Dialetto napoletano: differenze tra le versioni
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Il '''dialetto napoletano''' (''napulitano'') è una variante [[Diatopia|diatopica]] del [[Dialetti italiani meridionali|gruppo italiano meridionale]] delle [[lingue romanze]] parlata a [[Napoli]] e in aree della [[Campania]] non molto distanti dal capoluogo, corrispondenti approssimativamente all'attuale [[città metropolitana di Napoli]] e ai contigui [[Agro aversano]] e [[Agro nocerino-sarnese]], rispettivamente parte delle province [[Provincia di Caserta|di Caserta]] e [[Provincia di Salerno|di Salerno]].
Il termine ''dialetto napoletano'' non è sinonimo di [[lingua napoletana]] (individuata dalla classificazione [[ISO 639-3]] attraverso il codice ''nap'' e che [[Ethnologue]] definisce "''lingua napoletano-calabrese''"<ref>{{cita web|url=https://www.ethnologue.com/language/nap|titolo=Napoletano-Calabrese|accesso=12 agosto 2014}}</ref>), la quale costituisce invece uno storico idioma sovraregionale basato essenzialmente sull'antica forma vernacolare napoletana (o, più in generale, meridionale) in uso all'interno del [[Regno di Napoli]], ove, per una breve fase del XV secolo, ha avuto anche valore ufficiale.<ref>{{Cita web|url=https://romanistik.uni-freiburg.de/pusch/zfk/22/15_Venetz.pdf|titolo=Il Codice Aragonese (1458–1460): la distribuzione delle tre lingue napoletana, catalana e latina|sito=Universität Göttingen|data=|accesso=24 marzo 2023}}</ref> Tuttavia, alcuni studiosi moderni ne mettono in dubbio l'esistenza,<ref>{{Cita libro|autore=Pietro Maturi|titolo=Napoli e la Campania|collana=Dialetti d'Italia|data=2023|città=Bologna|editore=Il Mulino|ISBN=978-88-15-29887-4}}</ref><ref>{{Cita libro|pagine=16-17|titolo=Napolitiamo|autore=Angelo Forgione|città=Milano|editore=Magenes|anno=2025|isbn=9788866491422}} "l’[[UNESCO]], come tutti gli enti linguistici internazionali, classifica geograficamente le varie lingue, e lo fa pure in modo assai semplificato e fuorviante se è vero che indica per napoletano una lingua macroregionale anche detta “italiano del Sud”, insieme dei dialetti alto-meridionali, quelli del territorio appartenuto al Regno di Napoli, dalle Marche meridionali in giù, esclusi il Lazio centro-settentrionale, la bassa Calabria e il Salento. Insomma, più che lingua napoletana, lingua napolitana, come era detta la nazionalità degli abitanti dell’estinto [[Regno di Napoli]] o, se vogliamo, della parte statuale del [[Regno delle Due Sicilie]] al di qua del faro di Messina. Lingua che, con tale estensione, non esiste, perché nel Sud peninsulare si parlano alcune varietà locali tra loro diverse che non possono essere considerate come variazioni del napoletano. D’altronde, la stessa [[Campania]] è una regione storicamente complessa i cui territori, tra il VI e l’XI secolo, si presentavano divisi tra [[bizantini]] e [[longobardi]], quindi tra elemento grecizzato da una parte e latinizzato dall’altro, oggi rispecchiati nella presenza più significativa di grecismi nelle zone costiere, da [[Napoli]] al [[Cilento]], e di longobardismi nelle zone appenniniche più interne. Uscendo dalle classificazioni grossolane, comprese quelle di tutti gli stranieri che considerano napoletani finanche i calabresi e i lucani, un concetto dev’essere chiaro: il vero napoletano è parlato solo nella popolosa area metropolitana partenopea, e persino in tale ambito emergono particolari differenze tra i vari quartieri."
Comunque il ''volgare pugliese'',<ref>Ove per ''pugliese'' si intende tutto ciò che è relativo all'[[Italia meridionale]] (o Mezzogiorno peninsulare).</ref><ref name=Z-O>{{cita|Zuccagni-Orlandini}}.</ref> altro nome con cui sono storicamente conosciuti il napoletano e i [[dialetti meridionali]],<ref>In tal senso anche [[Dante]]: «''Sed quamvis terrigene Apuli loquantur obscene communiter, frelingentes eorum quidam polite locuti sunt, vocabula curialiora in suis cantionibus compilantes, ut manifeste apparet eorucm dicta perspicientibus, ut puta'' Madonna, die vi voglio, ''et'' Per fino amore vo sì letamente.». Dante, ''De vulgari eloquentia'', I, XII 8-9.</ref> nella sua forma letteraria (e alternandosi in tale ruolo con il [[lingua italiana|volgare toscano]]),<ref>{{cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/storia-della-lingua_(Enciclopedia-dell'Italiano)/|titolo=Enciclopedia Treccani: ''Storia della lingua italiana''}}</ref> finì col sostituire parzialmente il [[lingua latina|latino]] nei documenti ufficiali e nelle assemblee di corte a [[Napoli]],<ref>{{cita web|url=http://www.maas.ccr.it/PDF/Napoli.pdf|titolo=Documentazioni saggistiche e di raccolta espositiva dall'Archivio di Stato di Napoli}}</ref> dall'unificazione delle [[Due Sicilie]] per decreto di [[Alfonso I di Napoli|Alfonso I]], nel [[1442]]; e continuò ad evolvere parallelamente all'ambito letterario nella sua forma parlata.<ref>Esempio di napoletano letterario in uso alla corte di Napoli nella seconda metà del XV secolo, pervenutoci attraverso i saggi di [[Giovanni Brancati]], umanista di corte di [[Ferdinando I di Napoli|Ferdinando I]]: «''Ben so io esserno multe cose in latino dicte quale in vulgaro nostro o vero non se ponno per niente o ver non assai propriamente exprimere, quale son multi de animali quali noi havemo, molti de arbori quali fi’ al presente sono como dal principio foron chiamati; chosì de herbe, de medicine, de infirmitate, de metalle, de pietre et de gioie, essendono o ver per loro rarità o vero per sorte chon li primi lor nomi ad noi pervenute.''[…]». In quest'epoca, il napoletano letterario in uso alla cancelleria di corte, si presenta epurato di alcuni dei tratti più marcatamente locali, alleggeriti con l'ingresso di elementi assunti dalla tradizione letteraria toscana, considerata più prestigiosa. <br />{{cita web|url=http://www.rivistamathera.it/wp-content/uploads/2020/03/Giordano-L-apporto-dell-umanista-materano-Giovanni-Brancati_compressed.pdf|titolo=La politica culturale e linguistica del Regno di Napoli nel Quattrocento|autore=Emanuele Giordano|editore=Associazione Culturale ANTROS|pp=69-70|anno=2018}}</ref>
Posteriormente però, già a partire dal [[1501]],<ref>{{cita web|url=http://italiansky.narod.ru/download/storia2.pdf|titolo=Università Statale di Milano, Massimo Prada: ''Profilo di storia linguistica italiana II. Unificazione, norma ed espansione dell'Italiano.''}}</ref> per volere degli stessi letterati locali dell'[[Accademia Pontaniana]], il suddetto idioma cominciò ad essere, in ambiti amministrativi e diplomatici, progressivamente sostituito — e dal [[1554]], per volontà del cardinale [[Girolamo Seripando]], lo fu in maniera definitiva — dall'[[Lingua italiana|italiano]], basato sul volgare toscano<ref name=Z-O/> (presente già da tempo in contesti letterari, di studio e relativi alla cancelleria, insieme al latino),<ref>{{Cita libro|nome=Giovanni Antonio|cognome=Summonte|titolo=Dell'historia della città, e regno di Napoli|url=https://books.google.it/books?id=xxjjaM6iUZgC&printsec=titlepage&source=gbs_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false|accesso=2025-04-08|data=1675|editore=a spese di Antonio Bulifon|lingua=it}}</ref> il quale, dalla metà del [[XVI secolo]], è usato come lingua ufficiale e amministrativa di tutti gli [[Antichi Stati italiani|Stati italiani preunitari]] (con l'unica eccezione del [[Regno di Sardegna|Regno di Sardegna insulare]], dove l'italiano standard assunse tale posizione a partire dal [[XVIII secolo]]), e successivamente dell'[[Italia]] stessa, fino all'attualità.<ref>{{cita web|url=https://www.docsity.com/it/storia-della-lingua-italiana-il-primo-cinquecento-di-paolo-trovato/5071463/|titolo=Università degli Studi di Milano, Paolo Trovato: ''Storia della lingua italiana. Il primo Cinquecento.''}}</ref>
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Tuttavia, per quanto riguarda lo spagnolo, è errato attribuire all'influenza spagnola (Napoli e tutto il Mezzogiorno d'Italia furono governati per oltre due secoli, dal [[1503]] al [[1707]], da viceré spagnoli) qualsiasi somiglianza tra il napoletano e quest'idioma: essendo ambedue lingue romanze o neolatine, la maggior parte degli elementi comuni o somiglianti vanno infatti fatti risalire esclusivamente al latino volgare (in particolare la costruzione dell'accusativo personale indiretto e l'uso di ''tenere'' e di ''stare'' in luogo di ''avere'' ed ''essere'', e così via).<ref name="linkabile.it">{{Cita web|url=http://www.linkabile.it/sostrati-napoletani-influenza-sul-dialetto-attuale-i-parte/|titolo=Carlo Fedele: ''Sostrati napoletani e influenze sul dialetto attuale''}}</ref>
Sotto la dinastia degli [[Trastámara d'Aragona di Napoli|Aragona di Napoli]] si propose che il napoletano continuasse a persistere come lingua dell'amministrazione, senza mai imporre l'[[Lingua aragonese|aragonese]] o il [[Lingua catalana|catalano]],<ref>{{Cita web|url=https://books.google.it/books?id=FV-93XOMmeAC&pg=PA44#v=onepage&q&f=false|titolo=Pietro Giannone: ''Storia civile del Regno di Napoli''}}</ref> ma il tentativo abortì con la deposizione di [[Federico I di Napoli|Federico I]] e l'inizio del [[Napoli#
== Fonetica e sintassi ==
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La documentazione sul napoletano è ampia ma non sempre a un livello scientifico. Vocabolari rigorosi sono quello di [[Raffaele D'Ambra]] (un erudito [[XIX secolo|ottocentesco]]) e quello di [[Antonio Altamura]] (studioso [[XX secolo|novecentesco]]). Interessante è anche la grammatica del Capozzoli ([[1889]]). [[Raffaele Andreoli]] redasse il ''Vocabolario napoletano-italiano'', edito da G.B. Paravia (1887). Infine, il ''Vocabolario del dialetto napolitano'', grandioso lavoro di [[Emmanuele Rocco]], frutto dello spoglio della letteratura dialettale napoletana dal Cinquecento all’Ottocento, pubblicato a fascicoli fino all'interruzione del 1891 e stampato in versione completa nel 2018 per iniziativa dell’Accademia della Crusca.
=== Linguistica ===
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| Ammazzaruto || non lievitato / azzimo || μάζαρος || [[greco antico]]
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| Appriésso || appresso / dopo / seguente ||ad pressum / après || [[Lingua latina|latino]] / [[Lingua francese|
|-
|Arrassusia<ref>{{Cita news|url=http://www.identitainsorgenti.com/dizionario-napulitano-parole-e-detti-della-settimana-da-arrassusia-a-sfruculia-dedicato-a-chi-non-sa-stare-al-posto-suo/|titolo=DIZIONARIO NAPULITANO / Parole e detti della settimana: Da Arrassusia a Sfruculià (dedicato a chi non sa stare al posto suo)|pubblicazione=Identità Insorgenti|accesso=17 novembre 2016}}</ref>
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| Tècchete || prendi, eccoti || te eccu(m) te || [[Lingua latina|latino]]
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| Tené (Ténere) || avere || tenere / tener || [[
|-
| Tèsta || vaso (da fiori) || testa || [[lingua latina|latino]]
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== Bibliografia ==
* [[Dante Alighieri]], ''[[De vulgari eloquentia]]''.
* Valeria Bertolucci Pizzorusso, ''La supplica di Guiraut Riquier e la risposta di Alfonso X di Castiglia'' in ''Studi mediolatini e volgari'', vol. XIV, 1966, pp.
* P. Bronzini, ''La poesia popolare'', Edizioni dell'Ateneo, Roma 1956.
* De Bartholomaeis (a cura di), ''Rime giullaresche e popolari d'Italia'', Zanichelli, Bologna 1926, pp.
* Achille della Ragione, ''Il napoletano è una lingua non un dialetto'', in ''Napoletanità: arte, miti e riti a Napoli'', pp.
* Renato De Falco, ''Alfabeto napoletano'', Colonnese Editore, Napoli 2002.
* {{cita libro|autore = Angelo Forgione|titolo = Napolitiamo - conosciamo e impariamo a scrivere la bella lingua napoletana|anno = 2025|editore = Magenes|città = Milano|altri = Prefazione di Maurizio de Giovanni}}
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* P. Maturi, ''Napoli e la Campania'',Bologna: il Mulino, 2022 ISBN 9788815298874
* G. B. Pellegrini, ''La carta dei dialetti d'Italia'', Pisa: Pacini editore, 1977.
* Rabanus Maurus (arcivescovo di Magonza), ''De Universo: Codex Casinensis'', Archivio dell'Abbazia di Montecassino, pp.
* Radtke, Edgar, ''I dialetti della Campania'', Roma: Il Càlamo, 1997.
* {{en}} M. Paul Lewis, Gary F. Simons e Charles D. Fennig (a cura di). ''Ethnologue: Languages of the World'', SIL International, Dallas 2016.
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