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{{S|poeti|Venezia}}
 
{{Bio
|Nome = Giorgio Alvise
|Cognome = Baffo
|PostCognomeVirgola = all'anagrafe '''Zorzi<ref>''Zorzi'': corrispondente di ''Giorgio'' in [[lingua veneta]].</ref> Alvise Baffo'''
|Sesso = M
|LuogoNascita = Venezia
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|GiornoMeseMorte = 30 luglio
|AnnoMorte = 1768
|Attività = poeta
|Epoca = 1700
|Attività = poeta
|Nazionalità = venezianoitaliano
|PostNazionalità = , cittadino della [[Repubblica di Venezia]]
|Immagine = Giorgio Baffo.jpg
}}
 
== Biografia ==
===La 1694-1714, la famiglia e la giovinezza ===
[[File:Venezia, particolare della facciata della casa del poeta Giorgio Baffo.jpg|thumb|200px|<center>Particolare del palazzo dove il poeta dimorò in vita, con lapide commemorativa</center>]]
Nato l'11 agosto 1694 a Venezia da Zan Andrea (Gian Andrea) e Chiara Querini, Zorzi Alvise apparteneva alla rilevante [[Baffo (famiglia)|casata Baffo]], ascritta al [[patriziato veneziano|patriziato]], della quale era l'ultimo erede maschio.
 
Nato da Zan Andrea (Gian Andrea) e Chiara Querini, apparteneva alla [[Baffo (famiglia)|rilevante casata Baffo]] ascritta al [[patriziato veneziano|patriziato]], della quale era l'ultimo erede maschio. <br/>La residenza dei Baffo cambiò più volte nel corso della vita di Giorgio, tuttavia per quarant'anni la famiglia abitò in [[Campocampo Santo Stefano]], finché, dopo la tarda morte di Zan Andrea nel [[1759]], Zorzi si spostò poco distante, a [[Palazzo Bellavite]], che si affaccia su [[Campocampo San Maurizio]]: sulla facciata di quest'ultima Ca' Baffo, dove il poeta visse gli ultimi nove anni di vita, è stata affissa nel XX secolo una targa che, con parole di [[Apollinaire]], ricorda la presenza del poeta. <br/>Non si conosce il luogo e l'enitità della sua formazione culturale scolastica. Le informazioni successive sono del [[1914]], quando, all'età di vent'anni, entra prematuramente a far parte del [[Maggior Consiglio]], per estrazione della ''[[balla d'oro]]''.
===La famiglia e la giovinezza===
Nato da Zan Andrea (Gian Andrea) e Chiara Querini, apparteneva alla [[Baffo (famiglia)|rilevante casata Baffo]] ascritta al [[patriziato veneziano|patriziato]], della quale era l'ultimo erede maschio. <br/>La residenza dei Baffo cambiò più volte nel corso della vita di Giorgio, tuttavia per quarant'anni la famiglia abitò in [[Campo Santo Stefano]], finché, dopo la tarda morte di Zan Andrea nel [[1759]], Zorzi si spostò poco distante, a [[Palazzo Bellavite]], che si affaccia su [[Campo San Maurizio]]: sulla facciata di quest'ultima Ca' Baffo, dove il poeta visse gli ultimi nove anni di vita, è stata affissa nel XX secolo una targa che, con parole di [[Apollinaire]], ricorda la presenza del poeta. <br/>Non si conosce il luogo e l'enitità della sua formazione culturale scolastica. Le informazioni successive sono del [[1914]], quando, all'età di vent'anni, entra prematuramente a far parte del [[Maggior Consiglio]], per estrazione della ''[[balla d'oro]]''.
 
Non si conosce il luogo e l'entità della sua formazione culturale scolastica. Le informazioni successive sono del [[1714]], quando, all'età di vent'anni, entra prematuramente a far parte del [[Maggior Consiglio]], per estrazione della ''[[balla d'oro]]''.
===Gli anni della carriera politica===
In vita, in quanto patrizio, Baffo ricoprì anche vari incarichi politici e fu membro della [[Quarantia Criminale]].
 
=== Anni 1720 - 1740, politica, poesia e matrimonio ===
===Gli ultimi anni===
Per elezione del Maggior Consiglio, tre anni dopo l'estrazione della ''balla d'oro'', è [[reggimento (Repubblica di Venezia)|castellano]] di [[Peschiera del Garda|Peschiera]] ([[provincia di Verona|Verona]]), per poi, nel [[1718]] essere rieletto alla castellania di [[Asola (Italia)|Asola]] ([[Provincia di Mantova|Mantova]]). Questi due incarichi fuori Venezia, per un totale di trenta mesi, costituiscono gli unici punti della sua carriera politica in [[Domini di Terraferma|Terraferma]].
Negli ultimi anni di vita si ammalò di una grave malattia, che lo condusse a morte all'età di 74 anni; in questo periodo, su consiglio della moglie, bruciò tutti i suoi componimenti, che tuttavia riuscirono a salvarsi perché trascritti dai numerosissimi ascoltatori.<br/>
 
Nel [[1720]] è nuovamente a Venezia, dove per lunghi anni è uno dei magistrati urbani ''sotto Quaranta'' (cioè alle dipendenze della ''[[Quarantia]]''). Nel [[1732]], con ritardo rispetto alla media, Baffo entra a far parte delle Quarantie, con un incarico alla ''[[Quarantia Criminale]]'': la sua carriera in quest'ambito durerà fino alla morte, seppure con poche soddisfazioni, dovute a risultati elettorali poco positivi e all'appartenenza della famiglia Baffo al patriziato medio-basso. Per questi motivi e per la vicinanza agli ambienti [[Illuminismo|illuministi]] dell'abate [[Antonio Schinella Conti]], attraverso l'abate [[Alvise Grimani]], Baffo conosce, negli anni [[1730]], la cultura filosofica d'oltralpe, che lo conduce alla scelta di una poesia licenziosa e filosoficamente aderente ai dettami [[Epicureismo|epicurei]].
==Le ''Poesie''==
Baffo è autore di un corpus di oltre 1200 poesie in [[veneziano (lingua veneta)|veneziano]], finito sotto il titolo di ''Poesie'' nelle edizioni moderne (cfr. bibliografia): circa 700 di questi componimenti furono raccolti in volume sono nell'edizione postuma del [[1771]], a [[Londra]]. Pur essendo autore di un numero non esiguo di opere contro la corruzione della sua città, soprattutto del clero, e su [[filosofia|temi filosofici]], Baffo resta noto soprattutto per i suoi componimenti licenziosi: tale risonanza è dovuta soprattutto al fatto che l'edizione del 1771 escludeva i testi a carattere filosofico-sociale in virtù di quelli a carattere erotico, fonte di maggiori proventi per l'editore.
 
Nell'ottobre del [[1737]] Giorgio Baffo sposa la clavicembalista Cecilia Sagredo, più giovane di 17 anni: tale ragione probabilmente non incontrò l'assenso della famiglia, specie del padre Zan Antonio, il che spiegherebbe le circostanze non convenzionali in cui si svolse la cerimonia (fuori parrocchia, a [[Chiesa di San Provolo|San Provolo]], e con testimoni di dubbia estrazione sociale); tuttavia la famiglia, priva di discendenti, auspicava un'unione matrimoniale dell'unico figlio maschio (esisteva un secondogenito, che morì prematuramente). Le aspettative in tal senso furono deluse: la coppia diede alla luce solo una figlia, conducendo così a estinzione i Baffo, che dopo secoli di dinastia ebbero in Zorzi Alvise l'ultimo illustre esponente.
==Critica==
 
Molti dei contemporanei del poeta, veneziani e non, si espressero su di lui, perlopiù aspramente. <br/>Già Baffo si trovò spesso in polemica con l'artista più riconosciuto del suo tempo, [[Carlo Goldoni]], e coi suoi seguaci, intraprendendo con essi una diatriba in versi, provocata dalla rappresentazione del ''[[Filosofo Inglese]]'', che nel gennaio del [[1754]] era l'opera teatrale più vista insieme a ''[[Pamela Maritata]]'' di [[Pietro Chiari]]. <br/>Contro Giorgio Baffo si scagliò molta parte degli intellettuali del Settecento veneziano, di cui [[Leandro Borin]], [[Anzolo Maria Labia]], [[Giuseppe Baretti]], [[Antonio Bianchi]] sono solo alcuni dei nomi. Proprio dell'ultimo citato è la seguente definizione della ''poesia barona'':
=== Anni 1750, con gli amici e contro il clero ===
{{quote|Satira sozza e laida, che di oscene cose fa spicco puzzolente.<ref>Citazione da ''Introduzione'' dell'edizione Mondadori citata in bibliografia delle ''Poesie'' del Baffo, p.7.</ref>}}
 
L'opera di Baffo è stata vittima di una critica moralistica che lo ha perseguitato fino a tutto il Novecento. <br/>Tuttavia fu rivalutata più volte nel corso della storia e vivamente apprezzata da [[Stendhal]] e [[Guillaume Apollinaire]], che tradusse in francese una buona parte delle sue poesie dette ''barone''.
Nel [[1750]], il poeta compila il testamento, dove scrive di lasciare tutto alla moglie, preoccupato delle poche finanze di cui la casata ormai dispone.
 
Durante gli anni Cinquanta del Settecento copre numerose cariche politiche mediocri, che non gli danno grande prestigio e soddisfazione. È la vita licenziosa, al di fuori delle istituzioni, a interessarlo. In compagnia degli amici del patriziato, tutti appartenenti allo stesso suo ceto sociale, Baffo si diletta a diffondere le sue poesie, solo [[oralità|orali]]: più volte il poeta si oppose alle proposte di editori inglesi, che gli offrivano interessanti somme di denaro per la pubblicazione a stampa dei componimenti (che per questo saranno editi postumi, proprio a Londra).
 
Il [[1754]] è l'anno di un sonetto che manifesta adesione verso la limitazione dei poteri della Chiesa nella [[Repubblica di Venezia]] (''Roma no ga più azion de reclamar''), ma è anche l'anno in cui ha luogo una diatriba di carattere letterario che avrà fine solo nel [[1756]], nella quale il Baffo si scaglia contro Goldoni.
 
Nel 1756, con lo scoppio della [[Guerra dei Sette anni]], nascono numerosi componimenti a tema storico, mentre due anni dopo, all'elezione di [[papa Clemente XIII]], della famiglia veneziana [[Rezzonico (famiglia)|Rezzonico]], nascono dei sonetti d'invettiva contro il pontefice e il casato di appartenenza.
 
[[File:Palazzo Bellavite (Venice) - Giorgio Baffo.jpg|thumb|Lapide commemorativa sulla facciata di Palazzo Bellavite.]]
 
=== Anni 1760, gli ultimi sonetti e la morte ===
Nel [[1760]] viene eletto alla carica di Quaranta nella ''[[Quarantia Civil Nuova]]''. Nel [[1761]] si scaglia con molti sonetti contro i [[Gesuiti]] e contro gli Inquisitori di Stato, che hanno messo agli arresti l'amico [[Angelo Querini]], che Baffo sarà pronto a celebrare nel [[1763]] con ''Come se dopo una gran longa piova'', per la scarcerazione.<ref>[[:s:vec:Querini, de la to sorte tirana|testo dei sonetti]] su Wikisource</ref>
 
Negli ultimi anni di vita contrasse una grave malattia, che non gli impedì di comporre alcuni sonetti che celebrano le restrizioni imposte dal governo alla cessione di beni al [[clero]], portando avanti la propria invettiva contro la corruzione degli ecclesiastici fino alla morte, che avvenne all'età di 74 anni, il 30 luglio del 1768. Il corpo è sepolto in gran semplicità nella [[chiesa di San Maurizio (Venezia)|chiesa di San Maurizio]], adiacente all'appartamento a Palazzo Bellavite.
 
== Le ''Poesie'' ==
[[File:Baffo Poesie.png|sinistra|thumb|Raccolta universale delle opere di Giorgio Baffo, edizione 1789]]
Baffo è autore di un corpus di oltre 1200 poesie in [[Dialetto veneziano (lingua veneta)|veneziano]], finito sotto il titolo di ''Poesie'' nelle edizioni moderne (cfr. bibliografia): circa 700 di questi componimenti furono raccolti in volume sono nell'edizione postuma del [[1771]], a [[Londra]]. Pur essendo autore di un numero non esiguo di opere contro la corruzione della sua città, soprattutto del clero, e su [[filosofia|temi filosofici]], Baffo resta noto soprattutto per i suoi componimenti licenziosi: tale risonanza è dovuta soprattutto al fatto che l'edizione del 1771 escludeva i testi a carattere filosofico-sociale in virtù di quelli a carattere erotico, fonte di maggiori proventi per l'editore.
 
== Critica ==
{{Citazione|''Poeta dell'amore, che ha cantato con la massima libertà e con grandiosità di linguaggio.''|[[Guillaume Apollinaire]], 1910}}
Molti dei contemporanei del poeta, veneziani e non, si espressero su di lui, perlopiù aspramente. <br/>Già Baffo si trovò spesso in polemica con l'artista più riconosciuto del suo tempo, [[Carlo Goldoni]], e coi suoi seguaci, intraprendendo con essi una diatriba in versi, provocata dalla rappresentazione del ''[[Filosofo Inglese]]'', che nel gennaio del [[1754]] era l'opera teatrale più vista insieme a ''[[Pamela Maritata]]'' di [[Pietro Chiari]]. <br/ref>Contro Giorgio Baffo si scagliò molta parte degli intellettuali del Settecento veneziano, di cui [[Leandro:s:vec:Critica Borin]],del [[AnzoloFilosofo Maria LabiaInglese|testo]], [[Giuseppesu Baretti]], [[Antonio Bianchi]] sono solo alcuni dei nomi. Proprio dell'ultimo citato è la seguente definizione della ''poesia barona'':Wikisource</ref>
 
Contro Giorgio Baffo si scagliò molta parte degli intellettuali del Settecento veneziano, di cui [[Leandro Borin]], [[Anzolo Maria Labia]], [[Giuseppe Baretti]], [[Antonio Bianchi (poeta)|Antonio Bianchi]] sono solo alcuni dei nomi. Proprio dell'ultimo citato è la seguente definizione della ''poesia barona'':
{{quoteCitazione|Satira sozza e laida, che di oscene cose fa spicco puzzolente.<ref>Citazione daDa ''Introduzione'' dell'edizione Mondadori citata, in bibliografia delle ''Poesie'' del {{cita|Baffo, 1991|p. 7}}.</ref>}}
L'opera di Baffo è stata vittima di una critica moralistica che lo ha perseguitato fino a tutto il Novecento. <br/>Tuttavia fu rivalutata più volte nel corso della storia e vivamente apprezzata da [[Stendhal]] e [[Guillaume Apollinaire]], che tradusse in francese una buona parte delle sue poesie dette ''barone''.
Ecco come lo definì Apollinaire:
{{quoteCitazione|Questo celebre sifilitico, soprannominato l’oscenol'osceno, lo potremmo considerare il più grande poeta priapeo mai esistito, ma, al contempo, uno dei massimi poeti lirici.<ref name="a">{{Cita web |url= http://www.stampalternativa.it/libri.php?id=635-1 |titolo= Marco Dotti, Baffo osceno. Le poesie erotiche di Giorgio Baffo |accesso= 8 aprile 2008 |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20071015025234/http://www.stampalternativa.it/libri.php?id=635-1 |dataarchivio=15 ottobre 2007 |urlmorto=sì }}</ref>}}
Di seguito l'opinione dell'amico e discepolo [[Giacomo Casanova]]:
{{quoteCitazione|Genio sublime, poeta nel più lubrico dei generi, ma grande e unico.<ref name="a"/>}}
 
Nel [[Novecento]] la critica continuò a lungo a liquidare Baffo con citazioni perlopiù mirate a colpirne la licenziosità e, anche laddove Baffo è stato rivalutato, spesso la sua esegesi è rimasta a un livello superficiale di studio dei testi erotici, tralasciando l'opera nella sua interezza e le poco note questioni biografiche. Esempio archetipico di questo filone di critica anche novecentesca è [[Guido Almansi]], che dai suoi studi sul poeta arrivò alla tiepida conclusione di definirlo ''meraviglioso cantore della mona''<ref>Cfr. ALMANSI{{cita|Almansi, 1988}}.</ref>, escludendo ogni implicazione storico politica.
Esiste però, nella seconda metà del XX secolo, anche una un'apertura a una lettura completa e problematica dell'autore: testimone di questa corrente è [[Ludovico Zorzi]], che per la prima volta passa a un'analisi storico-sociale degli scritti di Baffo, con attenzione alla ricerca biografica; tra i più lucidi interpreti dei valori della poesia di Baffo vi è stato anche [[Pier Paolo Pasolini]], con un importante articolo pubblicato sul ''Corriere della Sera'' il 1º novembre 1974; l'articolo di Pasolini fa anche da premessa alla disamina di [[Paolo Steffan]], che cerca nei componimenti di Baffo una possibile prefigurazione della vena licenziosa attiva in un filone dei sonetti romaneschi di [[Giuseppe Gioachino Belli]]<ref>P. Steffan, ''«Stil scoverto» e «ssempre verità»'', in «il 996 – rivista del centro studi Giuseppe Gioachino Belli», anno XVI, umero 2, maggio-agosto 2018, pp. 107-122.</ref>.
 
==Bibliografia Opere ==
* {{Cita libro |autore=Giorgio Baffo |titolo=Poesie |curatore=Piero del Negro |editore= Arnoldo Mondadori Editore |città= Milano |anno=1991 |cid= Baffo, 1991}}
*Almansi, Guido, ''Il problema sessuale'', in ''La passion predominante. Antologia della poesia erotica italiana'', [[Parma]], [[1988]].
*Baffo, Giorgio, ''Poesie'', a cura di Piero del Negro, [[Mondadori]] [[Milano]], [[1991]].
 
== Note ==
<references />
 
==Altri progettiBibliografia ==
*Almansi, {{Cita libro|autore-capitolo=[[Guido, ''Almansi]] |capitolo=Il problema sessuale'', in ''|titolo=La passion predominante. Antologia della poesia erotica italiana'', [[|città=Parma]] |anno=1988 |cid= Almansi, [[1988]]. }}
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== Altri progetti ==
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* [{{cita web |url=http://www.newsky.it/poesia/autori/baffo.htm NewSky.it : |titolo=Poesie di Giorgio Baffo] |sito=NewSky}}
 
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{{Portale|biografie|letteratura}}
 
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