto è partecipe di questa atmosfera.<ref>{{Treccani|giotto_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/|accesso=15 agosto 2021}}</ref>
 
Anche i pittori dell'Italia del nordNord subirono l'influenza di Giotto: [[Guariento di Arpo]], [[Giusto de' Menabuoi]], [[Jacopo Avanzi]] e [[Altichiero]] fusero infatti il suo linguaggio plastico e naturalistico con le tradizioni locali.
 
==== Cappella degli Scrovegni ====
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Resta invece intatto il ciclo di affreschi con ''Storie di Anna e Gioacchino, di Maria'', ''di Gesù'', ''Allegorie dei Vizi e delle Virtù'' e ''Il [[Giudizio universale (Giotto)|Giudizio Universale]]'' della [[Cappella di Enrico Scrovegni]], dipinta tra il 1303 e il 1305. L'intero ciclo è considerato un capolavoro assoluto della storia della pittura e, soprattutto, il metro di paragone per tutte le opere di dubbia attribuzione giottesca, visto che sull'autografia del maestro fiorentino in questo ciclo non ci sono dubbi.
 
Enrico Scrovegni, ricchissimo banchiere di Padova, acquistò il terreno dell'antica arena romana di Padova il 6 febbraio [[1300]] e verosimilmente nel [[1301]] cominciò la costruzione di un sontuoso Palazzo, di cui la cappella era l'oratorio privato, destinato un giorno ad accogliere la tomba sua e di sua moglie. La cappella ebbe una prima consacrazione il 25 marzo 1303. Nel 1304 papa Benedetto XI promulgava un'indulgenza in favore di coloro che avessero visitato la Cappella. L'edificio, completato, fu consacrato il 25 marzo 1305.
 
Giotto dipinse l'intera superficie con un progetto iconografico e decorativo unitario, ispirato da un teologo [[Ordine di Sant'Agostino|agostiniano]] di raffinata competenza, recentemente identificato da [[Giuliano Pisani]] in [[Alberto da Padova]]. Tra le fonti utilizzate ci sono molti testi agostiniani, tra cui il ''De doctrina Christiana'', il ''De libero arbitrio'', il ''De quantitate animae'', il ''De Genesi contra Manicheos'', ecc., i Vangeli apocrifi dello [[Vangelo dello pseudo-Matteo]] e di [[Vangelo di Nicodemo]], la ''[[Legenda Aurea]]'' di [[Jacopo da Varazze]] e, per piccoli dettagli iconografici, le ''Meditazioni sulla vita di Gesù'' dello [[Pseudo-Bonaventura]]. Ma anche testi della tradizione medievale cristiana, tra cui ''[[Il Fisiologo]]''. Giotto dipinse, dividendolo in 40 scene, un ciclo incentrato sul tema della Salvezza.
 
[[File:Compianto sul Cristo morto.jpg|sinistra|min|''[[Compianto sul Cristo morto (Giotto)|Compianto sul Cristo morto]]'']]
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===== Stile degli affreschi =====
 
Nella cappella, la pittura di Giotto dimostrò una piena maturità espressiva. La composizione rispettava il principio del rapporto organico tra architettura e pittura ottenendo il risultato di un complesso unitario. I riquadri sono tutti d'identica dimensione. I partimenti decorativi, le architetture simulate ede i due finti coretti prospettici che simulano un'apertura sulla parete, sono tutti elementi che obbediscono ada una visione unitaria, non solo prospettica ma anche cromatica; domina infatti il blu intensissimo della volta che si ripete in ogni scena.
 
Gli ambienti naturali e le architetture sono costruite come vere e proprie scatole prospettiche in prospettiva intuitiva, che a volte vengono ripetute per non contraddire il rispetto dell'unità di luogo, come la casa di Anna o il Tempio, la cui architettura è ripetuta identica anche se ripresa da diverse angolature.
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Ci sono numerose citazioni dall'arte classica e dalla [[Gotico|scultura gotica]] francese, incentivata dal confronto con le statue sull'altare di [[Giovanni Pisano]], ma, soprattutto, una maggiore espressività negli sguardi intensi dei personaggi e nella loro gestualità.
 
Molte sono le notazioni narrative ede i particolari, anche minori, di grande suggestione, gli oggetti, gli arredi, le vesti che rispecchiano l'uso, la moda del tempo. Alcuni personaggi sono veri e propri ritratti a volte caricaturali che danno il senso della trasposizione cronachistica della vita reale nella rappresentazione sacra. Si può quindi dire che Giotto ha attuato una ''riscoperta del vero'' (il vero dei sentimenti, delle passioni, della fisionomia umana, della luce e dei colori) ''nella certezza di uno spazio misurabile''.
 
==== La Croce di Padova ====
Nel [[Museo civico di Padova]] è conservata una [[crocifisso di Padova|Croce dipinta]] risalente agli stessi anni ([[1303]]-[[1305]]), proveniente dall'altare della Cappella degli Scrovegni, raffinatissima per la ricchezza decorativa dei colori smaltati e per l'andamento sagomato del supporto dal disegno gotico, oltre che per il realismo nella figura del Cristo e nell'atteggiamento sofferente di Maria e di [[Giovanni apostolo ed evangelista|San Giovanni]] nei tabelloni laterali.
 
=== La Basilica inferiore di Assisi ===
[[File:Parente di giotto, sposalizio di san francesco con la povertà, 1316-1318, volta nella basilica inferiore di assisi.jpg|min|verticale|sinistra|''Sposalizio di San Francesco con la Povertà'', 1316-1318, volta nella Basilica inferiore di Assisi, attribuito al "[[Parente di Giotto]]", su disegno del maestro]]
 
Tra il [[1306]] ede il [[1311]] fu di nuovo ad Assisi per eseguire gli affreschi della zona del transetto della [[Basilica inferiore]] che comprendono: le ''[[Storie dell'infanzia di Cristo]]'', le ''[[Allegorie francescane]]'' sulle vele, e la ''[[Cappella della Maddalena]]''. In realtà la mano del maestro è quasi assente e per le numerose commissioni lasciò la stesura a personalità della sua cerchia.
 
La commissione fu del Vescovovescovo [[Teobaldo Pontano]] in carica dal [[1296]] al [[1329]], e il lavoro si protrasse per molti anni coinvolgendo numerosi aiuti: [[Parente di Giotto]], [[Maestro delle Vele]] e [[Palmerino di Guido]] (quest'ultimo citato assieme al maestro in un documento del [[1309]] in cui s'impegna a pagare un debito). La storia è tratta dalla ''[[Legenda Aurea]]'' di [[Jacopo da Varazze]]; per la [[Maria Maddalena|Maddalena]] i [[Ordine francescano|Francescanifrancescani]] avevano un culto particolare. Giotto trasportò ad Assisi i progressi fatti a Padova, nelle soluzioni scenografiche e nella spazialità, nella tecnica e, soprattutto, nella qualità dei colori chiari e caldi.
 
Le ''[[Allegorie francescane]]'' occupano le vele della volta del transetto: ''Povertà, Castità, Obbedienza'', la ''Gloria di San Francesco'' e le scene del ciclo della ''Vita di Cristo'' sono disposte lungo le pareti e le volte del transetto destro. La vivacità delle scene, le soluzioni scenografiche e spaziali di ampio respiro ede alcune citazioni dirette del ciclo padovano hanno messo d'accordo studiosi e critici sull'appartenenza del progetto generale degli affreschi a Giotto, ma la realizzazione pittorica fu delegata ai membri della bottega.
 
=== Di nuovo a Firenze ===
Nel [[1311]] era già tornato a Firenze, ci sono anche documenti del [[1314]] relativi alle sue attività economiche extra pittoriche.
 
La presenza a Firenze è sicuramente documentata negli anni 1314, 1318, 1320, 1325, 1326 e 1327. Nel 1327, in particolare, si iscrisse all'[[Arte dei Medici e Speziali (Firenze)|Arte dei Medici e Speziali]] che, per la prima volta, accoglieva i pittori.
 
=== Prato ===
La ''pulcra tabula'' che Riccuccio del fu Puccio, facoltoso fiorentino abitante nel popolo di [[Santa Maria Novella]], aveva già commissionato a Giotto di Bondone per la [[Chiesa di San Domenico (Prato)|chiesa di San Domenico]] a [[Prato (Italia)|Prato]] nel giugno del [[1312]], pone ineluttabilmente l’orgogliosal'orgogliosa città toscana e le sue vicende artistiche nel corso del Trecento sotto il segno della pittura fiorentina, in misura ancora maggiore rispetto al mero dato della vicinanza geografica del capoluogo. Si ricorda che l'opera fu distrutta forse nell'incendio della grande chiesa pratese del 12 settembre 1647<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Angelo Tartuferi|titolo=Per il Maestro di Mezzana e alcuni appunti sulla pittura del Trecento a Prato|pubblicazione=Studi di Storia dell'Arte|numero=27|anno=2017|p=65|url=https://www.academia.edu/32865110/Per_il_Maestro_di_Mezzana_e_alcuni_appunti_sulla_pittura_del_Trecento_a_Prato_in_Studi_di_Storia_dellArte_n_27_2017_pp_65_82|via=''academia.edu''}}</ref>.
del capoluogo. Si ricorda che l’opera fu distrutta forse nell’incendio della grande chiesa pratese del 12 settembre 1647<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Angelo Tartuferi|titolo=Per il Maestro di Mezzana e alcuni appunti sulla pittura del Trecento a Prato|pubblicazione=Studi di Storia dell'Arte|numero=27|anno=2017|p=65|url=https://www.academia.edu/32865110/Per_il_Maestro_di_Mezzana_e_alcuni_appunti_sulla_pittura_del_Trecento_a_Prato_in_Studi_di_Storia_dellArte_n_27_2017_pp_65_82|via=''academia.edu''}}</ref>.
 
=== Secondo viaggio a Roma ===
[[File:Giotto di Bondone - Navicella - WGA09363.jpg|min|''[[Mosaico della navicella|Mosaico della Navicella degli Apostoli]]'']]
 
Nel [[1313]], in una lettera, incaricò [[Benedetto di Pace]] di recuperare le masserizie presso la proprietaria della casa affittata a [[Roma]]; il documento è la testimonianza del terzo soggiorno romano, avvenuto entro l'anno, in cui eseguì il ''[[Mosaico della Navicella degli Apostoli]]'' per il portico dell'[[antica basilica di San Pietro in Vaticano]]. L'opera fu commissionata dal [[Cardinalecardinale]] [[Jacopo Caetani degli Stefaneschi]], [[arciprete]] e benefattore della Basilica oltre che Diacono di [[San Giorgio al Velabro]], che la pagò ben duecento [[Fiorino|fiorini]] e, per l'occasione, compose dei versi da inserire nel mosaico.
 
La lunetta della ''Navicella'', che apparteneva a un ciclo musivo più ampio profondamente danneggiato nel tempo, venne ampiamente rifatta. Oggi sembra che sia rimasto solo un angelo del mosaico originale di Giotto.
 
Una copia della scena fu disegnata da due artisti del Quattrocento, [[Pisanello]] e [[Parri Spinelli]], e si trova al [[Metropolitan Museum of Art]] di [[New York]]. Due tondi con i volti di angeli, facenti parte del ciclo, sono conservati rispettivamente nella [[chiesa di San Pietro Ispano]] di [[Boville Ernica]] ([[Provincia di Frosinone|Frosinone]]) e nelle [[Grotte Vaticane]]. Questi disegni, fatti prima della sua distruzione, permettono di ricostruirne la composizione: raffigurava la barca degli apostoli in piena tempesta, sulla destra Pietro salvato da Cristo e a sinistra una città turrita. Il soggetto era ispirato da opere [[Arte tardoantica|tardoantiche]] e [[Arte paleocristiana|paleocristiane]], che Giotto aveva avuto sicuramente occasione di vedere a Roma, alimentando un rapporto di dialogo continuo col mondo classico.
 
I due tondi sono realizzati con una tecnica identica a quella delle botteghe romane della fine del Duecento e, probabilmente, sono stati eseguiti da maestranze locali su cartoni dell'artista fiorentino, il cui stile è riconoscibile dalla solidità del modellato dall'aspetto monumentale delle figure.
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Roma fu una parentesi in un periodo nel quale Giotto risiedette soprattutto a Firenze. In questo periodo dipinse le opere della sua maturità artistica come la ''[[Maestà di Ognissanti]]'', la ''[[Dormitio Virginis (Giotto)|Dormitio Virginis]]'' della [[Gemäldegalerie di Berlino]], il ''[[Crocifisso di Ognissanti]]''.
 
Nella '' [[Dormitio Virginis (Giotto)|Dormitio Virginis]]'' riuscì ada innovare un tema ede una composizione antica grazie alla disposizione dei personaggi nello spazio. Il [[Crocifisso di Ognissanti]], ancora ''in loco'', fu dipinto per gli [[Umiliati]] ed è simile alle analoghe figure di Assisi tanto che si è pensato al cosiddetto [[Parente di Giotto]].
 
[[File:Giotto di Bondone 087.jpg|min|verticale|''Dormitio Virginis'' (dettaglio)]]
 
La [[Maestà di Ognissanti|Maestà]] della [[Galleria degli Uffizi]] va confrontata con due celebri precedenti di [[Cimabue]] e [[Duccio di Buoninsegna]], nella stessa sala del Museo, per comprenderne la modernità di linguaggio. Il trono di gusto gotico in cui si inserisce la figura possente e monumentale di Maria è disegnato con una prospettiva centrale, la Vergine è accerchiata da una schiera di Angeliangeli e da quattro santi che si stagliano evidenziandosi plasticamente dal fondo oro.
 
=== Gli affreschi di Santa Croce ===
Nel [[1318]], secondo quanto attesta [[Ghiberti]], cominciò a dipingere quattro cappelle ede altrettanti polittici per quattro diverse famiglie fiorentine nella chiesa dei francescani di [[Basilica di Santa Croce|Santa Croce]]: la [[Cappella Bardi (Santa Croce)|Cappella Bardi]] (''Vita di San Francesco''), la [[Cappella Peruzzi]] (''Vita di San Giovanni Battista e di San Giovanni Evangelista'' più il polittico con [[Taddeo Gaddi]]), e le perdute Cappelle Giugni (''Storie degli Apostoli'') e Tosinghi Spinelli (''Storie della Vergine'') di cui rimane l{{'}}''[[Assunta (Maestro di Figline)|Assunta]]'' del [[Maestro di Figline]]. Di queste cappelle tre erano situate nella zona alla destra della cappella centrale e una in quella alla sinistra: restano solo le prime due a destra: le Cappelle Bardi e Peruzzi.
 
==== La Cappella Peruzzi ====
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Si nota un'evoluzione dello stile di Giotto, con panneggi ampi e debordanti come mai visto prima che esaltano la monumentalità delle figure.
 
La sapienza compositiva di Giotto divenne motivo di ispirazione per artisti successivi come ad esempio [[Masaccio]] per gli affreschi della [[Cappella Brancacci]] nella [[Basilica di Santa Maria del Carmine (Firenze)|Chiesa del Carmine]] (che copiò per esempio i vecchioni nella scena della ''Resurrezione di Drusiana'') e [[Michelangelo Buonarroti|Michelangelo]] ben due secoli dopo, che ne copiò varie figure.
 
Dalla stessa cappella proviene il ''[[Polittico Peruzzi]]'' che fu smembrato e disperso in diverse collezioni fino al ricongiungimento nell'attuale collocazione presso il [[Museo d'arte della Carolina del Nord]] di [[Raleigh (Carolina del Nord)|Raleigh]] che rappresenta la ''Madonna con figure di Santi tra cui i due Giovanni e San Francesco'', lo stile figurativo è simile a quello della cappella anche se i santi sono inseriti in un contesto neutro e non ricco di elementi decorativi ma, comunque, molto saldi nella loro volumetria.
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Completata la Cappella Peruzzi attese probabilmente ad altri lavori a Firenze, in massima parte perduti, come l'affresco della cappella maggiore della [[Badia Fiorentina]], di cui restano alcuni frammenti, come la ''[[Testa di pastore]]'' alla [[Galleria dell'Accademia]].
 
L'altra Cappella di Santa Croce è la [[Cappella Bardi (Santa Croce)|Bardi]] che narra episodi della ''Vita di San Francesco'' e figure di ''Santi francescani''. Fu recuperata nel [[1852]] dopo uno scialbo operato nel Settecento ed è interessante notare le differenze stilistiche con l'analogo ciclo assisiano di più di 20venti anni prima, a fronte di un'iconografia sostanzialmente identica.
 
Giotto preferì dare maggiore importanza alla figura umana, accentuandone i valori espressivi, probabilmente, per assecondare la svolta in senso pauperistico dei [[Conventuali]] operata in quegli anni. Il santo appare insolitamente imberbe in tutte le storie.
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[[File:Baroncelli Polyptych c.1334 Baroncelli Chapel, Santa Croce, Florence 185x323cm..jpg|min|verticale=1.3|sinistra|Il ''Polittico Baroncelli'']]
 
Sull'altare della [[Cappella Baroncelli]] (poi affrescata da [[Taddeo Gaddi]]) è situato il [[Polittico Baroncelli|Polittico]] databile al [[1328]], mancante della cuspide che si trova nella [[Timken Art Gallery]] di [[San Diego]] ([[California]]), mentre la cornice originale è stata sostituita da una quattrocentesca. Il soggetto rappresentato è l{{'}}''Incoronazione della Vergine'' attorniata da un'affollata ''Gloria di Angeli e Santi''.
 
Nonostante la 'firma' (''Opus Magistri Iocti''; la formula ''opus'' + genitivo è esemplata, come ha brillantemente argomentato [[Maria Monica Donato]], sulle sottoscrizioni apocrife di Fidia e di Prassitele apposte sulle basi dei ''Dioscuri di Montecavallo''<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Maria Monica Donato|anno=2006|titolo=Memorie degli artisti, memoria dell'antico: intorno alle firme di Giotto, e di altri|rivista=Medioevo: il tempo degli antichi|editore=Centro Studi Medievali, Università degli Studi di Parma; Fondazione Monte di Parma|città=Milano|curatore=Arturo Carlo Quintavalle|pp=522-546}}</ref>), il ricorso agli aiuti per l'esecuzione è ampio e c'è un accentuato gusto scenografico e cromatico, creato da un'infinità di tinte finissime. La profondità è invece minore, visto che lo spazio è riempito di figure, che sono varie sia per le tipologie dei volti chesia per le espressioni.
 
=== Opere incerte, riferibili a questo periodo ===
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[[File:Polittico stefaneschi, retro.jpg|min|verticale=1.3|Trittico Stefaneschi, recto]]
 
Il [[1320]] è l'anno del ''[[Polittico Stefaneschi]]'' ([[Musei Vaticani]]), commissionato per l'altare maggiore dell'[[antica basilica di San Pietro]] dal [[cardinale]] [[Jacopo Stefaneschi]], che incaricò Giotto anche di decorare la tribuna dell'abside di [[Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro]] con un ciclo di affreschi perduto nel rifacimento del [[XVI secolo]].
 
Il polittico venne ideato dal maestro, ma dipinto insieme agli aiuti, ed è caratterizzato da una grande varietà cromatica a scopo decorativo; l'importanza del luogo a cui era destinata imponeva l'uso del fondo oro dal quale le figure monumentali si stagliano con grande sicurezza. Dipinto su entrambi i lati rappresenta sul verso il ''Cristo in trono con i martiri di [[San Pietro]] e di [[San Paolo]]'' (simboli della Chiesa stessa), sul recto ''San Pietro in Trono'', negli scomparti e nelle predelle la ''Vergine col bambino in Trono'' con diverse figure di ''Santi e Apostoli''.
 
Secondo Vasari, Giotto sarebbe rimasto a Roma sei anni, eseguendo poi anche commissioni in molte altre città italiane, fino alla sede Papalepapale di [[Avignone]]. Il biografo aretino citò anche opere non giottesche, ma comunque descrisse un pittore moderno, impegnato su diversi fronti e circondato da molti aiuti.
 
In seguito tornò a Firenze, dove affrescò la già menzionata [[Cappella Bardi (Santa Croce)|Cappella Bardi]]. Poco prima della sua partenza da Firenze nel [[1327]], l'artista si iscrisse per la prima volta all'[[Arte dei Medici e Speziali (Firenze)|Arte dei Medici e Speziali]] insieme agli allievi più fedeli [[Bernardo Daddi]] e [[Taddeo Gaddi]] che lo seguirono nelle ultime imprese.
 
=== Napoli ===
Nel [[1328]], dopo aver terminato il [[Polittico Baroncelli]], venne chiamato dal re [[Roberto d'Angiò]] a [[Napoli]] e vi rimase fino al [[1333]], insieme alla nutrita bottega. Il Re lo nominò "famigliare" e "primo pittore di corte e nostro fedele" (20 gennaio [[1330]]<ref>{{la}} [http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/schulz1860bd4/0169?sid=5e809fae477e57c7a04a5fbe1cf58d4f Documento Angioino n° CDVI]. Ospitato su ''digi.ub.uni-heidelberg.de''.</ref>), a testimoniare l'enorme considerazione che Giotto aveva ormai raggiunto. Gli assegnò anche uno stipendio annuo.
 
La sua opera è molto ben documentata (ne rimane il contratto, utilissimo per conoscere come era strutturato il lavoro nella sua bottega), ma a Napoli rimane oggi molto poco dei suoi lavori: un frammento di affresco raffigurante la ''Lamentazione sul Cristo Morto'' in [[Basilica di Santa Chiara (Napoli)|Santa Chiara]] e le figure di ''Uomini Illustri'' dipinte negli strombi delle finestre della Cappella di Santa Barbara in [[Castel Nuovo (Napoli)|Castelnuovo]] (purtroppo andati distrutti nel [[XVII secolo]], durante i rimaneggiamenti [[Barocco|barocchi]] della cappella avvenuti per volontà [[Vicereame di Napoli|Vicerealevicereale]], e solo frammentariamente tornati alla luce dopo l'eliminazione delle superfetazioni barocche), che per disomogeneità stilistiche sono attribuibili ai suoi allievi. Sempre a [[Maschio Angioino|Castelnuovo]], nella [[Sala dei Baroni|Sala Major]] Roberto commissionò affreschi su tutte le pareti della sala del trono, che ritraessero sempre ''Uomini Illustri'' , questa volta legati agli eroi dell'antichità e dell'altoAlto medioevoMedioevo ([[Alessandro Magno]], [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], [[Carlo Magno]]) e le loro rispettive compagne, tema molto caro alle dinastie di origini francesi.
 
Molti di questi divennero affermati maestri a loro volta diffondendo e rinnovando il suo stile nei decenni successivi ([[Parente di Giotto]], [[Maso di Banco]], [[Taddeo Gaddi]], [[Bernardo Daddi]]).
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La sua presenza a Napoli fu importante per la formazione dei pittori locali, come il [[Maestro di Giovanni Barrile]], [[Roberto d'Oderisio]] e [[Pietro Orimina]].
 
A Firenze, intanto, agiva come procuratore del padre il figlio Francesco, che venne immatricolato nel [[1341]] nell'Arte dei Medici e Speziali.
 
=== Bologna ===
Dopo il [[1333]] si recò a [[Bologna]], dove rimane il [[Polittico di Bologna|Polittico]] firmato proveniente dalla [[Chiesa di Santa Maria degli Angeli (Bologna)|chiesa di Santa Maria degli Angeli]], su fondo oro, con lo scomparto centrale raffigurante la ''Madonna in trono e santi'', tutte figure solide, come consuetudine in questa fase ultima della sua attività, dai panneggi fortemente chiaroscurati, dai colori brillanti e con un linguaggio che lo avvicina alla cultura figurativa padana come nella figura di Michele Arcangelo che ricorda gli angeli di [[Guariento]].
 
Non resta traccia, invece, della presunta decorazione della [[Rocca di Galliera]] del legato pontificio [[Bertrando del Poggetto]], ripetutamente distrutta dai bolognesi.
 
=== Opere tarde ===
Sulla scia di queste considerazioni è possibile collocare nella fase ultima della sua carriera altri pezzi erratici, come: la ''[[Crocifissione di Strasburgo]]'' ([[Musée des beaux-arts (Strasburgo)|Museo Civico]]) e quella della [[Gemäldegalerie di Berlino]].
 
=== Architetto per Firenze ===
[[File:CampanileGiotto-01.jpg|min|Campanile di Giotto (Firenze)]]
Trascorse gli ultimi anni lavorando anche come architetto, quasi sempre a Firenze dove è nominato il 12 aprile [[1334]] ''Capomaestro dell'Opera di [[Chiesa di Santa Reparata|Santa Reparata]]'' (cioè dei cantieri aperti in [[piazza del Duomo (Firenze)|piazza del Duomo]]) e soprintendente delle opere pubbliche del Comune. Per questo incarico percepiva uno stipendio annuo di cento fiorini. Secondo [[Giovanni Villani]] cominciò il 18 luglio dello stesso anno il lavoro di fondazione del [[Campanile di Giotto|Campanilecampanile del Duomo]] che diresse fino alla costruzione dell'ordine inferiore con i bassorilievi.
 
=== Milano ===
Prima del [[1337]], data della morte, andò a [[Milano]] presso [[Azzone Visconti]], ma le opere di questa fase sono tutte scomparse. Rimase però traccia della sua presenza soprattutto nell'influenza esercitata sui pittori lombardi del Trecento, come la ''Crocifissione'' della [[chiesa di San Gottardo in Corte]].
 
=== La morte a Firenze ===
L'ultima opera fiorentina terminata dagli aiuti è la [[Cappella del Podestà]] nel [[Palazzo del Bargello (Firenze)|palazzo del Bargello]], dove è presente un ciclo di affreschi, oggi in cattivo stato di conservazione (anche per errati restauri ottocenteschi), che raffigura ''Storie della Maddalena'' ede ''Il Giudizio Universale''. In questo ciclo è famoso il più antico ritratto di [[Dante Alighieri]], dipinto senza il tradizionale [[naso]] aquilino.
 
Morì l'8 gennaio [[1337]] (il [[Giovanni Villani|Villani]] riporta la data della morte avvenuta alla fine del 1336 secondo il [[calendario fiorentino]]) e venne sepolto in [[chiesa di Santa Reparata|Santa Reparata]] con una cerimonia solenne a spese del Comune.
 
== L'importanza artistica ==
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== Giotto architetto ==
Il [[Vasari]], nell'intestazione del libro dedicato a Giotto nelle ''[[Vite (Vasari)|Vite]]'', lo indicò come "pittore, scultore et architetto", accennando a vari progetti di edifici. Sebbene tale notizia trovi conferma anche nelle fonti trecentesche, è solo dal [[1963]] che si tentò di sistemare criticamente tale aspetto, grazie ai contributi di Gioseffi. Basandosi sul presupposto che le frequenti architetture dipinte nelle opere dell'artista potessero essere idee di edifici reali, si è cercato di trovare le caratteristiche stilistiche di possibili progetti architettonici di Giotto, al netto delle modifiche e delle aggiunte successive avvenute nei secoli<ref name=B126>{{cita|Baccheschi|p. 126}}.</ref>.
 
Forse autore dell'edificio della [[cappella dell'Arena]] a Padova, forse del primitivo [[ponte alla Carraia]] a Firenze e della perduta [[Fortezza Augusta]] a [[Lucca]], il progetto che più è legato, anche nel nome, a Giotto è il [[campanile di Giotto|campanile di Santa Maria del Fiore]]. Già riferito all'autore dall'anonimo commentatore fiorentino della [[Divina Commedia|Commedia]] (1395-1400 circa), è citato poi nel ''Centiloquio'' di [[Antonio Pucci (poeta)|Antonio Pucci]], che gli attribuisce anche i primi rilievi decorativi, dal [[Ghiberti]] e da altri, che parlano della sua ideazione e della conduzione del cantiere fino al primo ordine. Una pergamena nel [[Museo dell'Opera del Duomo di Siena]] conserva uno schema del campanile che alcuni ritengono legato al progetto originario di Giotto, ipotesi però controversa e non accettata da tutti gli studiosi. Le idee di Giotto si baserebbero sull'esempio di [[Arnolfo di Cambio]] e sarebbero improntate a un'audacia sul piano statico che tende a ridurre lo spessore delle parti portanti<ref name=B126/>.
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Vasari citò i nomi di alcuni dei più stretti aiutanti, non tutti celebri: [[Taddeo Gaddi]], [[Puccio Capanna]], [[Ottaviano da Faenza]], [[Guglielmo da Forlì]], attraverso cui, insieme con l'opera di un misterioso ''[[Augustinus (pittore)|Augustinus]]'', l'influenza di Giotto arrivò alla [[scuola forlivese]]. A questi bisogna aggiungere i molti seguaci e continuatori del suo stile che crearono delle scuole locali nelle zone dove era transitato.
 
A Firenze ede in Toscana operavano i cosiddetti "protogiotteschi" i seguaci che avevano visto all'opera Giotto nella sua città: [[Maso di Banco]], [[Giottino]], [[Bernardo Daddi]], il [[Maestro della Santa Cecilia]], il [[Maestro di Figline]], [[Pacino di Buonaguida]], [[Jacopo del Casentino]], [[Stefano Fiorentino]]. Le vicende biografiche di molti di questi pittori non sono ancora state bene documentate: vita e opere di [[Giottino]] o [[Stefano Fiorentino]] sono ancora in larga parte misteriose.
 
In [[Umbria]], lo stile giottesco assunse una connotazione devozionale e popolare riconoscibile nelle opere del [[Maestro di Santa Chiara]] da [[Montefalco]], del [[Maestro espressionista di Santa Chiara]], dello stesso [[Puccio Capanna]] e del cosiddetto [[Maestro colorista]], un artista di grande livello.
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A Rimini nacque una [[scuola riminese|scuola]] che ebbe un breve periodo di splendore con [[Neri da Rimini]], [[Giuliano Da Rimini]], [[Giovanni da Rimini]], il [[Maestro dell'Arengario]]. Tra gli autori di opere interessanti ci fu il [[Maestro della Cappella di San Nicola]], i cui affreschi della [[Basilica di San Nicola da Tolentino (Tolentino)|Basilica di San Nicola da Tolentino]] e dell'[[Abbazia di Pomposa]] filtrarono la matrice giottesca con influenze locali e, soprattutto, bolognesi. Questa scuola emiliana-romagnola produsse dei capolavori anche nel campo della miniatura.
 
L'influenza di Giotto si estese, poi, anche alle scuole settentrionali come dimostra l'arte, successiva di due generazioni, di [[Altichiero]], [[Guariento]] e [[Giusto de' Menabuoi]]. Anche a [[Napoli]] la presenza di Giotto lasciò un'impronta duratura, come si evince dalle opere di artisti quali [[Roberto d'Oderisio]] (attivo dagli anni trenta del Trecento e menzionato fino al [[1382]]), che decorò la [[chiesa di Santa Maria Incoronata (Napoli)|chiesa dell'Incoronata]] con affreschi di aristocratica eleganza (oggi staccati e conservati a [[Basilica di Santa Chiara (Napoli)|Santa Chiara]]).
 
Non è ancora chiaro invece il rapporto tra Giotto e la [[Scuola romana di pittura|scuola romana]], in particolare gli studiosi non concordano se siano stati i romani ([[Pietro Cavallini]], [[Jacopo Torriti]], ecc.) a influenzare Giotto e i toscani o viceversa. Gli studi più recenti sembrano propendere maggiormente per la prima ipotesi. In ogni caso le attività artistiche a Roma decaddero inesorabilmente dopo il trasferimento del [[papato]] ad [[Avignone]] nel [[1309]].
 
In definitiva quindi Giotto, con i suoi numerosi viaggi, fu il creatore di uno stile "italiano" in pittura, che venne usato da [[Milano]] a [[Napoli]], passando per varie regioni. L'influsso di Giotto è presente anche in autori di altre scuole, come la parallela [[scuola senese]], come dimostrano le impostazioni architettoniche di alcune opere per esempio di [[Pietro Lorenzetti|Pietro]] e [[Ambrogio Lorenzetti]]. L'esperienza giottesca fu inoltre alla base della successiva rivoluzione rinascimentale fiorentina.