David Maria Turoldo: differenze tra le versioni

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=== La ripresa ===
Nel [[1955]] Turoldo venne dai superiori dell’Ordine assegnato al convento della [[Basilica della Santissima Annunziata|Santissima Annunziata]] di [[Firenze]], e qui incontrò personalità affini al suo modo di sentire, quali fra [[Giovanni Vannucci]], padre [[Ernesto Balducci]], il sindaco [[Giorgio La Pira]], e molti altri che nell’ambiente fiorentino animano un tempo in cui si accendono speranze di rinnovamento a tutti i livelli. Ma anche da Firenze sarà costretto ad allontanarsi e trascorrerà un periodo di peregrinazioni all’estero.
 
Rientrato in Italia, nel 1961 venne assegnato al convento di Santa Maria delle Grazie, nella “sua” [[Udine]]. Ma con il rientro in Italia aveva portato con sé un progetto, nato a contatto con le nuove generazioni nate all’estero dagli emigrati friulani: realizzare un film che raccontasse la nobiltà della povera vita rurale del suo Friuli. Il film con il titolo [[Gli ultimi]] e ispirato al racconto ''Io non ero fanciullo'' scritto da Turoldo in precedenza, venne concluso nel 1962 con la regia di [[Vito Pandolfi]]. Presentato all’inizio del 1963 a Udine, il film tuttavia fu ben presto rifiutato dall’opinione pubblica friulana, che lo ritenne addirittura offensivo.
 
Nello stesso anno 1963 Turoldo incominciò a cercare un sito dove dare avvio a una nuova esperienza religiosa comunitaria, allargata alla partecipazione anche di laici<ref>Daniela Saresella, ''The Dialogue between Catholics and Communists in Italy during the 1960s'', Journal of the History of Ideas, Vol. 75, No. 3 (July 2014), pp. 493-512.</ref>. Questo luogo, con le indicazioni ricevute da amici, venne individuato da padre David nell’antico Priorato [[Congregazione Cluniacense|cluniacense]] di [[Abbazia rettoria di Sant'Egidio in Fontanella|Sant'Egidio in Fontanella]].
 
Ottenuto il consenso del vescovo bergamasco [[Clemente Gaddi]], nel [[1964]] vi si insediò ufficialmente il 1º novembre.
 
Costruì accanto allo storico edificio del Priorato una casa per l’ospitalità, che chiamò “Casa di Emmaus”, titolo ispirato all’episodio della cena a Emmaus, in cui Gesù risorto si manifestò ai due discepoli nello spezzare il pane. La casa costituì un simbolico richiamo alla semplice accoglienza, senza distinzioni di censo, di religione, o altro: aspetti che caratterizzarono tutta la presenza e la multiforme opera di Turoldo. Costituì inoltre un punto di riferimento per molti protagonisti della storia culturale e civile italiana ed estera, in particolare dell’America latina; per molte personalità del mondo ecclesiale e di altre confessioni cristiane; un solido incentivo al rinnovamento di linguaggi e di strutture; un laboratorio di creazioni liturgiche e celebrative, di cui continuano a essere testimoni la versione metrica per il canto dei ''Salmi'' e migliaia di inni liturgici. Insieme con altri frati, impegnati particolarmente in iniziative di rinnovamento spirituale e culturale, diede avvio alla pubblicazione di una rivista, il cui titolo è ispirato all’Ordine dei Servi di Maria: ''Servitium'', e ad altre pubblicazioni che si ricollegavano all’esperienza editoriale della Corsia dei Servi. La pubblicazione della rivista continua tuttora con cadenza bimestrale, unitamente all’edizione di altre proposte librarie edite sotto l’omonimo marchio [[Servitium editrice|Servitium]].