Giovanni Pascoli: differenze tra le versioni

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{{nota disambigua||Pascoli (disambigua)|Pascoli}}
<gallery></gallery>{{quote|Il [[poeta]] è poeta, non [[oratore]] o [[predicatore]], non [[filosofo]], non [[storico|istorico]], non maestro, non tribuno o [[demagogia|demagogo]], non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro [[Giosuè Carducci]], un artiere che foggi [[spada]] e [[scudo (difesa)|scudi]] e [[vomero|vomeri]]; e nemmeno, con pace di tanti altri, un [[artista]] che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra [...]|G. Pascoli - da ''Il fanciullino''}}
 
[[Immagine:Giovanni Pascoli.jpg|thumb|200px|Giovanni Pascoli]]
{{Bio
|Nome = Giovanni Placido Agostino
|Cognome = Pascoli
|Sesso = M
|LuogoNascita = San Mauro di Romagna
|PostLuogoNascitaLuogoNascitaLink = (ora San Mauro Pascoli)
|GiornoMeseNascita = 31 dicembre
|AnnoNascita = 1855
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|GiornoMeseMorte = 6 aprile
|AnnoMorte = 1912
|Attività = poeta
|Epoca = 1800
|epoca2Epoca2 = 1900
|Attività = poeta
|Attività2 = critico letterario
|Nazionalità = italiano
|Immagine = Giovanni Pascoli 01.jpg
|PostNazionalità = , una delle figure maggiori della [[letteratura italiana]] di fine [[XIX secolo|Ottocento]]
|Didascalia = Giovanni Pascoli
}}
}} Figura emblematica della [[letteratura italiana]] di fine [[XIX secolo|Ottocento]], è considerato, insieme a [[Gabriele D'Annunzio]], il maggior poeta [[Decadentismo|decadente]] italiano, nonostante la sua formazione principalmente [[Positivismo|positivistica]].
 
[[File:Firma Giovanni Pascoli.png|thumb|Firma di Giovanni Pascoli]]
Dal ''[[Il fanciullino|Fanciullino]]'', articolo programmatico pubblicato per la prima volta nel 1897, emerge una concezione intima e interiore del sentimento poetico, orientato alla valorizzazione del particolare e del quotidiano, e al recupero di una dimensione infantile e quasi primitiva. D'altra parte, solo il poeta può esprimere la voce del "fanciullino" presente in ognuno: quest'idea consente a Pascoli di rivendicare per sé il ruolo, per certi versi ormai anacronistico, di "[[poeta vate]]", e di ribadire allo stesso tempo l'utilità morale (specialmente consolatoria) e civile della poesia.
 
Egli, pur non partecipando attivamente ad alcun movimento letterario dell'epoca né mostrando particolare propensione verso la poesia europea contemporanea (al contrario di Gabriele D'Annunzio), manifesta nella propria produzione tendenze prevalentemente [[Spiritualismo|spiritualistiche]] e [[simbolismo|simbolistiche]], tipiche della cultura [[decadentismo|decadentista]] di fine secolo, segnata dal progressivo esaurirsi del [[positivismo]].
 
Complessivamente la sua opera appare percorsa da una tensione costante tra la vecchia tradizione [[Classicismo (letteratura)|classicista]] ereditata dal maestro [[Giosuè Carducci]] e le nuove tematiche decadenti. Risulta infatti difficile comprendere il vero significato delle sue opere più importanti, se si ignorano i dolorosi e tormentosi caratteri biografici e psicologici che egli stesso riorganizzò per tutta la vita, in modo ossessivo, come sistema [[semantica|semantico]] di base del proprio mondo poetico e artistico.
La [[poesia]] di Pascoli è caratterizzata da una [[metrica]] formale con [[Endecasillabo|versi endecasillabi]], [[Sonetto|sonetti]] e [[Terzina|terzine]] coordinati con grande semplicità. Nonostante la classicità della forma esterna - provata dal gusto per le letture [[scienza|scientifiche]], alle quali si ricollegano il tema [[universo|cosmico]] e la precisione del [[lessico]] [[botanica|botanico]] e [[zoologia|zoologico]] - Pascoli ha saputo rinnovare la poesia nei suoi contenuti, toccando temi fino ad allora trascurati dai grandi poeti. Grazie alla sua poetica è stato capace di trasmettere il piacere delle cose più semplici, viste con la sensibilità infantile che ogni uomo porta dentro di sé.
 
[[Benedetto Croce]], cui si deve la prima impostazione critica della poesia pascoliana, concluse che Giovanni Pascoli «è uno strano miscuglio di spontaneità e di artifizio: un grande - piccolo poeta, o se piace meglio, un piccolo grande poeta».<ref>Benedetto Croce. ''[[La letteratura della nuova Italia|La letteratura della Nuova Italia]]'', Vol. IV, Laterza, già in ''[[La Critica]]'', 1906</ref> Tale giudizio nel corso del tempo rimase lo stesso e, anzi, Croce ne accentuò il carattere negativo, di pari passo con la sua posizione polemica «nei riguardi del [[decadentismo]], del quale il Pascoli gli è apparso un tipico rappresentante, insieme con D'Annunzio, per il suo ''impressionismo'' e il suo ''frammentarismo''». Alcune tra le prime, più fini approssimazioni critiche, furono invece compiute da [[Renato Serra]]<ref>Renato Serra, ''Pascoli'', sta in ''Scritti critici'', La Voce, Firenze 1910</ref>, [[Carlo Curto]], seguito da [[Emilio Cecchi]].<ref>Mario Puppo, ''Manuale critico - bibliografico per lo studio della letteratura italiana'', Società Editrice Internazionale, Torino 1968, p. 345.</ref>
Pascoli era un personaggio [[malinconia|malinconico]], rassegnato alle sofferenze della vita e alle ingiustizie della società. Ciò nonostante, seppe conservare un senso profondo di umanità e di fratellanza. Crollato l'ordine razionale del mondo in cui aveva creduto il [[positivismo]], il poeta, di fronte al dolore e al male che dominano sulla Terra, recupera il valore [[etica|etico]] della sofferenza che riscatta gli umili e gli infelici, capaci di perdonare i propri persecutori.
 
== Biografia ==
=== Anni giovanili ===
[[File:Ruggero Pascoli figli.jpg|thumb|left|Giovanni Pascoli da bambino (ultimo a destra), con il padre Ruggero e i fratelli Giacomo e Luigi]]
Nacque il 31 dicembre 1855 a [[San Mauro Pascoli|San Mauro]], in una famiglia benestante, quarto dei dieci figli - due dei quali morti molto piccoli - di [[Ruggero Pascoli]], amministratore della tenuta ''La Torre'' della famiglia dei principi [[Torlonia]], e di Caterina Vincenzi Alloccatelli. I suoi familiari lo chiamavano affettuosamente "Zvanì".
 
Il 10 agosto 1867, quando Giovanni aveva quasi dodici anni, il padre fu assassinato con una fucilata mentre sul proprio [[calesse]] tornava a casa da [[Cesena]]<ref name=montanari>{{cita web|url=http://antoniomontanari.e-monsite.com/pages/pascoli-e-rimini/delitto-ruggero-pascoli.html|autore=Antonio Montanari|titolo=Delitto Ruggero Pascoli|accesso=14 aprile 2022|dataarchivio=25 settembre 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220925075636/http://antoniomontanari.e-monsite.com/pages/pascoli-e-rimini/delitto-ruggero-pascoli.html|urlmorto=sì}}</ref>. Le ragioni del delitto, forse di natura politica o dovute a contrasti di lavoro<ref name=boschetti>{{cita libro|url=http://www.casapascoli.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=24047&idArea=24051&idCat=24051&ID=24051&TipoElemento=area|nome=Rosita|cognome=Boschetti|wkautore=Rosita Boschetti|titolo=Omicidio Pascoli. Il complotto|editore=Mimesis|anno=2014}}</ref>, non furono mai chiarite, e i responsabili rimasero ignoti, nonostante tre processi celebrati e nonostante la famiglia avesse forti sospetti sull'identità dell'assassino, come traspare evidentemente nella poesia ''[[La cavalla storna]]''. Il probabile mandante fu infatti Pietro Cacciaguerra (al quale Pascoli fa riferimento, senza nominarlo, nella lirica ''Tra San Mauro e Savignano''), possidente ed esperto fattore da bestiame, che divenne poi agente per conto del principe, coadiuvando l'amministratore Achille Petri, subentrato a Ruggero Pascoli dopo il delitto. I due sicari, i cui nomi correvano di bocca in bocca in paese, furono Luigi Pagliarani detto ''Bigéca'' (fervente repubblicano) e Michele Dellarocca, probabilmente fomentati dal presunto mandante<ref name=montanari />. Un'altra poesia, [[X agosto]], fu scritta in ricordo del giorno dell'assassinio del padre.
Per pochi scrittori come per Pascoli le vicende della prima giovinezza furono tanto determinanti nello sviluppo creativo della maturità: sembra quasi impossibile comprendere il vero significato di gran parte - e sicuramente la più importante - della sua produzione poetica, se si ignorano i dolorosi e tormentosi presupposti biografici e [[psicologia|psicologici]] che egli stesso riorganizzò per tutta la vita, in modo ossessivo, come sistema [[semantica|semantico]] di base del proprio mondo.
 
Il trauma lasciò segni profondi nel futuro poeta. La famiglia cominciò a perdere gradualmente il proprio status economico e successivamente subì una serie di lutti, disgregandosi: costretti a lasciare la tenuta, l'anno successivo morirono la sorella Margherita di [[Tifo esantematico|tifo]] e la madre per un [[attacco cardiaco]] («di [[cardiomiopatia da stress|crepacuore]]»<ref>{{cita libro|nome=Francesco|cognome=Biondolillo|wkautore=Francesco Biondolillo|titolo=La poesia di Giovanni Pascoli|anno=1956|p=5}}</ref>), nel 1871 il fratello Luigi colpito da [[meningite]], e nel 1876 il fratello maggiore Giacomo, assessore comunale a [[Rimini]], pure di tifo; secondo alcune ricerche, però, la morte di Giacomo non fu naturale bensì dovuta ad avvelenamento da parte di ignoti che intimarono a lui e ai suoi fratelli Raffaele e Giovanni di non continuare le indagini sulla morte del padre<ref name=boschetti /><ref>{{cita libro|nome=Maria|cognome=Pascoli|wkautore=Maria Pascoli|titolo=Autografo Memorie|volume=XLIII, plico 1, parte I, c. 79}}</ref><ref>{{cita libro|nome=Alice|cognome=Cencetti|wkautore=Alice Cencetti|titolo=Giovanni Pascoli: una biografia critica|editore=Le Lettere|anno=2009|p=69}}</ref>.
===Anni giovanili===
[[File:Matera lapide Pascoli.jpg|miniatura|destra|Ricordo di Pascoli a Matera]]
Giovanni Pascoli nacque il [[31 dicembre]] [[1855]] a [[San Mauro di Romagna]], in una famiglia benestante, quarto dei dieci figli di [[Ruggero Pascoli|Ruggero]] (due morti molto piccoli), amministratore di una tenuta della famiglia [[Torlonia]], e di Caterina Alloccatelli Vincenzi.
Le sorelle Ida (1863-1957) e Maria (1865-1953) andarono a studiare nel collegio del convento delle monache agostiniane a [[Sogliano al Rubicone]], dove viveva Rita Vincenzi, sorella della madre Caterina, e dove rimasero dieci anni. Nel 1882, uscite dal convento, Ida e Maria chiesero aiuto al fratello Giovanni, che dopo la [[laurea]] insegnava al [[Liceo Duni]] di [[Matera]], chiedendogli di poter vivere con lui: le sorelle fecero leva sul senso del dovere e di colpa di Giovanni, il quale durante i nove anni universitari non si era più occupato di loro. Nella [[biografia]] scritta dalla sorella [[Maria Pascoli|Maria]], ''Lungo la vita di Giovanni Pascoli'', il futuro poeta è presentato come un ragazzo solido e vivace, il cui carattere non era stato alterato dalle disgrazie; per anni, infatti, le sue reazioni parvero essere volitive e tenaci, nell'impegno a terminare il liceo e a cercare i mezzi per proseguire gli studi universitari, nonché nel puntiglio, sempre frustrato, nel ricercare e perseguire l'assassino del padre. Questo desiderio di giustizia non sfocerà mai nella vendetta, e Pascoli si pronuncerà sempre contro la [[pena di morte]] e contro l'[[ergastolo]] per motivi principalmente [[umanitarismo|umanitari]]<ref>{{citazione |Che è? siamo malfattori anche noi? Oh! no: noi non vorremmo vedere quelle catene, quella gabbia, quelle armi nude intorno a quell'uomo; vorremmo non sapere ch'egli sarà chiuso, vivo, per anni e anni e anni, per sempre, in un sepolcro; vorremmo non pensare ch'egli non abbraccerà più la donna che fu sua, ch'egli non vedrà più, se non reso irriconoscibile e ignominioso dall'orrida acconciatura dell'ergastolo, i figli suoi… Ma egli ha ucciso, ha fatto degli orfani, che non vedranno più affatto il loro padre, mai, mai, mai! E vero: punitelo! è giusto!… Ma non si potrebbe trovare il modo di punirlo con qualcosa di diverso da ciò ch'egli commise?… "Così esso assomiglia troppo alle sue vittime! Così andranno sopra lui alcune delle lagrime che spettano alle sue vittime! Le sue vittime vogliono tutta per loro la pietà che in parte s'è disviata in pro' di lui!" […] Non essere così ragionevole, o Giustizia. Perdona più che puoi. —Più che posso?— Ella dice di non potere affatto. Se gli uomini, ella soggiunge, fossero a tal grado di moralità da sentire veramente quell'orrore al delitto, che tu dici, si potrebbe lasciare che il delitto fosse pena a sé stesso, senza bisogno di mannaie e catene, di morte o mortificazione. Ma… Ma non vede dunque la giustizia che quest'orrore al delitto gli uomini lo mostrano appunto già assai, quando abominano, in palese o nel cuore, il delitto anche se è dato in pena d'altro delitto, ossia nella forma in cui parrebbe più tollerabile?|Giovanni Pascoli, ''L'avvento'' in ''[[Pensieri e discorsi]]'', [http://www.classicitaliani.it/pascoli/prosa/pascoli_avvento.htm]}}</ref>.
 
=== I primi studi ===
Il [[10 agosto]] [[1867]] il padre Ruggero venne assassinato con una fucilata mentre tornava a casa da [[Cesena]], e le ragioni del delitto, forse di natura politica o forse per contrasti di lavoro, e i responsabili rimasero per sempre oscuri, nonostante la famiglia avesse forti sospetti sull'identità dell'assassino, come traspare evidente nella poesia ''[[La cavallina storna]]''.
Nel 1871, all'età di quindici anni e dopo la morte del fratello Luigi avvenuta per [[meningite]] il 19 ottobre dello stesso anno, Giovanni Pascoli dovette lasciare il [[Palazzo del Collegio Raffaello|Collegio Raffaello]] dei padri [[Scolopi]] di [[Urbino]]<ref>{{Cita web|url=http://www.iisraffaello.gov.it/la-scuola/la-storia-dell-i-i-s-raffaello-di-urbino/|titolo=La storia dell'I.I.S. Raffaello|accesso=30 ottobre 2017|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20181220230407/http://www.iisraffaello.gov.it/la-scuola/la-storia-dell-i-i-s-raffaello-di-urbino/|urlmorto=sì}}</ref>; si trasferì a [[Rimini]] per frequentare il [[liceo classico]] Giulio Cesare.
 
Giovanni giunse a Rimini assieme ai suoi cinque fratelli: Giacomo (19 anni), Raffaele (14), Alessandro Giuseppe, (12), Ida (8), Maria (6, chiamata affettuosamente Mariù). «L'appartamento, già scelto da Giacomo ed arredato con lettini di ferro e di legno, e con mobili di casa nostra, era in uno stabile interno di via San Simone, e si componeva del pianterreno e del primo piano», scrive Mariù: «La vita che si conduceva a Rimini… era di una economia che appena consentiva il puro necessario». Pascoli terminò infine gli studi liceali a Cesena dopo aver frequentato il ginnasio e il liceo al prestigioso [[Liceo Ginnasio Dante|Liceo Dante di Firenze]], e aver fallito l'esame di licenza a causa delle materie scientifiche.
Il trauma lasciò segni profondi nella vita di Pascoli. La famiglia cominciò dapprima a perdere il proprio status economico e poi a subire una serie impressionante di altri lutti, disgregandosi: costretti a lasciare la tenuta, l'anno successivo morirono la madre e la sorella Margherita, nel [[1871]] il fratello Luigi e nel [[1876]] il fratello maggiore Giacomo, che aveva tentato di ricostituire il nucleo familiare.
 
=== L'università e l'impegno politico ===
Nella biografia lasciata dalla sorella Mariù, ''Lungo la vita di Giovanni Pascoli'', il futuro poeta viene presentato come un ragazzo solido e vivace, il cui carattere non è stato alterato dalle disgrazie; per anni, infatti, le sue reazioni parvero essere volitive e tenaci, nell'impegno a terminare il liceo ed a cercare i mezzi per gli studi universitari, nonché nel puntiglio, sempre frustrato, dimostrato nel ricercare e perseguire l'assassino del padre.
[[File:Pascoli docente.jpg|thumb|Giovanni Pascoli nell'agosto del 1884]]
Grazie a una borsa di studio di 600 [[Lira (moneta)|lire]] (che poi perse per aver partecipato a una manifestazione studentesca), Pascoli si iscrisse all'[[Università di Bologna]] dove ebbe come docenti il poeta [[Giosuè Carducci]] e il [[latinista]] [[Giovanni Battista Gandino]], e diventò amico del poeta e critico [[Severino Ferrari]]. Conosciuto [[Andrea Costa]] e avvicinatosi al movimento [[Anarco-socialismo|anarco-socialista]], cominciò nel 1877 a tenere comizi a [[Forlì]] e a [[Cesena]]. Durante una manifestazione socialista a [[Bologna]], dopo l'attentato fallito dell'[[Anarchia|anarchico]] [[Basilicata|lucano]] [[Giovanni Passannante]] ai danni del [[re Umberto I]], il giovane poeta lesse pubblicamente un proprio sonetto dal presunto titolo ''Ode a Passannante''. L'ode venne subito dopo strappata (probabilmente per timore di essere arrestato o forse per essersi pentito, pensando all'assassinio del padre) e di essa si conoscono solamente gli ultimi due versi tramandati oralmente: «colla berretta d'un cuoco, faremo una bandiera»<ref>{{cita libro|nome=Domenico|cognome=Bulferetti|wkautore=Domenico Bulferetti|titolo=Giovanni Pascoli. L'uomo, il maestro, il poeta|editore=Libreria Editrice Milanese|anno=1914|p=57}}</ref>.
 
La paternità del componimento fu oggetto di controversie: sia la sorella Maria sia lo studioso [[Piero Bianconi]] negarono che egli avesse scritto tale ode ([[Piero Bianconi]] la definì «la più celebre e citata delle poesie inesistenti della letteratura italiana»<ref>{{cita libro|nome=Piero|cognome=Bianconi|wkautore=Piero Bianconi|titolo=Pascoli|editore=Morcelliana|anno=1935|p=26}}</ref>). Benché non vi sia alcuna prova tangibile sull'esistenza dell'opera, Gian Battista Lolli, vecchio segretario della federazione socialista di Bologna e amico del Pascoli, dichiarò di aver assistito alla lettura e attribuì al poeta la realizzazione della lirica<ref>{{cita libro|nome=Giuseppe|cognome=Galzerano|wkautore=Giuseppe Galzerano|titolo=Giovanni Passannante|editore=Casalvelino Scalo|anno=2004|p=272}}</ref>. Pascoli fu arrestato il 7 settembre 1879 per aver partecipato a una protesta contro la condanna di alcuni anarchici, i quali erano stati a loro volta imprigionati per i disordini generati dalla condanna di Passannante: durante il loro processo, il poeta urlò: «Se questi sono i malfattori, evviva i malfattori!»<ref>{{cita libro|nome=Ugoberto|cognome=Alfassio Grimaldi|wkautore=Ugoberto Alfassio Grimaldi|titolo=Il re "buono"|editore=Feltrinelli|anno=1980|p=146}}</ref>
===I primi studi===
Nel [[1871]], all'età di 16 anni e dopo la morte del fratello Luigi (per [[meningite]] il [[19 ottobre]] dello stesso anno), Pascoli dovette lasciare il collegio Raffaello dei padri Scolopi di [[Urbino]], e si trasferisce a [[Rimini]], per frequentare il liceo classico Giulio Cesare; giunge a Rimini assieme ai suoi sei fratelli: Giacomo (19 anni), Luigi (17), Raffaele (14), Giuseppe (cioè Alessandro, 12), Ida (8), Mariù (6).
 
Dopo poco più di cento giorni, esclusa la maggiore gravità del reato, con sentenza del 18 novembre 1879 la Corte d'Appello rinviò gli imputati - Pascoli e Ugo Corradini - davanti al Tribunale. Il processo, in cui Pascoli era difeso dall'avvocato Barbanti, ebbe luogo il 22 dicembre e fu chiamato a testimone anche il suo docente Carducci, il quale inviò una sua dichiarazione: «Il Pascoli non ha capacità a delinquere in relazione ai fatti denunciati»<ref>{{cita libro|nome=Rosita|cognome=Boschetti|wkautore=Rosita Boschetti|titolo=Il giovane Pascoli. Attraverso le ombre della giovinezza|anno=2007|url=http://www.comune.sanmauropascoli.fc.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=24047&idArea=24051&idCat=24684&ID=24684}} Catalogo della mostra omonima allestita presso il Museo Casa Pascoli di San Mauro Pascoli.</ref>. Pascoli venne assolto, ma attraversò un periodo difficile minato da intenti suicidi (a cui desistette grazie al pensiero della madre defunta, come raccontato nella poesia ''La voce''), finché alla fine riprese gli studi con impegno.
«L'appartamento, già scelto da Giacomo ed arredato con lettini di ferro e di legno, e con mobili di casa nostra, era in uno stabile interno di via San Simone, e si componeva del pianterreno e del primo piano», scrive Mariù: «La vita che si conduceva a Rimini… era di una economia che appena consentiva il puro necessario».
 
Nonostante le simpatie verso il movimento anarco-socialista in età giovanile, nel 1900, quando [[Umberto I di Savoia|Umberto I]] venne ucciso da un altro anarchico, [[Gaetano Bresci]], Pascoli rimase amareggiato dall'accaduto e compose la poesia ''[[Al Re Umberto]]''. Abbandonò dunque la militanza politica, ma mantenne sempre un certo spirito socialista umanitario caratterizzato dall'impegno verso i deboli e la concordia universale fra gli uomini, argomento di alcune liriche:
Pascoli terminò infine gli studi liceali a [[Firenze]].
{{citazione|Pace, fratelli! e fate che le braccia / ch'ora o poi tenderete ai più vicini, / non sappiano la lotta e la minaccia.|Giovanni Pascoli, ''I due fanciulli''}}
 
===L'università eLa l'impegno politicodocenza ===
Dopo la [[laurea]], conseguita nel 1882 con una tesi su [[Alceo]], Pascoli intraprese la carriera di insegnante di [[lingua latina|latino]] e [[lingua greca|greco]] nei licei di [[Matera]] e di [[Massa (Italia)|Massa]]. Dopo le vicissitudini e i lutti, il poeta aveva finalmente ritrovato la gioia di vivere e di credere nel futuro. All'indomani della laurea scrisse da [[Argenta]]:
{{s sezione}}
Grazie all'interessamento di un suo ex-professore, che gli fece ottenere una borsa di studio di 600 lire, Pascoli si iscrisse all'[[Università di Bologna]], dove ebbe come docente il poeta [[Giosuè Carducci]], e diventò amico del poeta e critico [[Severino Ferrari]].
 
{{Citazione|Il prossimo ottobre andrò professore, ma non so ancora dove: forse lontano; ma che importa? Tutto il mondo è paese ed io ho risoluto di trovar bella la vita e piacevole il mio destino.}}
Conosciuto [[Andrea Costa]] ed avvicinatosi ai [[socialismo|socialisti]], cominciò, nel [[1877]], a tenere comizi a [[Forlì]] e a [[Cesena]]. Ciò lo portò a quello che si può definire il punto di rottura: la detenzione nel [[carcere]] di [[Bologna]], in seguito a una retata dei [[Carabinieri]] tra i socialisti che avevano organizzato una manifestazione contro il governo per la condanna dell'[[anarchia|anarchico]] [[Giovanni Passannante]].
 
Su richiesta delle sorelle Ida e Maria, fino al 1882 nel convento di [[Sogliano al Rubicone|Sogliano]], Pascoli riformulò il proprio progetto di vita, sentendosi in colpa per avere abbandonato le sorelle negli anni universitari. In una lettera scritta da Argenta il 3 luglio 1882 in risposta alle sorelle che lo accusavano di averle abbandonate, Pascoli risponde:
L'isolamento forzato - dopo la goliardica esperienza dell'[[università]] e dell'impegno politico nei movimenti della [[sinistra]] - lo costrinse forse a riflettere su di sé. È da qui che cominciò quella che la critica storica ha registrato come la regressione infantile di Pascoli.
 
{{Citazione|Povere bambine! Sotto ogni parola di quella vostra lettera così tenera, io leggevo un rimprovero per me, io intravedevo una lagrima!}}
===La docenza===
Dopo la [[laurea]], conseguita nel [[1882]] con una tesi su [[Alceo]], Pascoli intraprese la carriera di insegnante di [[lingua latina|latino]] e [[lingua greca|greco]] nei licei di [[Matera]] e di [[Massa (MS)|Massa]]. Qui volle vicino a sé le due sorelle minori Ida e Maria (sempre affettuosamente chiamata Mariù), con le quali tentò di ricostituire il primitivo nucleo familiare.
 
E ancora da Matera nell'ottobre del 1882:
Dal [[1887]] al [[1895]] insegnò a [[Livorno]]. Intanto iniziò la collaborazione con la rivista ''[[Vita nuova]]'', su cui uscirono le prime poesie di ''[[Myricae]]'', raccolta che continuò a rinnovarsi in cinque edizioni fino al [[1900]].
 
{{q|Amate voi me, che ero lontano e parevo indifferente, mentre voi vivevate nell'ombra del chiostro […] Amate voi me, che sono accorso a voi soltanto quando escivate dal convento raggianti di mite contentezza, m'amate almeno come le gentili compagne delle vostre gioie e consolatrici dei vostri dolori?<ref>{{cita libro|autore=[[Rosita Boschetti]]|autore2=[[Gianfranco Miro Gori]]|autore3=[[Umberto Sereni]]|titolo=Giovanni Pascoli. Vita immagini ritratti|città=Parma|editore=Grafiche Step|anno=2012|url=http://www.casapascoli.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=24047&idArea=24051&idCat=24051&ID=24051&TipoElemento=area}}</ref>}}
Vinse inoltre, per ben tredici volte di seguito la medaglia d'oro al [[Certamen poeticum Hoeufftianum|Concorso di poesia latina di Amsterdam]], col poemetto ''Veianus'' e coi successivi ''Carmina''.
 
Il 22 settembre 1882 Pascoli era stato iniziato alla [[Massoneria in Italia|massoneria]], presso la [[Loggia massonica|loggia]] "[[Rizzoli (loggia)|Rizzoli]]" di [[Bologna]]. Il testamento massonico autografo del Pascoli, a forma di [[triangolo]] (il triangolo è un simbolo massonico), è stato rinvenuto nel 2002<ref>Il rinvenimento è opera di [[Gian Luigi Ruggio]], conservatore di casa Pascoli a Castelvecchio. Il documento fu acquistato dal [[Grande Oriente d'Italia]] nel giugno [[2006]] a un'[[Asta (compravendita)|asta]] di [[Manoscritto|manoscritti]] storici della casa Bloomsbury, e la notizia fu resa nota al grande pubblico per la prima volta sul ''[[Corriere della Sera]]'', 22 giugno [[2007]].</ref>. [[Giuliano Di Bernardo]], a capo del [[Grande Oriente d'Italia]] dal 1990 al 1993, nel 2017 ha esplicitamente dichiarato l'appartenenza di Pascoli e Carducci alla massoneria, per un certo periodo nelle logge<ref>{{cita video|autore=[[Sandro Ruotolo]]|autore2=[[Giuliano Di Bernardo]]|url=https://www.youtube.com/watch?v=YA-ryJ-2kPU/|titolo=Massoneria, politica e mafia. L'ex-Gran Maestro: "Ecco i segreti che non ho mai rivelato a nessuno"|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190529193324/https://www.youtube.com/watch?v=YA-ryJ-2kPU/|urlmorto=no|accesso=29 maggio 2019|dataarchivio=29 maggio 2019}}, al minuto 2:28. Citazione: «La loggia P2 non è stata inventata da Gelli, ma risale alla seconda metà dell'Ottocento in cui il Gran Maestro per dare una certa riservatezza a personaggi che erano i vertici del Governo, i militari di altissimo livello, poeti come Carducci e Pascoli. Si disse: "Evitiamo che questi personaggi svolgano la loro attività massonica nelle logge, almeno per evitare un fastidio"».</ref>. I contatti con la Massoneria sono confermati anche dall'intenso [[lettera (messaggio)|scambio epistolare]] che intrattenne col [[massoneria|massone]] [[Luigi d'Isengard]].<ref>{{cita web|url=https://publires.unicatt.it/it/publications/carteggio-giovanni-pascoli-luigi-disengard-10|titolo=Carteggio Giovanni Pascoli- Luigi d’Isengard|autore= [[Antonio Zollino]]}}</ref>
Nel [[1894]] fu chiamato a [[Roma]] per collaborare con il [[pubblica Istruzione|Ministero della pubblica istruzione]]. Nella capitale pubblicò la prima versione dei ''Poemi conviviali'' (''Gog e Magog''), ed ebbe modo di conoscere e frequentare [[Gabriele D'Annunzio]].
 
Dal 1887 al 1895 insegnò a [[Livorno]] al Ginnasio-Liceo "Guerrazzi e Niccolini", nel cui archivio si trovano ancora lettere e appunti scritti di suo pugno, e nel frattempo iniziò la collaborazione con la rivista ''[[Vita nuova]]'' su cui uscirono le prime poesie di ''[[Myricae]]'', raccolta che continuò a rinnovarsi in cinque edizioni fino al 1900. Vinse inoltre per ben tredici volte la medaglia d'oro al [[Certamen poeticum Hoeufftianum|Concorso di poesia latina di Amsterdam]], col poemetto ''Veianus'' e coi successivi ''Carmina''.
===Il "nido" di Castelvecchio===
Costretto dalla sua professione di docente universitario a lavorare in città (Bologna, [[Firenze]] e [[Messina]], dove insegnò per alcuni anni all'Università e compose tra le sue più belle poesie, una su tutte: ''L'Aquilone''), egli non si radicò mai in esse, preoccupandosi sempre di garantirsi una "via di fuga" verso il proprio mondo di origine, quello agreste.
 
[[File:Pascoli sorelle.jpg|thumb|left|Pascoli con le sorelle Ida e [[Maria Pascoli|Maria]]]]
Nel [[1895]] infatti si trasferì con la sorella Maria nella casa di [[Caprona]], colle di [[Castelvecchio]] presso [[Barga]], che divenne la sua residenza stabile quando poté acquistarla col ricavato della vendita di alcune medaglie d'oro vinte nei concorsi. Per preservare quello che pareva essere un "nido familiare", Pascoli addirittura annullò l'imminente matrimonio con la cugina Imelde Morri, e mai accettò il matrimonio della sorella Ida, che considerò come tradimento.
Nel 1894 fu chiamato a [[Roma]] per collaborare con il Ministero della pubblica istruzione. Nella capitale fece la conoscenza di [[Adolfo De Bosis]], che lo invitò a collaborare alla rivista ''[[Convito]]'' (dove sarebbero infatti apparsi alcuni tra i componimenti più tardi riuniti nel volume ''[[Poemi conviviali]]''), e di [[Gabriele D'Annunzio]], il quale lo stimava, anche se il rapporto tra i due poeti fu sempre complesso.
 
=== Il "nido" di Castelvecchio ===
Si può addirittura affermare che la vita moderna della città non entrò mai, neppure come antitesi, come contrapposizione polemica, nella poesia pascoliana: egli, in un certo senso, non uscì mai dal suo mondo, che costituì, in tutta la sua produzione letteraria, l'unico grande tema, una specie di [[microcosmo]] chiuso su sé stesso, come se il poeta avesse bisogno di difenderlo da un minaccioso disordine esterno che, però, rimase innominato e oscuro, privo di riferimenti e di identità, come lo era stato l'assassino di suo padre. Sull'ambiguo e tormentato rapporto con le sorelle - il "nido" familiare che ben presto divenne "tutto il mondo" della poesia di Pascoli - ha scritto parole di estrema chiarezza il poeta [[Mario Luzi]]: {{Quote|Di fatto si determina nei tre che la disgrazia ha diviso e ricongiunto una sorta di infatuazione e mistificazione infantili, alle quali Ida è connivente solo in parte. Per il Pascoli si tratta in ogni caso di una vera e propria regressione al mondo degli affetti e dei sensi, anteriore alla responsabilità; al mondo da cui era stato sbalzato violentemente e troppo presto. Possiamo notare due movimenti concorrenti: uno, quasi paterno, che gli suggerisce di ricostruire con fatica e pietà il nido edificato dai genitori; di investirsi della parte del padre, di imitarlo. Un altro, di ben diversa natura, gli suggerisce invece di chiudersi là dentro con le piccole sorelle che meglio gli garantiscono il regresso all'infanzia, escludendo di fatto, talvolta con durezza, gli altri fratelli. In pratica il Pascoli difende il nido con sacrificio, ma anche lo oppone con voluttà a tutto il resto: non è solo il suo ricovero ma anche la sua misura del mondo. Tutto ciò che tende a strapparlo di lì in qualche misura lo ferisce; altre dimensioni della realtà non gli riescono, positivamente, accettabili. Per renderlo più sicuro e profondo lo sposta dalla città, lo colloca tra i monti della [[Garfagnana]] dove può, oltre tutto, mimetizzarsi con la natura.|[M. Luzi, Giovanni Pascoli]}}
{{citazione|La nube nel giorno più nera<br />fu quella che vedo più rosa<br />nell'ultima sera.|Giovanni Pascoli, ''La mia sera'' da ''[[Canti di Castelvecchio]]''}}
 
Divenuto professore universitario nel 1895, fu costretto dalla sua professione a lavorare in più città, come [[Bologna]], [[Messina]] e [[Pisa]]<ref>A Bologna fu professore di grammatica greca e latina dal 25 ottobre [[1895]], a Messina di letteratura latina come professore ordinario dal 27 ottobre [[1897]], a Pisa di grammatica greca e latina il 28 giugno [[1903]]. Le date sulle docenze universitarie sono prese dalla nota biografica di Maurizio Perugi in ''Opere'' di Giovanni Pascoli, tomo I, Milano-Napoli, Ricciardi, 1980, pp. XXXVII-XL.</ref>, ma non si radicò mai in esse, preoccupandosi sempre di garantirsi una "via di fuga" verso il proprio mondo di origine, quello agreste. Tuttavia il punto di arrivo sarebbe stato sul versante appenninico opposto a quello da cui proveniva la sua famiglia: nel 1895 infatti si trasferì con la sorella Maria nella [[Media Valle del Serchio]], nel piccolo borgo di Castelvecchio (oggi [[Castelvecchio Pascoli]]) nel [[comune]] di [[Barga]], in una casa che divenne la sua residenza stabile quando poté acquistarla (impegnando anche alcune medaglie d'oro vinte al concorso di poesia latina di Amsterdam).
===Gli ultimi anni===
 
Dopo il matrimonio della sorella Ida con il romagnolo Salvatore Berti, matrimonio che il poeta aveva contemplato e seguito sin dal 1891, Pascoli vivrà in seguito alcuni mesi di grande sofferenza per l'indifferenza della sorella Ida nei suoi confronti e le continue richieste economiche da parte di lei e del marito, vivendo la cosa come una profonda ferita dopo i dieci anni di sacrifici e dedizione alle sorelle, a causa delle quali il poeta aveva di fatto più volte rinunciato all'amore<ref>{{cita libro|nome=Rosita|cognome=Boschetti|wkautore=Rosita Boschetti|titolo=Pascoli innamorato: la vita sentimentale del poeta di San Mauro|editore=Comune di San Mauro Pascoli|anno=2015}} Catalogo della mostra dedicata agli amore del poeta e allestita dal Museo Casa Pascoli nel 2013: la mostra ha indagato le vicende amorose inedite di Pascoli, chiarendo finalmente il suo desiderio più volte manifestato e sempre represso di crearsi una propria famiglia.</ref>. Molti particolari della vita personale, successivamente emersi dalle lettere private, furono taciuti dalla celebre biografia scritta dalla sorella Maria, poiché giudicati da lei sconvenienti o non conosciuti<ref>Cfr. sempre Rosita Boschetti, ''op. cit'', pag. 28; Pascoli scrive da Matera a Raffaele la lista delle sue spese: «65 lire al mese per mangiare, 25 per dormire, 7 alla serva, 2 al casino (necessità), 15 in libri (più che necessità)».</ref>. Il fidanzamento di Pascoli con la cugina Imelde Morri di Rimini, all'indomani delle nozze di Ida e organizzato all'insaputa di Mariù, dimostra il reale intento del poeta, ma di fronte alla disperazione di Mariù, che non avrebbe mai accettato il matrimonio, né l'ingerenza di un'altra donna in casa sua, Pascoli rinuncerà al proposito di vita coniugale.
Le trasformazioni politiche e sociali che agitavano gli anni di fine secolo e preludevano alla [[prima guerra mondiale|catastrofe bellica europea]] e all'avvento del [[fascismo]] gettarono progressivamente Pascoli, già emotivamente provato dall'ulteriore fallimento del suo tentativo di ricostruzione familiare, in una condizione di insicurezza e pessimismo ancora più marcati.
 
Si può affermare che la vita moderna della città non entrò mai, neppure come [[antitesi]], come contrapposizione polemica, nella poesia pascoliana: egli, in un certo senso, non uscì mai dai confini del cosiddetto «nido», il suo mondo reale e metaforico che costituì, in tutta la sua produzione letteraria, l'unico grande tema, una specie di [[microcosmo]] da lui definito «tutto il mondo» eppure chiuso su sé stesso, come se il poeta avesse bisogno di difenderlo da un minaccioso disordine esterno, peraltro sempre innominato e oscuro, privo di riferimenti e di identità, come lo era stato l'assassino di suo padre. Sul tormentato rapporto nel nido con le sorelle ha scritto parole di estrema chiarezza il poeta [[Mario Luzi]]:
Dal [[1897]] al [[1903]] insegna [[Lingua latina|latino]] all'[[Università di Messina]], ed in seguito a [[Pisa]]. in quegli anni pubblicò i volumi di analisi [[Dante Alighieri|dantesca]] ''Minerva oscura'' ([[1898]]), ''Sotto il velame'' ([[1900]]) e ''La Mirabile Visione'' ([[1902]]).
 
{{Citazione|Di fatto si determina nei tre che la disgrazia ha diviso e ricongiunto una sorta di infatuazione e mistificazione infantili, alle quali Ida è connivente solo in parte. Per il Pascoli si tratta in ogni caso di una vera e propria regressione al mondo degli affetti e dei sensi, anteriore alla responsabilità; al mondo da cui era stato sbalzato violentemente e troppo presto. Possiamo notare due movimenti concorrenti: uno, quasi paterno, che gli suggerisce di ricostruire con fatica e pietà il nido edificato dai genitori; di investirsi della parte del padre, di imitarlo. Un altro, di ben diversa natura, gli suggerisce invece di chiudersi là dentro con le piccole sorelle che meglio gli garantiscono il regresso all'infanzia, escludendo di fatto, talvolta con durezza, gli altri fratelli. In pratica il Pascoli difende il nido con sacrificio, ma anche lo oppone con voluttà a tutto il resto: non è solo il suo ricovero ma anche la sua misura del mondo. Tutto ciò che tende a strapparlo di lì in qualche misura lo ferisce; altre dimensioni della realtà non gli riescono, positivamente, accettabili. Per renderlo più sicuro e profondo lo sposta dalla città, lo colloca tra i monti della [[Media Valle del Serchio]] dove può, oltre tutto, mimetizzarsi con la natura.|Mario Luzi, ''Giovanni Pascoli''}}
Nel [[1905]] assume la cattedra di letteratura italiana all'[[Università di Bologna]] succedendo a Carducci.
 
In particolare si fecero difficili i rapporti con Giuseppe, che mise più volte in imbarazzo Giovanni a Bologna, ubriacandosi continuamente in pubblico nelle osterie<ref>{{Cita web|url=http://www.fondazionepascoli.it/lavita3.html|titolo=La vita, parte 3|accesso=9 marzo 2018|dataarchivio=21 giugno 2012|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120621001920/http://www.fondazionepascoli.it/lavita3.html|urlmorto=sì}}</ref>, e con il marito di Ida, il quale nel 1910, dopo aver ricevuto in prestito dei soldi da Giovanni, partì per l'America lasciando in Italia la moglie e le tre figlie.
Nel novembre [[1911]], durante la campagna di Libia, presso il teatro di Barga pronuncia il celebre discorso a favore dell'imperialismo ''La grande Proletaria si è mossa''.
 
=== Gli ultimi anni ===
Nel [[1912]], già malato di [[cirrosi epatica]] (a causa dell'abuso di alcool) muore a causa di un cancro al fegato a Bologna. Viene sepolto nella cappella annessa alla sua dimora di [[Castelvecchio Pascoli|Castelvecchio di Barga]], dove sarà tumulata anche l'amata sorella Maria.
[[File:Pascoli campagna.jpg|thumb|Giovanni Pascoli fotografato nella casa di campagna a Castelvecchio di Barga]]
Le trasformazioni politiche e sociali che agitavano gli anni di fine secolo e preludevano alla catastrofe bellica europea della [[prima guerra mondiale]], gettarono progressivamente Pascoli, già emotivamente provato dall'ulteriore fallimento del suo tentativo di ricostruzione familiare, in una condizione di insicurezza e pessimismo ancora più marcati, che lo condussero in una fase di [[depressione (malattia)|depressione]] e nel baratro dell'[[alcolismo]]: il poeta abusava di [[vino]] e [[cognac (distillato)|cognac]], come riferisce anche nelle lettere<ref>{{cita|Ruggio||Ruggio}}</ref><ref name=andreoli>{{cita libro|nome=Vittorino|cognome=Andreoli|wkautore=Vittorino Andreoli|titolo=I segreti di casa Pascoli|url=http://www.italialibri.net/opere/segretidicasapascoli.html}}</ref>.
 
Negli ultimi anni della sua vita, la poesia e il nido diventano le uniche consolazioni di Pascoli dopo la perdita della fede trascendente, cercata e avvertita comunque nel senso del mistero universale, in una sorta di [[agnosticismo]] [[mistico]], come testimonia una missiva al cappellano militare padre [[Giovanni Semeria]]:
==Il profilo letterario: la sua ''rivoluzione poetica''==
L'esperienza poetica pascoliana si inserisce, con tratti originalissimi, nel panorama del decadentismo europeo e segna in maniera indelebile la poesia italiana: essa affonda le radici in una visione profondamente pessimistica della vita,in cui si riflette la scomparsa della fiducia, propria del [[Positivismo]],in una conoscenza in grado di spiegare compiutamente la realtà e di garantire un processo continuativo del genere umano. Il mondo circostante appare all'autore come un insieme misterioso e indecifrabile, nel quale l'uomo è costretto a muoversi, dovendo fare i conti anche con l'egoismo e la malvagità dei propri simili. Secondo Pascoli, la poesia non è una vera creazione della [[fantasia]] ma è il risultato di una particolare capacità di "leggere" ovvero di capire e interpretare la realtà, non è una "invenzione" ma il disvelamento di ciò che è nelle cose, anche in quelle più semplici della vita di ogni giorno. Pascoli, pertanto, fu il primo grande poeta italiano a mettere radicalmente in discussione l'idea consolidata secondo cui la poesia avrebbe potuto e dovuto cantare solo argomenti nobili ed elevati quali l'amore, le armi e la virtù: inoltre, aprendo le porte alla poetica delle "piccole cose", Pascoli aprì anche la lingua alla poesia delle "piccole parole", quelle - semplici - quelle della comunicazione quotidiana, e completò l'avvicinamento del linguaggio poetico a quello della prosa.
 
{{citazione|Io penso molto all'oscuro problema che resta… oscuro. La fiaccola che lo rischiara è in mano della nostra sorella grande Morte! Oh! sarebbe pur dolce cosa il credere che di là fosse abitato! Ma io sento che le religioni, compresa la più pura di tutte, la cristiana, sono per così dire, Tolemaiche. Copernico, Galileo le hanno scosse.}}
===La formazione letteraria===
La fase cruciale della formazione letteraria di Pascoli va fatta risalire ai nove anni trascorsi a Bologna come studente alla Facoltà di Lettere ([[1873]] - [[1882]]). Allievo di [[Giosuè Carducci|Carducci]], che si accorse subito delle qualità del giovane Pascoli, nella cerchia ristretta dell'ambiente creatosi attorno al poeta, Pascoli visse gli anni più movimentati della sua vita. Qui, protetto comunque dalla naturale dipendenza tra maestro e allievo, Pascoli non ebbe bisogno di alzare barriere nei confronti della realtà, dovendo limitarsi a seguire gli indirizzi ed i modelli del suo corso di studi: i [[Letteratura classica|classici]], la [[filologia]], la [[Storia della letteratura italiana|letteratura italiana]]. Nel [[1875]] perse la [[borsa di studio]] e con essa l'unico mezzo di sostentamento su cui poteva contare. La frustrazione ed i disagi materiali lo spinsero verso il movimento [[socialismo|socialista]] in quella che fu l'unica breve parentesi [[politica]] della sua vita. Nel [[1879]] venne arrestato e assolto dopo tre mesi di carcere; l'ulteriore senso di ingiustizia e la delusione lo riportarono nell'alveo d'ordine del maestro Carducci e al compimento degli studi con una tesi sul poeta greco [[Alceo]]. A margine degli studi veri e propri, egli, comunque, condusse una vasta esplorazione del mondo letterario ed anche scientifico straniero, attraverso le riviste francesi specializzate come la ''Revue des deux Mondes'', che lo misero in contatto con l'[[avanguardia]] [[simbolismo|simbolista]], e la lettura dei testi scientifico-naturalistici di [[Jules Michelet]], [[Jean-Henri Fabre]] e [[Maurice Maeterlinck]]. Tali testi utilizzavano la descrizione naturalistica - la vita degli [[insecta|insetti]] soprattutto, per quell'attrazione per il microcosmo così caratteristica del [[Romanticismo]] [[Decadentismo|decadente]] di fine Ottocento - in chiave poetica; l'osservazione era aggiornata sulle più recenti acquisizioni scientifiche dovute al perfezionamento del [[microscopio]] e della sperimentazione di laboratorio, ma poi veniva filtrata letterariamente attraverso uno stile [[Poesia lirica|lirico]] in cui dominava il senso della meraviglia e della fantasia. Era un atteggiamento [[Positivismo|positivista]] "romanticheggiante" che tendeva a vedere nella natura l'aspetto pre-cosciente del mondo umano.<br/>
Coerentemente con questi interessi, vi fu anche quello per la cosiddetta "filosofia dell'inconscio" del tedesco [[Karl Robert Eduard von Hartmann]], l'opera che aprì quella linea di interpretazione della psicologia in senso anti-meccanicistico che sfociò nella [[psicanalisi]] [[Sigmund Freud|freudiana]]. È evidente in queste letture - come in quella successiva dell'opera dell'inglese [[James Sully]] sulla "psicologia dei bambini" - un'attrazione di Pascoli verso il "mondo piccolo" dei fenomeni naturali e psicologicamente elementari che tanto fortemente caratterizzò tutta la sua poesia. E non solo la sua. Per tutto l'[[XIX secolo|Ottocento]] la cultura europea aveva coltivato un particolare culto per il mondo dell'[[infanzia]], dapprima, in un senso [[pedagogia|pedagogico]] e culturale più generico, poi, verso la fine del secolo, con un più accentuato intendimento [[psicologia|psicologico]]. I Romantici, sulla scia di [[Giambattista Vico]] e di [[Jean-Jacques Rousseau|Rousseau]], avevano paragonato l'infanzia allo stato primordiale "di natura" dell'umanità, inteso come una sorta di età dell'oro.<br/> Verso gli anni [[1880|'80]] si cominciò, invece, ad analizzare in modo più realistico e scientifico la [[psicologia dell'infanzia]], portando l'attenzione sul bambino come individuo in sé, caratterizzato da una propria realtà di riferimento. La [[letteratura per l'infanzia]] aveva prodotto in meno di un secolo una quantità considerevole di libri che costituirono la vera [[letteratura]] di massa fino alla fine dell'Ottocento. Parliamo dei libri per i bambini, come le innumerevoli raccolte di [[fiaba|fiabe]] dei [[fratelli Grimm]] ([[1822]]), di [[Hans Christian Andersen|H.C. Andersen]] ([[1872]]), di [[John Ruskin|Ruskin]] ([[1851]]), [[Oscar Wilde|Wilde]] ([[1888]]), Maurice Maeterlinck ([[1909]]); o come i capolavori di [[Lewis Carroll|Carroll]], ''[[Alice nel paese delle meraviglie]]'' ([[1865]]). Oppure i libri di avventura adatti anche all'infanzia, come i romanzi di [[Jules Verne]], [[Rudyard Kipling|Kipling]], [[Mark Twain|Twain]], [[Emilio Salgari|Salgari]], [[Jack London|London]]. O libri sull'infanzia, dall'intento moralistico ed educativo, come ''[[Senza famiglia]]'' di [[Hector Malot|Malot]] ([[1878]]), ''[[Il piccolo lord]]'' di [[Frances Hodgson Burnett|F.H. Burnett]] ([[1886]]), ''[[Piccole donne]]'' di [[Louisa May Alcott|Alcott]] ([[1869]]) e i celeberrimi ''[[Cuore]]'' di [[Edmondo De Amicis|De Amicis]] ([[1886]]) e [[Pinocchio]] di [[Carlo Collodi|Collodi]] ([[1887]]). Tutto questo ci serve a ricondurre, naturalmente, la teoria pascoliana della poesia come intuizione pura e ingenua, espressa nella poetica del ''[[Il fanciullino|Fanciullino]]'', ai riflessi di un vasto ambiente culturale europeo che era assolutamente maturo per accogliere la sua proposta. In questo senso non si può parlare di una vera novità, quanto piuttosto della sensibilità con cui egli seppe cogliere un gusto diffuso ed un interesse già educato, traducendoli in quella grande poesia che all'Italia mancava dall'epoca di [[Giacomo Leopardi|Leopardi]]. Per quanto riguarda il linguaggio, Pascoli ricerca una sorta di musicalità evocativa, accentuando l'elemento sonoro del verso, secondo il modello dei [[poeti maledetti]] [[Paul Verlaine]] e [[Stéphane Mallarmé]].
 
Mentre insegnava [[Lingua latina|latino]] e [[Lingua greca antica|greco]] nelle varie università dove aveva accettato l'incarico, pubblicò anche i volumi di analisi [[Dante Alighieri|dantesca]] ''Minerva oscura'' (1898), ''Sotto il velame'' (1900) e ''La Mirabile Visione'' (1902). Nel 1906 assunse la cattedra di letteratura italiana all'[[Università di Bologna]] succedendo a Carducci. Qui ebbe allievi che sarebbero stati poi celebri, fra cui [[Aldo Garzanti]]. Nel novembre 1911 presenta al concorso indetto dal Comune di [[Roma]] per celebrare il cinquantesimo dell'[[Unità d'Italia]], il poema latino ''Inno a Roma''<ref>[[s:Inno a Roma|Testo del poema ''Inno a Roma'']].</ref> in cui riprendendo un tema già anticipato nell'ode ''Al [[Arbutus unedo|corbezzolo]]''<ref>[[s:Odi e inni/Odi/Al corbezzolo|Testo dell'ode ''Al corbezzolo'']].</ref> esalta Pallante come il primo morto per la causa nazionale e poi deposto su rami di corbezzolo che con i fiori bianchi, le bacche rosse e le foglie verdi, vengono visti come un'anticipazione della [[Corbezzolo (simbolo patrio italiano)|bandiera tricolore]].
===La poesia come "mondo" che protegge dal mondo===
Per Pascoli la poesia ha natura irrazionale e con essa si può giungere alla verità di tutte le cose; il poeta deve essere un poeta-fanciullo che arriva a questa verità mediante l'irrazionalità e l'intuizione. Rifiuta quindi la ragione e, di conseguenza, rifiuta il Positivismo (che era l'esaltazione della ragione stessa e del progresso), approdando, come si è detto, al decadentismo. La poesia diventa così analogica, cioè senza apparente connessione tra due o più realtà che vengono rappresentate; ma, appunto, solo apparentemente: in realtà c'è una connessione (a volte anche un po' forzata) tra i concetti ed il poeta spesso e volentieri è costretto a "voli vertiginosi" per mettere "in comunicazione" questi concetti. La poesia irrazionale o analogica è una poesia di svelamento o di scoperta e non di invenzione. I motivi principali di questa poesia devono essere "umili cose": cose della vita quotidiana, cose modeste o familiari. Nella vita dei letterati italiani degli ultimi due secoli ricorre pressoché costantemente la contrapposizione problematica tra mondo cittadino e mondo agreste, intesi come portatori di valori opposti: mentre la [[Campagna (ambiente)|campagna]] appare sempre più come il "paradiso perduto" dei valori morali e culturali, la [[città]] diviene simbolo di una condizione umana maledetta e snaturata, vittima della degradazione morale causata da un ideale di progresso puramente materiale. Questa contrapposizione può essere interpretata sia alla luce dell'arretratezza economica e culturale di gran parte dell'[[Italia]] rispetto all'evoluzione industriale delle grandi nazioni [[Europa|europee]], sia come conseguenza della divisione politica e della mancanza di una grande metropoli unificante come erano [[Parigi]] per la [[Francia]] e [[Londra]] per l'[[Inghilterra]]. I "luoghi" poetici della "terra", del "borgo", dell'"umile popolo" che ricorrono fino agli anni del [[Prima guerra mondiale|secondo dopoguerra]] non fanno che ripetere il sogno di una piccola [[patria]] lontana, che l'ideale unitario vagheggiato o realizzato non spegne mai del tutto.<br/>
Decisivo nella continuazione di questa tradizione fu proprio Pascoli, anche se i suoi motivi non furono quelli tipicamente [[ideologia|ideologici]] degli altri scrittori, ma nacquero da radici più intimistiche e soggettive. Nel [[1899|'99]] scrisse al pittore De Witt: {{citazione necessaria|«''C'è del gran dolore e del gran mistero nel mondo; ma nella vita semplice e familiare e nella contemplazione della natura, specialmente in campagna, c'è gran consolazione, la quale pure non basta a liberarci dall'immutabile destino''».}}
In questa contrapposizione tra l'esteriorità della vita sociale (e cittadina) e l'interiorità dell'esistenza familiare (e agreste) si racchiude l'idea dominante - accanto a quella della morte - della poesia pascoliana.<br/> Dalla casa di [[Castelvecchio]], dolcemente protetta dai [[bosco|boschi]] della [[Media Valle del Serchio]] vicino al borgo medievale di [[Barga]], Pascoli non "uscì" più (psicologicamente parlando) fino alla morte.<br/> Pur continuando in un intenso lavoro di pubblicazioni [[poesia|poetiche]] e [[saggio|saggistiche]], e accettando nel [[1905]] di succedere a Carducci sulla cattedra dell'[[Università di Bologna]], egli ci ha lasciato del mondo una visione univocamente ristretta attorno ad un "centro", rappresentato dal mistero della natura e dal rapporto tra amore e morte.<br/> Fu come se, sopraffatto da un'angoscia impossibile a dominarsi, il poeta avesse trovato nello strumento intellettuale del componimento poetico l'unico mezzo per costringere le paure ed i fantasmi dell'esistenza in un recinto ben delimitato, al di fuori del quale egli potesse continuare una vita di normali relazioni umane. A questo "recinto" poetico egli lavorò con straordinario impegno creativo, costruendo una raccolta di versi e di forme {{citazione necessaria|che la letteratura italiana non vedeva, per complessità e varietà, dai tempi di [[Gabriello Chiabrera|Chiabrera]].}} La ricercatezza quasi sofisticata, e artificiosa nella sua eleganza, delle [[metrica|strutture metriche]] scelte da Pascoli - mescolanza di [[novenari]], [[quinari]] e [[quaternari]] nello stesso componimento, e così via - è stata interpretata come un paziente e attento lavoro di organizzazione razionale della forma poetica attorno a contenuti psicologici informi e incontrollabili che premevano dall'inconscio. Insomma, esattamente il contrario di quanto i [[Simbolismo|simbolisti]] francesi e le altre avanguardie artistiche del primo [[XX secolo|Novecento]] proclamavano nei confronti della spontaneità espressiva. Anche se l'ultima fase della produzione pascoliana è ricca di tematiche socio-politiche (''Odi e inni'' del [[1911]], i ''Poemi italici'' e i ''Poemi del Risorgimento'', postumi; nonché il celebre discorso ''La grande Proletaria si è mossa'' tenuto nel [[1911]] in occasione di una manifestazione a favore dei feriti della [[Guerra Italo-Turca|guerra di Libia]]), non c'è dubbio che la sua opera più significativa è rappresentata dai volumi poetici che comprendono le raccolte di Myricae e dei [[Canti di Castelvecchio]] ([[1903]]). Il "mondo" di Pascoli è tutto lì: la natura come luogo dell'anima dal quale contemplare la morte come ricordo dei lutti privati. {{Quote|Troppa questa morte? Ma la vita, senza il pensiero della morte, senza, cioè, religione, senza quello che ci distingue dalle bestie, è un delirio, o intermittente o continuo, o stolido o tragico. D'altra parte queste poesie sono nate quasi tutte in campagna; e non c'è visione che più campeggi o sul bianco della gran nave o sul verde delle selve o sul biondo del grano, che quella dei trasporti o delle comunioni che passano: e non c'è suono che più si distingua sul fragor dei fiumi e dei ruscelli, su lo stormir delle piante, sul canto delle cicale e degli uccelli, che quello delle Avemarie.''Era uno stronzo
''Crescano e fioriscano intorno all'antica tomba della mia giovane madre queste myricae (diciamo cesti o stipe) autunnali.|Dalla Prefazione di Pascoli ai [[Canti di Castelvecchio]]}}
 
Scoppiata la [[guerra italo-turca]], presso il teatro di Barga pronuncia il celebre discorso a favore dell'imperialismo ''[[La grande proletaria si è mossa]]'': egli sostiene infatti che la [[Libia]] sia parte dell'[[Italia irredenta]], e l'impresa sia anche a favore delle popolazioni sottomesse alla [[Turchia]], oltre che positiva per i contadini italiani, che avranno nuove terre. Si tratta, in sostanza, non di nazionalismo vero e proprio, ma di un'evoluzione delle sue utopie socialiste e patriottiche.
===Il poeta e l' "io fanciullino"===
 
Uno dei tratti salienti per i quali Pascoli è passato alla storia della letteratura è la cosiddetta ''poetica del fanciullino'', da lui stesso così bene esplicitata nello scritto omonimo apparso sulla rivista "'' [[Il Marzocco]]''" nel [[1897]]. In tale scritto, Pascoli, influenzato dal manuale di psicologia infantile di [[James Sully]] e da "La filosofia dell'[[inconscio]]" di [[Karl Robert Eduard von Hartmann|Eduard von Hartmann]], dà una definizione assolutamente compiuta - almeno secondo il suo punto di vista - della poesia (dichiarazione poetica).
Il 31 dicembre 1911 compie 56 anni; sarà il suo ultimo compleanno: poco tempo dopo le sue condizioni di salute peggiorano. Il medico gli consiglia di lasciare [[Castelvecchio Pascoli|Castelvecchio]] e trasferirsi a [[Bologna]], dove gli viene diagnosticata la [[cirrosi epatica]] per l'[[Alcolismo|abuso di alcol]]<ref>{{Cita web|url=http://www.fondazionepascoli.it/lavita.html|titolo=La vita|accesso=9 marzo 2018|dataarchivio=21 giugno 2012|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120621001733/http://www.fondazionepascoli.it/lavita.html|urlmorto=sì}}</ref>; nelle memorie della sorella viene invece affermato che fosse malato di [[epatite]] e [[tumore al fegato]]<ref>{{cita web|url=http://www.classicitaliani.it/pascoli/pascolim_ultimalinea.htm|autore=Maria Pascoli|titolo=Lungo la vita di Giovanni Pascoli|accesso=25 settembre 2012|dataarchivio=23 ottobre 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141023194549/http://www.classicitaliani.it/pascoli/pascolim_ultimalinea.htm|urlmorto=sì}}</ref>. Il certificato di morte riporta come causa un [[tumore allo stomaco]], ma è probabile fosse stato redatto dal medico su richiesta di Mariù, che intendeva eliminare tutti gli aspetti che lei giudicava sconvenienti dall'immagine del fratello, come la dipendenza da alcol, come aveva fatto per la simpatia giovanile per [[Passannante]] e la sua affiliazione alla [[Massoneria]]<ref name=pascoli1>{{Cita web|url=http://ilparere.net/2012/04/06/libri/pascoli-il-lutto-il-triangoli-il-classico-e-il-decadentista/|titolo=Pascoli: il lutto, il triangolo, il classico e il decadentista|accesso=9 marzo 2018|dataarchivio=7 aprile 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140407090616/http://ilparere.net/2012/04/06/libri/pascoli-il-lutto-il-triangoli-il-classico-e-il-decadentista/|urlmorto=sì}}</ref>. La malattia lo porta alla morte il 6 aprile 1912, un Sabato Santo, vigilia di [[Pasqua]], nella sua casa di [[Bologna]], al numero 2 di via dell'Osservanza<ref name=andreoli /><ref name=pascoli1 />.
Si tratta di un testo di 20 capitoli, in cui si svolge il dialogo fra il poeta e la sua anima di fanciullino, simbolo:
 
Pascoli venne sepolto nella cappella annessa alla sua dimora di [[Castelvecchio Pascoli]], dove sarà tumulata anche l'amata sorella Maria, sua biografa, nominata erede universale nel testamento nonché curatrice delle opere postume.
 
[[File:Ultima abitazione di Giovanni Pascoli a Bologna.jpg|thumb|L'ultima dimora di Giovanni Pascoli, dove morì, a Bologna in via dell'Osservanza 2: sul cancello si può notare ancora la "P" di Pascoli]]
 
== Il profilo letterario: la sua "rivoluzione poetica" ==
L'esperienza poetica pascoliana si inserisce, con tratti originalissimi, nel panorama del [[decadentismo]] europeo e segna in maniera indelebile la poesia italiana: essa affonda le radici in una visione pessimistica della vita in cui si riflette la scomparsa della fiducia, propria del [[positivismo]], e in una conoscenza in grado di spiegare compiutamente la realtà.
 
Il mondo appare all'autore come un insieme misterioso e indecifrabile; tanto che il poeta tende a rappresentare la realtà con una pennellata impressionistica che colga solo un determinato particolare del reale, non essendo possibile per l'autore avere una concreta visione d'insieme. Coerentemente con la visione decadente, il poeta si configura come un "veggente", mediatore di una conoscenza aurorale, in grado di spingere lo sguardo oltre il mondo sensibile: nel ''Fanciullino'', Pascoli afferma quanto il poeta fanciullino sappia dare il nome alle cose, scoprendole nella loro freschezza originaria, in maniera immaginosa e alogica.
 
=== La formazione letteraria ===
La fase cruciale della formazione letteraria di Pascoli va fatta risalire ai nove anni trascorsi a Bologna come studente alla facoltà di lettere (1873-1882). Allievo di [[Giosuè Carducci|Carducci]], che si accorse subito delle qualità del giovane Pascoli, nella cerchia ristretta dell'ambiente creatosi attorno al poeta, Pascoli visse gli anni più movimentati della sua vita. Qui, protetto comunque dalla naturale dipendenza tra maestro e allievo, Pascoli non ebbe bisogno di alzare barriere nei confronti della realtà, dovendo limitarsi a seguire gli indirizzi e i modelli del suo corso di studi: i [[Letteratura classica|classici]], la [[filologia]], la [[Storia della letteratura italiana|letteratura italiana]]. Nel 1875 perse la [[borsa di studio]] e con essa l'unico mezzo di sostentamento su cui poteva contare. La frustrazione e i disagi materiali lo spinsero verso il movimento [[socialismo|socialista]] in quella che fu una delle poche, brevi parentesi [[politica|politiche]] della sua vita. Nel 1879 venne arrestato e assolto dopo tre mesi di carcere; l'ulteriore senso di ingiustizia e la delusione lo riportarono nell'alveo d'ordine del maestro Carducci e al compimento degli studi con una tesi sul poeta greco [[Alceo]].
 
A margine degli studi veri e propri, egli, comunque, condusse una vasta esplorazione del mondo letterario e anche scientifico straniero, attraverso le riviste francesi specializzate come la ''Revue des deux Mondes'', che lo misero in contatto con l'[[Avanguardia (arte)|avanguardia]] [[simbolismo|simbolista]], e la lettura dei testi scientifico-naturalistici di [[Jules Michelet]], [[Jean-Henri Fabre]] e [[Maurice Maeterlinck]]. Tali testi utilizzavano la descrizione naturalistica - la vita degli [[insecta|insetti]] soprattutto, con quell'attrazione per il microcosmo così caratteristica del [[Romanticismo]] [[Decadentismo|decadente]] di fine Ottocento - in chiave poetica; l'osservazione era aggiornata sulle più recenti acquisizioni scientifiche dovute al perfezionamento del [[microscopio]] e della sperimentazione di laboratorio, ma poi veniva filtrata letterariamente attraverso uno stile [[Poesia lirica|lirico]] in cui dominava il senso della meraviglia e della fantasia. Era un atteggiamento [[Positivismo|positivista]] "romanticheggiante" che tendeva a vedere nella natura l'aspetto pre-cosciente del mondo umano.
 
Coerentemente con questi interessi, vi fu anche quello per la cosiddetta "filosofia dell'inconscio" del tedesco [[Karl Robert Eduard von Hartmann]], l'opera che aprì quella linea di interpretazione della psicologia in senso anti-meccanicistico che sfociò nella [[psicanalisi]] [[Sigmund Freud|freudiana]]. È evidente in queste letture - come in quella successiva dell'opera dell'inglese [[James Sully]] sulla "psicologia dei bambini" - un'attrazione di Pascoli verso il "mondo piccolo" dei fenomeni naturali e psicologicamente elementari che tanto fortemente caratterizzò tutta la sua poesia. E non solo la sua. Per tutto l'[[XIX secolo|Ottocento]] la cultura europea aveva coltivato un particolare culto per il mondo dell'[[infanzia]], dapprima, in un senso [[pedagogia|pedagogico]] e culturale più generico, poi, verso la fine del secolo, con un più accentuato intendimento [[psicologia|psicologico]]. I Romantici, sulla scia di [[Giambattista Vico]] e di [[Jean-Jacques Rousseau|Rousseau]], avevano paragonato l'infanzia allo stato primordiale "di natura" dell'umanità, inteso come una sorta di età dell'oro.
 
Verso gli anni [[anni 1880|ottanta]] si cominciò, invece, ad analizzare in modo più realistico e scientifico la [[psicologia dell'infanzia]], portando l'attenzione sul bambino come individuo in sé, caratterizzato da una propria realtà di riferimento. La [[letteratura per l'infanzia]] aveva prodotto in meno di un secolo una quantità considerevole di libri che costituirono la vera [[letteratura]] di massa fino alla fine dell'Ottocento. Parliamo dei libri per i bambini, come le innumerevoli raccolte di [[fiaba|fiabe]] dei [[fratelli Grimm]] (1822), di [[Hans Christian Andersen|H.C. Andersen]] (1872), di [[John Ruskin|Ruskin]] (1851), [[Oscar Wilde|Wilde]] (1888), [[Maurice Maeterlinck]] (1909); o come il capolavoro di [[Lewis Carroll|Carroll]], ''[[Alice nel Paese delle Meraviglie]]'' (1865). Oppure i libri di avventura adatti anche all'infanzia, come i romanzi di [[Jules Verne]], [[Rudyard Kipling|Kipling]], [[Mark Twain|Twain]], [[Emilio Salgari|Salgari]], [[Jack London|London]]. O libri sull'infanzia, dall'intento moralistico ed educativo, come ''[[Senza famiglia (romanzo)|Senza famiglia]]'' di [[Hector Malot|Malot]] (1878), ''[[Il piccolo Lord (romanzo)|Il piccolo Lord]]'' di [[Frances Hodgson Burnett|F.H. Burnett]] (1886), ''[[Piccole donne]]'' di [[Louisa May Alcott|Alcott]] (1869) e i celeberrimi ''[[Cuore]]'' di [[Edmondo De Amicis|De Amicis]] (1886) e [[Pinocchio]] di [[Carlo Collodi|Collodi]] (1887).
 
Tutto questo ci serve a ricondurre, naturalmente, la teoria pascoliana della poesia come intuizione pura e ingenua, espressa nella poetica del ''[[Il fanciullino|Fanciullino]]'', ai riflessi di un vasto ambiente culturale europeo che era assolutamente maturo per accogliere la sua proposta. In questo senso non si può parlare di una vera novità, quanto piuttosto della sensibilità con cui egli seppe cogliere un gusto diffuso e un interesse già educato, traducendoli in quella grande poesia che all'Italia mancava dall'epoca di [[Giacomo Leopardi|Leopardi]]. Per quanto riguarda il linguaggio, Pascoli ricerca una sorta di musicalità evocativa, accentuando l'elemento sonoro del verso, secondo il modello dei [[poeti maledetti]] [[Paul Verlaine]] e [[Stéphane Mallarmé]].
 
=== La poesia come "nido" che protegge dal mondo ===
Per Pascoli la poesia ha natura irrazionale e con essa si può giungere alla verità di ogni cosa; il poeta deve essere un poeta-fanciullo che arriva a questa verità mediante l'[[irrazionalità]] e l'[[intuizione]]. Rifiuta quindi la ragione e, di conseguenza, rifiuta il positivismo, che era l'esaltazione della ragione stessa e del progresso, approdando così al decadentismo. La poesia diventa così analogica, cioè senza apparente connessione tra due o più realtà che vengono rappresentate; ma in realtà una connessione, a volte anche un po' forzata, è presente tra i concetti, e il poeta spesso e volentieri è costretto a voli vertiginosi per mettere in comunicazione questi concetti. La poesia irrazionale o analogica è una poesia di svelamento o di scoperta e non di invenzione. I motivi principali di questa poesia devono essere "umili cose": cose della vita quotidiana, cose modeste o familiari. A questo si unisce il ricordo ossessivo dei suoi morti, le cui presenze aleggiano continuamente nel "nido", riproponendo il passato di lutti e di dolori e inibendo al poeta ogni rapporto con la realtà esterna, ogni vita di relazione, che viene sentita come un tradimento nei confronti dei legami oscuri, viscerali del "nido". Il "nido" è simbolo della famiglia e degli affetti, rifugio dalla violenza del mondo e della storia.
[[File:Duomo di Barga from SW.JPG|thumb|Il duomo, al cui suono della campana si fa riferimento in ''[[L'ora di Barga]]'']]
Nella vita dei letterati italiani degli ultimi due secoli ricorre pressoché costantemente la contrapposizione problematica tra mondo cittadino e mondo agreste, intesi come portatori di valori opposti: mentre la [[Campagna (ambiente)|campagna]] appare sempre più come il "paradiso perduto" dei valori morali e culturali, la [[città]] diviene simbolo di una condizione umana maledetta e snaturata, vittima della degradazione morale causata da un ideale di progresso puramente materiale. Questa contrapposizione può essere interpretata sia alla luce dell'arretratezza economica e culturale di gran parte dell'[[Italia]] rispetto all'evoluzione industriale delle grandi nazioni [[Europa|europee]], sia come conseguenza della divisione politica e della mancanza di una grande metropoli unificante come erano [[Parigi]] per la [[Francia]] e [[Londra]] per l'[[Inghilterra]]. I "luoghi" poetici della "terra", del "borgo", dello "umile popolo" che ricorrono fino agli anni del [[primo dopoguerra]] non fanno che ripetere il sogno di una piccola [[patria]] lontana, che l'ideale unitario vagheggiato o realizzato non spegne mai del tutto.
 
Decisivo nella continuazione di questa tradizione fu proprio Pascoli, anche se i suoi motivi non furono quelli tipicamente [[ideologia|ideologici]] degli altri scrittori, ma nacquero da radici più intimistiche e soggettive. Nel 1899 scrisse al pittore De Witt: «C'è del gran dolore e del gran mistero nel mondo; ma nella vita semplice e familiare e nella contemplazione della natura, specialmente in campagna, c'è gran consolazione, la quale pure non basta a liberarci dall'immutabile destino».<ref>Maria Pascoli, ''Lungo la vita di Giovanni Pascoli'', Milano, Mondadori, 1961, p. 616 n.2</ref>
 
In questa contrapposizione tra l'esteriorità della vita sociale (e cittadina) e l'interiorità dell'esistenza familiare (e agreste) si racchiude l'idea dominante - accanto a quella della morte - della poesia pascoliana. Dalla casa di [[Castelvecchio Pascoli|Castelvecchio]], dolcemente protetta dai [[bosco|boschi]] della [[Media Valle del Serchio]], Pascoli non "uscì" più (psicologicamente parlando) fino alla morte. Pur continuando in un intenso lavoro di pubblicazioni [[poesia|poetiche]] e [[saggio|saggistiche]], e accettando nel 1905 di succedere al [[Giosuè Carducci|Carducci]] sulla cattedra dell'[[Università di Bologna]], egli ci ha lasciato del mondo una visione univocamente ristretta attorno a un "centro", rappresentato dal mistero della natura e dal rapporto tra amore e morte.
 
Fu come se, sopraffatto da un'angoscia impossibile a dominarsi, il poeta avesse trovato nello strumento intellettuale del componimento poetico l'unico mezzo per costringere le paure e i fantasmi dell'esistenza in un recinto ben delimitato, al di fuori del quale egli potesse continuare una vita di normali relazioni umane. A questo "recinto" poetico egli lavorò con straordinario impegno creativo, costruendo una raccolta di versi e di forme {{Senza fonte|che la letteratura italiana non vedeva, per complessità e varietà, dai tempi di [[Gabriello Chiabrera|Chiabrera]].}} La ricercatezza quasi sofisticata, e artificiosa nella sua eleganza, delle [[metrica|strutture metriche]] scelte da Pascoli - mescolanza di [[novenari]], [[quinari]] e [[Quaternario (metro)|quaternari]] nello stesso componimento, e così via - è stata interpretata come un paziente e attento lavoro di organizzazione razionale della forma poetica attorno a contenuti psicologici informi e incontrollabili che premevano dall'inconscio. Insomma, esattamente il contrario di quanto i [[Simbolismo|simbolisti]] francesi e le altre avanguardie artistiche del primo [[XX secolo|Novecento]] proclamavano nei confronti della spontaneità espressiva.
[[File:La grande proletaria.jpg|thumb|left|Frontespizio di un'edizione del discorso socialista e nazionalista di Pascoli ''La Grande Proletaria si è mossa'', in favore della guerra di Libia]]
Anche se l'ultima fase della produzione pascoliana è ricca di tematiche sociopolitiche (''Odi e inni'' del 1906, comprendenti gli inni ''Ad [[Antonio Fratti]]'', ''Al Re [[Umberto I|Umberto]]'', ''Al [[Luigi Amedeo di Savoia-Aosta|Duca degli Abruzzi]] e ai suoi compagni'', ''[[Salomon August Andrée|Andrée]]'', nonché l'ode, aggiunta nella terza edizione, ''[[Geo Chavez|Chavez]]''; ''Poemi italici'' del 1911; ''Poemi del Risorgimento'', postumi; nonché il celebre discorso ''La grande Proletaria si è mossa'', tenuto nel 1911 in occasione di una manifestazione a favore dei feriti della [[Guerra Italo-Turca|guerra di Libia]]), non c'è dubbio che la sua opera più significativa è rappresentata dai volumi poetici che comprendono le raccolte di ''[[Myricae]]'' e dei ''[[Canti di Castelvecchio]]'' (1903), nei quali il poeta trae spunto dall'ambiente a lui familiare come la [[Ferrovia Lucca-Aulla]] (''"In viaggio"''), nonché parte dei ''Poemetti''. Il "mondo" di Pascoli è tutto lì: la natura come luogo dell'anima dal quale contemplare la morte come ricordo dei lutti privati. {{Citazione|Troppa questa morte? Ma la vita, senza il pensiero della morte, senza, cioè, religione, senza quello che ci distingue dalle bestie, è un delirio, o intermittente o continuo, o stolido o tragico. D'altra parte queste poesie sono nate quasi tutte in campagna; e non c'è visione che più campeggi o sul bianco della gran nave o sul verde delle selve o sul biondo del grano, che quella dei trasporti o delle comunioni che passano: e non c'è suono che più si distingua sul fragor dei fiumi e dei ruscelli, su lo stormir delle piante, sul canto delle cicale e degli uccelli, che quello delle Avemarie. Crescano e fioriscano intorno all'antica tomba della mia giovane madre queste myricae (diciamo cesti o stipe) autunnali. |Dalla Prefazione di Pascoli ai [[Canti di Castelvecchio]]}}
 
=== Il poeta e il fanciullino ===
{{citazione|Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro [[Giosuè Carducci]], un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra [...]|Da ''Il fanciullino''}}
Uno dei tratti salienti per i quali Pascoli è passato alla storia della letteratura è la cosiddetta ''poetica del fanciullino'', da lui stesso esplicitata nello scritto omonimo apparso sulla rivista ''[[Il Marzocco]]'' nel 1897. In tale scritto Pascoli, influenzato dal manuale di psicologia infantile di [[James Sully]] e da ''La filosofia dell'[[inconscio]]'' di [[Karl Robert Eduard von Hartmann|Eduard von Hartmann]], dà una definizione assolutamente compiuta - almeno secondo il suo punto di vista - della poesia (dichiarazione poetica). Si tratta di un testo di 20 capitoli, in cui si svolge il dialogo fra il poeta e la sua anima di fanciullino, simbolo:
* dei margini di purezza e candore, che sopravvivono nell'uomo adulto;
* della poesia e delle potenzialità latenti di scrittura poetica nel fondo dell'animo umano.
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* "Rimane piccolo anche quando noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce ed egli fa sentire il suo tinnulo squillo come di campanella".
* "Piange e ride senza un perché di cose, che sfuggono ai nostri sensi ed alla nostra ragione".
* "Guarda tutte le cose con stupore e con meraviglia, non coglie i rapporti logici di causa - effetto, ma INTUISCE''intuisce"''.
* "Scopre nelle cose le relazioni più ingegnose".
* "Riempie ogni oggetto della propria immaginazione e dei propri ricordi (soggettivazione), trasformandolo in '''simbolo'"''.
[[File:Hirundo rustica 1 (Martin Mecnarowski).jpg|thumb|upright=0.8|Una rondine. Gli uccelli e la natura, con precisione del lessico zoologico e botanico ma anche con semplicità, sono stati spesso cantati da Giovanni Pascoli]]
 
Il poeta allora mantiene una razionalità di fondo, organizzatrice della metrica poetica, ma:
* Possiede una sensibilità speciale, che gli consente di caricare di significati ulteriori e misteriosi anche gli oggetti più comuni;
* Comunica verità latenti agli uomini: è "Adamo", che mette nome a tutto ciò che vede e sente (secondo il proprio personale modo di sentire, che tuttavia ha portata universale).
* Deve saper combinare il talento della fanciullezza (saper vedere), con quello della vecchiaia (saper dire);
* CogliePercepisce l'essenza delle cose e non la loro apparenza fenomenica.
 
La poesia, quindi, è tale solo quando riesce a parlare con la voce del fanciullo ed è vista come la perenne capacità di stupirsi tipica del mondo infantile, in una disposizione irrazionale che permane nell'uomo anche quando questi si è ormai allontanato, almeno cronologicamente, dall'infanzia propriamente intesa. È una realtà '''[[ontologia|ontologica]]'''. Ha scarso rilievo per Pascoli la dimensione storica (egli trova suoi interlocutori in [[Omero]], [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], come se non vi fossero secoli e secoli di mezzo): la poesia vive fuori dal tempo ed esiste in quanto tale. Nel fare poesia una realtà ontologica (il poeta-microcosmo) si interroga su un'altra realtà ontologica (il mondo-macrocosmo); ma per essere poeta è necessario confondersi con la realtà circostante senza che il proprio punto di vista personale e preciso interferisca: il poeta si impone la '''rinuncia a parlare di se stesso'', tranne in poche poesie, in cui esplicitamente parla della sua vicenda personale. È vero che la vicenda autobiografica dell'autore caratterizza la sua poesia, ma con connotazioni di portata universale: ad esempio la morte del padre viene percepita come l'esempio principe della descrizione dell'universo, di conseguenza gli elementi autenticamente autobiografici sono scarsi, in quanto raffigura il male del mondo in generale. Tuttavia, nel passo XI de "Il fanciullino", Pascoli dichiara che un vero poeta è, più che altro, il suo sentimento e la sua visione che cerca di trasmettere agli altri. Per cui il poeta Pascoli rifiuta:
* il [[Neoclassicismo|Classicismo]], che si qualifica per la centralità e unicità del punto di vista del poeta, che narra la sua opera ed esprime le proprie sensazioni.
È vero che la vicenda autobiografica dell'autore caratterizza la sua poesia, ma con connotazioni di portata universale; cioè la morte del padre viene percepita come l'esempio principe della descrizione dell'universo, di conseguenza gli elementi autenticamente autobiografici sono scarsi. Tuttavia, nel passo XI de "Il fanciullino", Pascoli dichiara che un vero poeta è, più che altro, il suo sentimento e la sua visione che cerca di trasmettere agli altri.
* il [[Romanticismo]], dove il poeta fa di sé stesso, dei suoi sentimenti e della sua vita, poesia.
Per cui il poeta Pascoli rifiuta:
* il [[Neoclassicismo|Classicismo]], che si qualifica per la centralità ed unicità del punto di vista del poeta, che narra la sua opera ed esprime la proprie sensazioni.
* il [[Romanticismo]], dove il poeta fa di se stesso, dei suoi sentimenti e della sua vita, poesia.
La poesia, così definita, è naturalmente buona ed è occasione di consolazione per l'uomo ed il poeta. Pascoli fu anche commentatore e critico dell'opera di [[Dante Alighieri|Dante]] e diresse inoltre la collana editoriale "Biblioteca dei Popoli".
 
La poesia, così definita, è naturalmente buona ed è occasione di consolazione per l'uomo e il poeta. Pascoli fu anche commentatore e critico dell'opera di [[Dante Alighieri|Dante]] e diresse inoltre la collana editoriale "Biblioteca dei Popoli". Il limite della poesia del Pascoli è costituito dall'ostentata pateticità e dall'eccessiva ricerca dell'effetto commovente. D'altro canto, il merito maggiore attribuibile al Pascoli fu quello di essere riuscito nell'impresa di far uscire la poesia italiana dall'eccessiva aulicità e retoricità non solo del [[Giosuè Carducci|Carducci]] e del [[Giacomo Leopardi|Leopardi]], ma anche del suo contemporaneo [[Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]]. In altre parole, fu in grado di creare finalmente un legame diretto con la poesia d'Oltralpe e di respiro europeo. La ''lingua'' pascoliana è profondamente innovativa: essa perde il proprio tradizionale supporto logico, procede per simboli e immagini, con brevi frasi, musicali e suggestive.
== Opere ==
===Elenco delle opere===
*[[1891]] - ''[[Myricae]]'' (I edizione della fondamentale raccolta di versi)
*[[1896]] - ''[[Giugurta|Iugurtha]]'' (poemetto latino)
*[[1897]] - ''[[Il fanciullino]]'' (scritto pubblicato sulla rivista ''Il Marzocco'')
*[[1897]] - ''Poemetti''
*[[1898]] - ''Minerva oscura'' (studi danteschi)
*[[1903]]
**''[[Canti di Castelvecchio]]'' (dedicati alla madre)
**''Myricae'' (edizione definitiva)
**''Miei scritti di varia umanità''
*[[1904]]
**''Primi poemetti''
**''Poemi conviviali''
*[[1906]]
**''Odi e Inni''
**''Canti di Castelvecchio'' (edizione definitiva)
**''Pensieri e discorsi''
*[[1909]]
**''Nuovi poemetti''
**''Canzoni di re Enzio''
*[[1911]]-[[1912]]
**''Poemi italici''
**''Poemi del Risorgimento''
**''Carmina''
**''La grande proletaria si è mossa''
*[[1912]]
**Poesie varie (a cura della sorella Maria; ediz. accresciuta 1914)
 
====Opere inLa poesia cosmica latino====
[[File:Pleiades large.jpg|thumb|upright=1.3|L'[[ammasso aperto]] delle [[Pleiadi (astronomia)|Pleiadi]] (M45), nella [[Toro (costellazione)|costellazione del Toro]]. Pascoli lo cita col nome dialettale di "Chioccetta" ne ''[[Il gelsomino notturno]]''. La visione dello spazio buio e stellato è uno dei temi ricorrenti nella sua poesia.]]
Presentate nel ''certamen poetico Hoeufftiano'' di [[Amsterdam]]:
Fanno parte di questa produzione pascoliana liriche come ''Il bolide'' (''[[Canti di Castelvecchio]]'') e ''La vertigine'' (''Nuovi Poemetti''). Il poeta scrive nei versi conclusivi de ''Il bolide'': "E la terra sentii nell'Universo. / Sentii, fremendo, ch'è del cielo anch'ella. / E mi vidi quaggiù piccolo e sperso / errare, tra le stelle, in una stella". Si tratta di componimenti permeati di [[spiritualismo]] e di [[panteismo]] (come anche nella poesia '' La Vertigine''). La Terra è errante nel vuoto, non più qualcosa di certo; lo spazio aperto è la vera dimora dell'uomo rapito come da un vento cosmico. Scrive il critico [[Giovanni Getto]]: " È questo il modo nuovo, autenticamente pascoliano, di avvertire la realtà cosmica: al [[geocentrismo]] praticamente ancora operante nell'emozione fantastica, nonostante la chiara nozione [[copernicano|copernicana]] sul piano intellettuale, del [[Leopardi]], il Pascoli sostituisce una visione eliocentrica o addirittura galassiocentrica: o meglio ancora, una visione in cui non si dà più un centro di sorta, ma soltanto sussistono voragini misteriose di spazio, di buio e di fuoco. Di qui quel sentimento di smarrita solitudine che nessuno ancora prima del Pascoli aveva saputo consegnare alla poesia".<ref>[[Giovanni Getto]], ''Giovanni Pascoli poeta astrale'', in "Studi per il centenario della nascita di G. Pascoli". Commissione per i testi di lingua, Bologna, 1962.,</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.fondazionepascoli.it/Poesie/np16.htm|titolo=Nuovi poemetti|accesso=9 marzo 2018|dataarchivio=29 settembre 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20130929081558/http://www.fondazionepascoli.it/Poesie/np16.htm|urlmorto=sì}}</ref>
 
=== La lingua pascoliana ===
*''Veianius''. 1892 medaglia d'oro
Pascoli disintegra la forma tradizionale del linguaggio poetico: con lui la poesia italiana perde il suo tradizionale supporto logico, procede per simboli e immagini, con frasi brevi, musicali e suggestive. Il linguaggio è [[Fonosimbolismo|fonosimbolico]] con un frequente uso di [[onomatopee]], [[metafore]], [[Sinestesia (linguistica)|sinestesie]], [[Allitterazione|allitterazioni]], [[Anafora (figura retorica)|anafore]], vocaboli delle lingue speciali (gerghi). La disintegrazione della forma tradizionale comporta "il concepire per immagini isolate (il frammentismo), il periodo di frasi brevi e a sobbalzi (senza indicazione di passaggi intermedi, di modi di sutura), pacatamente musicali e suggestive; la parola circondata di silenzio."<ref>A. Schiaffini, ''G. Pascoli disintegratore della forma poetica tradizionale'', in "Omaggio a Pascoli", pp. 240-245</ref> Pascoli ha rotto la frontiera tra grammaticalità ed evocatività della lingua. E non solo ha infranto la frontiera tra pregrammaticalità e semanticità, ma ha anche annullato "il confine tra melodicità ed icasticità, cioè tra fluido corrente, continuità del discorso, e immagini isolate autosufficienti. In una parola egli ha rotto la frontiera fra determinato e indeterminato".<ref>{{cita|Contini|P.30 e seguenti|Contini}}.</ref>
*''Phidyle''. 1894
*''Laureolus''.1894
*''Castaneav''. 1896
*''Cena in Caudiano Nervae''. 1896 medaglia d'oro
*''Iugurta''. 1897
*''Centurio''. 1902
*''Paedagogium''. 1904
*''Fanum Apollinis''. 1905
*''Rufius Crispinus'' 1907 medaglia d'oro
*''Ultima linea'' 1907
*''Ecloga XI sive Ovis Pecularis''. 1909
*''Pomponia Graecina''. 1910 medaglia d'oro
*''Fanum Vacunae''. 1911
*''Thallusa'' 1912 medaglia d'oro
 
=== Pascoli e il mondo degli animali ===
Altre opere
In un'epoca storica in cui il mondo degli animali rappresenta un'entità assai ridotta nella vita degli uomini e dei loro sentimenti, quasi esclusivamente relegato agli aspetti di utilizzo pratico e di supporto al lavoro, soprattutto agricolo, Pascoli riconosce la loro dignità e squarcia un'originale apertura sull'esistenza delle specie animali e sul loro originale mondo di relazioni.
*''Hymnus in Romam. Anno ab Italia in libertatem vindicata quinquagesimo''. Testo latino e traduzione italiana, Bononiae, N. Zanichelli, 1911
*''Hymnus in Taurinos''. Testo latino e traduzione italiana, Bononiae, N. Zanichelli, 1911
 
== Opere ==
===Approfondimenti===
{{colonne}}
====''Myricae''====
* 1891
** ''[[Myricae]]'', Livorno, Giusti, 1891; 1892; 1894; 1897; 1900; 1903.
* 1895
** ''Lyra romana. Ad uso delle scuole classiche'', Livorno, Giusti, 1895; 1899; 1903; 1911. (antologia di scritti latini per la scuola superiore).
* 1897
** ''Pensieri sull'arte poetica'', ne ''[[Il Marzocco]]'', 17 gennaio, 7 marzo, 21 marzo, 11 aprile 1897. (meglio noto come ''[[Il fanciullino]]'').
** ''Iugurtha. Carmen Johannis Pascoli ex castro Sancti Mauri civis liburnensis et Bargaei in certamine poetico Hoeufftiano magna laude ornatum'', Amstelodami, Apud Io. Mullerum, 1897. (poemetto latino).
** ''Epos'', Livorno, Giusti, 1897. (antologia di autori latini).
** ''Poemetti'', Firenze, Paggi, 1897.
* 1898
** ''Minerva oscura. Prolegomeni: la costruzione morale del poema di Dante'', Livorno, Giusti, 1898. (studi danteschi).
* 1899
** ''Intorno alla Minerva oscura'', Napoli, Pierro & Veraldi, 1899.
* 1900
** ''Sul limitare. Poesie e prose per la scuola italiana'', Milano-Palermo, Sandron, 1900. (antologia di poesie e prose per la scuola).
** ''Sotto il velame. Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro'', Messina, Vincenzo Muglia, 1900.
* 1901
** ''Fior da fiore. Prose e poesie scelte per le scuole secondarie inferiori'', Milano-Palermo, Sandron, 1901. (antologia di prose e poesie italiane per le scuole medie).
* 1902
** ''La mirabile visione. Abbozzo d'una storia della Divina Comedia'', Messina, Vincenzo Muglia, 1902
* 1903
** ''[[Canti di Castelvecchio]]'', Bologna, Zanichelli, 1903; 1905; 1907. (dedicati alla madre).
{{colonne spezza}}
* 1904
** ''[[Primi poemetti]]'', Bologna, Zanichelli, 1904.
** ''[[Poemi conviviali]]'', Bologna, Zanichelli, 1904.
* 1906
** ''[[Odi e inni]]. 1896-1905'', Bologna, Zanichelli, 1906.
* 1907
** ''[[Pensieri e discorsi]]. 1895-1906'', Bologna, Zanichelli, 1907.
* 1909
** ''Nuovi poemetti'', Bologna, Zanichelli, 1909.
** ''Canzoni di re Enzio''
::''La canzone del Carroccio'', Bologna, Zanichelli, 1908.
::''La canzone del Paradiso'', Bologna, Zanichelli, 1909.
::''La canzone dell'Olifante'', Bologna, Zanichelli, 1908.
* 1911
** ''Poemi italici'', Bologna, Zanichelli, 1911.
** ''[[La grande proletaria si è mossa]]. Discorso tenuto a Barga per i nostri morti e feriti'', Bologna, Zanichelli, 1911. (Già pubbl. in ''La tribuna'', 27 novembre 1911).
* 1912
** ''[[Poesie varie]]'', Bologna, Zanichelli, 1912; 1914. (a cura della sorella Maria).
* 1913
** ''Poemi del Risorgimento'', Bologna, Zanichelli, 1913.
* 1914
** ''Patria e umanità. Raccolta di scritti e discorsi'', Bologna, Zanichelli, 1914.
** ''Carmina'', Bononiae, Zanichelli, 1914. (poesie latine).
* 1922
** ''Nell'anno Mille. Dramma'', Bologna, Zanichelli, 1922. (dramma incompiuto).
* 1923
** ''Nell'anno Mille. Sue notizie e schemi di altri drammi'', Bologna, Zanichelli, 1923.
* 1925
** ''Antico sempre nuovo. Scritti vari di argomento latino'', Bologna, Zanichelli, 1925.
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=== Approfondimenti ===
==== ''Myricae'' ====
{{vedi anche|Myricae}}
Il libro ''Myricae'', è unala delleprima raccoltevera e propria raccolta di [[poesia|poesie]] più amate deldi Pascoli., Ednonché èuna anchedelle lapiù prima raccolta vera e propria del Pascoliamate. Il titolo riprende una citazione di Virgilio all'inizio della [[Bucoliche|IV Bucolica]] in cui il poeta latino proclama di innalzare il tono poetico poiché " non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici" (''non omnes arbusta iuvant humilesque myricae''). Pascoli invece propone "quadretti" di vita campestre in cui vengono evidenziati particolari, colori, luci, suoni i quali hanno natura ignota e misteriosa. Il libro crebbe per il numero delle poesie in esso raccolte. Nel [[1891]], data della sua prima edizione, il libro raccoglieva soltanto 22 poesie dedicate alle nozze di amici. Nel [[1903]], la raccolta definitiva comprendeva 156 liriche del poeta. I componimenti sono dedicati al ciclo delle [[Stagione|stagioni]], al lavoro dei campi e alla vita contadina. Le myricae, le umili tamerici, diventano un simbolo delle tematiche del Pascoli ed evocano riflessioni profonde.
 
I componimenti sono dedicati al ciclo delle [[stagioni]], al lavoro dei campi e alla vita contadina. Le myricae, le umili tamerici, diventano un simbolo delle tematiche del Pascoli ed evocano riflessioni profonde. La descrizione realistica cela un significato più ampio così che, dal mondo contadino si arriva poi ad un significato universale. La rappresentazione della vita nei campi e della condizione contadina è solo all'apparenza il messaggio che il poeta vuole trasmettere con le sue opere. In realtà questa frettolosa interpretazione della poetica pascoliana fa da scenario a stati d'animo come inquietudini ed emozioni.
La descrizione realistica cela un significato più ampio così che, dal mondo contadino si arriva poi a un significato universale. La rappresentazione della vita nei campi e della condizione contadina è solo all'apparenza il messaggio che il poeta vuole trasmettere con le sue opere. In realtà questa frettolosa interpretazione della poetica pascoliana fa da scenario a stati d'animo come inquietudini ed emozioni. Il significato delle ''Myricae'' va quindi oltre l'apparenza. Nell'edizione del [[1897]] compare la poesia [[Novembre (Pascoli)|Novembre]], mentre nelle successive compariranno anche altri componimenti come ''L'Assiuolo''. Pascoli ha dedicato questa raccolta alla memoria di suo padre ("A [[Ruggero Pascoli]], mio padre"). La poesia-pensiero del profondo, in Pascoli, attinge all'inconscio e tocca l'universale attraverso un mondo delle referenze condiviso da tutti<ref>{{cita web|url=http://www.succedeoggi.it/2019/04/le-ninfe-di-vegliante/|titolo=Le ninfe di Vegliante|nome=Alberto|cognome=Fraccacreta|accesso=2 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20191002091642/http://www.succedeoggi.it/2019/04/le-ninfe-di-vegliante/|urlmorto=no}}</ref>.
Il significato delle Myricae va quindi oltre l'apparenza.
 
Nell'edizione del [[1897]] compare la poesia [[Novembre (Pascoli)|Novembre]], mentre nelle successive compariranno anche altri componimenti come ''L'Assiuolo''. Pascoli ha dedicato questa raccolta alla memoria di suo padre "A [[Ruggero Pascoli]], mio padre".<br/>
==== La produzione latina ====
Giovanni Pascoli fu anche autore di poesie in [[lingua latina]] e con esse vinse per ben tredicidodici volte il [[Certamen Hoeufftianum]], un prestigioso concorso di [[poesia latina]] che annualmente si teneva ad [[Amsterdam]]. La produzione latina accompagnò il poeta per tutta la sua vita: dai primi componimenti scritti sui banchi del collegio degli [[Scolopi]] di [[Urbino]], fino aal poemetto ''[[Thallusa]]'', poemetto dila cui vittoria il poeta seppe della vittoriaapprese solo sul letto di morte nel [[1912]]. In particolare, la prima partecipazione al concorso olandese fu nel 1883 con il poemetto ''[[Leucothoe (poemetto)|Leucothoe]]'' (ritrovato nel 2012 da [[Vincenzo Fera]] presso il [[Noord-Hollands Archief]] di [[Haarlem]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Stefano Zivec|autore2=|autore3=|anno=2013|titolo=Leucothoe Iohannis Pascoli, edidit Vincenzo Fera|rivista=Lexis|editore=Adolf M. Hakkert Editore|città=Venezia|numero=31|pp=479-480|accesso=21 ottobre 2020|url=http://www.lexisonline.eu/wordpress/wp-content/uploads/2016/07/Rec_Zivec_LEXIS-31-2013_estratto.pdf}}</ref>); l'anno [[1892]] fu insieme l'anno della sua prima premiazione con il poemetto ''Veianus'' e l'anno della stesura definitiva delle ''Myricae''. Tra la sua produzione latina, vi è anche il carme [[Alceo|alcaico]] ''[[Corda Fratres (inno)|Corda Fratres]]'', composto nel 1898, pubblicato nel 1902, inno ufficiale della ''[[Corda Fratres|Fédération internationale des étudiants]]'', una [[confraternita studentesca]] meglio nota come ''[[Corda Fratres]]''<ref>Luigi Del Santo, ''Cammei Pascoliani: analisi, illustrazione, esegèsi dei carmi latini e greci minori di Giovanni Pascoli'', 1964 (p. 49)</ref>. Pascoli amava molto il latino, che può essere considerato la sua lingua del cuore: il poeta scriveva in latino, prendeva appunti in latino, spesso pensava in latino, trasponendo poi espressioni latine in italiano; la sorella Maria ricorda che dal suo letto di morte Pascoli parlò in latino, anche se la notizia è considerata dai più poco attendibile, dal momento che la sorella non conosceva questa lingua. Per lungo tempo la produzione latina pascoliana non ha ricevuto l'attenzione che merita, essendo stata erroneamente considerata quale un semplice esercizio del poeta. Il Pascoli in quegli anni non era infatti l'unico a cimentarsi nella poesia latina ([[Giuseppe Giacoletti]], un maestroinsegnante nel collegio degli Scolopi di Urbino frequentato dal Pascoli, vinse alcune edizionil'edizione del ''Certamen'' del [[1863]] con poemettiun dedicatipoemetto allasulle locomotivalocomotive oa allavapore<ref>[[Giuseppe luce)Giacoletti]], ''De lebetis materie et forma eiusque tutela in machinis vaporis vi agentibus carmen didascalicum'', Amstelodami: C. G. Van Der Post, 1863</ref>); ma Pascoli lo fece in maniera nuova e con risultati, poetici e linguistici, sorprendenti. L'attenzione verso questi componimenti si è accesa soloaccese con la raccolta ain curadue volumi curata da [[Ermenegildo Pistelli]] nel [[1914]]<ref>''Ioannis Pascoli carmina''; collegit Maria soror; edidit H. Pistelli; exornavit A. De Karolis, Bononiae: Zanichelli, 1914</ref>, col saggio di [[Adolfo Gandiglio]] enell'edizione poidel con1930<ref>''Ioannis lPascoli Carminibus'edizione'; tradottamandatu Maria sororis recognitis; appendicem criticam addidit Adolphus Gandiglio, editaBononiae: sumptu Nicolai Zanichelli, 1930</ref>. Esistono delle traduzioni in lingua italiana delle poesie latine di Pascoli quali quella curata da [[Manara Valgimigli]]<ref>Giovanni Pascoli, ''Poesie latine''; a cura di Manara Valgimigli, Milano: A. Mondadori, nel1951</ref> o le traduzioni di [[1951Enzo Mandruzzato]]<ref>Giovanni Pascoli, ''Poemi cristiani''; introduzione e curatacommento dadi [[ManaraAlfonso ValgimigliTraina]]; traduzione di [[Enzo Mandruzzato]], Milano: Biblioteca universale Rizzoli, 1984, ISBN 88-17-12493-1</ref>.
 
Tuttavia la produzione latina ha un significato fondamentale, essendo coerente con la poetica del Fanciullino, la cifra del pensiero pascoliano. In realtà, la poetica del Fanciullino è la confluenze di due differenti poetiche: ''la poetica della memoria'' e ''la poetica delle cose''. Gran parte della poesia pascoliana nasce dalle memorie, dolci e tristi, della sua [[infanzia]]: "Ditelo voi […], se la poesia non è solo in ciò che fu e in ciò che sarà, in ciò che è morto e in ciò che è sogno! E dite voi, se il sogno più bello non è sempre quello in cui rivive ciò che è morto". Pascoli dunque intende fare rivivere ciò che è morto, attingendo non solo al proprio ricordo personale, bensì travalica la propria esperienza, descrivendo personaggi facenti parte anche dell'evo antico: infanzia e mondo antico sono le età nelle quali l'uomo vive o è vissuto più vicino ad una sorta di stato di natura. "Io sento nel cuore dolori antichissimi, pure ancor pungenti. Dove e quando ho provato tanti martori? Sofferto tante ingiustizie? Da quanti secoli vive al dolore l'anima mia? Ero io forse uno di quegli schiavi che giravano la macina al buio, affamati, con la museruola?". Contro la morte - delle lingue, degli uomini e delle epoche - il poeta si appella alla poesia: essa è la sola, la vera vittoria umana contro la morte. "L'uomo alla morte deve disputare, contrastare, ritogliere quanto può". Ma da ciò non consegue di necessità l'uso del latino. Qui interviene l'altra e complementare poetica pascoliana: la poetica delle cose. "Vedere e udire: altro non deve il poeta. Il poeta è l'arpa che un soffio anima, è la lastra che un raggio dipinge. La poesia è nelle cose". Ma questa aderenza alle cose ha una conseguenza linguistica di estrema importanza, ogni cosa deve parlare quanto più è possibile con la propria voce: gli esseri della natura con l'onomatopea, i contadini col vernacolo, gli emigranti con l'italo-americano, Re Enzio col bolognese del Duecento; i Romani, naturalmente, parleranno in latino. Dunque il bilinguismo di Pascoli in realtà è solo una faccia del suo plurilinguismo. Bisogna tenere conto anche di un altro elemento: il latino del Pascoli non è la lingua che abbiamo appreso a scuola. Questo è forse il secondo motivo per il quale la produzione latina pascoliana è stata per anni oggetto di scarso interesse: per poter leggere i suoi poemetti latini è necessario essere esperti non solo del latino in generale, ma anche del latino di Pascoli. Si è già fatto menzione del fatto che nello stesso periodo, e anche prima di lui, altri autori avevano scritto in latino; scrivere in latino per un moderno comporta due differenti e contrapposti rischi. L'autore che si cimenti in questa impresa potrebbe, da una parte, incappare nell'errore di esprimere una sensibilità moderna in una lingua classica, cadendo in un latino maccheronico; oppure potrebbe semplicemente imitare gli autori classici, senza apportare alcuna novità alla letteratura latina. Pascoli invece reinventa il latino, lo plasma, piega la lingua perché possa esprimere una sensibilità moderna, perché possa essere una lingua contemporanea. Se oggi noi parlassimo ancora latino, forse parleremmo il latino di Pascoli. (cfr. ''[[Alfonso Traina]], Saggio sul latino del Pascoli'', Pàtron). Numerosi sono i componimenti, in genere raggruppati in diverse raccolte secondo l'edizione del Gandiglio, tra le quali: ''Poemata Christiana'', ''Liber de Poetis'', ''Res Romanae'', ''Odi et Hymni''. Due sembrano essere i temi favoriti del poeta: [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], poeta della mediocritas, che Pascoli sentiva come suo alterego, e le madri orbate, cioè private del loro figlio (cfr. ''Thallusa'', ''Pomponia Graecina'', ''Rufius Crispinus''). In quest'ultimo caso il poeta sembra come ribaltare la sua esperienza personale di orfano, privando invece le madri del loro ''ocellus'' ("occhietto", come Thallusa chiama il bambino). I ''Poemata Christiana'' sono da considerarsi il suo capolavoro in lingua latina. In essi Pascoli traccia attraverso i vari poemetti, tutti in esametri, la storia del [[Cristianesimo]] in Occidente: dal ritorno a [[Roma]] del [[centurione]] che assistette alla morte di [[Gesù|Cristo]] sul [[Golgota]] (''Centurio''), alla penetrazione del Cristianesimo nella società romana, dapprima attraverso gli [[schiavo|schiavi]] (''Thallusa''), poi attraverso la nobiltà romana (''Pomponia Graecina''), fino al tramonto del [[paganesimo]] (''Fanum Apollinis'').
Tuttavia la produzione latina ha un significato fondamentale, essendo coerente con la [[Il fanciullino|poetica del Fanciullino]], la cifra del pensiero pascoliano. In realtà, la poetica del Fanciullino è la confluenza di due differenti poetiche: ''la poetica della memoria'' e ''la poetica delle cose''. Gran parte della poesia pascoliana nasce dalle memorie, dolci e tristi, della sua [[infanzia]]: "Ditelo voi [...], se la poesia non è solo in ciò che fu e in ciò che sarà, in ciò che è morto e in ciò che è sogno! E dite voi, se il sogno più bello non è sempre quello in cui rivive ciò che è morto". Pascoli dunque intende fare rivivere ciò che è morto, attingendo non solo al proprio ricordo personale, bensì travalica la propria esperienza, descrivendo personaggi facenti parte anche dell'evo antico: infanzia e mondo antico sono le età nelle quali l'uomo vive o è vissuto più vicino a una sorta di stato di natura. "Io sento nel cuore dolori antichissimi, pure ancor pungenti. Dove e quando ho provato tanti martori? Sofferto tante ingiustizie? Da quanti secoli vive al dolore l'anima mia? Ero io forse uno di quegli schiavi che giravano la macina al buio, affamati, con la museruola?". Contro la morte - delle lingue, degli uomini e delle epoche - il poeta si appella alla poesia: essa è la sola, la vera vittoria umana contro la morte. "L'uomo alla morte deve disputare, contrastare, ritogliere quanto può". Ma da ciò non consegue di necessità l'uso del latino.
 
Qui interviene l'altra e complementare poetica pascoliana: la poetica delle cose. "Vedere e udire: altro non deve il poeta. Il poeta è l'arpa che un soffio anima, è la lastra che un raggio dipinge. La poesia è nelle cose". Ma questa aderenza alle cose ha una conseguenza linguistica di estrema importanza, ogni cosa deve parlare quanto più è possibile con la propria voce: gli esseri della natura con l'onomatopea, i contadini col vernacolo, gli emigranti con l'italo-americano, Re Enzio col bolognese del Duecento; i Romani, naturalmente, parleranno in latino. Dunque il bilinguismo di Pascoli in realtà è solo una faccia del suo plurilinguismo. Bisogna tenere conto anche di un altro elemento: il latino del Pascoli non è la lingua che abbiamo appreso a scuola. Questo è forse il secondo motivo per il quale la produzione latina pascoliana è stata per anni oggetto di scarso interesse: per poter leggere i suoi poemetti latini è necessario essere esperti non solo del latino in generale, ma anche del latino di Pascoli. Si è già fatto menzione del fatto che nello stesso periodo, e anche prima di lui, altri autori avevano scritto in latino; scrivere in latino per un moderno comporta due differenti e contrapposti rischi. L'autore che si cimenti in questa impresa potrebbe, da una parte, incappare nell'errore di esprimere una sensibilità moderna in una lingua classica, cadendo in un latino maccheronico; oppure potrebbe semplicemente imitare gli autori classici, senza apportare alcuna novità alla letteratura latina.
 
Pascoli invece reinventa il latino, lo plasma, piega la lingua perché possa esprimere una sensibilità moderna, perché possa essere una lingua contemporanea. Se oggi noi parlassimo ancora latino, forse parleremmo il latino di Pascoli. (cfr. [[Alfonso Traina]], ''Saggio sul latino del Pascoli'', Pàtron). Numerosi sono i componimenti, in genere raggruppati in diverse raccolte secondo l'edizione del Gandiglio, tra le quali: ''Poemata Christiana'', ''Liber de Poetis'', ''Res Romanae'', ''Odi et Hymni''. Due sembrano essere i temi favoriti del poeta: [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]], poeta della [[aurea mediocritas]], che Pascoli sentiva come suo [[alter ego]], e le madri orbate, cioè private del loro figlio (cfr. ''[[Thallusa]]'', ''Pomponia Graecina'', ''Rufius Crispinus''). In quest'ultimo caso il poeta sembra come ribaltare la sua esperienza personale di orfano, privando invece le madri del loro ''ocellus'' ("occhietto", come Thallusa chiama il bambino). I ''Poemata Christiana'' sono da considerarsi il suo capolavoro in lingua latina. In essi Pascoli traccia, attraverso i vari poemetti, tutti in esametri, la [[storia del Cristianesimo]] in Occidente: dal ritorno a [[Roma]] del [[centurione]] che assistette alla [[morte di Gesù|morte]] di [[Gesù|Cristo]] sul [[Golgota]] (''Centurio''), alla [[Cristianesimo delle origini|penetrazione del Cristianesimo]] nella [[società romana]], dapprima attraverso gli [[stratificazione sociale|strati sociali]] di [[Schiavitù nell'antica Roma|condizione servile]] (''[[Thallusa]]''), poi attraverso la nobiltà romana (''Pomponia Graecina''), fino al tramonto del [[paganesimo]] (''Fanum Apollinis'').
 
== Biblioteca e archivio personali ==
La sua biblioteca e il suo archivio sono conservati sia nella [[Casa museo Pascoli]] a [[Castelvecchio Pascoli]] frazione di [[Barga]], sia nella [[Biblioteca statale di Lucca]]<ref>{{cita web|url=http://pascoli.archivi.beniculturali.it/index.php?id=123&ChiaveAlbero1425&TipoAlbero=ca&objId=1425&ApriNodo=1|titolo=Carte pascoliane della Biblioteca Statale di Lucca|accesso=1º giugno 2016|dataarchivio=20 agosto 2016|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160820220622/http://pascoli.archivi.beniculturali.it/index.php?id=123&ChiaveAlbero1425&TipoAlbero=ca&objId=1425&ApriNodo=1|urlmorto=sì}}</ref>.
 
A [[San Mauro Pascoli]] la sua casa natale, oggi proprietà del Comune di San Mauro Pascoli, è sede di un museo dedicato alla memoria del poeta.<ref>{{Cita web|url=http://polomusealeemiliaromagna.beniculturali.it/musei/casa-pascoli|titolo=Museo di Casa Pascoli|accesso=5 maggio 2018|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180505210202/http://polomusealeemiliaromagna.beniculturali.it/musei/casa-pascoli|urlmorto=sì}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.casemuseoromagna.it/?id=2|titolo=La Casa Museo di Giovanni Pascoli|editore=Coordinamento Case Museo dei Poeti e degli Scrittori di Romagna|accesso=2024-08-01|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20230621155728/http://www.casemuseoromagna.it/index.php?id=2|urlmorto=no}}</ref>
 
== Onori ==
* Nel 1924 la casa natale di Giovanni Pascoli a San Mauro Pascoli viene dichiarata [[Monumento nazionale]].<ref>Regio {{cita legge italiana|tipo=decreto legge |giorno= 06 |mese=11|anno= 1924 |numero= 1885}} pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia del 1º dicembre 1924 nº 280</ref>
* Nel 2012, in occasione del centenario della morte del poeta, gli vengono dedicate importanti iniziative in tutta la Penisola.<ref name=sole24>{{Cita news|url=https://st.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-04-05/centenario-pascoli-191658.shtml?uuid=Abij0dJF|titolo=Giovanni Pascoli : cento anni fa moriva il massimo autore latino dell'età moderna|data=5 aprile 2012|autore=Guido De Franceschi|pubblicazione=Il Sole 24 ORE}}</ref>
* Nel 2012 viene coniata una moneta celebrativa da due euro con l'effige del Poeta.<ref name=sole24 />
* Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoia, 1912.
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
* {{cita libro|autore= [[AntonioEmilio PiromalliCecchi]], [http://www.antoniopiromalli.it/Schede/Pascoli.htm''|titolo= La poesia di Giovanni Pascoli''], Pisa,|città= NistriNapoli|editore= Lischi,Ricciardi|anno= 19571912}}
* {{cita libro|autore= [[Benedetto Croce]]|titolo= Giovanni Pascoli. Studio critico|città= Bari|editore= Laterza|anno= 1920}}
*[[Maria Pascoli]], ''Lungo la vita di Giovanni Pascoli'', Milano, Mondadori, 1961
* {{cita testo|autore=[[Gianfranco Contini]]|titolo= Il linguaggio di Pascoli|pubblicazione= Studi pascoliani|città= Faenza|editore= Lega|anno= 1958|cid= Contini}}
*Gian Luigi Ruggio, ''Giovanni Pascoli: tutto il racconto della vita tormentata di un grande poeta'' (in appendice un'ampia antologia dei suoi versi migliori), Milano, Simonelli, 1998
* {{cita libro|autore= [[Maria Pascoli]]|titolo=Lungo la vita di Giovanni Pascoli|città= Milano|editore= Mondadori|anno= 1961}}
*[[Maria Santini]], ''Candida Soror: tutto il racconto della vita di Mariù Pascoli la più adorata sorella del poeta della Cavalla storna'', Milano, Simonelli, 2005
* {{cita libro|autore= [[Gian Luigi Ruggio]]|titolo= Giovanni Pascoli: tutto il racconto della vita tormentata di un grande poeta|città= Milano|editore= Simonelli|anno=1998|cid= Ruggio}}
*[[Alberto Arbasino]], ''Genius Loci'' (1977), published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS) {{ISSN|1476-9859}}. Previously published in Certi romanzi (Turin: Einaudi, 1977). artwork 2000-2004 by G. & F. Pedriali. [http://www.arts.ed.ac.uk/italian/gadda/Pages/resources/archive/classics/arbasinogeniuslocii.html]
*Giovanni Pascoli, ''Le Petit Enfant'' trad. dall'italiano, introd. e annotato da Bertrand Levergeois (prima edizione francese del "Fanciullino" in Francia), Parigi, Michel de Maule, "L'Absolu Singulier", 2004
*[[Cesare Garboli]], ''Poesie e prose scelte di Giovanni Pascoli'', 2 voll., Milano, Mondadori, 2002.
* [[Marinella Mazzanti]], "I segreti del 'nido'. Le carte di Giovanni e Maria Pascoli a Castelvecchio", in [[Raffaella Castagnola]] (a c. di),'' Archivi letterari del '900'', Firenze, Franco Cesati, 2000, pp. 99-104.
 
== Voci correlate ==
* [[Accademia Pascoliana]]
* [[Ruggero Pascoli]]
* [[Decadentismo]]
* [[Digitale purpurea]]
* [[Giosuè Carducci]]
* [[Gabriele D'Annunzio]]
* [[Severino Ferrari]]
* [[Luigi d'Isengard]]
* [[Augusto Vicinelli]]
* [[AccademiaSocialismo Pascolianautopico]]
* [[Alfonso TrainaThallusa]]
* [[La Riviera Ligure]]
 
== Altri progetti ==
{{Interprogetto}}
{{interprogetto|s=Autore:Giovanni Pascoli|s_preposizione=di|q}}
 
== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* [http://www.fondazionepascoli.it/ Sito ufficiale della Fondazione Giovanni Pascoli]
* {{cita web|url=http://pascoli.archivi.beniculturali.it/|titolo=Giovanni Pascoli nello specchio delle sue carte|accesso=10 marzo 2014}}
* [http://spazioinwind.libero.it/letteraturait/antologia/pascoli.htm Un approfondimento]
*[ {{cita web|url=http://xoomerwww.alicefondazionepascoli.it/ilpascoli/index.html Testi|titolo=Sito delleufficiale operedella diFondazione Giovanni Pascoli]}}
* [http://www.classicitaliani.it/index350.htm Tutte le opere] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110903003549/http://www.classicitaliani.it/index350.htm |date=3 settembre 2011 }}, disponibili nella biblioteca online ''Giuseppe Bonghi''
*[http://www.intratext.com/Catalogo/Autori/AUT287.HTM Opere di Giovanni Pascoli], testi con concordanze, lista delle parole e lista di frequenza
* [http://www.casapascoliintratext.itcom/Catalogo/Autori/AUT287.HTM CasaOpere di Giovanni Pascoli], sitotesti ufficialecon delconcordanze, Museolista Casadelle Pascoliparole e dedicatolista aldi poetafrequenza
* {{cita libro|curatore=Manara Valgimigli|titolo=Giovanni Pascoli. Poesie latine|editore=Mondadori|anno=1951-1961|isbn=no|url=https://www.mauriziopistone.it/testi/carmina.html}}
* {{cita web|url=http://www.casapascoli.it|titolo=Sito ufficiale del Museo Casa Pascoli}}
* {{Cita web | url = http://www.archiviostorico.unibo.it/template/detailImmagini.asp?IDFolder=324&IDOggetto=27502&mCO=ucmPhhfuuj%2FJoufsp2%21BTD&mCW=&mCJ=&LN=IT | titolo = Ritratti di Docenti - Giovanni Pascoli | sito = [[Università di Bologna]] - Archivio Storico | accesso = 26 ottobre 2022 | urlarchivio = https://archive.is/20130413114037/http://www.archiviostorico.unibo.it/template/detailImmagini.asp?IDFolder=324&IDOggetto=27502&mCO=ucmPhhfuuj/Joufsp2!BTD&mCW=&mCJ=&LN=IT | dataarchivio = 13 aprile 2013 }}
* {{cita web|url=http://cle.ens-lyon.fr/jsp/fiche_pagelibre.jsp?CODE=15067640&LANGUE=0&RH=CDL_ITA110000|titolo=Un percorso di lettura attraverso i "Poemi conviviali"|accesso=22 ottobre 2011|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110306100330/http://cle.ens-lyon.fr/jsp/fiche_pagelibre.jsp?CODE=15067640&LANGUE=0&RH=CDL_ITA110000|urlmorto=sì}}
* {{cita web|url=http://www.letteratura.rai.it/articoli/giovanni-pascoli-ritratto-ed-eventi/1143/default.aspx|titolo=Giovanni Pascoli: ritratto ed eventi sul portale RAI Letteratura}}
* [http://www.studisemeriani.it/archives/3341 Giovanni Pascoli e P. Giovanni Semeria]: riferimenti bibliografici.
 
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