Conflitto arabo-israeliano: differenze tra le versioni
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{{In corso|conflitti}}
{{conflitto
|Tipo = Guerra
|Nome del conflitto = Conflitto arabo-israeliano
|Parte_di =
|Immagine = Arab-Israeli Conflict Key Players.svg
|Didascalia = Israele (in blu) e gli Stati arabi con cui è stato in guerra (in verde).
|Data = 1948 - oggi<br /><small>({{Età|1948|5|14}} anni)</small>
|Luogo = [[Medio Oriente]]
|Casus = [[Dichiarazione d'indipendenza israeliana|Nascita dello Stato di Israele]]
|Esito =
|Schieramento1 = {{ISR}}
*[[Machal]] <small>(1947-49)</small><br/>{{GBR}} <small>(solo 1956)</small><br/>{{FRA 1946-1958}} <small>(solo 1956)</small><br/>{{simbolo|Former_Flag_of_the_Lebanese_Army.svg}} [[Stato libero del Libano]] <small>(1978-84)</small>
*{{simbolo|Forces_Libanaises_Flag.svg}} [[Fronte Libanese]] <small>(1978-84)</small>
*{{simbolo|Logo_of_Kataeb_Party.svg}} [[Falangi Libanesi]] <small>(1978-82)</small>
*[[Forze Libanesi]] <small>(1978-84)</small>
*[[Esercito del Libano del Sud]] <small>(1984-2000)</small>
'''Supporto da:'''
*{{USA}} (dal 1967)
|Schieramento2 = {{Bandiera|Lega Araba|nome}}
*{{SYR}} <small>(1948-)</small>
*{{IRQ}} <small>(1948-)</small>
*{{LBN}} <small>(1948-)</small>
*{{JOR}} <small>(1948-94)</small>
*{{EGY}} <small>(1948-78)</small>
{{Bandiera|PSE}} [[Stato di Palestina|Palestina]]
*{{simbolo|Emblem of the PLO Vector Graphic.svg}} [[OLP]]
*{{simbolo|Coat_of_arms_of_the_Palestinian_National_Authority.svg}} [[Autorità Nazionale Palestinese]]
*[[File:Hamas flag2.png|border|20px]] [[Hamas]]
*[[File:Fatah Flag Vector Graphic.png|border|20px]] [[Fatah]]
[[File:InfoboxHez.PNG|20px|Bandiera di Hezbollah]] [[Hezbollah]]
'''Supporto da:'''
*{{IRN}} (dal 1979)
*{{URS}} ([[Dissoluzione dell'Unione Sovietica|fino al 1991]])
|Comandante1 = {{bandiera|ISR}} [[Yigael Yadin]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Mordechai Maklef]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Moshe Dayan]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Haim Laskov]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Tzvi Tzur]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Yitzhak Rabin]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Haim Bar-Lev]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[David Elazar]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Ariel Sharon]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Mordechai Gur]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Rafael Eitan]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Moshe Levi]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Dan Shomron]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Ehud Barak]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Amnon Lipkin-Shahak]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Shaul Mofaz]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Moshe Ya'alon]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Dan Halutz]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Gabi Ashkenazi]]<br /> {{bandiera|ISR}} [[Binyamin Gantz|Benny Gantz]]
|Comandante2 = {{bandiera|JOR}} [[Glubb Pascià]]<br /> {{bandiera|JOR}} [[Norman Lash]]<br /> {{bandiera|JOR}} [[Habis al-Majali]] <br /> {{simbolo|Flag of Hejaz (1917).svg}} [[Abd al-Qadir al-Husayni]]† <br /> {{simbolo|Flag of Hejaz (1917).svg}} [[Hasan Salama]]† <br /> {{bandiera|Lega Araba}} [[Fawzi al-Qawuqji]]<br /> {{simbolo|Flag of Egypt 1922.svg}} [[Ahmed Ali al-Mwawi]] <br /> {{simbolo|Flag of Hejaz (1917).svg}} [[Amin al-Husseini]]† <br /> {{simbolo|Flag of Egypt 1922.svg}} [[Fārūq I d'Egitto]]<br />
{{simbolo|Flag of Egypt 1922.svg}} [[Muhammad Naguib]]<br /> {{bandiera|Lega Araba}} [['Abd al-Rahman 'Azzam]]
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}}
{{Campagnabox conflitto arabo-israeliano}}
Il '''conflitto arabo-israeliano''' ({{arabo|الصراع العربي الإسرائيلي|al-Ṣirāʿ al-ʿarabīyy al-'isrāʾīlīyy}}, {{ebraico|הסכסוך הישראלי-ערבי}}) è un conflitto politico-militare che vede contrapposti lo [[Stato di Israele]] da una parte e lo [[Stato di Palestina]] e gli [[Mondo arabo|Stati arabi]] circostanti dall'altra. Le radici del conflitto risiedono nella nascita del [[sionismo]] e del [[nazionalismo palestinese]] verso la fine del [[XIX secolo]].
Il territorio geografico della [[Palestina]], allora sotto il dominio [[impero ottomano|turco-ottomano]], era infatti considerato allo stesso tempo dal movimento sionista come patria storica del [[popolo ebraico]] e dal movimento nazionalista palestinese come territorio appartenente ai suoi abitanti [[Palestinesi|arabi palestinesi]]. Il conflitto tra ebrei e arabi palestinesi nel [[mandato britannico della Palestina]] iniziò negli [[anni venti]] del [[XX secolo|Novecento]]. La fase principale del conflitto su larga scala tra Israele e gli Stati arabi ebbe luogo dal 1948, anno della proclamazione dello Stato di Israele, al 1973, e fu costituita da una serie di guerre arabo-israeliane: la [[guerra arabo-israeliana del 1948|guerra del 1948]], la [[crisi di Suez|guerra di Suez]] del 1956, la [[guerra dei sei giorni]] del 1967 e la [[guerra del Kippur]] del 1973.
Accordi di pace sono stati firmati tra [[Trattato di pace israelo-egiziano del 1979|Israele ed Egitto nel 1979]] e tra [[Trattato di pace israelo-giordano|Israele e Giordania nel 1994]], cosicché il conflitto si è tramutato nel corso degli anni da conflitto arabo-israeliano su larga scala a un più localizzato '''conflitto israelo-palestinese''' (anche detto '''questione palestinese'''). Anche il conflitto israelo-palestinese è stato caratterizzato da una serie di guerre tra Israele e organizzazioni palestinesi come l'[[Organizzazione per la Liberazione della Palestina|OLP]] e [[Hamas]]: la [[guerra del Libano (1982)|guerra del Libano del 1982]], la [[Prima intifada|prima]] e [[seconda intifada]] e ripetute [[Conflitto Israele-Striscia di Gaza|guerre nella striscia di Gaza]]. Nonostante gli [[accordi di Oslo]] del 1993, che hanno portato al mutuo riconoscimento tra Israele e OLP e alla creazione dell'[[Autorità Nazionale Palestinese]], ed il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell'[[Organizzazione delle Nazioni Unite|ONU]] nel 2012, un accordo di pace definitivo tra Israele e Palestina non è stato ancora raggiunto, mentre proseguono ad intermittenza sia le ostilità, sia i [[piani di pace per il conflitto arabo-israeliano|negoziati di pace]].
== Contestualizzazione geopolitica ==
La zona teatro del conflitto arabo-israeliano fu per molti secoli parte integrante dell'[[Impero ottomano]], che si caratterizzava per una politica tendenzialmente sovranazionale, in grado di garantire una discreta autonomia ai diversi gruppi etnici che lo componevano.
La zona assunse grande valore strategico (sia economico sia militare) a partire dal 1869, anno in cui fu aperto il [[canale di Suez]], grande opera ingegneristica che avvicinava l'Oriente all'Occidente. Oltre a questo, nella prima metà del [[XX secolo]], furono scoperti immensi [[campo petrolifero|giacimenti petroliferi]] in tutta l'area e ciò rese ancora più interessante il territorio vicino-orientale per le potenze [[Europa|europee]] che, bisognose di quell'elemento per la loro crescente industria, approfittarono dei numerosi segni di fragilità dell'Impero ottomano, nonché dell'esito del [[Prima guerra mondiale|primo conflitto mondiale]] per colonizzare l'intera area, imponendo un'occupazione militare di fatto, atta a garantire lo sfruttamento della zona da parte delle società europee.
Pertanto i popoli arabi che vivevano nella zona, già uniti in parte dalla comune religione islamica, svilupparono una forte [[identità nazionale]] (spesso nazionalistica) in risposta all'occupazione straniera.
Identificabile come l'area compresa tra il [[Mar Mediterraneo]] ed il [[Mar Morto]], l'[[Egitto]] e la [[Siria]], essa ospita tra l'altro l'importantissima città di [[Gerusalemme]], sacra per le tre [[religioni abramitiche]], di cui ospita molti luoghi ed edifici sacri.
Come buona parte del [[Vicino Oriente]], anche la Palestina ha testimoniato l'[[Mandato britannico della Palestina|occupazione britannica]] - formalmente un [[mandato]] della [[Società delle Nazioni]] ma, in realtà, frutto degli [[Accordo Sykes-Picot|accordi franco-britannici Sykes-Picot]], rivelati dal nuovo governo [[Unione Sovietica|sovietico]] all'indomani della [[rivoluzione russa|Rivoluzione]] - a causa della sua rilevanza economica e strategica derivante dalla vicinanza con l'Egitto e il canale di Suez nonché con l'area [[Siria|siro]]-[[Libano|libanese]] assegnata invece in mandato alla [[Francia]].
Le popolazioni che vivono in tale zona erano da secoli a forte maggioranza [[Arabi|araba]], ma al termine del [[XIX secolo]] e, sempre più consistentemente nei primi anni del [[XX secolo]], fu consentito (dapprima dall'[[Impero ottomano]] e poi dalle autorità britanniche) l'insediamento di comunità [[Ebrei|ebraiche]], molte delle quali guadagnate alla causa [[Sionismo|sionista]]. A partire dagli [[anni 1930|anni trenta]] del XX secolo, e ancor più dopo il termine del [[seconda guerra mondiale|secondo conflitto mondiale]] e la tragedia dell'[[Olocausto]], la Palestina vide fortemente alterata la sua composizione demografica, con la minoranza ebraica cresciuta dall'11,1% del totale nel 1922 al 33% nel 1947,<ref>{{cita|Tessler, 2009|p. 266}}.</ref> grazie all'acquisto di terreni reso possibile dai fondi concessi ai profughi ebrei sfuggiti alla persecuzione [[nazionalsocialismo|nazista]].
Nel
== Gli albori del problema israelo-palestinese ==
[[File:Bowen, Frances. Turkey in Asia. 1810.jpg|thumb|left|Le regioni del [[Vicino Oriente]] [[Turchi ottomani|ottomano]] in una carta del 1810: in basso la [[Siria]], con la [[Palestina]] al suo interno]]
[[File:Ottoman levant.png|thumb|Suddivisioni amministrative del [[Levante (regione storica)|Levante]] [[Turchi ottomani|ottomano]] prima della [[prima guerra mondiale]]]]
Sul finire del [[XIX secolo]] il territorio storico-geografico della [[Palestina]], facente parte dell'[[Impero ottomano]], non costituiva una suddivisione amministrativa ufficiale dell'impero (com'era stato fino all'[[XI secolo]] sotto il [[Abbasidi|Califfato abbaside]]), ma era diviso tra diverse altre suddivisioni amministrative. La macro-regione estesa dal [[Mar Mediterraneo]] all'odierno [[Iraq]] era nota come [[Levante (regione storica)|Levante]] o [[Grande Siria]] (in arabo, ''Bilād al-Shām''), e la sua porzione meridionale comprendeva il territorio generalmente noto come Palestina. Questo era diviso tra il [[sangiaccato di Gerusalemme]] a sud (da [[Rafah]] a [[Giaffa]]) e la porzione meridionale del [[vilayet di Beirut]] a nord (i [[sangiaccato di Nablus|sangiaccati di Nablus]] e [[sangiaccato di Acri|di Acri]]). I territori a est del fiume Giordano, talvolta considerati parte della Palestina, erano compresi invece nella porzione meridionale del [[vilayet di Siria]].<ref>{{cita|Tessler, 2009|pp. 159-162}}.</ref> Già nel 1887, [[Gerusalemme]] aveva ottenuto una forma di autonomia dall'Impero ottomano, a dimostrazione della sua politica sovraetnica e sovraculturale.
Intorno alla metà del secolo si era però messo in moto il progetto
[[File:Theodore Herzl.jpg|thumb|[[Theodor Herzl]], promotore del [[sionismo]]]]
Tale progetto venne per la prima volta definito ''Sionismo'' nel 1890, dal nome del colle [[Sion (monte)|Sion]], dove sorgeva la [[Città di David|Rocca di David]], metafora del nuovo Stato ebraico. Principale esponente e promotore di tale iniziativa fu [[Theodor Herzl]] che, allo scopo di creare un "rifugio" per tutti gli ebrei del mondo, avviò un'intensa attività diplomatica al fine di trovare appoggi finanziari e politici a quell'arduo progetto. Inizialmente come possibile sede di tale Stato fu presa in considerazione anche la vasta e spopolata [[pampa]] [[argentina]] e, più tardi, il Mau Plateau (attuale [[Kenya]]), che però non rispondevano al forte desiderio religioso dell'[[ebraismo]] di tornare ad avere una propria nazione: per alcuni, questo luogo doveva necessariamente coincidere con i luoghi santi dell'ebraismo, lasciati ormai da diversi secoli (anche i nazisti, seppur per motivi razziali, pensarono inizialmente a un'operazione di trasferimento in una terra lontana: il [[Madagascar]], così come i [[Unione Sovietica|sovietici]] avevano creato la remota [[oblast' autonoma ebraica]] del [[Birobidžan]] per insediarvi i loro concittadini israeliti).
Nell'ambito di questa volontà, parte del movimento sionista (soprattutto il [[sionismo cristiano]]), per giustificare l'esistenza di un futuro Stato ebraico in loco, sovente si rifaceva allo [[slogan]] ''A Land Without People for a People Without Land'' ("[[Una terra senza popolo per un popolo senza terra]]"), frase coniata nella metà del [[XIX secolo]] da [[Anthony Ashley Cooper, VII conte di Shaftesbury|Lord Anthony Ashley Cooper]], settimo [[Conte di Shaftesbury]] (politico britannico dell'[[Epoca vittoriana|era vittoriana]]), che venne però spesso interpretata non nell'accezione originale (secondo cui la Palestina, sotto il dominio ottomano, non aveva nessuna popolazione che mostrasse aspirazioni nazionali specifiche), ma come la negazione della presenza di una significativa popolazione preesistente all'arrivo dei primi coloni ebrei.<ref>{{Cita testo|lingua=en|url=http://yaleglobal.yale.edu/display.article?id=9466|titolo=Interrupting a History of Tolerance|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080309041320/http://yaleglobal.yale.edu/display.article?id=9466 }}</ref><ref>Adam M. Garfinkle, (ottobre 1991), "On the Origin, Meaning, Use and Abuse of a Phrase", ''Middle Eastern Studies'' 27 (4)</ref><ref>È da notare che spesso e ancora oggi le fonti filo-israeliane che sostengono questa tesi, nel citare la [[Dichiarazione Balfour (1917)|dichiarazione Balfour]], riportano solo la prima parte, relativa al ''focolare nazionale'' promesso agli ebrei, ma omettono la seconda, relativa al fatto che dovevano essere tutelati i diritti civili e religiosi della popolazione preesistente, che ovviamente dimostra l'esistenza di quest'ultima.</ref>
Grazie all'appoggio dei [[Impero britannico|britannici]] (che vedevano di buon occhio la possibilità di insediamenti nella zona di popolazioni provenienti dall'Europa) e alla grande disponibilità economica di cui godevano alcuni settori delle comunità ebraiche della [[diaspora]], [[Theodor Herzl|Herzl]] organizzò il primo convegno sionista mondiale a [[Basilea]] nel 1897 e in esso furono poste le basi per la graduale penetrazione ebraica in Palestina, grazie all'acquisto da parte dell'[[Agenzia ebraica]] di terreni da assegnare a coloni ebrei originari dell'Europa e della [[Impero russo|Russia]], per poter poi conseguire la necessaria maggioranza demografica e il sostanziale controllo dell'economia che potessero giustificare la rivendicazione del diritto a dar vita a un'entità statale ebraica.
A partire dall'inizio del [[Novecento]] la popolazione arabo-palestinese, sentendosi minacciata dalla crescente [[Aliyah|immigrazione ebraica]], dette vita di conseguenza a movimenti nazionalistici che miravano a stroncare sul nascere quella che era considerata una vera e propria minaccia d'origine straniera.
La situazione si protrasse così, tra momenti di tensione e di distensione tra le due fazioni, fino al primo conflitto mondiale e alla conseguente [[caduta dell'Impero ottomano]].
== La prima guerra mondiale e il mandato britannico ==
{{vedi anche|Mandato britannico della Palestina}}
L'Impero ottomano aveva dato segni di stasi culturale e di crescente disfunzione della sua, fino ad allora, efficiente macchina amministrativa e militare fin dal [[XVIII secolo]], in diretta connessione con l'accelerazione dei processi d'industrializzazione in Europa. La crescente potenza economica europea si espresse con una più accentuata volontà di ampliare i propri mercati a livello planetario. Come conseguenza si accrebbe il desiderio di controllare, direttamente o indirettamente, quelle parti del mondo ricche di materie prime che l'industria europea trasformava oltre a creare più ampi mercati in grado di assorbire le sue merci. Il modello ideologico vincente in Europa fu, a partire dai primi del [[XVIII secolo]], il nazionalismo, e per un elementare fenomeno acculturativo, anche l'Impero ottomano pensò di seguire lo stesso tracciato europeo. Gli mancava però la necessaria audacia di avviare un analogo processo di [[Secolarizzazione|laicizzazione]] ed il nazionalismo ottomano non riuscì a fare a meno dell'apporto delle classi religiose. La ricerca scientifica rimase eminentemente appannaggio dell'Europa e all'Impero ottomano sembrò sufficiente importare tecnologia da essa senza minimamente immettersi nello stesso cammino ideologico ed [[epistemologia|epistemologico]] prefigurato nel [[Vecchio Continente]]. Nel [[XX secolo]] la situazione ottomana era vistosamente peggiorata e aveva messo in allarme le stesse potenze europee che da tempo parlavano dell'Impero ottomano come del "[[malato d'Europa]]". Molti movimenti riformatori erano sorti nei territori ancora controllati dalla "[[Sublime porta|Sublime Porta]]" per tentare di contrastare il processo di degrado politico, economico e culturale (vedi "[[Giovani Turchi]]") ma per alcuni di essi l'intento principale da perseguire era quello, né più né meno, dell'indipendenza di stampo occidentale. Fra questi popoli anche i palestinesi arabi ed ebrei svolsero un ruolo importante. Con l'esplodere della [[prima guerra mondiale]] ed il coinvolgimento dell'Impero ottomano, molti furono gli ebrei che decisero di lasciare la loro "Terra promessa" per scegliere mete diverse, innanzi tutto gli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], che garantivano migliori condizioni in termini tanto economici quanto di libertà civili.
[[File:McMahon letter 'districts'.png|thumb|left|upright=0.6|I punti colorati indicano le città menzionate nella lettera di [[Henry McMahon|McMahon]]]]
Durante la [[prima guerra mondiale]], il Regno Unito prese tre impegni, tra loro contraddittori, rispettivamente con arabi, francesi ed ebrei sionisti, circa il futuro status politico dei territori arabi dell'Impero ottomano, e della Palestina in particolare. Per ottenere l'appoggio delle popolazioni arabe contro gli ottomani durante la guerra, nel 1915 il governo britannico, attraverso il ministro plenipotenziario di Sua Maestà Sir [[Henry McMahon|Henry MacMahon]], [[Alto commissario (diplomazia)|alto commissario]] britannico in [[Egitto]], strinse accordi con lo [[Sharif della Mecca|sharīf della Mecca]] (poi [[Regno hascemita dell'Hegiaz|re dell'Hegiaz]]) [[al-Husayn ibn Ali (sceriffo della Mecca)|al-Ḥusayn b. ʿAlī]]: in una [[Corrispondenza Husayn-McMahon|corrispondenza con Husayn]], McMahon promise che, dopo il [[dissoluzione dell'Impero ottomano|crollo dell'Impero ottomano]], il Regno Unito avrebbe "riconosciuto e sostenuto l'indipendenza degli arabi in tutte le regioni all'interno dei confini richiesti dallo sceriffo della Mecca", assistendoli "nello stabilire la forma di governo che apparirà più adatta per quei vari territori". Dall'accordo erano però escluse, tra l'altro, "le porzioni di Siria ad ovest dei distretti di Damasco, Homs, Hama ed Aleppo", considerate dai britannici regioni "non puramente arabe" (lettera di McMahon a Husayn del 24 ottobre 1915). Ambiguamente, la Palestina non era esplicitamente menzionata, ed apparentemente giaceva fuori dalle aree escluse dall'accordo, risultando quindi tra le zone in cui il Regno Unito si impegnava a sostenere l'indipendenza degli arabi. In seguito alla fine della guerra, tuttavia, sorsero disaccordi tra i britannici, per cui la Palestina era parte dell'area esclusa dall'accordo, e gli arabi, convinti invece che fosse stata loro promessa l'indipendenza anche della Palestina.<ref>{{cita|Tessler, 2009|pp. 146-147 }}.</ref><ref>{{cita|Mahler|pp. 47-48 }}.</ref> In base a tali accordi alcuni contingenti arabi, guidati dal figlio dello sharīf, [[Faysal I re d'Iraq|Fayṣal]] (futuro [[re dell'Iraq]]), parteciparono alla cosiddetta "[[rivolta araba]]", forti dell'aiuto del Regno Unito che distaccò come suo ufficiale di collegamento (ma di fatto suo plenipotenziario) il colonnello [[Thomas Edward Lawrence]] (più noto come Lawrence d'Arabia).
[[File:MPK1-426 Sykes Picot Agreement Map signed 8 May 1916.jpg|thumb|upright=1.6|Mappa originale dell'[[accordo Sykes-Picot]]]]
Contemporaneamente, però, il [[Regno Unito]] prese accordi con la [[Francia]] (con cui, insieme alla Russia, formava l'alleanza nota come [[Triplice intesa]]) per la spartizione dei possedimenti dell'Impero ottomano al termine della guerra: nel 1916, con l'[[accordo Sykes-Picot]] (inizialmente segreto), Regno Unito e Francia si accordarono per creare "uno Stato arabo indipendente o una confederazione di Stati arabi sotto la sovranità di un capo arabo" in due aree sotto l'influenza francese e britannica rispettivamente (aree A e B della mappa), riservandosi invece aree di controllo diretto lungo la costa mediterranea per la Francia (area blu) e sui [[vilayet di Basra]] e [[vilayet di Baghdad|di Baghdad]] per il Regno Unito (area rossa).<ref>{{Cita testo|lingua=en|url=http://news.bbc.co.uk/hi/english/static/in_depth/world/2001/israel_and_palestinians/key_maps/7.stm|titolo=Sykes-Picot agreement - Key maps}}</ref> Per l'area della Palestina a ovest del Giordano da Gaza ad Acri (area marrone) l'accordo prevedeva:
{{Citazione|Che nella zona marrone sarà istituita un'amministrazione internazionale la cui forma dovrà essere decisa dopo essersi consultati con la Russia ed in seguito con gli altri alleati ed i rappresentanti dello [[sharif della Mecca]]. Che al Regno Unito siano assegnati i porti di [[Haifa]] ed [[Acri (Israele)|Acri]].|Accordo Sykes-Picot<ref>Testo dell'accordo di Sykes-Picot disponibile (in inglese) {{cita testo|url=https://en.wikisource.org/wiki/The_Sykes-Picot_Agreement|titolo=su en.wikisource}}</ref>|That in the brown area there shall be established an international administration, the form of which is to be decided upon after consultation with Russia, and subsequently in consultation with the other allies, and the representatives of the sheriff of Mecca. That Great Britain be accorded the ports of Haifa and Acre|lingua=en}}
Infine, per ottenere l'appoggio del movimento sionista (e degli [[ebrei russi]] ed [[Ebrei americani|americani]] in particolare),<ref>{{cita|Fraser|pp. 7-8}}.</ref> l'allora ministro degli esteri del Regno Unito [[Arthur James Balfour|Arthur Balfour]] nel 1917 pubblicò la [[Dichiarazione Balfour (1917)|dichiarazione Balfour]], con cui il Regno Unito riconosceva ai [[Sionismo|sionisti]] il diritto di formazione di "''un focolare nazionale''" (''a National Home'') per il popolo ebraico in Palestina, che venne interpretato dagli stessi come la promessa di un permesso per la costituzione di uno Stato autonomo ed indipendente. Il termine "''focolare nazionale''", impiegato al posto di un più esplicito "Stato" o "nazione", era tuttavia ambiguo e la dichiarazione specificava anche che non dovevano essere danneggiati "''i diritti civili e religiosi delle comunità non-ebraiche della Palestina''". L'interpretazione della dichiarazione Balfour sarà pertanto, fin dall'inizio, causa di attriti tra la popolazione araba preesistente (che temeva la costituzione di uno stato ebraico) e i sionisti, che la interpretavano invece come un appoggio, da parte del governo britannico, al loro progetto. Gli stessi britannici, alcuni anni dopo, con il [[Libro bianco (Palestina)|libro bianco]] del 1922,<ref name=white1922>{{Cita testo|lingua=en|url=http://www.yale.edu/lawweb/avalon/mideast/brwh1922.htm|titolo=''British White Paper of June 1922''|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20011107045314/http://www.yale.edu/lawweb/avalon/mideast/brwh1922.htm }}</ref> rassicurarono la popolazione araba sul fatto che la ''Jewish National Home in Palestine'' promessa nel 1917 non era da intendersi come una nazione ebraica, rimarcando però al contempo l'importanza della comunità ebraica presente e la necessità di una sua ulteriore espansione e del suo riconoscimento internazionale.
[[File:Proposals for the Mandate of Palestine 1916-19.svg|thumb|upright=0.8|Tre proposte per i confini della [[Palestina]] dopo la [[prima guerra mondiale]]: la linea rossa indica l'"amministrazione internazionale" proposta nell'[[accordo Sykes-Picot]] (1916); la linea blu tratteggiata indica la proposta dell'[[Organizzazione Sionista]] alla [[Conferenza di pace di Parigi (1919)|conferenza di Parigi]] (1919); la linea blu continua indica i confini finali della Palestina sotto [[Mandato britannico della Palestina|mandato britannico]] (1920-1948)]]
Con la fine della guerra e la [[conferenza di pace di Parigi (1919)|conferenza di Parigi del 1919]], grande fu il dibattito tra le maggiori nazioni vincitrici per decidere il futuro di queste zone, anche alla luce delle direttive del presidente [[Stati Uniti d'America|statunitense]] [[Thomas Woodrow Wilson|Woodrow Wilson]] che condannavano la costituzione di nuove colonie. I rappresentanti dell'[[Organizzazione Sionista]] alla conferenza di Parigi avanzarono una proposta riguardante il territorio entro cui speravano potesse concretizzarsi la promessa di Balfour di un focolare nazionale in Palestina: i confini proposti dai sionisti includevano un territorio più ampio di quello poi delimitato dai britannici come Palestina mandataria, esteso da [[Sidone]] a nord a [[Rafah]] a sud, e fino alla [[ferrovia dell'Hegiaz]], oltre il [[Giordano (fiume)|fiume Giordano]], a est.<ref>{{cita|Bickerton|pp. 53-54}}.</ref> Alla conferenza di Parigi partecipò anche Faysal, in rappresentanza del [[Regno hascemita dell'Hegiaz|regno dell'Hegiaz]]. Su proposta di Faysal, gli Stati Uniti inviarono una commissione di inchiesta (detta [[commissione King-Crane]]) in Siria e Palestina per esaminare i desideri degli abitanti: il rapporto della commissione, poi ignorato, concluse che "i sionisti avevano in mente un esproprio praticamente completo degli attuali abitanti non ebrei in Palestina, attraverso diverse forme di acquisto", e che "la popolazione non ebraica della Palestina – circa i nove decimi del totale – è fermamente contraria all’intero programma sionista", e raccomandò quindi "serie modifiche al programma sionista estremo di immigrazione illimitata degli ebrei in Palestina, mirante a fare della Palestina uno Stato ebraico".<ref>https://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/History/crane.html</ref>
[[File:Weizmann and feisal 1918.jpg|thumb|left|[[Chaim Weizmann|Weizmann]] e [[Faysal]] in un incontro nel 1918]] Il 3 gennaio 1919 Faysal sottoscrisse un effimero [[accordo Faysal-Weizmann|accordo con Chaim Weizmann]] (presidente dell'Organizzazione Sionista e futuro presidente d'Israele), in base al quale, se i britannici avessero concesso, come promesso, la creazione di un grande Stato arabo indipendente, quest'ultimo avrebbe permesso l'immigrazione ebraica in Palestina. L'accordo dimostrava la possibilità di una collaborazione tra sionisti e nazionalisti arabi, sebbene sia Weizmann, sia Faysal trascurassero i desideri della popolazione araba palestinese, largamente ostile all’immigrazione sionista.<ref>{{cita|Tessler, 2009|pp. 151-154}}.</ref>
[[File:FEisalKingdom.png|thumb|left|Auspicata estensione del [[Regno Arabo di Siria]] di [[Faysal]]]] Alla fine, con gli [[conferenza di Sanremo|accordi di San Remo]] dell'aprile 1920, le potenze vincitrici decisero che la [[Società delle Nazioni]] avrebbe affidato al [[Regno Unito]] ed alla [[Francia]] l'amministrazione dei territori arabi dell'[[Impero ottomano]] (con l'eccezione dell'[[Hegiaz]]) sotto forma di "[[Mandato della Società delle Nazioni|mandati]]", già previsti dall'art. 22 della [[Convenzione della Società delle Nazioni]]: la Francia ottenne l'amministrazione mandataria di [[Siria]] e [[Libano]], mentre il Regno Unito ottenne l'amministrazione mandataria di [[Palestina]], [[Transgiordania]] ed [[Iraq]]. La promessa britannica del 1915 a Husayn di sostenere l'indipendenza degli arabi andava così infranta: la Francia nel luglio 1920 [[battaglia di Maysalun|abbatté militarmente]] il [[Regno Arabo di Siria]], che un congresso di arabi siriani a Damasco (con la partecipazione di delegati palestinesi) aveva proclamato l'anno prima sul territorio della [[Grande Siria]] (comprendente il Libano e la Palestina), riconoscendo come re Faysal (Faysal fu poi "indennizzato" dai britannici nel 1921 con la corona del semi-autonomo [[Regno dell'Iraq]]).<ref>{{cita|Mansfield|Capitolo 9. The Anglo-French Interregnum, 1918-1939. Partition of the Arab East }}.</ref><ref>{{cita|Tessler, 2009|pp. 156-158 }}.</ref>
[[File:BritishMandatePalestine1920.png|thumb|La [[mandato britannico della Palestina|Palestina]] e la [[Transgiordania]] sotto mandato britannico]]
Nel luglio 1922, la [[Società delle Nazioni]] affidò dunque ufficialmente al [[Regno Unito]] il [[mandato britannico della Palestina]], un "[[Mandato della Società delle Nazioni#Mandati di classe A|mandato di classe A]]" che comprendeva i territori della [[Palestina]] e della [[Transgiordania]]. La Società delle Nazioni riconosceva gli [[dichiarazione Balfour (1917)|impegni presi dal ministro Balfour nel 1917]], pur rimarcando nuovamente che questi non dovevano essere realizzati a discapito dei diritti civili e religiosi della popolazione non ebraica preesistente. Per permettere l'adempimento degli impegni presi, la Società delle Nazioni ritenne necessario istituire un'agenzia che coordinasse l'immigrazione ebraica e collaborasse con le autorità britanniche per istituire norme atte a facilitare la creazione di questo ''focolare nazionale'', come per esempio la possibilità per gli immigrati ebrei di ottenere facilmente la cittadinanza palestinese; a questo scopo fu creata l'[[Agenzia ebraica]]. Oltre a questo il Mandatario dovette predisporre il territorio allo sviluppo di un futuro governo autonomo.<ref name=PalestineMandate>{{Cita testo|lingua=en|url=http://www.yale.edu/lawweb/avalon/mideast/palmanda.htm|titolo=The Palestine Mandate|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160421094709/http://www.yale.edu/lawweb/avalon/mideast/palmanda.htm }}</ref> Nel 1922, il Regno Unito separò l'amministrazione della Transgiordania da quella della Palestina, limitando l'immigrazione ebraica alla Palestina ad ovest del Giordano, tra le proteste di una parte dei sionisti, in particolare i cosiddetti [[sionismo revisionista|revisionisti]], che avrebbero voluto una patria su entrambe le rive del Giordano. I territori ad est del fiume Giordano (quasi il 73% dell'intera area del mandato) furono organizzati dai britannici in uno stato semi-autonomo avente come re [[Abd Allah I di Giordania|ʿAbd Allāh]] (figlio di Husayn e fratello di Faysal). Questo territorio divenne la [[Transgiordania]], con una maggioranza di popolazione araba, in gran parte musulmana (nel 1920 circa il 90% della popolazione, stimata in un totale di circa {{M|4000000}} di abitanti<ref>{{Cita testo|lingua=en|url=http://www.bartleby.com/67/2396.html|titolo=Transjordan 1920|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071224190555/http://www.bartleby.com/67/2396.html }}, dalla ''The Encyclopedia of World History'', Houghton Mifflin Company, 2001</ref>), mentre l'area a ovest del Giordano venne gestita direttamente dal Regno Unito.<ref>{{cita|Tessler, 2009|pp. 162-165}}.</ref>
Se la reazione delle popolazioni arabe (musulmane e cristiane) a tali progetti fu vivace e del tutto improntata all'ostilità, diverso fu invece l'atteggiamento del movimento sionista che, forte delle precedenti promesse fattegli, considerò il mandato britannico sulla Palestina il primo passo per la futura realizzazione dell'agognato Stato ebraico. Anche se in realtà il Regno Unito era stato in grado di controllare militarmente la zona palestinese fin dal 1917, fu solo nel 1923 che il mandato entrò effettivamente in vigore e fin dall'inizio cominciarono a sorgere nel Paese vari movimenti di resistenza islamica (''muqàwwama'') che miravano all'allontanamento di tutti quelli che venivano considerati stranieri.
[[File:David BG.jpg|thumb|left|upright|[[David Ben Gurion]], presidente dell'[[Agenzia ebraica]] dal 1935 e futuro [[Primi ministri di Israele|primo ministro di Israele]]]]
Sotto il [[mandato britannico della Palestina|mandato britannico]] l'immigrazione ebraica nella zona subì un'accelerazione mentre l'[[Agenzia ebraica]] - che agiva grazie ai finanziamenti provenienti da sostenitori esteri - operò alacremente per l'acquisto di terreni. Il risultato fu quello di portare la popolazione ebraica in Palestina dalle {{M|83000}} unità del 1915, alle {{M|84000}} unità del 1922 (a fronte dei {{M|590000}} musulmani e {{M|71000}} cristiani), alle {{M|175138}} del 1931 (contro i {{M|761922}} musulmani e i quasi {{M|90000}} cristiani), alle {{M|360000}} unità della fine degli anni trenta, quando non era ancora completamente nota alla pubblica opinione internazionale, la dimensione delle misure repressive adottate contro gli [[Ebrei polacchi|ebrei della Polonia]] ed, in modo assai più marcato, della [[Germania nazista]].
Negli [[anni 1920|anni venti]] e [[anni 1930|trenta]] numerose furono le dimostrazioni di protesta da parte dei neo nati movimenti palestinesi, che sovente sfociarono in veri e propri scontri a tre tra l'esercito di Sua Maestà britannica, i residenti arabi ed i gruppi armati dei coloni ebrei. Spesso gli attriti non erano dovuti all'immigrazione in sé, ma ai differenti sistemi di assegnazione del terreno: gran parte della popolazione locale per il diritto britannico non possedeva il terreno, ma per le abitudini locali possedeva le piante che vi venivano coltivate sopra (tra cui gli alberi di [[Olea europaea|ulivo]], che erano la coltura prioritaria e che, vivendo anche secoli, divenivano dei "beni" passati di generazione in generazione nelle famiglie); di conseguenza, molti terreni usati dai contadini arabi, erano ufficialmente (per la legge britannica) senza proprietario e venivano quindi acquistati (o ricevuti in affidamento) da coloni ebrei appena immigrati che, almeno in un primo tempo, erano ignari di questa situazione.
Questo meccanismo, unito alle regole con cui venivano solitamente gestiti i terreni assegnati ai coloni (la terra doveva essere lavorata solo da lavoratori ebrei e non poteva essere ceduta o subaffittata a non ebrei), di fatto toglieva l'unica fonte di sostentamento e lavoro a moltissimi insediamenti arabi preesistenti.<ref>{{Cita testo|lingua=en|url=http://domino.un.org/unispal.nsf/9a798adbf322aff38525617b006d88d7/e3ed8720f8707c9385256d19004f057c!OpenDocument|titolo=Sir John Hope Simpson, ''Report on Immigration, Land Settlement and Development'', 1930|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080922032908/http://domino.un.org/unispal.nsf/9a798adbf322aff38525617b006d88d7/e3ed8720f8707c9385256d19004f057c%21OpenDocument }}</ref>
Il 14 agosto del 1929 alcuni gruppi di sionisti (per un totale di diverse centinaia di persone, quasi tutte facenti parte del gruppo sionista [[Betar]] di [[Vladimir Žabotinskij]]) marciarono sul [[Muro Occidentale|Muro del pianto]] di Gerusalemme (luogo sacro per entrambe le religioni e che già negli anni precedenti era stato motivo di scontro), rivendicando a nome dei coloni ebrei l'esclusiva proprietà della Città Santa e dei suoi luoghi sacri. Il gruppo era scortato dalle forze dell'ordine, avvisate in anticipo, con lo scopo di evitare disordini; ciononostante, cominciarono a circolare voci su scontri in cui i sionisti avrebbero picchiato i residenti arabi della zona e offeso Maometto.<br />
Come risposta il Consiglio Supremo Islamico organizzò una contro-marcia ed i partecipanti al corteo, una volta arrivati al Muro, bruciarono le pagine di alcuni libri di preghiere ebraiche. Nella settimana gli scontri continuarono ed, infiammati dalla morte di un colono ebreo e dalle voci (poi rivelatesi false) sulla morte di due arabi per mano di alcuni ebrei, si ampliarono fino a comprendere tutta la Palestina.
Il 20 agosto l'[[Haganah]] offrì la propria protezione alla popolazione ebraica di [[Hebron]] (circa 600 persone su un totale di {{M|17000}}), che la rifiutò contando sui buoni rapporti che si erano instaurati con la popolazione islamica e i suoi rappresentanti. Il 24 agosto gli scontri raggiunsero la città dove furono uccisi circa 70 ebrei, altri 58 furono feriti, alcune decine fuggirono dalla città, mentre 435<ref>{{Cita testo|lingua=en|url=https://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/a-rough-guide-to-hebron-the-worlds-strangest-guided-tour-highlights-the-abuse-of-palestinians-773018.html|titolo=A rough guide to Hebron: The world's strangest guided tour highlights the abuse of Palestinians}}, articolo dell'[[The Independent|Independent]], del 26 gennaio 2008</ref> trovarono rifugio nelle case dei loro vicini arabi per poi fuggire dalla città nei giorni successivi agli scontri.
Alcune famiglie torneranno a Hebron due anni dopo, per poi lasciarla definitivamente nel 1936, evacuate dalle forze britanniche. Alla fine degli scontri ci furono, sul territorio della Palestina, tra gli ebrei 133 morti e 339 feriti (quasi tutti relativi a scontri con la popolazione araba, circa 70 solo a Hebron), mentre tra gli arabi ci furono 116 morti e 232 feriti (per la maggioranza dovuti a scontri con le forze britanniche).
Una commissione britannica presieduta da Sir Walter Russell Shaw giudicò e condannò i sospettati di stragi e rappresaglie (195 arabi e 34 ebrei) ed emise diverse condanne a morte (17 arabi e due ebrei, commutate con la prigione a vita tranne per tre arabi che furono impiccati), negò ogni accusa di scarsa efficacia di intervento da parte delle forze britanniche, condannò fermamente gli attacchi iniziali della popolazione araba contro i coloni ebraici e le loro proprietà, giustificò le rappresaglie da parte dei coloni ebrei contro gli insediamenti arabi come una "legittima difesa" dagli attacchi subiti e vide nel timore di uno Stato ebraico il motivo di questi attacchi.
[[File:Peel map pd.png|thumb|Il piano di partizione suggerito dalla [[commissione Peel]] nel 1937: in verde lo Stato arabo; in azzurro lo Stato ebraico; in rosso l'area da [[Gerusalemme]] a [[Giaffa]] che sarebbe rimasta sotto controllo britannico]]
Oltre a questo la commissione raccomandò al governo di riconsiderare le proprie politiche sull'immigrazione ebraica e sulla vendita di terra ai coloni ebrei, raccomandazione che portò alla creazione di una commissione reale guidata da Sir John Hope Simpson l'anno successivo.
Nel 1936, uno sciopero generale di sei mesi indetto dal Comitato supremo arabo, che chiedeva la fine del mandato e dell'immigrazione ebraica, diede il via alla [[Grande rivolta araba]]. Al termine di questa, verso la fine degli [[anni trenta]], e dopo alcuni tentativi falliti di proporre la divisione della Palestina in due stati (in tutte le proposte Gerusalemme e la regione limitrofa sarebbero comunque rimasti sotto il controllo britannico), sollecitata dalla [[commissione Peel]], il Regno Unito cambiò opinione verso il sostegno al movimento sionista, che iniziava a mostrare anche aspetti inquietanti e violenti, e cominciò a negare al sionismo quell'appoggio politico che fin lì aveva garantito, producendo il "[[Libro bianco (Palestina)|libro bianco]]" nel 1939,<ref>{{Cita testo|lingua=en|url=http://www.yale.edu/lawweb/avalon/mideast/brwh1939.htm|titolo=Il testo del libro bianco|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160421094344/http://www.yale.edu/lawweb/avalon/mideast/brwh1939.htm }}</ref> che poneva dei limiti all'immigrazione ebraica, alla vendita di terreni ai nuovi coloni e ipotizzava la creazione di un unico Stato di etnia mista araba-ebraica entro 10 anni (dove gli arabi sarebbero stati giocoforza maggioranza). Ciò indusse pertanto gli ebrei di Palestina a cercare negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] quello che fino ad allora aveva concesso loro l'Impero britannico.
La decisione in realtà fu più che altro formale, visto che l'ingresso clandestino di coloni aumentò sensibilmente anche a causa delle persecuzioni che gli
Intanto, se da un lato alcuni palestinesi si erano affidati agli atti terroristici come estrema forma di lotta contro una presenza che veniva considerata quella di un occupante straniero, un ricorso più sistematico al terrorismo fu perseguito dalle organizzazioni militanti sioniste che organizzarono gruppi militari, come l'[[Haganah]]
Con la [[seconda guerra mondiale]] le organizzazioni ebraiche (con l'esclusione del gruppo della [[Lohamei Herut Israel|Banda Stern]]) si schierarono con gli [[Alleati della seconda guerra mondiale#Seconda guerra mondiale|Alleati]], mentre molti gruppi arabi guardarono con interesse l'[[Potenze dell'Asse|Asse]], nella speranza che una sua vittoria servisse a liberarli dalla presenza britannica. In particolare, [[Amin al-Husseini|Amin al-Ḥusaynī]], Gran muftì di Gerusalemme, non esitò a cercare il sostegno della [[Germania nazista]] e dell'[[Fascismo|Italia fascista]], collaborando in seguito attivamente con la prima durante la [[seconda guerra mondiale]], facilitando ad esempio il reclutamento di musulmani nelle [[Truppe straniere nelle Waffen-SS|formazioni internazionali delle Waffen-SS]] ed in [[Truppe straniere nel Regio Esercito|quelle del Regio Esercito]] italiano.
== La svolta del 1947 e la nascita dello Stato israeliano ==
{{vedi anche|Piano di partizione della Palestina}}
[[File:Map of Jewish settlements in Palestine in 1947.png|thumb|left|Insediamenti ebraici in [[mandato britannico della Palestina|Palestina]] nel 1947 (in arancione)]]
L'ONU dovette quindi affrontare la situazione che dopo trent'anni di controllo britannico era diventata pressoché ingestibile, visto che oramai la popolazione ebraica costituiva un terzo dei residenti in Palestina, anche se possedeva solo una minima parte del territorio<ref>{{cita testo|url=http://domino.un.org/maps/m0094.jpg|titolo=Land owernship by sub-district, 1945|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081029103953/http://domino.un.org/maps/m0094.jpg }}, mappa sul sito dell'ONU</ref> (circa il 7% del territorio, contro il 50% della popolazione araba e il restante in mano al governo britannico della Palestina).
Nel 1947 il Regno Unito, provato dalla guerra mondiale e da una serie di attentati, tra cui l'[[Attentato al King David Hotel|attentato sionista all'Hotel King David]] di [[Gerusalemme]] (organizzato dai futuri [[Primi ministri di Israele|primi ministri israeliani]] [[Menachem Begin]] e [[David Ben Gurion]], anche se quest'ultimo cambiò idea prima che l'attentato fosse compiuto temendo troppe vittime tra i civili) e [[Attentato all'ambasciata del Regno Unito in Italia del 1946|quello all'ambasciata britannica]] a [[Roma]], decise di rimettere il mandato palestinese nelle mani delle [[Organizzazione delle Nazioni Unite|Nazioni Unite]], cui venne affidato il compito di risolvere l'intricata situazione.<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 37-39}}.</ref>
Il 15 maggio 1947 fu fondato quindi l'UNSCOP (''United Nations Special Committee on Palestine''), comprendente 11 nazioni ([[Canada]], [[Cecoslovacchia]], [[Guatemala]], [[
Sette di queste nazioni (
Il problema chiave che l'ONU si pose in quel periodo fu se i rifugiati europei scampati alle persecuzioni naziste dovessero essere ricollegati, in qualche modo
Nella sua relazione
{{
L'UNSCOP raccomandò anche che
La definitiva risposta delle Nazioni Unite alla questione palestinese fu data il 25 novembre 1947 con l'approvazione della [[risoluzione 181]], che raccomandava la spartizione del territorio conteso tra uno Stato palestinese, uno ebraico e una terza zona, che comprendeva Gerusalemme, amministrata direttamente dall'ONU.<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 45-46}}.</ref>
Nel decidere su come spartire il territorio, l'UNSCOP considerò, per evitare possibili rappresaglie da parte della popolazione araba, la necessità di radunare tutte le zone dove i coloni ebraici erano presenti in numero significativo (seppur spesso in minoranza<ref>{{Cita
[[File:UN Partition Plan For Palestine 1947.svg|thumb|[[Piano di partizione della Palestina|Proposta di partizione dell'ONU]]: in giallo lo Stato arabo, in arancione lo Stato ebraico]]
La situazione sarebbe dunque stata<ref>{{Cita web|lingua=en|url=http://domino.un.org/maps/m0103_1b.gif|titolo=SUMMARY OF THE REPORT OF THE PALESTINE ROYAL COMMISSION|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101231091409/http://domino.un.org/UNISPAL.NSF/0/08e38a718201458b052565700072b358?OpenDocument}}</ref>
{| border="1" cellpadding="4" cellspacing="0" style="margin: 10px 0 10px 25px; background: #f9f9f9; border: 1px #AAA solid; border-collapse: collapse; font-size: 95%; float: center;"
|- style="background: #E9E9E9"
! Territorio !! Popolazione araba !! % Arabi !! Popolazione ebraica !! % Ebrei !! Popolazione Totale
| rowspan="1" | Stato
|{{M|725000}}
|99%
|{{M|10000}}
|1%
|{{M|735000}}
|-
| rowspan="1" | Stato
|{{M|407000}}
|45%
|{{M|498000}}
|55%
|{{M|905000}}
|-
|Zona Internazionale
|{{M|105000}}
|51%
|{{M|100000}}
|49%
|{{M|205000}}
|-
|Totale
|{{M|1237000}}
|67%
|{{M|608000}}
|33%
|{{M|1845000}}
|-
|colspan ="7" style="background: #E9E9E9; font-size: 90%" | Fonte:
|}
(oltre a questo era presente una popolazione Beduina di
Le reazioni alla risoluzione dell'ONU furono diversificate: la maggior parte dei gruppi ebraici (
Tra i gruppi arabi la proposta fu rifiutata, ma con diverse motivazioni
Il 29 novembre 1947 venne votata la risoluzione
[[File:UNGA 181 Map.png|thumb|
Le nazioni arabe fecero ricorso alla [[Corte
La decisione delle Nazioni Unite fu seguita da un'ondata di violenze senza precedenti da parte dei gruppi militari e paramilitari, sionisti ([[Haganah]], [[Palmach]], [[Irgun Zvai Leumi|Irgun]] e [[Lohamei Herut Israel|Banda Stern]]) e arabi, che precipitò nel caos la Palestina nel 1948, in questo aiutati dalla propaganda bellicosa di segno contrario di leader politico-religiosi quali il [[
Tra il 14 ed il 15 maggio 1948,
== Le guerre arabo-israeliane ==
=== La guerra dal 1948 al
{{Vedi anche|Guerra arabo-israeliana del 1948}}
[[File:1947-UN-Partition-Plan-1949-Armistice-Comparison.png|thumb|Confronto tra i confini decisi dalla [[Piano di partizione della Palestina|partizione ONU del 1947]] e l'[[armistizio di Rodi|armistizio del 1949]]: in blu l'area assegnata dall'[[ONU]] allo Stato ebraico; in rosso l'area assegnata allo Stato arabo ma annessa da [[Israele]] nel 1949; in verde le aree assegnate allo Stato arabo e poi annesse od occupate da [[Transgiordania]] (poi ''Giordania'') ed [[Egitto]] dal 1949 al 1967.]]
La nascita ufficiale dei due Stati in Palestina era stata fissata dall'ONU nel 1948, ma essa non ebbe mai luogo. Infatti, non appena i britannici ebbero lasciato la zona, la [[Lega araba]], che non aveva accettato la risoluzione dell'ONU, scatenò una guerra "di liberazione" contro Israele.<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 49-50}}.</ref>
Vi furono due periodi di tregua gestiti dall'ONU, con la presentazione di nuovi piani per la ripartizione del territorio che vennero rifiutati da entrambe le parti in causa. Durante la seconda tregua venne assassinato il mediatore dell'ONU, conte [[Folke Bernadotte]], da parte di alcuni uomini del [[Lohamei Herut Israel|Lehi]], un'organizzazione armata di matrice sionista.<ref>{{cita|Tessler, 2004|p. 51}}.</ref>
L'11 dicembre 1948 l'ONU emise la risoluzione 194, che rimase per larga parte non attuata e che tra le altre cose prevedeva la demilitarizzazione di Gerusalemme, il cui controllo doveva passare all'ONU, e la restituzione (od il rimborso) dei beni e delle proprietà dei [[rifugiati palestinesi]] che volessero tornare a casa dopo la guerra (la risoluzione si apriva citando l'omicidio di [[Folke Bernadotte]]).
In breve, dopo la sconfitta militare degli eserciti arabi, con gli [[Armistizio di Rodi|armistizi del 1949]] ci si ritrovò un unico Stato, quello israeliano, impegnato a difendere i confini (detti "[[Linea Verde (Israele)|linea verde]]") conseguiti sul campo di battaglia.<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 57-58}}.</ref>
La popolazione araba palestinese fu duramente colpita dai massacri e le distruzioni operate dalle milizie sioniste prima e dall'esercito israeliano poi. Questi portarono ad un esodo della popolazione palestinese da molti villaggi verso gli stati limitrofi. Alla fine della guerra, lo stato israeliano impedì agli sfollati palestinesi di ritornare (mentre veniva incentivata l'immigrazione ebraica), espropriando le loro terre e dichiarandole di proprietà dello stato. Sono questi gli eventi che i palestinesi definiscono col termine ''[[esodo palestinese del 1948|nakba]]'' ("catastrofe") in arabo: solo {{formatnum: 150000}} palestinesi rimasero in Israele, mentre circa {{formatnum: 750000}} fuggirono e trovarono rifugio in Cisgiordania ({{formatnum: 280000}}), nella Striscia di Gaza ({{formatnum: 200000}}), in Giordania ({{formatnum: 70000}}), in Libano ({{formatnum: 97000}}), in Siria ({{formatnum: 75000}}) e in Iraq ({{formatnum: 4000}}).<ref>{{cita|Fraser|pp. 53-55}}.</ref> Poiché le economie povere dei Paesi arabi circostanti erano incapaci di assorbire un tale afflusso di rifugiati, e poiché Israele si oppose al rimpatrio dei rifugiati dopo la fine della guerra, l'esilio dei rifugiati nei [[campi profughi palestinesi]] divenne permanente, e nel dicembre 1949 l'ONU creò un'agenzia apposita per fornire assistenza e occupazione ai rifugiati palestinesi, l'[[UNRWA]].<ref>{{cita|Fraser|pp. 55-56}}.</ref> Da quel momento, il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi e dei loro discendenti divenne uno dei temi più controversi del conflitto israelo-palestinese.
Centinaia di migliaia di ebrei del mondo arabo emigrarono a causa delle persecuzioni nei loro paesi d'origine in seguito al conflitto; di questi, circa {{formatnum: 600000}} emigrarono nel neonato Stato di Israele tra gli [[anni 1940]] ed [[anni 1970]].
A partire dalla seconda metà degli [[anni cinquanta]] si aprì una nuova fase del conflitto, che vide nel presidente egiziano [[Gamal Abd el-Nasser|Gamāl ʿAbd al-Nāṣer]] il leader carismatico di ciò che fu chiamato "[[panarabismo]]".<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 65-66}}.</ref>
=== La guerra con l'Egitto del 1956 ===
{{Vedi anche|Crisi di Suez}}
Il 26 luglio 1956, Gamāl ʿAbd al-Nāṣer nazionalizzò la Compagnia del Canale di [[Suez]] (di proprietà anglo-francese) scatenando così l'intervento di Francia e Regno Unito - che vedevano messi in pericolo i loro interessi economici e strategici - e dello stesso Israele che si disse minacciato dalla nuova alleanza militare inter-araba, prefigurata dal Presidente egiziano, con la [[Siria]] e la [[Giordania]]. [[Israele]] reagì al proposito del presidente [[Egitto|egiziano]] Gamāl ʿAbd al-Nāṣer d'impedire ad Israele la navigazione attraverso il [[Canale di Suez|canale]].<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 74-75}}.</ref>
Francia e Regno Unito furono in fretta costrette a rinunciare al conflitto per la minaccia di un intervento [[Unione Sovietica|sovietico]] e statunitense ma, anche in tale occasione, la migliore organizzazione militare consentì agli israeliani di prevalere sugli avversari: gli Arabi furono costretti alla ritirata dalla brillante condotta delle operazioni da parte del generale israeliano [[Moshe Dayan]] che riuscì a conquistare il [[Penisola del Sinai|Sinai]] (solo successivamente restituito all'Egitto per l'intermediazione dell'ONU) da [[Rafah]] a [[al-Arish|al-Arīsh]].<ref>{{cita|Tessler, 2004|p. 77, 79-80}}.</ref>
A partire dal 1962 una lunga serie di scaramucce di confine tra Egitto ed Israele preparò il terreno per una nuova guerra. Il 21 maggio 1967 su richiesta egiziana la forza di interposizione ONU venne ritirata da Gaza e da Sharm al-Shaykh. Il 23 maggio 1967 l'Egitto chiuse la navigazione alle navi israeliane attraverso gli [[stretti di Tiran]], questa azione fu considerata come ''[[casus belli]]'' da [[Tel Aviv]].<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 86-87}}.</ref>
=== La Guerra dei sei giorni del 1967 ===
{{Vedi anche|Guerra dei sei giorni}}
[[File:Six Day War Territories.svg|thumb|In beige Israele, in rosa i territori occupati durante la [[guerra dei sei giorni]]: la [[penisola del Sinai]], la [[striscia di Gaza]], la [[Cisgiordania]] e le [[alture del Golan]]]]
Il 5 giugno 1967 un attacco preventivo delle forze aeree israeliane avviò la "[[Guerra dei sei giorni|III guerra arabo-israeliana o guerra dei sei giorni]]", con la distruzione al suolo della quasi totalità dell'aviazione di Egitto, Siria e Giordania, con le forze corazzate e di terra di quei paesi che, senza copertura aerea, furono letteralmente decimate.<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 88-89}}.</ref>
Con questa fulminea vittoria Israele occupava l'intera [[penisola
Sono questi (tranne il Sinai poi restituito all'Egitto in seguito agli [[accordi di
Le Nazioni Unite intervennero nella questione con la [[risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite|risoluzione 242]], prospettando il ritiro di Israele dai "
La cosa non si prospettava semplice perché, se all'interno di Israele una corposa pressione politica era espressa dai gruppi di estremisti nazionalisti che rifiutavano qualsiasi possibile dialogo con la parte araba (e in alcune frange giungevano addirittura a proporre la creazione di una [[Bibbia|biblica]] "Grande
A testimonianza degli squilibri che la situazione palestinese comportava per tutta l'area vicino-orientale, vanno ricordate le guerre di Libano prima (1969) e [[Guerra d'attrito|quella cosiddetta "d'
=== La
{{vedi anche|Guerra del Kippur}}
[[File:Yom Kippur War map-2.png|thumb|I cambiamenti dei confini dopo la [[guerra del Kippur]]: in rosso scuro le conquiste egiziane a est del [[canale di Suez]], in marrone quelle israeliane a ovest del canale]]
Nel 1973 si ebbe una nuova crisi vicino-orientale che porterà in breve tempo alla [[Guerra del Kippur|IV guerra arabo-israeliana]], detta anche "del Kippur" (da una festività religiosa ebraica). In questa occasione furono gli eserciti dell'Egitto e della Siria ad attaccare a sorpresa Israele, che perse il controllo del Canale di Suez (inutilmente presidiato con la cosiddetta "[[linea Bar-Lev]]") pur dimostrandosi in grado di reagire con efficacia, organizzando un'abile controffensiva con sue unità corazzate, guidate dal generale [[Ariel Sharon]], che riuscirono ad attraversare il canale di Suez e a porre sotto assedio, sia pur teoricamente, l'intero III Corpo d'armata egiziano, rimasto al riparo delle sue postazioni missilistiche anti-aeree che, nelle prime fasi della guerra, avevano decimato l'aviazione di Israele.<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 103-105}}.</ref>
L'intervento dei "caschi blu" dell'ONU giunse a evitare ulteriori radicalizzazioni del conflitto e l'alterazione dei già delicati equilibri regionali. Gli accordi fra Egitto e Israele (seguiti più tardi dal riconoscimento dello Stato d'Israele da parte del [[Il Cairo|Cairo]], imitato più tardi dalla Giordania) avviarono una nuova fase politica, tendenzialmente meno incline al confronto armato come strumento di risoluzione delle controversie.
Si chiuse così la fase del coinvolgimento diretto degli Stati arabi in guerre dichiarate contro Israele, mentre nella lotta per la liberazione della Palestina assunse un peso sempre più rilevante l'OLP, che nel 1974 fu ammessa all'[[Assemblea generale delle Nazioni Unite]] con lo status di "osservatore", in qualità di rappresentante del popolo palestinese.<ref>{{cita testo|url=http://www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/3237(XXIX)|titolo=A/RES/29/3237}}</ref>
== Il conflitto israelo-palestinese dal 1973 ad oggi ==
{{vedi anche|Conflitto israelo-palestinese}}
=== La guerra in Libano ===
{{vedi anche|Guerra del Libano (1978)|Guerra del Libano (1982)|Conflitto del Libano meridionale (1982-2000)|Guerra del Libano (2006)}}
[[File:Syrian team with Milan.jpg|thumb|left|Squadra anticarro [[siria]]na dotata di sistema [[MILAN (missile)|MILAN]], dislocata in [[Libano]] durante il conflitto]]
La fine delle guerre arabo-israeliane avviò un timido e incerto progresso di normalizzazione dei rapporti tra lo Stato ebraico e alcuni dei paesi limitrofi, spesso vanificato da irrigidimenti e da nuove crisi. Nel novembre del 1977 il presidente egiziano [[Anwar al-Sadat|Anwar al-Sādāt]] si reca in visita a Gerusalemme, avviando di fatto il processo di pace tra Egitto ed Israele.<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 124-125}}.</ref>
Nel 1978 l'[[
Nel
Il 6 ottobre
Nel
Nell'ambito di tale operazione Israele [[Guerra del Libano (1982)|invase il Libano]] spingendosi fino a [[Beirut]], costringendo l'OLP a trasferire la propria sede in [[Tunisia]]. Nel quadro di questa azione militare si ebbero i massacri dei campi profughi beirutini di [[Massacro di Sabra e Shatila|Sabra e Shatila]], perpetrati dal [[
Nel frattempo l'ONU, che accusava Israele di violare i diritti umani nei confronti dei Palestinesi, formò una commissione di indagine perché vigilasse sul problema dei mezzi coercitivi messi in atto nei confronti degli Arabi affinché abbandonassero le loro terre, come pure sulle disposizioni israeliane in materia di gestione delle risorse idriche dell'intera area a settentrione dello Stato ebraico e sulla distruzione di abitazioni arabe da parte dell'[[forze di difesa israeliane|esercito israeliano]].<ref>{{cita|Tessler, 2004|pp. 134-135 }}.</ref>
Nel novembre del 1984, il re [[Arabia Saudita|saudita]] [[Fahd dell'Arabia Saudita|Fahd]] lanciò, con la [[conferenza di Fez]], un'ipotesi aperturista di negoziato, chiedendo all'Occidente di fare appello a Shimon Peres mentre [[Riyad|Riad]] avrebbe lavorato per convincere Arafat ad una Confederazione giordano-palestinese: "un obiettivo decisivo che fallì nel febbraio dell'anno dopo, nel 1985, ad Amman, per le mancate, modeste concessioni che venivano richieste a Shimon Peres, allora primo ministro di Israele, per costruire una delegazione giordano-palestinese che non facesse perdere la faccia ad [[Arafat]]".<ref>Antonio Badini, ''Per un'iniziativa italiana'', in [[Mondoperaio]], n. 3/2015, p. 15.</ref>
=== La prima intifada e la proclamazione dello Stato di Palestina ===
{{vedi anche|Prima intifada}}
Nel 1987, dopo vent'anni di occupazione israeliana e di fronte al continuo aumento dei [[Insediamenti israeliani|coloni israeliani]] (giunti a {{M|70000}} persone in Cisgiordania e {{M|2000}} a Gaza),<ref>{{cita|Fraser|p. 132}}.</ref> cominciò un moto popolare di sollevazione chiamato ''[[prima Intifada]]'' (in [[lingua araba|arabo]] ''Intifada'' significa "brivido, scossa, lotta"), che tentava di combattere l'occupazione israeliana dei Territori Occupati per mezzo di scioperi e disobbedienza civile, oltre a ricorrere a strumenti di lotta volutamente primitivi quali il lancio di pietre contro l'esercito occupante, suscitando così grande impressione nel mondo occidentale.
Per lungo tempo l'OLP aveva rifiutato di assumere come base per il dialogo la [[risoluzione 242]] dell'ONU (che prevedeva il ritorno di Israele ai [[confini del 1967|confini]] di prima della "guerra dei sei giorni", legittimando così le conquiste territoriali israeliane del 1948-1949), finché nel 1988 la sua linea si ammorbidì consentendo l'avvio di un cauto e non sempre coerente avvicinamento fra le opposte posizioni: in luglio il re Hussein di Giordania rinunciò ad ogni rivendicazione sulla Cisgiordania,<ref>{{cita testo|url=https://www.britannica.com/place/Jordan/Renouncing-claims-to-the-West-Bank|titolo=Renouncing claims to the West Bank}}, Encyclopaedia Britannica</ref> e il 15 novembre, ad [[Algeri]], il [[Consiglio nazionale palestinese]] dell'OLP dichiarò l'indipendenza (virtuale) dello [[Stato di Palestina]] sui territori della Cisgiordania e di Gaza, citando le risoluzioni 181 e 242 dell'ONU, e riconoscendo così implicitamente Israele.<ref>{{cita|Fraser|p. 134}}.</ref> L'Assemblea generale delle Nazioni Unite prese atto della dichiarazione d'indipendenza, permettendo all'OLP di adottare il nome di "Palestina" nella sua qualità di osservatore presso l'ONU,<ref>{{cita testo|url=http://www.un.org/documents/ga/res/43/a43r177.htm|titolo=A/RES/43/177}} General Assembly of the United Nations</ref> ed entro la metà del 1989 oltre 90 Stati riconobbero la Palestina come Stato.<ref name="TreccaniPalestina">{{cita testo|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/palestina/|titolo=Palestina}}, Enciclopedia Treccani</ref>
Sempre in questo periodo, però, gruppi estremistici di matrice islamica tradizionalista che non si riconoscevano nell'OLP si organizzarono trovando come punto di riferimento il movimento ''[[Hamas]]'' (nato a Gaza nel 1987) che, pur limitando la sua azione al quadro strettamente palestinese, con l'impiego di tecniche di lotta terroristica, decisamente alternativa rispetto a quella più diplomatica dell'OLP, riuscì a erodere parte del consenso fin ad allora goduto dalla "laica" OLP.
=== Il processo di pace di Oslo (1993 - 2000) ===
{{vedi anche|Accordi di Oslo}}
[[File:Oslo Areas and barrier projection 2005.png|thumb|Mappa delle zone A (in rosa chiaro) e B (in rosa scuro) all'interno della [[Cisgiordania]]]]
Nel 1992, i [[Insediamenti israeliani|coloni ebrei]] nei territori occupati erano cresciuti a {{formatnum: 97000}} in Cisgiordania, {{formatnum: 3600}} a Gaza, {{formatnum: 14000}} sulle alture del Golan e {{formatnum: 129000}} a Gerusalemme Est.<ref>{{cita|Fraser|p. 136}}.</ref> Il crollo dell'[[URSS]] e la [[guerra del Golfo]] spinsero Israele e l'OLP a dare una svolta ai negoziati di pace: in seguito a una [[conferenza di Madrid|conferenza di pace]] tenutasi a Madrid nel 1991 e a negoziati condotti in segreto in Norvegia, Israele e l'OLP raggiunsero gli storici [[accordi di Oslo]] il 20 agosto 1993. Il 9 settembre 1993 Arafat e il premier [[Partito Laburista Israeliano|laburista]] israeliano [[Yitzhak Rabin]] si scambiarono lettere con cui l'OLP riconosceva "il diritto dello Stato di Israele di esistere in pace e sicurezza" e rinunciava al terrorismo, mentre Israele riconosceva l'OLP come rappresentante del popolo palestinese. Il 13 settembre, a [[Washington]], alla presenza del presidente americano [[Bill Clinton]], Arafat e Rabin firmarono pubblicamente gli [[accordi di Oslo]], in base ai quali Israele si sarebbe ritirato dalla striscia di Gaza e dall'area di [[Gerico]] in Cisgiordania e le avrebbe lasciate amministrare da un'autorità di auto-governo palestinese ad interim per cinque anni, detta [[Autorità Nazionale Palestinese]] (ANP), in attesa di un accordo definitivo.<ref>{{cita|Fraser|pp. 137-140}}.</ref><ref>{{cita testo|url=http://www.refworld.org/docid/3de5e96e4.html|titolo=Declaration of Principles On Interim Self-Government Arrangements}}</ref> Due anni più tardi, il 28 settembre 1995, venne firmato [[Accordo ad interim sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza|un nuovo accordo]], con cui venivano ampliate le zone di governo dell'ANP in Cisgiordania, che veniva divisa a macchia di leopardo in tre zone: la zona A (comprendente il 18% del territorio della Cisgiordania, incluse la maggior parte delle città e della popolazione palestinesi), sotto il controllo palestinese; la zona B (comprendente il 22% del territorio), sotto il controllo civile palestinese e militare israeliano; e la zona C (l'unica territorialmente contigua, comprendente il 60% del territorio e tutti gli [[insediamenti israeliani]]), sotto il controllo israeliano.<ref name="TreccaniPalestina"/><ref>{{cita testo|url=http://america.aljazeera.com/multimedia/2014/7/west-bank-security.html|titolo=Maps: The occupation of the West Bank}}, Al Jazeera</ref><ref>{{cita testo|url=http://www.btselem.org/area_c/what_is_area_c|titolo=What is Area C?}}, B'tselem</ref>
Il 26 ottobre 1994, un trattato di pace fu concluso da Israele anche con la [[Giordania]], cosicché anche il confine orientale di Israele fu messo in sicurezza, mentre una situazione di conflitto formale restava solo al confine settentrionale con Siria e Libano.<ref>{{cita|Fraser|p. 143}}.</ref>
Il 4 novembre 1995, Rabin, [[premio Nobel]] con Arafat e [[Shimon Peres]] per aver sottoscritto gli storici [[accordi di Oslo]] con l'OLP, venne ucciso da [[Yigal Amir]], esponente dell'estrema destra religiosa israeliana contrario al processo di pace. A Rabin succedette Peres, che proseguì l'implementazione degli accordi di Oslo: il 26 gennaio 1996 si tennero le prime [[elezioni nell'Autorità Nazionale Palestinese|elezioni]] del presidente e del [[Consiglio legislativo palestinese|consiglio legislativo]] dell'Autorità Nazionale Palestinese, vinte da Arafat, che fu eletto presidente. Alle successive [[elezioni parlamentari in Israele del 1996]], Peres fu sconfitto da [[Benjamin Netanyahu]], leader del [[Likud]]. Nel 1997 fu raggiunto un [[protocollo di Hebron|accordo]] per attuare il ritiro delle truppe israeliane dall'80% della città di [[Hebron]], mentre nel 1998 fu stipulato un altro [[memorandum di Wye River|accordo]] per un'ulteriore ritiro israeliano dalla Cisgiordania, sempre in attuazione degli accordi di Oslo.<ref>{{cita|Fraser|pp. 146-150}}.</ref>
Nonostante i progressi nel processo di pace, gli anni Novanta furono caratterizzati anche da numerosi episodi di violenza, come il [[massacro di Hebron del 1994]], in cui un ebreo israeliano uccise 29 palestinesi musulmani in una moschea, e ripetuti [[attentati suicidi palestinesi]], rivendicati soprattutto da Hamas: i più sanguinosi avvennero a Tel Aviv nel 1994 (22 morti), nei pressi di [[Netanya]] nel 1995 (21 morti), e ad [[Ashkelon]], [[Gerusalemme]] e Tel Aviv tra 25 febbraio e 4 marzo 1996 (complessivamente 59 morti).<ref>{{cita|Fraser|pp. 141-142, 145, 147}}.</ref>
=== La seconda intifada (2000 - 2005) ===
{{vedi anche|Seconda intifada}}
Il fallimento del tentativo degli [[accordi di Oslo]] di portare alla nascita di uno Stato palestinese provocò un aumento delle tensioni. Dalla firma degli accordi, gli [[insediamenti israeliani]] avevano continuato ad aumentare, raddoppiando la popolazione di coloni in Cisgiordania a circa {{M|200000}} persone.<ref>{{cita|Fraser|p. 157}}.</ref> La scintilla che fece precipitare la situazione fu, il 28 settembre 2000, la marcia del leader israeliano [[Ariel Sharon]] e della sua scorta armata (circa un migliaio di uomini), nella [[Monte del Tempio|Spianata delle Moschee]] a Gerusalemme. La Spianata, nella quale si erge la [[Cupola della Roccia]] (luogo sacro sia per gli ebrei che per i musulmani, che vi indicano il luogo in cui [[Maometto]] compì il suo miracoloso ''"viaggio notturno"'') è tradizionalmente controllata dai palestinesi: il gesto di Sharon fu quindi inteso come dimostrazione che anche quella parte della città sottostava alla sovranità israeliana e scatenò forti tensioni.
In breve scoppiò una nuova rivolta palestinese, nota come [[Seconda Intifada]], più violenta della prima e caratterizzata da un aumento degli [[attentati suicidi palestinesi]]. Inutilmente Clinton cercò di rilanciare il processo di pace con il [[summit di Taba]] nel gennaio 2001; il 6 febbraio proprio Sharon fu [[Elezioni del Primo ministro in Israele del 2001|eletto primo ministro]].<ref>{{cita|Fraser|pp. 155-157}}.</ref> Le tensioni e la violenza si intensificarono (nonostante una [[iniziativa di pace araba]]), fino a quando, in risposta a un attentato a Netanya che fece 28 morti il 27 marzo 2002, Sharon scatenò un'ampia offensiva militare (detta [[operazione Scudo difensivo]]) nelle principali città della Cisgiordania, tra cui [[Jenin]], [[Nablus]], [[Ramallah]] (dove fu assediato il quartier generale di [[Arafat]]) e [[Betlemme]] (dove fu [[assedio alla basilica della Natività|assediata la basilica della Natività]]). Il 24 giugno, il presidente statunitense [[George W. Bush]] delineò in un discorso una nuova "[[Road Map]]" per la creazione dello Stato palestinese, affidando la mediazione del processo di pace a un [[Quartetto per il Medio Oriente|Quartetto]] composto da USA, Russia, UE ed ONU.<ref>{{cita|Fraser|pp. 160-167}}.</ref> Nel 2002, Israele cominciò a costruire un [[Barriera di separazione israeliana|muro di separazione di Israele]] dalla Cisgiordania, presto criticato perché l'85% del tracciato correva all'interno del territorio palestinese, al di là della [[Linea Verde (Israele)|Linea Verde]].<ref>{{cita testo|url=https://www.ochaopt.org/documents/ocha_opt_barrier_factsheet_july_2013_english.pdf|titolo=The humanitarian impact of the barrier|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160312160444/http://www.ochaopt.org/documents/ocha_opt_barrier_factsheet_july_2013_english.pdf }}, United Nations</ref>
In seguito alla morte del leader dell'OLP e presidente dell'ANP Arafat l'11 novembre 2004, il 9 gennaio 2005 si tennero nuove [[elezioni presidenziali in Palestina del 2005|elezioni per la presidenza dell'ANP]], vinte dal moderato [[Mahmūd Abbās|Mahmūd ʿAbbās]] (Abū Māzen) (che assunse anche la presidenza dell'OLP).
=== Il conflitto a Gaza (2005 - presente) ===
{{vedi anche|Conflitto Israele-Striscia di Gaza}}
Nel settembre 2005, il premier israeliano [[Ariel Sharon]] portò a compimento un piano, annunciato nel 2003, di [[Piano di disimpegno unilaterale israeliano|ritiro unilaterale]] dei soldati e dei coloni israeliani dalla striscia di Gaza, che fu così consegnata all'[[Autorità Nazionale Palestinese]], anche se Israele conservò il controllo dei confini e dello spazio aereo.<ref name="GazaBritannica">{{cita testo|url=https://www.britannica.com/place/Gaza-Strip|titolo=Gaza Strip}}, Encyclopaedia Britannica</ref>
Le [[elezioni legislative in Palestina del 2006|elezioni]] per il [[Consiglio legislativo palestinese|Consiglio legislativo dell'ANP]] tenutesi il 25 gennaio 2006 furono inaspettatamente vinte da Hamas, mentre il Partito [[Fatah]] di Abbas (e, prima ancora, di Arafat), dominante all'interno dell'OLP, arrivò secondo. Israele, gli Stati Uniti e l'[[Unione europea]] reagirono imponendo sanzioni contro Hamas, che consideravano un'organizzazione terroristica. In breve anche Fatah entrò in [[conflitto Fatah-Hamas|conflitto con Hamas]], finché Fatah fu espulsa con la forza dalla striscia di Gaza ed Hamas ne prese il controllo nella [[Battaglia di Gaza (2007)|battaglia di Gaza]], nel giugno 2007. Da quel momento, i territori palestinesi governati dall'ANP risultarono divisi tra la [[striscia di Gaza]], governata da Hamas, e le zone A e B della Cisgiordania, governate da Fatah; quest'ultimo governo fu internazionalmente riconosciuto. In risposta alla presa del potere di Hamas a Gaza, Israele impose un [[blocco della Striscia di Gaza|blocco terrestre, aereo e marittimo della Striscia di Gaza]].<ref name="GazaBritannica"/> Dal 2005 si intensificarono gli attacchi (iniziati nel 2001) con [[razzo|razzi]] (come i [[Qassam]]) e colpi di [[mortaio (arma)|mortaio]] da Gaza verso il sud di Israele: questi attacchi, pur provocando meno vittime (circa 50 persone uccise tra 2004 e 2014)<ref>{{cita testo|url=http://www.btselem.org/israeli_civilians/qassam_missiles#data|titolo=Rocket and mortar fire into Israel}}, B'tselem</ref> rispetto agli attentati suicidi del decennio precedente, hanno avuto un effetto psicologico negativo sugli Israeliani residenti nelle zone colpite.<ref name="CRSPalestine">{{cita testo|url=https://www.fas.org/sgp/crs/mideast/RL34074.pdf|titolo=The Palestinians: Background and U.S. Relations}}, Congressional Research Service, 31 gennaio 2014</ref>
Il 16 luglio 2007 il presidente statunitense [[George W. Bush]] annunciò l'intenzione di convocare una conferenza internazionale a sostegno della soluzione a due stati del conflitto. La [[Conferenza di Annapolis|conferenza]] si tenne ad [[Annapolis]] il 27 novembre 2007, preceduta da intensi negoziati condotti dal segretario di stato [[Condoleezza Rice]]. Intervennero 49 delegati, compresi i rappresentanti delle nazioni del [[G8]] ed i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Parteciparono molti membri della [[Lega araba]] (Algeria, Bahrein, Egitto, Giordania, Libano, Marocco, Qatar, Arabia Saudita, Sudan, Siria, Tunisia ed Yemen). Parteciparono anche il segretario generale delle Nazioni Unite [[Ban Ki-moon]], il ministro degli esteri russo [[Sergej Viktorovič Lavrov|Sergej Lavrov]], il rappresentante ufficiale del [[Quartetto per il Medio Oriente|Quartetto]] [[Tony Blair]], oltre allo stesso Bush. Le delegazioni israeliana e palestinese erano guidate dal premier israeliano [[Ehud Olmert|Olmert]] e dal leader dell'OLP Mahmūd ʿAbbās. Al termine il presidente Bush lesse una dichiarazione congiunta di Israele ed OLP, le quali concordavano sull'intenzione di compiere ogni sforzo per raggiungere un accordo entro la fine del 2008 e di mettere in pratica gli impegni assunti con la [[road Map|roadmap]] del 2002 in direzione di una soluzione che prevedeva la costituzione di due stati.
Nel dicembre del 2008 scoppiò una guerra tra Israele ed Hamas quando Israele lanciò attacchi aerei ed un'offensiva di terra nella striscia di Gaza in risposta all'intensificarsi del lancio di razzi da parte di Hamas. L'[[Operazione Piombo fuso|operazione militare israeliana]] si concluse dopo tre settimane e un bilancio di più di {{M|1100}} morti tra i Palestinesi di Gaza e 13 tra gli Israeliani.<ref name="PalestineBritannica">{{cita testo|url=https://www.britannica.com/place/Palestine|titolo=Palestine}}, Encyclopaedia Britannica</ref>
Intanto, nel gennaio 2009 giunse a scadenza il mandato di quattro anni con cui Abbas era stato eletto presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese; dato il conflitto tra Fatah ed Hamas, nuove elezioni furono rimandate indefinitamente e Abbas prorogò unilateralmente la durata del suo mandato. Hamas reagì negando la legittimità di Abbas e riconoscendo presidente Abdel Aziz Dweik, presidente del [[Consiglio legislativo palestinese]], mentre Israele e la comunità internazionale continuarono a riconoscere presidente Abbas.<ref>{{cita testo|url=http://www.jpost.com/Middle-East/Dweik-is-real-Palestinian-president|titolo='Dweik is real Palestinian president'}}, Jerusalem Post</ref><ref>{{cita testo|url=https://www.bbc.com/news/world-middle-east-20033995|titolo=Profile: Mahmoud Abbas}}, BBC News</ref>
Dall'inizio del suo mandato nel 2009, il presidente statunitense [[Barack Obama]] chiese ripetutamente che il [[governo israeliano]] di [[Benjamin Netanyahu]] interrompesse ogni espansione degli [[insediamenti israeliani|insediamenti]] nei territori palestinesi occupati; tuttavia, nel febbraio 2011 gli USA posero il veto su una risoluzione dell'ONU che avrebbe condannato gli insediamenti come illegali. Nel luglio 2014, la popolazione degli insediamenti era cresciuta a {{M|340000}} coloni in Cisgiordania più altri {{M|200000}} a Gerusalemme Est.<ref name="CRSIsrael">{{cita testo|url=https://www.fas.org/sgp/crs/mideast/RL33476.pdf|titolo=Israel: Background and U.S. Relations}}, Congressional Research Service, 1º giugno 2015</ref>
Un grave [[incidente della Freedom Flotilla|incidente internazionale]] avvenne nel maggio 2010, quando una flottiglia di attivisti filo-palestinesi trasportante aiuti per la popolazione di Gaza tentò di rompere il blocco della Striscia e fu abbordata da commando israeliani; 9 attivisti furono uccisi.<ref name="GazaBritannica"/>
Dato lo stallo nel processo di pace dopo il fallimento dell'ultimo round di negoziati diretti con Israele nel 2010, Abbas decise di cambiare tattica e cercare di ottenere un più ampio riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina, così da mettere maggiore pressione su Israele: per questo nel settembre 2011 sottopose al [[Consiglio di Sicurezza]] dell'ONU una [[Palestina 194|richiesta di ammissione della Palestina come Stato membro]], ma la richiesta non ebbe successo data la necessità del consenso degli Stati con diritto di veto, tra cui gli USA. L'anno seguente, Abbas cercò quindi di ottenere dall'Assemblea generale il riconoscimento implicito della statualità della Palestina, chiedendo che lo status di osservatore della Palestina all'ONU fosse trasformato da "entità" a "stato non-membro". Questa volta la richiesta ebbe uno schiacciante successo, con 138 Paesi a favore della [[Risoluzione 67/19 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite|risoluzione]], 9 contrari (tra cui USA ed Israele) e 41 astenuti. Per quanto largamente simbolico, il riconoscimento permetteva alla Palestina di diventare membro di altre organizzazioni internazionali come la [[Corte penale internazionale]].<ref name="CRSPalestine"/><ref name="PalestineBritannica"/>
Una nuova [[Operazione Colonna di nuvola|operazione militare]] fu lanciata da Israele con attacchi aerei contro Hamas nella striscia di Gaza per una settimana nel novembre 2012; più di 100 palestinesi e 6 israeliani furono uccisi.<ref name="GazaBritannica"/>
Nel luglio 2013, iniziarono nuovi negoziati diretti tra Israele e l'OLP a Washington, sotto la guida del segretario di Stato [[John Kerry]].<ref name="CRSPalestine"/> I negoziati furono interrotti infruttuosamente dopo nove mesi da Israele, quando Abbas annunciò di aver raggiunto un accordo con Hamas per la formazione di un governo di unità nazionale.<ref>{{cita testo|url=https://www.nytimes.com/2014/04/29/world/middleeast/arc-of-a-failed-deal-how-nine-months-of-mideast-talks-ended-in-dissarray.html|titolo=Arc of a Failed Deal: How Nine Months of Mideast Talks Ended in Disarray}}, New York Times</ref>
L'estate del 2014 segnò un acuirsi del conflitto tra Israele ed Hamas nella striscia di Gaza. Il 12 giugno tre ragazzi israeliani vennero rapiti nei pressi di [[Hebron]] e ritrovati morti il successivo 30 giugno. Il [[governo israeliano]] accusò subito i militanti di Hamas di aver eseguito il rapimento e l'uccisione. Dal canto suo, uno dei leader di Hamas, Khaled Meshaal, pur dichiarando di non sapere a chi attribuire l'azione, si "congratulò", mettendola in relazione con la situazione dei prigionieri palestinesi. Il 21 agosto successivo arrivò la prima rivendicazione formale dell'uccisione dei tre ragazzi da parte di un altro leader di Hamas, Salah Arouri.
L'8 luglio, Israele diede inizio all'operazione ''[[Operazione Margine di protezione|Protective Edge]]'', con l'obiettivo di arrestare i lanci di razzi da parte di Hamas e di distruggere i tunnel utilizzati dai combattenti palestinesi. L'operazione Protective Edge proseguì per i mesi di luglio ed agosto sinché, il 26 agosto 2014, il capo negoziatore di Hamas al Cairo, Moussa Abu Marzouk, annunciò il raggiungimento di una tregua duratura con Israele.<ref>{{cita testo|url=http://www.lastampa.it/2014/08/26/esteri/gaza-bombe-di-israele-sullitalian-mall-A6BD56qC3Dp7FLLFBoReoL/pagina.html|titolo=Tregua Hamas Israele?}}</ref> L'annuncio della tregua arrivò dopo 51 giorni di guerra che causarono {{M|2136}} morti tra i palestinesi (in gran parte civili, compresi quasi 500 bambini) e 69 tra gli israeliani (di cui 64 militari) e oltre {{M|11000}} feriti.<ref>{{cita testo|url=http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-08-26/gaza-leader-hamas-vicini-una-tregua-lunga-durata-154949.shtml|titolo=Tregua Hamas-Israele}}</ref>
Il 31 dicembre 2014 il [[Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite]] respinse la risoluzione, presentata formalmente dalla [[Giordania]], che chiedeva entro il 2017 la fine dell'occupazione dei [[territori palestinesi]] da parte di [[Israele]], con una ripresa dei negoziati che avrebbero dovuto portare a un accordo sulla [[soluzione dei due Stati|soluzione dei due stati]] con i confini del 1967 e capitale Gerusalemme est. Votarono a favore [[Russia]], [[Cina]], [[Francia]], [[Argentina]], [[Ciad]], [[Cile]], [[Giordania]] e [[Lussemburgo]], contro [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e [[Australia]], si astennero [[Regno Unito]], [[Lituania]], [[Nigeria]], [[Corea del Sud|Repubblica di Corea]] e [[Ruanda]].<ref>{{Cita web|editore=[[il Fatto Quotidiano]]|titolo=Onu, Consiglio di Sicurezza sbatte la porta in faccia alla Palestina. Inizia un nuovo anno di lotta|url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/31/onu-consiglio-di-sicurezza-sbatte-la-porta-in-faccia-alla-palestina-inizia-un-altro-anno-di-lotta/}}</ref><ref>{{Cita web|editore=[[il Fatto Quotidiano]]|titolo=Palestina, Abu Mazen firma l'adesione alla Corte penale internazionale dell'Aia|url=http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/31/palestina-abu-mazen-firma-ladesione-corte-penale-internazionale/}}</ref>
Il 23 dicembre 2016 la [[risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite]], chiedendo ad [[Israele]] di porre fine alla sua politica di insediamenti nei territori palestinesi dal 1967, inclusa [[Gerusalemme Est]], ribadì che non sarà riconosciuta alcuna modifica dei [[Linea Verde (Israele)|confini del 1967]], eccetto quelle concordate dalle parti con i [[negoziato|negoziati]], insistendo sul fatto che la soluzione del [[conflitto israelo-palestinese|conflitto in Medio Oriente]] passi per una soluzione negoziale per il progresso della [[soluzione dei due Stati]] al fine di giungere ad una pace definitiva e complessiva.<ref>Cfr. il testo della Risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza dell'ONU.</ref>
Il 4 maggio 2019 un fitto lancio di razzi lanciata dall'ala militare di Hamas durante le giornate delle festività religiose dello Shabbat, ha colpito le cittadine limitrofe nel sud di Israele. In una rivendicazione, i militanti di Hamas hanno dichiarato che l'escalations è dovuto alla contestazione della manifestazione musicale internazionale Eurovision Song Contest che quell'anno si è svolto a Tel Aviv, dopo la vittoria nell'edizione precedente di Netta, una cantante israeliana.<ref>https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/04/medio-oriente-150-missili-di-hamas-e-jihad-contro-israele-che-risponde-con-attacchi-su-gaza-e-chiude-i-valichi/5154102/</ref>
====Il conflitto del 2023====
{{Vedi anche|Guerra Israele-Hamas}}
Il 7 ottobre 2023, [[Hamas]] ha annunciato l'avvio dell'operazione ''inondazioni di Al-Aqsa'', un attacco armato contro [[Israele]], partendo in particolare dalla striscia di Gaza.<ref>{{cita web|url=https://www.rainews.it/maratona/2023/10/attacco-contro-israele-missili-da-gaza-e-irruzioni-militari-morti-e-feriti-d0475654-0b54-4d79-9004-28919ec99e08.html|titolo=Massiccio attacco di Hamas contro Israele: migliaia di missili lanciati da Gaza e irruzioni militari}}</ref> Per il numero di vittime civili e di ostaggi, si tratta del più grave attentato nella storia di Israele.<ref>{{cita web|url=https://www.ilriformista.it/guerra-israele-hamas-operazione-via-terra-a-gaza-in-24-48-ore-la-strage-di-civili-attacco-come-pearl-harbor-o-11-settembre-386586/|titolo=Guerra Israele-Hamas, assedio a Gaza. Raid nel sud del Libano, 108 corpi trovati nel kibbutz di Be’eri. Tajani: due italiani dispersi|citazione=Una delle strage di civili più grave della storia}}</ref>
== Cronologia degli eventi ==
{{F|conflitti|ottobre 2023}}
*1869 - Inaugurato il [[canale di Suez]]. Da questo punto in poi il [[Vicino Oriente|Vicino]] ed il [[Medio Oriente]] assumono una straordinaria importanza strategica per tutti i [[Paesi europei]] interessati ai commerci con l'Oriente, [[Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda|Regno Unito]] e [[Secondo Impero francese|Francia]] sopra tutti.
*1897 - [[Primo congresso sionista]] di [[Basilea]], presieduto da [[Theodor Herzl]], e costituzione della prima [[Organizzazione sionista mondiale]].
*1917 - Nel corso della [[prima guerra mondiale]] crolla l'[[Impero ottomano]]. [[Terza Repubblica (Francia)|Francia]] ed [[Impero britannico]] si spartiscono i territori vicino-orientali.
*1920 - Con i trattati di pace che mettono ufficialmente fine al primo conflitto mondiale la regione palestinese diviene un mandato britannico.
*1920 - Nasce l'[[Haganah]], un'organizzazione paramilitare della popolazione ebraica della Palestina mandataria, incaricata di contrastare i nemici degli [[ebrei]], anche ricorrendo ad atti intimidatori nei confronti delle popolazioni autoctone.
*1920-1945 - Le autorità britanniche favoriscono la penetrazione sionista in Palestina, permettendo l'immigrazione incontrollata degli ebrei e l'acquisto di terre. La convivenza tra le popolazioni arabe locali e la componente ebraica diventa sempre più difficile, sfociando spesso in rivolte e atti terroristici.
*1929 - Scontri in tutta la Palestina e [[Massacro di Hebron del 1929|massacro di Hebron]], dove alcuni arabi assassinano 67 ebrei.
*1930 - La commissione Hope Simpson raccomanda di ridurre la massima immigrazione, e mette in guardia il governo da problemi dovuti alla dilagante disoccupazione e perdita di terreni tra la popolazione araba, causata dall'immigrazione ebraica incontrollata degli anni precedenti e dalle politiche di assegnazione del territorio.
*1931 - Nasce l'[[Irgun Zvai Leumi|Irgun]], gruppo paramilitare sionista.
*1936-1939 - [[Grande rivolta araba]].
*1937 - Primo tentativo da parte dell'Impero britannico di dividere il territorio in due Stati. Ne seguiranno altri due gli anni successivi.
*1939 - [[Libro bianco (Palestina)|Libri bianchi]]. Vengono poste ferree limitazioni all'immigrazione regolare e le autorità britanniche dichiarano conclusi i propri doveri nei confronti dei movimenti sionisti.
*1940 - In disaccordo con la tregua stipulata tra l'Irgun e le autorità britanniche, viene fondato il [[Lohamei Herut Israel|Lehi]] da Avraham Stern, che si specializzerà in attacchi terroristici contro le forze britanniche.
*1945 - Si costituisce la [[Lega araba]] a opera di Egitto, Siria, [[Arabia Saudita]], [[Yemen]], Giordania, [[Iraq]] e [[Libano]]. Successivamente aderiranno anche [[Libia]], [[Sudan]], [[Tunisia]], [[Marocco]], [[Kuwait]], [[Algeria]], [[Somalia]] e altri Stati africani. L'OLP ottiene anch'essa un seggio.
*1946 - L'[[attentato al King David Hotel]] organizzato dai gruppi armati ebraici, con quasi 100 morti, e i continui attacchi terroristici contro i suoi militari e diplomatici che si susseguono da ormai 10 anni, spingono il Regno Unito ad annunciare l'abbandono del controllo della zona entro il 1948.
*1947 - L'ONU predispone un piano di divisione della Palestina in due Stati: uno arabo (comprendente il 45% del territorio, con una popolazione ebraica quasi nulla) e l'altro ebraico (comprendente il 55% del territorio, ma con gli ebrei maggioranza solo nella regione di Tel-Aviv e minoranza altrove), mantenendo Gerusalemme come territorio neutrale sotto l'egida dell'ONU. Gli ebrei accettano il piano, mentre gli arabi lo rifiutano.
*1947-1948 - Gli scontri sul confine tra nazioni della Lega Araba e la popolazione ebraica sfoceranno nella [[Esodo palestinese del 1948|Nakba]], una [[pulizia etnica]] perpetrata dai residenti ebrei nei confronti degli arabi che causerà più di 100.000 profughi e alcune centinaia di morti. Al termine della Nakba, la popolazione ebraica sará la maggioranza nella maggior parte del territorio a loro assegnato.<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/palestina|titolo=Palestina|sito=Enciclopedia Treccani|editore=Istituto della Enciclopedia Italiana|accesso=22 giugno 2025}}</ref>
*1948 - Il 14 maggio, poche ore prima dello scadere del mandato britannico, viene dichiarata la nascita dello Stato di Israele, che verrà riconosciuto dall'ONU e dalle nazioni principali pochi giorni dopo. I gruppi armati dell'Haganah divengono l'esercito ufficiale. Gli Stati arabi rifiutano apertamente il piano dell'ONU e attaccano Israele (prima guerra arabo-israeliana). Cominciata la guerra in svantaggio, Israele, grazie alla massiccia immigrazione e alla violazione di un embargo durante una tregua (che gli permetterà di acquistare armamenti dalla Cecoslovacchia) con la sua controffensiva respinge gli arabi e conquista tutta la Palestina (ad eccezione della Striscia di Gaza e della Cisgiordania) e la integra nei propri territori. Due tentativi di mediazione dell'ONU comprendenti diverse spartizioni del territorio falliscono e durante una tregua viene ucciso il mediatore [[Folke Bernadotte]] da uomini del [[Lohamei Herut Israel|Lehi]].
*1956 - Scoppia la II guerra arabo-israeliana (guerra di Suez) che viene interrotta da URSS e USA.
*1961 - Il [[Kuwait]] diventa indipendente dal Regno Unito. L'Iraq ne rivendica l'annessione ma l'intervento militare britannico vanifica la pretesa.
*1964 - Costituzione dell'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) che riunisce i maggiori gruppi nazionalisti palestinesi. Dapprima emanazione della [[Lega araba]], dopo il 1967 l'[[Organizzazione per la Liberazione della Palestina|OLP]] conquista l'autonomia e si dà una propria linea politica.
*1967 – III guerra arabo-israeliana (guerra dei sei giorni). Israele sottrae la penisola del Sinai e la striscia di Gaza all'Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania e le alture del Golan alla Siria. Gaza e Cisgiordania, con una popolazione prevalentemente araba, costituiscono i "[[Territorio occupato|territori occupati]]".
*1969 - Yasser Arafat diventa Presidente del Comitato Esecutivo dell'OLP.
*1970 - Guerra giordano-palestinese (settembre nero). La Giordania espelle i ''fedayyin'' (guerriglieri palestinesi) che spostano le loro basi nel sud del Libano.
*1972 - Settembre Nero, un'organizzazione terroristica palestinese, rapisce e uccide a [[Monaco di Baviera]] la squadra olimpica israeliana.
*1973 - IV guerra arabo-israeliana. Approfittando della festività ebraica dello Yom Kippur Siria ed Egitto sferrano un attacco a sorpresa contro Israele. Dopo un iniziale sbandamento (che porterà alle dimissioni del governo [[Golda Meir|Meir]]) l'esercito israeliano ottiene la vittoria tattica. Il cessate il fuoco imposto dalle Nazioni Unite apre la strada alle conferenze di [[Conferenza di Ginevra (1973)|Ginevra]], [[Seconda conferenza del Sinai|Sinai]] e [[Accordi di Camp David|Camp David]] che consentiranno all'Egitto di recuperare il Sinai.
*1975 - Scoppio della guerra civile in Libano.
*1978 - Primo attacco in forze dell'[[forze di difesa israeliane|esercito israeliano]] ai campi profughi palestinesi utilizzati dall'OLP come campi d'addestramento militare.
*1979 - Trattato di pace tra Israele e l'Egitto, l'esercito israeliano avvia il ritiro dalla penisola del Sinai. Rivoluzione islamica in Iran; [[Ruhollah Khomeyni|Khomeini]] assume il potere e proclama la repubblica fondata sui principi dell'Islam.
*1980 - L'Iraq di [[Saddam Hussein]] aggredisce l'[[Iran]]. Inizio della guerra tra i due paesi.
*1981 - Il presidente Egiziano Anwar Sadat (artefice della pace tra Egitto e Israele) viene ucciso da estremisti arabi.
*1982 - Israele invade il sud del Libano. Attacco di una milizia falangista (appoggiata da Israele) ai campi profughi palestinesi di [[Massacro di Sabra e Shatila|Sabra e Shatila]] a Beirut provocando più di 2500 morti. In risposta a tali eventi, nasce il movimento libanese [[Hezbollah]].
*1984 - L'OLP ripudia il terrorismo.
*1985 - Israele si ritira dal Libano ma mantiene occupata una fascia di 20 km a sud di quel paese (tra il [[Leonte (fiume)|fiume Leonte]] e il fiume [[Awani]]).
*1987 - Rivolta a Gaza e inizio dell{{'}}''intifāda'' palestinese ([[Prima intifada|Prima Intifada]]); nasce l'organizzazione [[Hamas]].
*1988 - Il Consiglio Nazionale Palestinese proclama la nascita dello Stato palestinese e contestualmente riconosce quello israeliano. Fine della guerra iracheno-iraniana.
*1990 - La Siria impone al Libano la fine della guerra civile e instaura la propria egemonia nel paese.
*1991 - Guerra del [[Golfo Persico|Golfo]] in risposta all'aggressione dell'Iraq in Kuwait.
*1992 - Il laburista [[Yitzhak Rabin|Rabin]] vince le elezioni in Israele.
*1993 - Storica stretta di mano tra Arafat e Rabin nell'iniziativa di pace promossa dal presidente USA [[Bill Clinton|Clinton]].
*1994 - L'[[forze di difesa israeliane|esercito israeliano]] si ritira dalla Striscia di Gaza che passa sotto la gestione dell'ANP. Rabin e [[husayn di Giordania|re Husayn di Giordania]] firmano un accordo di pace tra Israele e lo Stato giordano. [[Premio Nobel per la pace|Premio Nobel per la Pace]] a Rabin, Arafat e al ministro degli esteri israeliano [[Shimon Peres]].
*1995 - Rabin viene assassinato da un estremista israeliano.
*2000 - Comincia la cosiddetta Intifada al-Aqsa ([[Seconda intifada|Seconda Intifada]]).
*2004 - [[Operazione Arcobaleno]].
*2006 - [[Operazione Piogge estive]].
*2007 - [[Conferenza di Annapolis]].
*2008-2009 - [[Operazione Inverno caldo]], [[operazione Piombo fuso]].
*2010 - Un raid aereo e navale portato dall'IDF ([[Forze di difesa israeliane|Israel Defense Forces]]), in acque internazionali, verso un convoglio di sei navi turche ([[Incidente della Freedom Flotilla]]) nel maggio 2010 con a bordo pacifisti che tentavano di forzare il [[blocco della Striscia di Gaza]] portando aiuti umanitari ed altri materiali a [[Gaza]].
*2012 - Il 14 novembre 2012 le forze armate israeliane danno il via a [[Gaza]] alla operazione ''Pilastro di sicurezza''. In data 29 novembre 2012 la Palestina viene ammessa all'ONU come Stato osservatore non membro.
*2013 - Nella notte tra il 29 e il 30 gennaio, alcuni jet israeliani bombardano un sito militare siriano. L'11 febbraio Israele dà il via libera alla costruzione di 90 nuovi insediamenti civili vicino a [[Ramallah]].
*2014 - [[Operazione Margine di protezione]].
*2016 - [[Risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite]], che chiede ad Israele di porre fine alla sua politica di insediamenti nei territori palestinesi, inclusa [[Gerusalemme est]].
*2017 - Il 6 dicembre 2017 il [[presidente degli Stati Uniti|presidente statunitense]] [[Donald Trump]] riconosce [[Gerusalemme]] come capitale di Israele.
*2018 - Nel marzo 2018 Trump annuncia il trasferimento dell'ambasciata USA nella città santa.
*2023 - il 7 ottobre 2023, Hamas lancia l'[[Attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023|Operazione Alluvione Al-Aqsa]], motivata come ''"un atto difensivo nel quadro della liberazione dall'occupazione israeliana"''.
*2023-in corso - Israele lancia l'[[Operazione Spade di Ferro]], inizio della [[Guerra Israele-Hamas|Guerra di Gaza]].
== Diplomazia e accordi di pace arabo-israeliani ==
*[[Conferenza di pace di Parigi (1919)]]
*[[Accordo Faysal-Weizmann|Accordi Faysal-Weizmann]] (1919)
*[[Armistizio di Rodi|Accordi d'Armistizio del 1949]]
*[[Accordi di Camp David]] (1978)
*[[Trattato di pace israelo-egiziano del 1979|Trattato di pace israelo-egiziano]] (1979)
*[[Conferenza di Madrid]] (1991)
*[[Accordi di Oslo]] (1993)
*[[Trattato di pace israelo-giordano]] (1994)
*[[Accordo ad interim sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza|Accordi di Oslo 2]] (1995)
*[[Vertice di Camp David|Summit di Camp David]] (2000)
*[[Accordi di Abramo]] (2020)
== Note ==
== Bibliografia ==
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*Scipione
*Eli Barnavi, ''Storia d'Israele. Dalla nascita dello Stato all'assassinio di Rabin'', Milano, Bompiani, 2001.
*{{cita libro|autore=Vittorio Dan Segre|titolo=Le metamorfosi di Israele|città=Torino|editore=Utet|anno=2008|isbn=978-88-02-07930-1}}
*{{cita libro | nome=Claudio | cognome=Vercelli |wkautore=Claudio Vercelli| titolo=Breve storia dello Stato d'Israele 1948-2008| anno=2008| editore=Carocci | città=Roma |ISBN=978-88-430-4484-9}}
*{{cita libro | nome=Claudio | cognome=Vercelli | titolo=Storia del conflitto israelo-palestinese| anno=2010| editore=Laterza | città=Bari-Roma |ISBN=978-88-420-9327-5}}
*[[Ilan Pappé]], ''Storia della Palestina moderna'', Torino, Einaudi 2005.
*Ilan
*[[Edward Said]], ''The Question of Palestine'', New York, Vintage Books Editions, 1992 (ISBN 88-7990-038-2). ''La questione palestinese'' (traduzione italiana), Roma, Gamberetti Editrice, 1995.
*Shlomo
*{{cita libro|autore=[[Georges Bensoussan]]|titolo=Il sionismo. Una storia politica e intellettuale 1860-1940 (2 vol.)|editore=Einaudi|anno=2007|isbn=978-88-06-17007-3}}
*{{cita libro|cognome=Fraser|nome=Thomas G. |titolo=The Arab-Israeli Conflict|url=https://archive.org/details/arabisraeliconfl0000fras|edizione=2 |
editore=Palgrave Macmillan|città=New York|anno=2004|ISBN=1-4039-1338-2|cid=Fraser}} (traduzione italiana ''Il conflitto arabo-israeliano'', Bologna, Il Mulino, 2009).
*{{cita libro|cognome=Tessler|nome=Mark|titolo=A History of the Israeli-Palestinian Conflict|url=https://archive.org/details/historyofisraeli0000tess_s0s0|edizione=2 |
editore=Indiana University Press|città=Bloomington (Indiana)|anno=2009|ISBN=0-253-20873-4|cid=Tessler, 2009|lingua=en}}
*{{cita libro|cognome=Tessler|nome=Mark|titolo=Il conflitto arabo-israeliano|edizione=2 |isbn=88-15-09812-7|
editore=Il Mulino|città=Bologna|anno=2004|cid=Tessler, 2004}}
*{{cita libro|cognome=Bickerton|nome=Ian J.|titolo=The Arab-Israeli Conflict. A History|url=https://archive.org/details/arabisraeliconfl0000bick|
editore=Reaktion Books|città=Londra|anno=2009|cid=Bickerton|lingua=en}}
*{{cita libro|autore=Gregory S. Mahler|autore2=Alden R.W. Mahler|titolo=The Arab-Israeli Conflict. An introduction and documentary reader|editore=Routledge|città=Londra|anno=2010|cid=Mahler|lingua=en}}
*{{cita libro|autore=Peter Mansfield|autore2=Nicolas Pelham|titolo=A History of the Middle East|url=https://archive.org/details/historyofmiddlee0000mans_r3x4|edizione=4|editore=Penguin Books|città=New York|anno=2013|cid=Mansfield|lingua=en}}
{{div col end}}
== Voci correlate ==
*[[Conflitto Israele-Striscia di Gaza]]
*[[Filmografia sulla Palestina]]
*[[Guerra del Libano (1982)]]
*[[Guerra del Libano (2006)]]
*[[Piani di pace per il conflitto arabo-israeliano]]
*[[Territori occupati da Israele]]
==
{{interprogetto}}
== Collegamenti esterni ==
*{{Collegamenti esterni}}
*{{cita web | url = https://unispal.un.org/DPA/DPR/unispal.nsf/udc.htm | titolo = Sito ufficiale delle Nazioni Unite sulla questione palestinese | accesso = 22 settembre 2016 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20161130100209/https://unispal.un.org/DPA/DPR/unispal.nsf/udc.htm | urlmorto = sì }}
*{{cita web|url=http://www.unrwa.org/|titolo=Sito dell'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA)}}
{{Conflitto israelo-palestinese}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|guerra|Israele|politica|storia}}
[[Categoria:Conflitti arabo-israeliani| ]]
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