Prima Repubblica (Italia): differenze tra le versioni

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{{Torna a|Storia della Repubblica Italiana}}
L'espressione '''Prima Repubblica''' si riferisce al sistema politico della [[Repubblica Italiana]] tra il [[1946]] e il [[1994]], e spesso è usata per richiamare i suoi aspetti peggiori.
[[File:Alcide De Gasperi colori.jpg|thumb|[[Alcide De Gasperi]], primo [[presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana]]|upright=1.4]]
'''Prima Repubblica''' è un'espressione mediatica italiana<ref>Ma entrato anche nella pubblicistica ufficiale: v. il sintagma ''the so-called “First Republic”'' utilizzato nel § 24 del rapporto dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ''The progress of the Assembly's monitoring procedure (January-December 2018) and the periodic review of the honouring of obligations by Iceland and Italy'' ([http://semantic-pace.net/tools/pdf.aspx?doc=aHR0cDovL2Fzc2VtYmx5LmNvZS5pbnQvbncveG1sL1hSZWYvWDJILURXLWV4dHIuYXNwP2ZpbGVpZD0yNTI0MCZsYW5nPUVO&xsl=aHR0cDovL3NlbWFudGljcGFjZS5uZXQvWHNsdC9QZGYvWFJlZi1XRC1BVC1YTUwyUERGLnhzbA==&xsltparams=ZmlsZWlkPTI1MjQw Doc. 14792 Part 3 (IT) Report] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20190523085011/http://semantic-pace.net/tools/pdf.aspx?doc=aHR0cDovL2Fzc2VtYmx5LmNvZS5pbnQvbncveG1sL1hSZWYvWDJILURXLWV4dHIuYXNwP2ZpbGVpZD0yNTI0MCZsYW5nPUVO&xsl=aHR0cDovL3NlbWFudGljcGFjZS5uZXQvWHNsdC9QZGYvWFJlZi1XRC1BVC1YTUwyUERGLnhzbA==&xsltparams=ZmlsZWlkPTI1MjQw |data=23 maggio 2019 }}), 2019, p. 8.</ref> che si riferisce al [[sistema politico]] della [[Italia|Repubblica Italiana]] vigente tra il [[1946]] e il [[1994]], in contrapposizione a quello della [[Seconda Repubblica (Italia)|Seconda Repubblica]] in cui avvenne un radicale mutamento partitico.
 
== Storia ==
Secondo i criteri storiografici e politologici, la denominazione di una forma di stato preceduta da aggettivi numerali indica i regimi dello stesso tipo che si sono succeduti discontinuamente in un paese con assetti costituzionali e istituzionali differenti (quali le [[Repubblica|Repubbliche]] francesi e i [[Reich]] tedeschi).
=== Il secondo dopoguerra ed il miracolo economico ===
Nel caso italiano, la distinzione tra la ''Prima'' e la ''Seconda'' Repubblica, introdotta in ambito giornalistico e divenuta poi di uso comune, sarebbe quindi formalmente scorretta, poiché ci si riferisce, come elemento di discontinuità storica, alla trasformazione politica avvenuta durante il biennio [[1992]]-[[1994]], che non si risolse in un cambiamento di regime bensì in una profonda trasformazione del sistema partitico e ricambio di gran parte dei suoi esponenti nazionali.
{{Vedi anche|Ricostruzione (Italia)|Miracolo economico italiano|Secondo dopoguerra in Italia}}Il 2 giugno 1946 fu indetto un referendum tra monarchia e repubblica: 12 717 923 cittadini votarono per la [[repubblica]] e 10 719 284 cittadini votarono la [[Famiglia reale italiana|monarchia]]. Inoltre si tennero le elezioni dell'assemblea costituente: nella costituzione si trovò un compromesso tra le varie parti politiche, con elementi comunisti, socialisti e cattolici.<ref>{{Cita web|url=https://st.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2007/05/repubblica-gorio.shtml?uuid=9762af6a-03c9-11dc-9479-00000e25108c&DocRulesView=Libero|titolo=2 giugno 1946: «È nata la Repubblica Italiana» - Il Sole 24 ORE|sito=st.ilsole24ore.com|accesso=2024-03-31}}</ref>[[File:Milano 1963 iliano lucas.jpg|thumb|[[Milano]], 1963: arrivo di emigranti dal [[Sud Italia]] alla [[Stazione di Milano Centrale|stazione Centrale]].]]
 
I primi quindici anni della Prima Repubblica furono detti del «[[Centrismo in Italia|centrismo]]», in quanto caratterizzati da governi mono-colore della [[Democrazia Cristiana|DC]] che occupava stabilmente il centro dello schieramento partitico.
==Difetti==
 
Erano gli anni in cui stava prendendo progressivamente avvio il [[miracolo economico italiano]], favorito da un'elevata disponibilità di manodopera, dovuta a un forte flusso migratorio dalle campagne alle città e dal Sud verso il Nord. La crescita media del [[Prodotto interno lordo|PIL]] del 6,3% tra il [[1958]] ed il [[1963]] consentì la riduzione del divario storico con paesi quali [[Regno Unito]], [[Germania Ovest]] (oggi Germania dopo la caduta del comunismo in Europa) e [[Francia]]<ref>{{Cita libro|autore=Guido Crainz|titolo=Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni fra anni Cinquanta e Sessanta|città=Roma|editore=Donzelli Editore|anno=1968}}</ref>. L'Italia primeggiava soprattutto in due grandi settori ad alta [[tecnologia]], quali la [[Elettronica|microelettronica]] e la [[chimica]], grazie a industrie come la [[Olivetti]] e la [[Montecatini (azienda)|Montecatini]], ma anche nella [[Industria farmaceutica|farmaceutica]], nel [[Energia nucleare|nucleare]], nell'[[aeronautica]], nelle [[Telecomunicazione|telecomunicazioni]]<ref>{{Cita libro|autore=Piero Angela|titolo=La sfida del secolo|città=Milano|editore=Mondadori|anno=2006}}</ref>; in seguito molte aziende leader di questi settori scompariranno, si ridurranno notevolmente o finiranno sotto il controllo di capitali stranieri.
I cardini normativi del sistema politico della Prima Repubblica furono la [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]] (in vigore dal [[1 gennaio]] [[1948]]) e la [[Legge elettorale italiana del 1946|legge elettorale del 1946]] (modificata col tempo e abrogata nel 1993).
 
=== La fine del centrismo ed il compromesso storico ===
La competizione politica fu costantemente caratterizzata dalla contrapposizione tra i due maggiori [[Partito politico|partiti]], la [[Democrazia Cristiana (1942-1994)|Democrazia Cristiana]] e il [[Partito Comunista Italiano]], rappresentativi dell'elettorato in misura (media) rispettivamente del 35-40% e del 25-30%, mentre una manciata di soggetti politici minori si spartiva il resto delle preferenze. Fra questi il più importante era il partito [[Partito Socialista Italiano|Socialista]]; gli altri principali erano il [[Movimento Sociale Italiano|Movimento Sociale]] di estrema destra <ref>In cui confluirono progressivamente i monarchici</ref>, i partiti [[Partito Liberale Italiano|Liberale]], [[Partito Repubblicano Italiano|Repubblicano]] e [[Partito Socialista Democratico Italiano|Socialdemocratico]], i [[Partito Radicale (Italia)|Radicali]] e il cartello di estrema sinistra [[Partito Socialista di Unità Proletaria|Psiup]]-[[Partito di Unità Proletaria|Pdup]]-[[Democrazia Proletaria|Dp]].
[[File:Aldo Moro portrait.jpg|thumb|[[Aldo Moro]], segretario della [[Democrazia Cristiana|DC]]]]
[[File:Giulio Andreotti.jpg|thumb|[[Giulio Andreotti]], il politico con il maggior numero di incarichi governativi nella storia della repubblica]]
{{Vedi anche|Compromesso storico|Anni di piombo|}}
Negli [[Anni 1960|anni sessanta]], all'indomani del [[Miracolo economico italiano|miracolo economico]], la DC, non essendo più in grado di governare da sola, aprì all'entrata dei socialisti al governo, formando il [[Centro-sinistra "organico"|centrosinistra «organico»]], retto da un quadripartito [[Democrazia Cristiana|DC]]-[[Partito Socialista Italiano|PSI]]-[[Partito Socialista Democratico Italiano|PSDI]]-[[Partito Repubblicano Italiano|PRI]]. A partire dagli [[Anni 1970|anni settanta]] si verificò un graduale indebolimento elettorale dei partiti di governo. Ciò era dovuto sia a nuove forme di contestazione, avviate da quella del [[1968]] che in Italia, a differenza delle altre liberaldemocrazie occidentali, fu egemonizzata dall'ideologia comunista<ref>{{Cita libro|autore=Sabino Acquaviva|titolo=Guerriglia e guerra rivoluzionaria in Italia|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1979}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Michele Brambilla|titolo=Dieci anni di illusioni. Storia del Sessantotto|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1994}}</ref>; sia alla mancanza di alternative praticabili.
Per ovviare a questo sistema bloccato, che si basava su maggioranze sempre più deboli, prese corpo l'idea di un [[compromesso storico]] tra DC e [[Partito Comunista Italiano|PCI]], ossia un'alleanza consociativa tra i due maggiori partiti; l'avvio di un tale progetto fu nel [[1976]] la fine del centrosinistra quadripartitico, e la nascita dei governi di «solidarietà nazionale» che si reggevano sull'appoggio esterno del PCI, con progressivo coinvolgimento di quest'ultimo nella maggioranza parlamentare, in vista di una sua imminente entrata nell'esecutivo. Il rapimento e l'uccisione del presidente della DC [[Aldo Moro]] (che era tra i principali sostenitori del compromesso storico), ad opera delle [[Brigate Rosse]], fece tuttavia allontanare una simile prospettiva<ref>{{Cita libro|autore=Sergio Zavoli|titolo=La notte della Repubblica|città=Roma|editore=Nuova Eri|anno=1992}}</ref>.[[File:Enrico Berlinguer e Aldo Moro (Roma, 1977).jpg|nessuno|miniatura|356x356px|Roma, 3 maggio 1977. [[Enrico Berlinguer]], segretario del [[Partito Comunista Italiano]], e [[Aldo Moro]], presidente della [[Democrazia Cristiana]], sanciscono la costituzione del "[[compromesso storico]]"]]
=== Gli anni ottanta e l'ascesa di Craxi ===
{{Vedi anche|Bettino Craxi|Lite delle comari|Pentapartito}}
[[File:Bettino Craxi-1.jpg|thumb|[[Bettino Craxi]], segretario del [[Partito Socialista Italiano|PSI]]]]
Nel 1981, a causa della "''[[lite delle comari]]''" la [[Banca d'Italia]], che quindi non era più tenuta ad acquistare i titoli di Stato rimasti sul mercato, il debito pubblico iniziò a salire a causa del vertiginoso aumento degli interessi sugli stessi, che arrivarono al 17%.<ref>{{Cita news|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/04/21/forti-richieste-all-asta-dei-bot.html?ref=search |titolo=Forti richieste all'asta dei Bot|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|accesso=27 novembre 2017|data=21 aprile 1984}}</ref> Il PSI, intanto, che si trovava ai minimi storici, schiacciato nella tenaglia del tentativo di compromesso storico tra i due maggiori partiti, chiamò a risollevare le proprie sorti il nuovo segretario [[Bettino Craxi]], la cui ascesa politica rappresentò un fattore di innovazione nel sistema della Prima Repubblica, ormai incapace di dare risposte adeguate ai cambiamenti in atto nella società italiana<ref name="Colarizi">{{Cita libro|autore=Simona Colarizi|autore2=Marco Gervasoni|titolo=La cura dell'ago. Craxi, il partito socialista e la crisi della Repubblica|città=Roma-Bari|editore=Laterza|anno=2006}}</ref>. Tra i principali avversari del [[compromesso storico]], Craxi si propose di costruire un'alternativa di sinistra alla DC, che non fosse più costituita da un partito colluso con l'[[Unione Sovietica|URSS]], ma da una sinistra [[Riformismo|riformista]] che potesse trattare col PCI da una posizione di forza, come aveva fatto ad esempio in [[Francia]] il socialista [[François Mitterrand]] che era andato al governo con i comunisti dopo averli sfidati e superati<ref name="Colarizi" />.
 
Perché una tale prospettiva potesse realizzarsi anche in Italia occorreva però che il PSI trovasse la sua «onda lunga» che gli permettesse di scavalcare a sua volta il PCI. In attesa che questo si realizzasse, durante gli [[Anni 1980|anni ottanta]] il PSI di Craxi tornò ad allearsi con la DC, insieme agli altri tre partiti «laici» ([[Partito Liberale Italiano|PLI]], [[Partito Repubblicano Italiano|PRI]] e [[Partito Socialista Democratico Italiano|PSDI]]) per formare un [[pentapartito]]. Negli anni ottanta, inoltre, la Presidenza del Consiglio andò per la prima volta a due politici non democristiani: [[Giovanni Spadolini]] (repubblicano, tra il 1981 e il 1982) e lo stesso Craxi (socialista, dal 1983 al 1987).
La Dc, grazie ai risultati elettorali e alla collocazione di centro, ricopriva un ruolo insostituibile per la formazione delle maggioranze parlamentari, formando di volta in volta coalizioni diverse con i partiti minori. Il Pci rimase sempre all'opposizione (salvo tre anni di [[Solidarietà nazionale]]) ed escluso dall'esecutivo (nonostante il tentativo di [[compromesso storico]] nel [[1978]]) a causa del forte contrasto ideologico con la Dc. Al di sotto della politica, la realtà amministrativa dello Stato e degli altri enti pubblici tradiva un'assenza di capacità gestionali, una negoziazione con gruppi di pressione che non si sostituivano l'uno all'altro ma si aggiungevano (come avvenuto con la sindacalizzazione del pubblico impiego negli anni Settanta): lo scotto di tutto ciò fu scaricare i costi sul bilancio pubblico, che raggiunse livelli di deficit sostenuti soltanto grazie ad un ingente debito pubblico.
 
In questo rinnovato clima politico fu soprattutto il PSI a rafforzarsi, favorito anche dal tramonto delle ideologie che comportò un indebolimento del «voto di appartenenza» e un accrescimento del dinamismo elettorale da parte dei cittadini. Craxi, per parte sua, abbandonò ogni residuo vetero-marxista nel PSI, rinnovandone l'immagine anche nel simbolo. Il PCI invece, che manteneva intatti i legami con l'URSS, conobbe un progressivo declino. Il «sorpasso a sinistra» da parte del PSI restava tuttavia un traguardo ancora lontano; la democrazia italiana rimaneva bloccata, continuando a incentivare pratiche [[Consociativismo|consociative]] e [[Clientelismo|clientelari]].
La cultura dell'autorità dei pubblici poteri - già gravemente lesionata dalla fuga da Roma l'8 settembre 1943 - non solo non si ristabilì mai, ma fu definitivamente abbandonata dalla visione di una serie di gruppi di interesse che aggredivano la capacità gestionale della dirigenza pubblica attraverso la rappresentanza politica. Questa vide forme nuove di ostruzionismo politico a misure vissute come punitive per la propria "constituency", come avvenne con l'istituto del 'ritiro della delegazione del partito dal Governo' iniziato nel 1974<ref>Camera dei deputati, VI legislatura, Atti parlamentari, resoconto stenografico dell'Assemblea del 22 marzo 1974, intervento del deputato Biasini, p. 13767, in cui si spiegano così le dimissioni da ministro dell'onorevole Ugo La Malfa.</ref> e sublimato poi a partire dalla fine degli [[Anni 1970|anni Settanta]]. In tale periodo si verificò il graduale indebolimento elettorale dei due partiti maggiori, dovuto sia a una tendenza socio-politica (declino della subcultura cattolica, crisi dell'ideologia comunista, evoluzione del partito di massa) generalizzata nelle liberaldemocrazie occidentali, sia alla percezione nell'opinione pubblica della loro inefficienza o corruzione; ciononostante nel corso degli [[Anni 1980|anni Ottanta]] la conflittualità interna al sistema partitico - che periodicamente produceva crisi di governo in nome dell'alternanza tra i partiti di governo (in luogo dell'alternativa ai partiti di governo)- offrì una generale impressione di immobilismo, con la coalizione del [[Pentapartito]] guidata dal patto informale C.A.F. ([[Bettino Craxi|Craxi]]-[[Giulio Andreotti|Andreotti]]-[[Arnaldo Forlani|Forlani]]) che fungeva da "motore immobile" della politica italiana.
 
Craxi introdusse anche alcuni elementi di libero mercato<ref name="Forte">{{Cita libro|autore=Francesco Forte|titolo=L'economia italiana dal Risoergimento ad oggi. 1861-2011|città=Siena|editore=Cantagalli|anno=2011}}</ref> e fu tra i primi a parlare della necessità di riforme istituzionali<ref>{{Cita news|url=http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Discorso&key=1662|titolo=Testimonianza del Presidente Napolitano alla cerimonia in occasione del centenario della nascita di Norberto Bobbio|pubblicazione=Quirinale|data=15 ottobre 2009}} [[Norberto Bobbio]] nel 1992 osservò che, in tema di riforme costituzionali, «non si poteva negare che Craxi fosse stato un precursore» (testimonianza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla cerimonia in occasione del centenario della nascita di Norberto Bobbio.</ref>, come ad esempio la riforma costituzionale in senso [[Presidenzialismo|presidenzialista]], sebbene egli stesso riconobbe che questi progetti resteranno alla fine un «inutile abbaiare alla luna»<ref>{{Cita news|url=http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=9612|titolo=Lettera del Presidente Napolitano alla signora Craxi nel 10º anniversario della scomparsa di Bettino Craxi|pubblicazione=Quirinale|data=18 gennaio 2010}} «Il discorso sulle riforme istituzionali che aveva rappresentato, già prima dell'assunzione della Presidenza del Consiglio, l'elemento forse più innovativo della riflessione e della strategia politica dell'on. Craxi [...] non si tradusse in risultati effettivi di avvio di una revisione della Costituzione repubblicana. La consapevolezza della necessità di una revisione apparve condivisa [...] ma [...] non seguì alcuna iniziativa concreta, di sufficiente respiro, in sede parlamentare. Si preparò piuttosto il terreno per provvedimenti che avrebbero visto la luce più tardi, come la legge ordinatrice della Presidenza del Consiglio e, su un diverso piano, significative misure di riforma dei regolamenti parlamentari».</ref>.
L'elevato numero di enti amministrativi statali e locali e la loro forte ingerenza nell'economia, causata dall'ipertrofico sistema delle [[partecipazioni pubbliche]], dallo scarso sviluppo del [[capitalismo]] italiano e dal malcostume del [[clientelismo]], attribuiva ai titolari delle "poltrone" un potere sproporzionato. Questa situazione fu sfruttata da molti per arricchirsi e dai partiti per finanziarsi, attraverso il sistema di [[corruzione]] conosciuto successivamente come [[Tangentopoli]]. Tale fenomeno si aggravò durante gli [[Anni 1980|anni Ottanta]] a causa dell'ascesa di una nuova classe politica rampante, a volte appositamente collocata nei centri del potere economico e amministrativo dai partiti (pratica detta [[lottizzazione]], un aspetto della [[partitocrazia]]). Nello stesso periodo, la riduzione del [[voto di appartenenza]] fu neutralizzata dalla diffusione del [[voto di scambio]], attuato dai partiti di governo mediante un protratto e consistente esborso di risorse pubbliche che portò il debito pubblico italiano oltre il 100% del [[PIL]] all'inizio degli [[Anni 1990|anni Novanta]].
 
=== Le elezioni politiche del 1994 e la fine ===
Il sistema politico della Prima Repubblica fu definito un ''pluralismo polarizzato''<ref>[[Giovanni Sartori|G. Sartori]], ''Partiti e sistemi di partito: i sistemi competitivi'' in AAVV, 1986)</ref> dal politologo [[Giovanni Sartori]], in base alle seguenti caratteristiche:
{{vedi anche|Mani pulite|Seconda Repubblica (Italia)}}
*Presenza di più di cinque partiti rilevanti.
*Presenza di partiti antisistema, ossia partiti che vanno dal rifiuto alla protesta con la capacita' di mettere in discussione il regime e minarne le basi di sostegno, ossia ostili alla stessa forma dello stato in cui esistono(il Pci e Msi, nonostante alcuni politologi dissentano da questa interpretazione, possono essere inclusi in questa categoria).
*Presenza di due opposizioni polari, mutualmente esclusive e con ideologie estremiste (ancora Pci e Msi).
*Sistema imperniato sul centro, che è occupato (da parte della Dc).
*Tendenza centrifuga, poiché le opposizioni possono guadagnare consenso estremizzando le loro posizioni, piuttosto che moderandole.
*Opposizioni irresponsabili, che propongono programmi irrealizzabili sapendo di non avere la possibilità di governare.
*Centro scarsamente responsabile, che non mantiene le promesse del programma in quanto "obbligato" a governare.
 
Verso la fine degli [[Anni 1980|anni ottanta]] la coalizione di maggioranza si consolidò nel patto informale del CAF (dall'acronimo di [[Bettino Craxi|Craxi]]-[[Giulio Andreotti|Andreotti]]-[[Arnaldo Forlani|Forlani]]), una solida alleanza che prevedeva un'alternanza al governo dei tre sottoscrittori del patto. Il fatto che un tale progetto politico sembrasse non prevedere alternative suscitò tuttavia una sensazione di immobilismo, dando l'impressione che i partiti si accordassero tra loro indipendentemente dal resto del Paese.
==Cambiamenti==
Con la caduta del [[Muro di Berlino]], che assunse il significato ideale di un crollo dell'alternativa al capitalismo, sembrarono aprirsi nuovi spazi di intesa tra il PSI e un PCI libero dalla pregiudiziale sovietica, ma il rapporto travagliato tra i due partiti che si era andato logorando lungo tutti gli anni ottanta fece ben presto naufragare una tale prospettiva.
 
Tra l'altro, fu solo dopo la crisi delle Repubbliche del [[Patto di Varsavia]], e la conseguente caduta della [[Cortina di ferro]], che il PCI decise di effettuare la transizione dal [[comunismo]] al [[socialismo democratico]], cambiando nome in [[Partito Democratico della Sinistra]] (PDS). Dal partito si distaccò l'ala dell'estrema sinistra libertaria e il ramo veterostalinista, guidati da [[Sergio Garavini]] e [[Armando Cossutta]], che diedero vita al [[Partito della Rifondazione Comunista]] (PRC)<ref name="MontanelliCervi">{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|autore2=Mario Cervi|titolo=L'Italia degli anni di fango|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1993|isbn=9788817427296}}</ref>. La trasformazione avvenuta nella sinistra fece cadere in molti elettori moderati le ragioni per votare democristiano in funzione anticomunista. Tale orientamento fu intercettato da due movimenti post-ideologici nati nel 1991, la [[Lega Nord]] e [[La Rete (partito politico)|La Rete]], con base elettorale rispettivamente nel [[Italia settentrionale|nord]] e nel [[Italia meridionale|Sud Italia]]. La Lega era una federazione di partiti regionalisti esistenti sin dal [[1979]], guidata da [[Umberto Bossi]], che propugnava principalmente la risoluzione della ''questione settentrionale'' dovuta all'oneroso carico fiscale richiesto per finanziare la crescita economica nel [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]]. Il secondo, fondato da [[Leoluca Orlando]] sulla base di alcune associazioni cattoliche sociali, proponeva come tema centrale la lotta alla mafia e alla corruzione. La [[Federazione delle Liste Verdi]], movimento di ispirazione ambientalista e riformista fondato nel [[1986]], era un'altra giovane formazione estranea agli schemi tradizionali, e dopo la nascita dei [[Verdi Arcobaleno]] (fondati nel [[1989]]) ci fu la fusione nella [[Federazione dei Verdi]], nel [[1990]].
Il primo fenomeno di cambiamento nell'offerta partitica si verificò nel [[1991]], quando il Partito Comunista Italiano si trasformò nel [[Partito Democratico della Sinistra]] al termine di una lunga e sofferta fase di transizione dal [[comunismo]] al [[socialismo democratico]], accelerata dalla crisi delle repubbliche del [[Patto di Varsavia]] e dalla conseguente caduta della [[Cortina di ferro]]. Successivamente dal Pds si distaccò il [[Partito della Rifondazione Comunista]]. Questi fatti precedettero di poco l'epocale scioglimento dell'[[Unione Sovietica]].
 
In quello stesso anno venne scoperta l'[[organizzazione Gladio]]: si trattava di un'organizzazione paramilitare Stay-behind segreta creata in collaborazione con la [[CIA]] americana a metà degli [[Anni 1950|anni cinquanta]] per consentire di fermare sul nascere un'eventuale insurrezione comunista qualora i sovietici ed alleati avessero invaso i confini orientali. Ne facevano parte 622 volontari, ed erano stati predisposti depositi d'armi (quasi tutti eliminati nel [[1973]]) cui questi agenti potessero attingere, per le loro azioni. Il magistrato veneziano [[Felice Casson]] riteneva che l'organizzazione fosse un'entità fuorilegge e avesse finalità eversive: in particolare quella di impedire che in Italia si affermassero le forze di sinistra (come il PCI). [[Francesco Cossiga]], Presidente della Repubblica nel 1990 e sottosegretario alla Difesa nel triennio 1966-1969, rivendicò con orgoglio il ruolo svolto per migliorare la struttura che a suo avviso, pur essendo segreta, era legittima<ref>{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|autore2=Mario Cervi|titolo=L'Italia degli anni di fango|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1993}} «Rivendico in pieno la tutela di quarant'anni di politica della Difesa e della sicurezza per la salvaguardia dell'integrità nazionale, dell'indipendenza e della sovranità territoriale del nostro Paese nonché della libertà delle sue istituzioni, anche al fine di rendere giustizia a coloro che agli ordini del governo legittimo hanno operato per la difesa della Patria.».</ref>.
La trasformazione avvenuta nella sinistra fece cadere in molti elettori moderati le ragioni per votare democristiano in funzione anticomunista, sbloccando le scelte elettorali di parte degli elettori moderati. Inoltre emerse una ''questione settentrionale'' dovuta principalmente all'oneroso carico fiscale richiesto per finanziare la crescita economica (e spesso le clientele) nel Mezzogiorno. Da questa combinazione trassero beneficio le formazioni regionaliste settentrionali, che dopo i successi alle consultazioni locali del 1991 si federarono nella [[Lega Nord]] guidata da [[Umberto Bossi]], partito che divenne un importante attore politico nazionale sin dalle successive [[Elezioni politiche italiane del 1992|elezioni politiche di aprile del 1992]].
{{quote|Sembrava la coda avvelenata di un passato che stava finendo. E invece forse era l'annuncio di un futuro che stava appena cominciando|[[Marco Follini]], ''Beneficio d'inventario'', Vicenza, Neri Pozza, 2025, p. 163}}
Nei mesi successivi si scatenarono continue polemiche: [[Achille Occhetto]] (segretario comunista) tuonò contro la «democrazia limitata» che sarebbe esistita in Italia durante il dopoguerra e contro l'«eversione atlantica», mentre lo stesso Cossiga minacciò di autosospendersi purché lo facesse anche [[Giulio Andreotti|Andreotti]] (in quel momento Presidente del Consiglio)<ref name="MontanelliCervi" />.
Successivamente Casson trasmise il fascicolo sull'organizzazione, per ragioni di competenza territoriale, alla Procura di [[Roma]], la quale dichiarò che la struttura ''[[Stay-behind]]'' non aveva nulla di penalmente rilevante<ref>{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|autore2=Mario Cervi|titolo=L'Italia degli anni di fango|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1993}} «La magistratura romana cui Casson aveva trasmesso perché "incompetente" il fascicolo sull'organizzazione – ma per dichiararsi incompetente aveva redatto una vera e propria requisitoria in cui asseriva la perversa natura di Gladio – fu di parere opposto al suo. Non c'era nulla nella struttura ''Stay-behind'' che avesse rilevanza giudiziaria. I gladiatori erano galantuomini.».</ref>.
 
Le polemiche politiche e il malgoverno fecero scendere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nei partiti: alle [[Elezioni europee del 1989 in Italia|elezioni europee del 1989]] un elettore su quattro si era astenuto o aveva votato scheda bianca<ref name="BarbacettoGomrzTravaglio">{{Cita libro|autore=Gianni Barbacetto|autore2=Peter Gomez|autore3=Marco Travaglio|titolo=Mani pulite. La vera storia|città=Roma|editore=Editori Riuniti|anno=2002}}</ref>, mentre i [[Referendum abrogativi in Italia del 1990|referendum abrogativi dell'anno seguente]], sulla caccia e sui fitofarmaci, non avevano raggiunto il quorum fermandosi tra il 42 e il 43% dei voti<ref>{{Cita news|url=https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=F&dtel=03/06/1990&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S|titolo=Archivio Storico delle Elezioni – Referendum del 3 giugno 1990|pubblicazione=[[Ministero dell'interno]]|accesso=4 maggio 2016}}</ref>.
Il 9 Giugno 1991 gli italiani, tramite [[Referendum abrogativo del 1991|un referendum]] scelgono la preferenza unica sulla scheda elettorale per le elezioni della camera dei deputati, la scelta della preferenza unica dovrebbe condurre ad una più attenta scelta, da parte dei partiti delle persone da candidare ed avvicinarsi al modello elettorale uninominale e maggioritario. Il referendum ebbe una forte partecipazioni di elettori, nonostante venne indetto quasi in periodo estivo (9 giugno) e il conseguente invito a disertare le urne per andare al mare, formulato da alcuni dei principali esponenti politici del periodo, come [[Bettino Craxi]].
 
Il 9 giugno [[1991]] si tenne il [[Referendum abrogativo in Italia del 1991|referendum abrogativo delle preferenze multiple]] per i candidati alla Camera dei deputati in favore della preferenza unica, assimilando così il sistema elettorale al maggioritario uninominale pur lasciandolo formalmente proporzionale. Alla vigilia del voto si temeva che non si potesse raggiungere il quorum del 50% dei voti, con i partiti di governo che scelsero la linea dell'astensione invitando gli italiani ad andare al mare. Invece la partecipazione al referendum fu elevata: votò il 62,5% degli aventi diritto, e tra di loro oltre il 95% si pronunciò per la preferenza unica<ref name="MontanelliCervi" />. Subito dopo il Capo dello Stato Cossiga presentò un messaggio alle Camere che evidenziava la necessità di riforme costituzionali<ref>{{Cita libro|autore=Marco Gervasoni|titolo=Le avventure del "non governo". Crisi della decisione politica e potere esecutivo tra Prima e Seconda Repubblica: alcune ipotesi interpretative|città=Milano|editore=FrancoAngeli|anno=2016}}</ref>, nell'ambito di una serie di «esternazioni» che la dottrina ha definito «episodi di forzatura della costituzione»<ref>{{Cita libro|autore=Lorenza Carlassare|titolo=Strutture di governo e strutture di garanzia nell'attuazione della Costituzione|città=Milano|editore=FrancoAngeli|anno=2005|p=52}}</ref>.
Il 17 febbraio [[1992]] ebbe inizio l'inchiesta giudiziaria [[Mani pulite]] sul sistema delle tangenti, che coinvolse molti esponenti di tutti i maggiori partiti. L'enorme perdita di credibilità subita in particolare dalle forze del Pentapartito portò queste a una crisi irreversibile e addirittura al sensazionale scioglimento della Dc e del Psi, rispettivamente il più importante e il più antico dei partiti italiani. L'iniziativa della magistratura prese le mosse dal modesto caso di corruzione del funzionario socialista [[Mario Chiesa]] e si estese notevolmente grazie alle rivelazioni degli inquisiti, godendo del diffuso sostegno dell'opinione pubblica alimentato dai mass-media.
 
Il 17 febbraio [[1992]] cominciò l'inchiesta giudiziaria [[Mani pulite]] sul sistema delle [[Corruzione|tangenti]], che coinvolse molti esponenti di tutti i maggiori partiti e fece emergere il fenomeno detto [[Mani pulite|Tangentopoli]]. L'enorme perdita di credibilità subita in particolare dalle forze del pentapartito le portò a una crisi irreversibile, fino allo scioglimento della DC e del PSI, rispettivamente il più importante e il più antico dei partiti politici italiani. L'iniziativa della magistratura allora godette del diffuso sostegno dell'opinione pubblica alimentato dai mass media<ref name="BarbacettoGomrzTravaglio" />.
Nelle elezioni politiche del 5 Aprile 1992 i partiti tradizionali furono tutti penalizzati: la Democrazia Cristiana, pur mantenendo la maggioranza ebbe il minimo storico dei suffragi, i due partiti nati dalla scomparsa del PCI (Rifondazione Comunista e Partito Democratico della Sinistra) assommati conseguirono una netta perdita elettorale e comparvero nuovi partiti in parlamento con una presenza significativa di eletti: la Lega Nord e [[La_Rete|la Rete]]. Il risultato fu un parlamento ricco in partiti (in tutto 16 partiti con eletti alla camera e 18 al Senato), senza un raggruppamento che potesse vantare un indiscusso riconosciuto ruolo di partito guida.
 
Nelle [[Elezioni politiche in Italia del 1992|elezioni politiche del 5 aprile 1992]] la DC ottenne il minimo storico dei suffragi pur conservando la maggioranza relativa, [[Partito Democratico della Sinistra|PDS]] e [[Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea|PRC]] assommati ricevettero molti meno voti del vecchio PCI, mentre gli altri partiti di governo rimasero pressoché stabili nelle preferenze. La Lega Nord ottenne un risultato sorprendente vincendo in numerosi collegi settentrionali e ottenendo quasi il 9% a livello nazionale. Anche Rete e Verdi riuscirono a fare eleggere alcuni loro candidati. Conseguenza del voto fu un parlamento molto frammentato e senza una maggioranza robusta<ref name="MontanelliCervi" />.
Nel [[1993]], a seguito di [[Referendum abrogativi del 1993|un referendum]], svoltosi il 18 Aprile 1993, con oltre 30 milioni di voti favorevoli, le Camere deliberarono il cosiddetto [[Mattarellum]], la legge elettorale che introdusse il sistema maggioritario misto, soppiantando il proporzionale puro che era considerato una delle cause dell'instabilità istituzionale e della partitocrazia <ref>Nella stessa giornata referendaria venne anche abolito il finanziamento pubblico ai partiti, ripristinato nel 1996,sotto una forma giuricamente differente</ref> . Questa innovazione legislativa, oltre alla gravità della crisi che stava colpendo i partiti, i loro esponenti, il parlamento e il governo, spinse il [[Presidente della Repubblica]] [[Oscar Luigi Scalfaro]] a sciogliere anticipatamente le [[Camere]] e indire le elezioni per il marzo 1994.
 
Questo periodo non vide solo la crisi della politica, ma anche delle istituzioni e dell'economia per colpa di una violenta offensiva della mafia contro le istituzioni e una spaventosa impennata del deficit pubblico.
Tra gennaio e febbraio del [[1994]] l'imprenditore [[Silvio Berlusconi]] decise a sorpresa di ''scendere in campo'' fondando un nuovo partito, [[Forza Italia]], formato prevalentemente da tecnici di estrazione aziendale e politici dei secondo piano del Pentapartito, quasi tutti nomi nuovi per raccogliere il consenso dei delusi dalla politica, e rappresentativi del ceto medio moderato in modo da intercettare il voto democristiano. Per la prima volta in Italia il partito di Berlusconi svolse una campagna elettorale fortemente mediatica e personalizzata. Sempre a febbraio, il Msi cambiò denominazione in [[Alleanza nazionale]].
Il 27 marzo [[1993]] Giulio Andreotti fu raggiunto da un avviso di garanzia dalla Procura di Palermo per attività di mafia<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0780_01_1993_0086_0057_11046931/|titolo=Andreotti inquisito per attività mafiosa|pubblicazione=[[La Stampa]]|data=28 marzo 1993|accesso=4 maggio 2016}}</ref>; il 5 aprile fu indagato dalla Procura di Milano per finanziamento illecito<ref>{{Cita news|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0781_01_1993_0095_0001_11057449/|titolo=Tangenti avviso a Andreotti e Forlani|pubblicazione=La Stampa|data=6 aprile 1993|accesso=4 maggio 2016}}</ref> e la settimana dopo dalla Procura di Roma per l'omicidio del giornalista [[Mino Pecorelli]] (avvenuto nel 1979)<ref>{{Cita news|autore=Pierluigi Battista|autore2=Francesco Grignetti|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0782_01_1993_0100_0001_11065003/|titolo=Delitto Pecorelli, spunta Andreotti|pubblicazione=La Stampa|data=11 aprile 1993|accesso=4 maggio 2016}}</ref>. Le inchieste di Palermo furono viste come un processo alla DC e all'intero sistema politico, e il contraccolpo fu notevole<ref>Nell'inchiesta milanese la posizione di Andreotti verrà archiviata, nel 2003 verrà assolto con formula piena dall'accusa di essere il mandante dell'omicidio Pecorelli, mentre nel 2004 la Cassazione lo ha riconosciuto colpevole del reato di associazione a delinquere con [[Cosa nostra]] fino alla primavera del 1980 (reato commesso ma prescritto).</ref>: [[Giovanni Pilo]], sondaggista della [[Fininvest]], scrisse che la fiducia nei partiti era scesa al minimo storico, il 2% (solo nel 1989 era all'11,4%)<ref name="BarbacettoGomrzTravaglio" />.
 
Il 18 aprile gli elettori furono chiamati a pronunciarsi sul [[Referendum abrogativi in Italia del 1993#Elezione Senato della Repubblica|referendum]] per la riforma elettorale del Senato della Repubblica (bocciato dalla [[Corte costituzionale (Italia)|Corte costituzionale]] due anni prima) instaurando il sistema maggioritario e aprendo la strada a un'analoga riforma per la Camera dei deputati. L'82,74% votò a favore della riforma<ref>{{Cita news|url=https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=F&dtel=18/04/1993&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S|titolo=Archivio Storico delle Elezioni – Referendum del 18 aprile 1993|pubblicazione=Ministero dell'interno|accesso=5 maggio 2016}}</ref> e il 4 agosto successivo le Camere deliberarono la legge elettorale denominata «[[Legge Mattarella|Mattarellum]]», che introdusse il sistema maggioritario misto, soppiantando il proporzionale puro che era considerato una delle cause dell'instabilità istituzionale e della [[partitocrazia]]<ref>{{Cita news|autore=Fernando Proietti|url=http://archiviostorico.corriere.it/1993/agosto/05/rivoluzione_del_agosto_co_0_9308058055.shtml|titolo=La rivoluzione del 4 agosto|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=5 agosto 1993|accesso=17 marzo 2011|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150605021715/http://archiviostorico.corriere.it/1993/agosto/05/rivoluzione_del_agosto_co_0_9308058055.shtml|dataarchivio=5 giugno 2015}}</ref>. Questa innovazione legislativa, oltre alla gravità della crisi che stava colpendo i partiti, il Parlamento e il Governo, spinse il [[Presidente della Repubblica Italiana|Presidente della Repubblica]] [[Oscar Luigi Scalfaro]] – che già con l'incarico a Ciampi aveva sposato «una soluzione inedita, secondo la quale le forze politiche partecipavano al governo, ma con esponenti non appartenenti alle prime file dei rispettivi partiti»<ref>{{Cita news|autore=Paolo Allegrezza|titolo=L'ultima spiaggia|pubblicazione=[[Mondoperaio]]|data=n. 1/2018|p=12}}</ref> – a sciogliere anticipatamente le Camere il 16 gennaio [[1994]] e indire le elezioni per il 27 e 28 marzo.
Si formarono allora tre fragili alleanze elettorali: un cartello di centro con [[Partito Popolare Italiano (1994-2002)|Partito Popolare Italiano]] (erede della maggiore corrente DC) e [[Patto Segni]] (promotore del referendum e anch'esso formato da ex democristiani); su posizioni di destra il [[Polo delle Libertà]], composto da Forza Italia, Alleanza Nazionale nei collegi meridionali, Lega Nord nei collegi settentrionali, e Radicali; orientata a sinistra l'[[Alleanza dei Progressisti]], che comprendeva Pds, Prc, [[Federazione dei Verdi|Verdi]] (ambientalisti) e la [[La Rete|Rete]] (movimento per la democrazia); inoltre in ognuno dei tre schieramenti erano presenti effimere liste composte da schegge assortite del vecchio Pentapartito.
 
Il 26 gennaio 1994 l'imprenditore [[Silvio Berlusconi]] annunciò ufficialmente il suo ingresso in politica (cosiddetta «[[Ingresso in politica di Silvio Berlusconi|discesa in campo]]») fondando un nuovo partito, [[Forza Italia (1994)|Forza Italia]], formato prevalentemente da tecnici di estrazione aziendale e politici di secondo piano del [[pentapartito]], quasi tutti nomi nuovi per raccogliere il consenso dei delusi dalla politica, e rappresentativi del ceto medio moderato in modo da intercettare il voto democristiano. Per la prima volta in Italia il partito di Berlusconi svolse una campagna elettorale fortemente mediatica e personalizzata. A febbraio, il MSI diede vita al nuovo progetto politico chiamato [[Alleanza Nazionale]], che sarà il nuovo partito nel quale si sarebbe sciolto un anno dopo<ref>Alle [[Elezioni politiche in Italia del 1994|elezioni politiche del 1994]] si presentò con il nome «Alleanza Nazionale – MSI» (AN-MSI).</ref>.
Questo periodo non vide la crisi solo della politica, ma anche delle istituzioni e dell'economia, attraverso avvenimenti che resero manifesti problemi presenti da tempo:
*(1990) Furono svelati alcuni documenti dell'[[Organizzazione Gladio]] (ritenuta potenzialmente golpista) che coinvolgevano servizi segreti italiani ed esteri e figure pubbliche di primo piano, tra cui l'allora [[Presidente della Repubblica Italiana|Presidente della Repubblica]] [[Francesco Cossiga]].
*(1992) [[Cosa nostra]] sferrò una violenta offensiva contro le istituzioni, dapprima con l'assassinio del politico [[Salvo Lima]], successivamente con una serie di attentati culminata nelle stragi mirate all'uccisione dei giudici [[Giovanni Falcone]] e [[Paolo Borsellino]].
*(1993) Lo Stato rischiò seriamente la bancarotta a causa della disinvolta politica di deficit pubblico degli anni precedenti; questo comportò l'esclusione dell'Italia dal [[Sistema Monetario Europeo]], l'emanazione di una [[legge finanziaria]] d'emergenza da 90.000 miliardi di lire, e l'introduzione di numerose riforme del sistema economico-finanziario.
 
Si formarono così tre alleanze elettorali: un cartello di centro denominato [[Patto per l'Italia]], formato da [[Partito Popolare Italiano (1994)|Partito Popolare Italiano]] (erede della maggiore corrente DC) e [[Patto Segni]] (promotore dei referendum e anch'esso post-democristiano); su posizioni di centro-destra il [[Polo delle Libertà]] (presente al Nord e composto da Forza Italia e Lega Nord) e il [[Polo del Buon Governo]] (presente al Centro e al Sud e formato da Forza Italia e AN-MSI); orientata a sinistra l'[[Alleanza dei Progressisti]], che comprendeva PDS, PRC, Verdi e La Rete; inoltre in ognuno dei tre schieramenti erano presenti effimere liste composte da schegge assortite del vecchio pentapartito. La fine sostanziale della Prima Repubblica coincise con le [[Elezioni politiche in Italia del 1994|elezioni politiche del 27 marzo 1994]], che segnò l'affermazione del [[bipolarismo]] in Italia. Da allora si iniziò a parlare comunemente di [[Seconda Repubblica (Italia)|Seconda Repubblica]].
==Fine==
 
== Connotazioni politiche ==
La fine sostanziale della Prima Repubblica coincise con le [[Elezioni politiche italiane del 1994|elezioni politiche del 27-28 marzo 1994]], che si svolsero in un clima di speranzoso rinnovamento dopo i travagliati anni precedenti, nei quali erano occorsi i mutamenti politici più significativi di tutta la storia repubblicana. Gran parte delle liste e oltre il 70% dei loro eletti entrarono in Parlamento per la prima volta, circostanza che di solito caratterizza le votazioni successive a un crollo di regime. Da allora si iniziò a parlare comunemente di [[Seconda Repubblica (Italia)|Seconda Repubblica]], nonostante molti studiosi ritengano piuttosto che nel 1994 si sia aperta una fase di transizione non completata, in quanto non è stato attuato l'auspicato rinnovamento delle istituzioni, e oltretutto sono ricomparsi problemi che si credevano scongiurati quali corruzione, partitocrazia, clientelismo, collusioni tra politica e illegalità.
Occorre premettere che secondo la consuetudine storiografica la denominazione di una [[forma di Stato]] preceduta da aggettivi numerali indica generalmente i [[Regime (politica)|regimi]] dello stesso tipo che si sono succeduti discontinuamente in un paese con assetti costituzionali e istituzionali differenti, quali ad esempio i [[Deutsches Reich|Reich tedeschi]] o le [[Repubblica francese|Repubbliche francesi]].
 
Nel caso italiano invece la distinzione tra Prima e Seconda Repubblica, introdotta in ambito giornalistico e divenuta poi di uso comune, è formalmente scorretta poiché considera come elemento di discontinuità storica la trasformazione politica avvenuta durante il biennio [[1992]]-[[1994]], che non si risolse in un cambiamento di regime, bensì in un profondo mutamento del sistema partitico e nel ricambio di parte dei suoi esponenti nazionali<ref>{{Cita libro|autore=Giorgio Galli|titolo=I partiti politici italiani (1943-2004)|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=2004}}</ref>.
Secondo l'opinione più diffusa, la fine della Prima Repubblica non deve essere vista come un'eccezionale combinazione di eventi, bensì come la prevedibile caduta di un sistema degenerato; infatti, ognuna delle questioni venute allo scoperto tra il 1990 e il 1994 in realtà aveva radici molto profonde.
 
I cardini normativi del sistema politico della Prima Repubblica erano la [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]] (in vigore dal 1º gennaio [[1948]]), e la [[Legge elettorale italiana del 1946|legge elettorale del 1946]] di tipo proporzionale: questo carattere proporzionale fu mantenuto per mezzo secolo, nonostante le modifiche succedutesi nel tempo, fino a quando non subentrò la modificazione della legge elettorale in senso maggioritario nel [[1993]].
==Note==
 
=== I partiti ===
{{Immagine multipla
|per riga = 2
|allinea = right
|larghezza totale = 300
|immagine1 = Logo Partito Comunista Italiano.svg
|immagine2 = Logo of PSI (1978-1987).svg
|immagine3 = Movimento Sociale Italiano Logo.svg
|immagine4 = Democrazia Cristiana - Logo elettorale.svg
|sotto = Da in alto a sinistra a scorrere, i simboli di: [[Partito Comunista Italiano]], [[Partito Socialista Italiano]], [[Movimento Sociale Italiano]] e [[Democrazia Cristiana]]
}}
 
I principali [[partiti politici]] della Prima Repubblica erano le tre formazioni che avevano combattuto insieme sul fronte [[Antifascismo|antifascista]] durante la [[guerra di liberazione italiana]] nel biennio 1943-1945 partecipando alla [[resistenza italiana]], cioè la [[Democrazia Cristiana]], il [[Partito Comunista Italiano]] ed il [[Partito Socialista Italiano]]. Dopo la fine della lotta partigiana, la competizione politica rimase costantemente caratterizzata dalla contrapposizione tra la DC e il PCI, il quale nei primi anni aveva formato un blocco unico anche col PSI. Da allora, le percentuali rappresentative dell'elettorato saranno in misura media del 35-40% per la DC, del 25-30% per il PCI e del 10-15% per il PSI.
 
Gli altri partiti erano il [[Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale|Movimento Sociale Italiano]], di destra [[Neofascismo|neofascista]], e i partiti «laici di centro»: [[Partito Liberale Italiano|liberale]], [[Partito Repubblicano Italiano|repubblicano]], [[Partito Socialista Democratico Italiano|socialdemocratico]] e [[Partito Radicale (Italia)|radicale]].
 
Soprattutto nei primi decenni della Prima Repubblica, il consenso ai partiti esprimeva un «voto di appartenenza», basato cioè su una fedeltà [[Ideologia|ideologica]] anziché su una convenienza [[pragmatica]], che riguardava in particolare i due «partiti-chiesa» (così venivano definiti) DC e PCI<ref>{{Cita libro|autore=Edoardo Crisafulli|titolo=Le ceneri di Craxi|città=Soveria Mannelli|editore=Rubbettino|anno=2008}}</ref>, che allora riflettevano i due blocchi contrapposti ([[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e [[Unione Sovietica]]) sulla scena internazionale.
 
La crisi della «Prima Repubblica» si è prodotta proprio «a causa di un asservimento dell'interesse pubblico alle strategie di consenso e di potere della politica, trascinando via il prestigio e la grandezza dei partiti storici»<ref>{{cita web|url=http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Sindisp&leg=16&id=472902|titolo=Atto n. 1-00269|editore=''senato.it''|data=13 aprile 2010|accesso=15 aprile 2018}}</ref>, ma già agli albori della Repubblica furono espresse posizioni ostili al «processo involutivo della rappresentanza parlamentare con l'instaurazione di partiti solidamente formati e rigidamente controllati dall'alto»<ref>{{cita web|url=https://ilfastidioso.myblog.it/2018/04/14/come-nacquero-i-vitalizi-con-una-riunione-segreta-gli-onorevoli-per-il-natale-del-1954-decisero-di-farsi-un-bel-regalo-a-spese-della-gente/|titolo=Come nacquero i Vitalizi: con una riunione segreta gli "onorevoli" per il Natale del 1954 decisero di farsi un bel regalo a spese della Gente|editore=''Il Fastidioso''|data=14 aprile 2018|accesso=15 aprile 2018}}</ref>.
 
=== La democrazia "bloccata" ===
La DC, grazie alla collocazione di centro e alle alte percentuali dei suoi risultati elettorali, ricopriva un ruolo insostituibile nella costruzione delle [[Maggioranza|maggioranze parlamentari]], formando di volta in volta con i partiti minori delle coalizioni diverse, che si riflettevano similarmente sulla composizione dei [[Governo|governi]]. Il PCI invece rimase sempre all'opposizione, salvo tre anni di [[governo di unità nazionale]], ed escluso dall'esecutivo (nonostante il tentativo di [[compromesso storico]] negli anni settanta) a causa dei legami ideologici, oltre che finanziari, con l'Unione Sovietica, legami che avrebbero provocato, nel caso di una sua entrata al governo, una rottura dell'equilibrio internazionale che vedeva l'Italia situata all'interno della sfera di influenza filoamericana<ref>{{Cita news|autore=Piero Melograni|url=http://www.oocities.org/melograni/testiconsociativismo.htm|titolo=I vincoli del consociativismo|pubblicazione=[[Il Sole 24 Ore]]|data=24 novembre 1999|accesso=10 aprile 2012}}</ref>.
 
Per via di questo peculiare assetto politico (che rifletteva un assetto sociale non meno bloccato)<ref>{{Cita news|autore=Luigi Capogrossi|titolo=La democrazia dei postmoderni|pubblicazione=[[Mondoperaio]]|data=n. 3/2015|p=79}} «La sconfitta per le forze innovatrici e per le potenzialità di modernizzazione del paese derivava dall'intrinseca fragilità dell'intero loro progetto, mettendo in evidenza le fortissime radici storiche delle logiche sociali e dei comportamenti individuali e collettivi ad esso irrimediabilmente ostili. Un'ostilità che poi trovava la sua nobilitazione nella presenza diffusa delle ideologie anticapitalistiche, non solo di matrice marxista ma anche cattolica. Il vero e proprio "blocco storico" che ne era il risultato risulterà così dominante nel corso di tutta la storia repubblicana, almeno in termini di occupazione politica dello spazio parlamentare (ma anche sociale), lasciando ampia traccia anche nella stessa Carta costituzionale».</ref>, quella della Prima Repubblica è stata definita una democrazia «bloccata»<ref>{{Cita news|autore=Michele Salvati|url=http://www.corriere.it/cultura/libri/12_marzo_14/salvati-mulino-suggestione-proporzionale_6e88fdb6-6de0-11e1-98c2-a788cd669a01.shtml|titolo=La suggestione proporzionale|pubblicazione=[[Corriere della Sera|Corriere.it]]|data=14 marzo 2012|accesso=12 aprile 2012}}</ref><ref>{{Cita news|autore=Ilvo Diamanti|url=http://www.repubblica.it/2005/i/sezioni/politica/versoelezioni/provvi/provvi.html|titolo=Il paese provvisorio dell'instabilità instabile|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|Repubblica.it]]|data=11 settembre 2005|accesso=12 aprile 2012}}</ref>, per l'assenza di una logica dell'alternanza che prevedesse alternative di governo come invece accadeva nelle altre democrazie occidentali, dove i partiti comunisti godevano di una forza e un consenso minore che in Italia.
 
Una tale situazione – influenzata dal «fattore K», secondo la definizione di [[Alberto Ronchey#Contributo intellettuale|Alberto Ronchey]] – rese le coalizioni di governo assai fragili durante tutta la Prima Repubblica.
 
===Il consociativismo===
In ambito giuridico ci si chiese se le peculiari caratteristiche politiche, sopra illustrate, influenzassero anche la declinazione italiana del [[Democrazia liberale#Storia del costituzionalismo|costituzionalismo]] europeo. Così Amato sintetizzò il dibattito: "[[Carlo Lavagna (giurista)|Lavagna]], con uno dei suoi tipici ed efficacissimi «crescendo», passava poi a dimostrare che la [[sistema proporzionale|proporzionale]] è in positivo richiesta dagli artt. 3 e 48, i quali «esigono uguaglianza sostanziale fra gli elettori e quindi valenza potenzialmente uguale dei voti che essi esprimono». Per anni siamo dunque cresciuti con questi convinti no al [[Maggioranza#Il principio di maggioranza|principio maggioritario]] come principio di [[rappresentanza]]. Ma il no si è fatto largo anche sul piano funzionale. La tesi fu forse minoritaria quando la enunciò [[Gianni Ferrara]], utilizzando lo stesso concetto del «concorso» per negare alla maggioranza il diritto di esprimere e far valere il suo indirizzo, e sostenendo una necessaria concorsualità di fonte [[CLN|ciellenistica]] che impone un largo consenso; con il che la maggioranza qualificata diventa maggioranza ordinaria e nega – come ho già rilevato – il principio maggioritario. La tesi, infatti, si fa strada nella realtà e saranno poi i fatti, per lunghissimi anni, a darle crescentemente ragione. Pensiamo ai [[regolamenti parlamentari]] del 1970; pensiamo al progressivo allargamento che ha il concetto di maggioranza costituzionale, esteso a deliberazioni non di rango formalmente costituzionale e non tali perciò da esigere, ai sensi dell’art. 138, maggioranze qualificate, ma ritenute per convenzione politica del parlamento bisognose del consenso sia della maggioranza che della (maggiore) opposizione; così è stato per le leggi attinenti all'ordinamento regionale o locale, com’è stato, al di là della Costituzione, per eleggere il capo dello Stato nel 1985. Quando questa tendenza si fu affermata, non fu il solo Gianni Ferrara a condividerla. Joseph LaPalombara, nel suo ''Democrazia all’italiana'', usando parole molto diverse da quelle del giurista, scriveva: «[Quello italiano è un sistema di] negoziazione e ricerca del compromesso [...] esso richiede che anche l’[[opposizione (politica)|opposizione]] venga consultata»"<ref>[[Giuliano Amato]], ''Le istituzioni della democrazia. Un viaggio lungo cinquant'anni'', Bologna, Il Mulino, 2015, pp. 146-147.</ref>.
 
== Altre definizioni ==
Il sistema politico della Prima Repubblica fu perciò definito in senso spregiativo un «pluralismo polarizzato» dal politologo [[Giovanni Sartori]]<ref>{{Cita libro|autore=Giovanni Sartori|titolo=Parties and Party Systems|url=https://archive.org/details/partiespartysyst0000sart|città=Cambridge|editore=Cambridge University Press|anno=1976}}</ref>, che gli attribuì le seguenti caratteristiche:
 
* Presenza di più di cinque partiti rilevanti.
* Presenza di partiti [[antisistema]], ossia ideologicamente ostili alla stessa forma dello stato in cui operano, quali PCI e MSI.
* Presenza di due opposizioni polari, mutuamente esclusive e con ideologie estremiste (appunto PCI e MSI).
* Sistema imperniato sul centro, che è occupato dalla DC.
* Tendenza centrifuga, poiché le opposizioni possono guadagnare consenso estremizzando le loro posizioni piuttosto che moderandole.
* Opposizioni non responsabili, che propongono programmi irrealizzabili sapendo di non avere la possibilità di governare.
* Centro scarsamente responsabile, che non mantiene le promesse del programma in quanto «obbligato» a governare.
 
== Note ==
<references/>
 
==Voci correlateBibliografia ==
* [[Giovanni Sartori]], ''Parties and Party Systems'', Cambridge, Cambridge University Press, 1976.
*[[Seconda Repubblica]]
* [[Sabino Acquaviva]], ''Guerriglia e guerra rivoluzionaria in Italia'', Milano, Rizzoli, 1979.
*[[Italia repubblicana]]
* AA.VV., ''I sistemi di partito'', Milano, FrancoAngeli, 1986.
*[[Sistema politico della Repubblica Italiana]]
* [[Sergio Zavoli]], ''La notte della Repubblica'', Roma, Nuova Eri, 1992.
*[[Storia del sistema politico italiano]]
* [[Indro Montanelli]] e [[Mario Cervi]], ''L'Italia degli anni di fango (1978-1993)'', Milano, Rizzoli, 1993.
* [[Michele Brambilla]], ''Dieci anni di illusioni. Storia del Sessantotto'', Milano, Rizzoli, 1994.
* [[Franco Cangini]], ''Storia della Prima Repubblica'', Roma, Newton Compton, 1994.
* [[Massimo Franco]], ''Tutti a casa. Il crepuscolo di mamma DC'', Milano, Mondadori, 1994.
* [[Andrea Pamparana]], ''Il processo Cusani. Politici e faccendieri della prima Repubblica, Milano'', Mondadori, 1994.
* [[Giovanni Sabbatucci]] e [[Vittorio Vidotto]], ''Storia d'Italia. Vol. 5: La Repubblica (1943-1963)'', Roma-Bari, Laterza, 1997.
* [[Guido Crainz]], ''Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni fra anni Cinquanta e Sessanta'', Roma, Donzelli, 1998.
* [[Gianni Barbacetto]], [[Peter Gomez]] e [[Marco Travaglio]], ''Mani pulite. La vera storia'', Roma, Editori Riuniti, 2002.
* [[Giorgio Galli]], ''I partiti politici italiani (1943-2004)'', Milano, Rizzoli, 2004.
* [[Salvatore Lupo]], ''Partito e antipartito. Una storia politica delle prima Repubblica (1946-78)'', Roma, 2004.
* [[Matthijs Bogaards]], ''The Italian First Republic: 'Degenerated Consociationalism' in a Polarised Party System'', in ''West European Politics'', vol. 28 (3), 2005.
* [[Rita Di Giovacchino]], ''Il libro nero della Prima Repubblica'', Roma, Fazi, 2005.
* [[Piero Angela]], ''La sfida del secolo'', Milano, Mondadori, 2006.
* [[Simona Colarizi]] e [[Marco Gervasoni]], ''La cura dell'ago. Craxi, il partito socialista e la crisi della Repubblica'', Bari, Laterza, 2006.
* [[Carlo Guarnieri]], ''Il sistema politico italiano'', Bologna, il Mulino, 2006.
* [[Aurelio Lepre]], ''Storia della prima Repubblica. L'Italia dal 1943 al 2003'', Bologna, il Mulino, 2006.
* [[Paolo Mieli]], ''Storia della Prima Repubblica'', Torino, UTET, 2006.
* Federico Tondi, ''Chi ha ucciso la balena bianca?'', Firenze, Le Lettere, 2006.
* [[Simona Colarizi]], ''Storia politica della Repubblica. Partiti, movimenti e istituzioni'', Bari, Editori Laterza, 2007''.''
* [[Edoardo Crisafulli]], ''Le ceneri di Craxi'', Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008.
* [[Francesco Forte]], ''L'economia italiana dal Risorgimento ad oggi. 1861-2011'', Siena, Cantagalli, 2011.
* [[Giuseppe Bedeschi]], ''La prima Repubblica (1946-1993). Storia di una democrazia difficile'', Catanzaro, Rubettino, 2013.
* [[Francesco Giorgino]], ''Intervista alla prima Repubblica: Taviani, Napolitano, Amato. Scene (e retroscena) da cinquant'anni di politica'', Milano, Mursia, 2016.
* Alberto Mazzuca, ''Penne al vetriolo'', Bologna, Minerva Edizioni, 2017.
* [[Filippo Ceccarelli]], ''Invano. Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua'', Milano, Feltrinelli, 2021.
* Andrea Spiri, ''The end 1992-1994. La fine della prima Repubblica negli archivi segreti americani'', Milano, Baldini+Castoldi, 2022.
* Lorenzo Pregliasco, ''Il paese che siamo. L'Italia dalla prima Repubblica alla politica on demand'', Milano, Mondadori, 2023''.''
* Mauro Orletti, ''Però ci siamo divertiti'', Roma, Exòrma, 2025.
 
== Voci correlate ==
* [[Bettino Craxi]]
* [[Compromesso storico]]
* [[Lite delle comari]]
* [[Mani pulite]]
* [[Storia della Repubblica Italiana]]
* [[Seconda Repubblica (Italia)]]
* [[Sistema politico della Repubblica Italiana]]
* [[Storia istituzionale italiana]]
 
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==Bibliografia==
* AAVV ''I sistemi di partito'', Angeli, Milano, 1986
* [[Giorgio Galli]]. ''I partiti politici italiani (1943-2004)''. Rizzoli, 2004.
* [[Carlo Guarnieri]]. ''Il sistema politico italiano''. Il Mulino, 2006.
* [[Franco Cangini]]. ''Storia della Prima Repubblica''. Newton Compton, 1994.
* Bogaards, Matthijs. ''The Italian First Republic: ‘Degenerated Consociationalism’ in a Polarised Party System''.in West European Politics, vol 28 (3), 2005
 
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